Dipartimento di Scienze Economiche Aziendali Matematiche e Statistiche

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Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno de Finetti” I RAPPORTI INDUSTRIA

Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno de Finetti” I RAPPORTI INDUSTRIA DISTRIBUZION E 1 V. EGIC – A. A. 2018 -19

Il rapporto produzione – distribuzione - consumo: le tappe evolutive Rivoluzione industriale Produzione artigianale

Il rapporto produzione – distribuzione - consumo: le tappe evolutive Rivoluzione industriale Produzione artigianale Produzione industriale di massa Rivoluzione commerciale Grande Distribuzione Concorrenza e differenziazione Marca Commerciale (store loyalty) Industria di Marca (brand loyalty) Rapporti Id. M e GD* Rivoluzione digitale Internet E-business Nuovi rapporti Industria-Distribuzione-Consumo * Id. M = Industria di Marca GD = Grande Distribuzione 2

Pre Rivoluzione industriale: ☞ Tessuto produttivo molto frammentato ☞ Mancanza di operatori del trade

Pre Rivoluzione industriale: ☞ Tessuto produttivo molto frammentato ☞ Mancanza di operatori del trade specializzati Post Rivoluzione industriale: ☞ La leadership del canale spetta al mercante Sviluppo tecnologico: ☞ Integrazione verticale a valle dell’industria (brand loyalty) Cambiamento dei costumi: ☞ Modernizzazione del tessuto distributivo ☞ Aumento del potere negoziale della distribuzione (store loyalty) Attualmente: ☞ Conflitto industria e distribuzione in diversi settori ☞ Partnership senza leadership riconosciuta 3

Rivoluzione commerciale dalla distribuzione frammentata alla grande distribuzione organizzata: innovazioni di processo innovazioni di

Rivoluzione commerciale dalla distribuzione frammentata alla grande distribuzione organizzata: innovazioni di processo innovazioni di prodotto crescita in forma integrata e associata verso la store loyalty: marca commerciale carte fedeltà merchandising atmosfera del punto vendita . . . L’innovazione deve portare a nuovi servizi: • • • marketing mix – retailing marketing ambientazione dei punti vendita relazioni con la clientela finale private labeling sviluppo sistemi informativi – innovazione tecnologica relazioni strategiche – strategie collaborative 4

Le dinamiche competitive innescate dalla rivoluzione commerciale Aumento del grado di concentrazione tecnica ed

Le dinamiche competitive innescate dalla rivoluzione commerciale Aumento del grado di concentrazione tecnica ed economico-finanziaria nel settore distributivo Sviluppo del grande dettaglio e di situazioni di conflittualità tra industria e distribuzione Sviluppo di iniziative tese alla fidelizzazione del consumatore finale al punto vendita (retail marketing e store loyalty) Crescente trasferimento del ruolo di channel leader alle imprese del grande dettaglio succursalista. Instaurazione di rapporti collaborativi fra soggetti a diversi stadi del canale distributivo. La distribuzione si evolve da mezzo di trasferimento dell’informazione raccolta durante la vendita a creatrice dell’informazione stessa. L’industria ricerca un maggior controllo della fonte delle informazioni integrandosi a valle o condividendo con gli operatori a valle le strutture informatiche. 5

Evoluzione del contesto competitivo Contesto competitivo: maggior competizione • Concentrazione ed internazionalizzazione della distribuzione

Evoluzione del contesto competitivo Contesto competitivo: maggior competizione • Concentrazione ed internazionalizzazione della distribuzione • Innovazione industriale e distributiva • Gestione dell’informazione Comportamenti di consumo: maggior attenzione • Minor reddito disponibile • Aspettative negative • Valutazione nuove alternative 6

Condizioni Economiche Fattori che influenzano i rapporti Industria / Distribuzione Rapporti Industria / Distribuzione

Condizioni Economiche Fattori che influenzano i rapporti Industria / Distribuzione Rapporti Industria / Distribuzione Condizioni Commerciali Condizioni Economiche • • Reddito disponibile Andamento consumi Livello di inflazione Modelli di consumo Brand Loyalty Store Loyalty Legislazione commerciale Condizioni Commerciali • Concentrazione distributiva • Differenziazione Pd. V • Modelli organizzativi dei distributori • Peso gruppi strategici • Quota della marca commerciale • Internazionalizzazione mercato distributivo Condizioni Industriali • • • Concentrazione produttiva Quota mercato marche Ciclo di vita prodotti Investimenti pubblicitari Innovazione di prodotto Differenziazione dei prodotti 7

Declino dei rapporti Maggior potere Distribuzione Minor potere Industria Maggiori investimenti in Trade Mktg

Declino dei rapporti Maggior potere Distribuzione Minor potere Industria Maggiori investimenti in Trade Mktg Riduzione quota Mkt Industria Minori investimenti in Consumer Mktg Riduzione valore brand Industria Minor pubblicità Minor R&S Minor Innovazione 8

Conflittualità Partnership Funzionalità Contrattualità Basso Potere distribuzione Alto La matrice dei rapporti Basso Alto

Conflittualità Partnership Funzionalità Contrattualità Basso Potere distribuzione Alto La matrice dei rapporti Basso Alto Potere industria 9

Dal conflitto … 10

Dal conflitto … 10

Quali sono le RAGIONI DEL CONFLITTO? Conflitto orizzontale tra attori nell’ambito di un canale

Quali sono le RAGIONI DEL CONFLITTO? Conflitto orizzontale tra attori nell’ambito di un canale distributivo Tra le imprese commerciali che gestiscono relazioni analoghe con gli stessi fornitori di prodotti 1. Rapporti di esclusività che il produttore instaura con alcune imprese commerciali 2. Migliori condizioni contrattuali offerte dal fornitore in maniera disomogenea 11

Conflitto orizzontale tra imprese appartenenti a differenti canali distributivi Si genera quando l’impresa industriale

Conflitto orizzontale tra imprese appartenenti a differenti canali distributivi Si genera quando l’impresa industriale utilizza, in parallelo, due o più canali distributivi per il proprio prodotto 1. Squilibri di marginalità tra canale corto e lungo 2. Squilibri di prezzo al cliente finale tra canale diretto e indiretto 12

Conflitto verticale nel canale distributivo Tra attori dello stesso canale distributivo che svolgono differenti

Conflitto verticale nel canale distributivo Tra attori dello stesso canale distributivo che svolgono differenti e specializzate attività. Il conflitto si genera perché sono percepiti squilibri nel rapporto tra contributi alla creazione di valore e appropriazione del valore creato. I livelli di specializzazione possono essere: 1. 2. 3. Logistica: divisione delle attività e dei costi logistici, frequenza di consegna e quantitativi consegnati Marketing: assortimento, merchandising, prezzo e promozione, comunicazione (sell-out vs store loyalty) Rapporti negoziali: tempi e modalità di pagamento, promozioni in sell-in, premi di fine anno, … 13

“Il POTERE di un membro di un canale è rappresentato dalla sua capacità di

“Il POTERE di un membro di un canale è rappresentato dalla sua capacità di controllare le variabili su cui si fondano le scelte strategiche e operative di un altro soggetto operante a un livello diverso del canale; tale potere riduce il livello di controllo, che l’agente dominato esercitava inizialmente sulle proprie scelte” [El Ansary e Stern, 1992] Tipologie di conflittualità intracanale 14

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Il potere e la leadership di canale distributivo Il potere e la leadership all’interno

Il potere e la leadership di canale distributivo Il potere e la leadership all’interno del canale sono funzione della capacità di un attore di condizionare le scelte strategiche ed organizzative, con evidenti implicazioni sulla creazione e appropriazione del valore prodotto. Fonti di potere nei rapporti interorganizzativi: q Per l’attore industriale: la dimensione relativa, la capacità di innovazione, la differenziazione del prodotto, il posizionamento competitivo e l’immagine di marca, la capacità di integrazione verticale a valle, il grado di concorrenza orizzontale. q Per l’attore commerciale: la dimensione relativa, il numero di punti vendita, la capacità di apertura di nuovi punti vendita, il posizionamento dell’insegna e la store loyalty, la capacità di integrazione verticale a monte e la forza di gestire marche commerciali, il grado di concorrenza orizzontale. 16

Fasi storiche dell’evoluzione delle dinamiche di potere all’interno della struttura produzione-distribuzione-consumo 1. Pre-industriale: dominio

Fasi storiche dell’evoluzione delle dinamiche di potere all’interno della struttura produzione-distribuzione-consumo 1. Pre-industriale: dominio del mercante imprenditore. 2. Industriale (1860 -1920): nascita della grande impresa industriale, della produzione di massa e sviluppo del commercio al dettaglio. 3. Commerciale (1920 -1950): crisi di sovrapproduzione delle imprese industriali e nascita di nuove forme distributive. 4. Dell’innovazione continua (quella attuale): le imprese commerciali assumono un ruolo strategico all’interno del canale. 17

La reazione dell’Industria al potere della Distribuzione Strategie di recupero del potere negoziale nei

La reazione dell’Industria al potere della Distribuzione Strategie di recupero del potere negoziale nei confronti della Distribuzione Trade Marketing Acquisizioni aziendali Creare valore 18

Quali sono gli ambiti relazionali tra industria e distribuzione? Relazioni negoziali • Trasparenza condizioni

Quali sono gli ambiti relazionali tra industria e distribuzione? Relazioni negoziali • Trasparenza condizioni • Redditività prodotti • Premi di fine anno • Contributi promozionali • Termini di pagamento • Durata e numero incontri Relazioni logistiche • Raccolta ordini • Lead time • Completezza fornitura • Stoccaggio merci • Confezionamento prodotti • Trasporto • Sistemi informativi • Fatturazione prodotti Relazioni di marketing • Innovazione di prodotto • Investimenti pubblicitari • Programmazione promozioni • Prezzi al consumo • Spazi espositivi ai prodotti • Formazione assortimenti • Informazioni di mercato 19

. . . si intravede un processo di cambiamento … 20

. . . si intravede un processo di cambiamento … 20

L’innovazione nelle relazioni distributive: LA STRATEGIA COLLABORATIVA A livello di scelta strategica del trade,

L’innovazione nelle relazioni distributive: LA STRATEGIA COLLABORATIVA A livello di scelta strategica del trade, talvolta può verificarsi un ripensamento delle relazioni con le imprese industriali a monte: co-marketing, co-design, co-manufacturing. Possono altresì essere attivate delle strategie collaborative con altre imprese commerciali e/o industriali partecipando a formule della DO: gruppi di acquisto, unioni volontarie, joint-venture, consorzi, franchising. 21

Un programma di co-marketing si fonda sulla volontà di due o più partner di

Un programma di co-marketing si fonda sulla volontà di due o più partner di “concentrare i propri sforzi di marketing mediante azioni coordinate, specificamente messe in atto e variamente combinate allo scopo di facilitarne o esaltarne gli effetti, attraverso lo scambio reciproco di un set di risorse immateriali, finanziarie, umane e di strutture fisiche. ”(DE VITA, 2000, p. 37) Tali alleanze devono essere percepite dal consumatore. 22

Nei rapporti intra-channel, il co-marketing si concretizza mediante un processo decisionale congiuntocollaborativo tra industria-distribuzione

Nei rapporti intra-channel, il co-marketing si concretizza mediante un processo decisionale congiuntocollaborativo tra industria-distribuzione in merito a: definizione degli assortimenti, pricing del prodotto, display e layout, azioni promozionali e comunicazione. Co-Advertising, comprendente l’insieme di attività di comunicazione pubblicitaria che veicolano il brand dei prodotti e l’insegna del punto vendita In-Store Marketing, richiede la costituzione di gruppi di esperti nelle reti di vendita industriali, la cui attività è finalizzata a gestire il marketing del punto vendita 23

CO-DESIGN E’ quel processo di sviluppo di un prodotto, di un servizio o di

CO-DESIGN E’ quel processo di sviluppo di un prodotto, di un servizio o di un’organizzazione in cui vengono coinvolte differenti personalità esterne all’azienda, allo scopo di cooperare nella definizione del progetto. Il co-design coinvolge direttamente le persone nella creazione del prodotto finale attraverso vari metodi e in differenti momenti della progettazione. Il design partecipativo permette infatti di inquadrare i problemi da un altro punto di vista: quello delle persone che utilizzeranno il prodotto, ma anche di coloro che vi lavoreranno dietro le quinte e, non ultime, le persone che lo hanno commissionato o sono impegnate a progettarlo. CO-MANUFACTORING Trattasi di un’attività economica organizzata di trasformazione di beni e servizi, messi a disposizione da differenti soggetti imprenditoriali al fine della creazione congiunta di nuovi output. Es. Produzione di un'opera cinematografica, televisiva, teatrale condotta da più 24 produttori, spesso di Paesi diversi.

Negli anni ‘ 80… … si registra una forte espansione della Distribuzione moderna, con

Negli anni ‘ 80… … si registra una forte espansione della Distribuzione moderna, con uno sviluppo delle politiche di trade marketing. La crescita della concentrazione distributiva consente una maggiore nell’utilizzo delle leve del retailing mix finalizzate al conseguimento della store loyalty. Nella postmodernità… … gli scaffali di vendita privilegiano i prodotti a marca commerciale (private label) e quelli che garantiscono un maggiore traffico e una maggiore redditività dello spazio espositivo. L’Industria risponde con l’integrazione a valle (reti vendita dirette, franchising) al fine di relazionarsi con il consumatore finale. 25

PRODUTTORE Consumer Marketing del Produttore Trade Marketing DISTRIBUTORI (Trade) Consumer Marketing del Trade CONSUMATORE

PRODUTTORE Consumer Marketing del Produttore Trade Marketing DISTRIBUTORI (Trade) Consumer Marketing del Trade CONSUMATORE 26

Ha implicato un mutamento radicale dell’industria nella filosofia alla base della gestione delle relazioni

Ha implicato un mutamento radicale dell’industria nella filosofia alla base della gestione delle relazioni con le imprese commerciali che può essere condensato nei seguenti comportamenti essenziali: A. evitare di intraprendere iniziative potenzialmente discriminatorie nei confronti della distribuzione; B. sperimentare sempre nuovi progetti di collaborazione verticale; C. implementare un sistema informativo di marketing che permetta l’utilizzo di metodologie innovative di programmazione e controllo dei processi distributivi; D. adeguare le strutture organizzative commerciali ai cambiamenti avvenuti nel tessuto distributivo. 27

. . . alla collaborazione 28

. . . alla collaborazione 28

Processo di Trade Marketing E’ un approccio fondato sul riconoscimento della rilevanza della distribuzione

Processo di Trade Marketing E’ un approccio fondato sul riconoscimento della rilevanza della distribuzione in generale, dei canali di distribuzione in particolare e, al loro interno, di alcuni operatori/clienti. Il Trade Marketing segna il passaggio, da parte dei produttori, da un approccio centrato sul Consumer Marketing, rivolto esclusivamente al consumatore finale, ad uno che contempla l’esigenza di considerare gli intermediari commerciali come interlocutori di riferimento nella propria strategia distributiva. Rappresenta quindi un approccio gestionale che si propone di contribuire all'efficacia dell'azione di marketing aziendale, attraverso il completo soddisfacimento delle esigenze dei propri clienti commerciali. 29

Insieme delle attività svolte dal produttore per conoscere, pianificare e gestire il processo distributivo

Insieme delle attività svolte dal produttore per conoscere, pianificare e gestire il processo distributivo e i rapporti con la distribuzione commerciale. L’attività di marketing rivolta agli intermediari dovrebbe generalmente essere seguita da una specifica funzione aziendale compresa all’interno della Direzione Vendite o della Direzione Marketing. 30

Il Trade Marketing Logistica Consumer Marketing Vendite 1. Svolge un ruolo di coordinamento con

Il Trade Marketing Logistica Consumer Marketing Vendite 1. Svolge un ruolo di coordinamento con tutte le funzioni che influiscono sul rapporto col cliente. 2. Interagisce con i canali di vendita per ridurre i costi di interfaccia e massimizzare il rendimento degli investimenti commerciali. 31

Fattori che ne rafforzano lo sviluppo Differenziazione dell’offerta • Variazione di qualità e quantità

Fattori che ne rafforzano lo sviluppo Differenziazione dell’offerta • Variazione di qualità e quantità dei servizi offerti dalla Distribuzione Centralizzazione logistica • Perdita di contatto tra industria e punto vendita Potere della Distribuzione • Da vendite articolate territorialmente a vendite per Cliente Clienti chiave • Alcuni clienti hanno raggiunto un peso notevole sul fatturato dell’azienda 32

L’evoluzione delle reti di vendita DA A Più reti di vendita Unica struttura di

L’evoluzione delle reti di vendita DA A Più reti di vendita Unica struttura di venditori sia diretti che indiretti specializzati per PV con il compito di vendere gli stessi prodotti alla GD (diretti) ed al Canale Tradizionale (indiretti) 1. Migliorare il livello di servizio attraverso un rapporto unitario e coordinato 2. Ridurre duplicazione dei costi 3. Accrescere il peso contrattuale dell’Industria tramite l’aumento dei fatturati 4. Il venditore diventa manager del cliente 33

Finalità del Trade Marketing Ä Ottenere la qualità di presenza nei punti vendita coerente

Finalità del Trade Marketing Ä Ottenere la qualità di presenza nei punti vendita coerente con le strategie di marketing. Ä Negoziare/concordare tale presenza con i canali distributivi. Per ottenere una qualità di presenza nei punti vendita coerente con le strategie di marketing è necessario porsi i seguenti quesiti: quanti e quali punti vendita? quale assortimento? quale esposizione? quale prezzo al pubblico? quale supporto promozionale? quale livello di scorte? 34 …

La fase strategica del trade marketing concerne nella segmentazione della domanda, nel targeting e

La fase strategica del trade marketing concerne nella segmentazione della domanda, nel targeting e nel posizionamento. 1. Segmentare la domanda intermedia significa riconoscere una certa eterogeneità tra i clienti distributori e, pertanto, individuare dei segmenti significa creare gruppi di distributori tra loro simili per certi aspetti e, al tempo stesso, dissimili da altri. Ogni target potrebbe, per esempio, esprimere differenti esigenze in termini di criteri di scelta del prodotto e del fornitore industriale. Per esempio, per un produttore operante nel settore alimentare, i clienti della GDO potrebbero apprezzare determinate condizioni di acquisto legate ai volumi ordinati e non essere interessati a servizi logistici o ad attività di merchandising, mentre piccoli distributori del dettaglio tradizionale potrebbero essere sensibili a dilazioni sui pagamenti, a servizi logistici e a un supporto di merchandising. 2. Il targeting consiste nella scelta dei segmenti dei distributori che l’impresa intende presidiare, rispetto ai quali definisce il posizionamento desiderato. 3. L’analisi dei clienti-distributori è la premessa indispensabile all’implementazione di una strategia di trade marketing che sia in grado di posizionare correttamente il produttore nei segmenti prescelti come target, orientando la scelta delle leve idonee per conseguire obiettivi specifici. 35

Le strategie di trade marketing efficaci consentono all’organizzazione di : 1. 2. 3. 4.

Le strategie di trade marketing efficaci consentono all’organizzazione di : 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Segmentare il mercato per la scelta dei clienti commerciali migliori. Avere clienti commerciali motivati e disposti a collaborare in maniera proattiva. Calibrare gli assortimenti per garantire una reciproca redditività. Ottenere la visibilità dei prodotti all’interno dei punti vendita. Realizzare campagne condivise di in store promotion. Realizzare campagne pubblicitarie sul territorio. Definire programmi di incentivazione personalizzati. 36

Le imprese industriali hanno avvertito la necessità di formalizzare in un piano detto di

Le imprese industriali hanno avvertito la necessità di formalizzare in un piano detto di cliente-canale, la strategia che intendono adottare verso il trade specificando obiettivi e azioni. L’impresa di produzione deve quindi pianificare i propri sforzi di marketing anche relativamente ai canali e, al loro interno, ai singoli clienti-chiave. L’impresa industriale pianifica così l’attività di marketing in una logica integrata prodotto-canale-cliente. 1. Definizione degli obiettivi: - analisi delle caratteristiche della clientela intermedia; - si quantificano specifici obiettivi per canale-cliente (volumi di vendita soddisfacenti, mantenimento della quota di mercato detenuta, massimizzazione della profittabilità, contenimento degli investimenti e dei rischi entro limiti accettabili). 2. Definizioni delle azioni: § Individuazione delle azioni ritenute più idonee, in base alle risorse e alle competenze disponibili; § Allocazione delle risorse aziendali al portafoglio-clienti distributori; § Riconoscimento dell’eterogeneità dei clienti intermediari e quindi la possibilità di segmentare la clientela commerciale. 37

Gli strumenti di Trade Marketing I principali strumenti di cui si avvale l’Industria in

Gli strumenti di Trade Marketing I principali strumenti di cui si avvale l’Industria in sede di applicazione dei principi del Trade Marketing sono: 1. Nuovi prodotti e listing fees 2. Politiche promozionali 3. Logistica integrata 4. Merchandising industriale 5. Condizioni di vendita 6. Integrazione e scambio delle informazioni 7. Category Management 38

1. Nuovi prodotti Il prodotto nuovo deve avere plus precisi e perfettamente quantificabili in

1. Nuovi prodotti Il prodotto nuovo deve avere plus precisi e perfettamente quantificabili in termini di: • • • Fatturato Margine Immagine In sede di lancio di un nuovo prodotto, la collaborazione Industria / Distribuzione dovrebbe concernere i seguenti aspetti principali : • • • Lo sviluppo del prodotto L’analisi del prototipo di prodotto sviluppato La definizione della strategia di lancio del nuovo prodotto Listing fees: Rappresentano il compenso che il distributore può richiedere al produttore per inserire in assortimento nuovi prodotti. Variano principalmente in funzione della notorietà dei brand, dei volumi commercializzati e della posizione degli stessi sugli scaffali dei punti vendita. Non esiste un unico meccanismo di calcolo, dipende dagli accordi stipulati tra le parti. Normalmente varia sia in rapporto alla posizione sullo scaffale che ai volumi commercializzati. 39

2. Politiche promozionali Nuovi flussi di comunicazione Distribuzione on e azi mu nic Co

2. Politiche promozionali Nuovi flussi di comunicazione Distribuzione on e azi mu nic Co Comunicazione e on azi nic mu Consumatore Comunicazione Industria Consumatore 40

Le attività di comunicazione vengono suddivise in due grandi macroaree: Ø Attività “above the

Le attività di comunicazione vengono suddivise in due grandi macroaree: Ø Attività “above the line”, ovvero azioni promozionali dirette al consumatore, quindi advertising on air, campagne pubblicitarie istituzionali su stampa specializzata e non, affissioni, ecc. Ø Attività “below the line”, ovvero azioni di comunicazione veicolate dal trade, cioè dalla distribuzione, per poi raggiungere il cliente; alcune di queste attività sono: volantini promozionali, in store promotion, fidelity program, raccolta punti, evidenziazione a scaffale, comarketing, ecc. 41

Pubblicità e promozione congiunte Pubblicità tradizionale Accende nel consumatore il desiderio o la conoscenza

Pubblicità e promozione congiunte Pubblicità tradizionale Accende nel consumatore il desiderio o la conoscenza del prodotto Pubblicità congiunta Fornisce al consumatore informazioni utili a sapere dove reperire il prodotto Promozione congiunta Stimola l’acquisto di impulso nel PV 42

Attività promozionali inerenti la politica di prezzo e i meccanismi di fidelizzazione Comportamento dei

Attività promozionali inerenti la politica di prezzo e i meccanismi di fidelizzazione Comportamento dei consumatori Massimizzazione dei benefici Minimizzazione dei costi • Di sostituzione • Di opportunità • Di stoccaggio 43

Caratteristiche del prodotto • Prezzo unitario • Dimensione della confezione • Frequenza di acquisto

Caratteristiche del prodotto • Prezzo unitario • Dimensione della confezione • Frequenza di acquisto prodotto • Deperibilità • Necessità • … 44

Posizione competitiva delle marche • Esiste correlazione tra quota di mercato dei prodotti ed

Posizione competitiva delle marche • Esiste correlazione tra quota di mercato dei prodotti ed efficacia della promozione? • Beneficia di più della promozione la marca o la non marca? • La promozione ha più effetto in mercati frammentati o concentrati? 45

Durata dell’iniziativa promozionale • La corretta definizione temporale della promozione è alla base della

Durata dell’iniziativa promozionale • La corretta definizione temporale della promozione è alla base della riuscita dell’operazione. • La risposta del consumatore influenza la durata della promozione: • Subito è bassa • Poi sale velocemente • Quindi decresce lentamente • Ripetizione dell’iniziativa. • Iniziative ripetute troppo spesso deprimono il valore del prodotto 46

3. Logistica integrata Il distributore tende a sviluppare la propria rete logistica: • Economie

3. Logistica integrata Il distributore tende a sviluppare la propria rete logistica: • Economie di scala negli acquisti • Economie di costo: riassortimento, scambio prodotti, personale, … • Servizio: minor possibilità di rottura di stock Le opportunità dell’Industria di integrare la propria struttura logistica con quella del distributore sono: • • Migliori organizzazioni delle consegne Confezioni più omogenee tra loro Strumenti di logistica più omogenei (es. pallet) Armonizzazione dell’attività promozionale consegne di prodotto 47

4. Merchandising industriale • L’azienda sente la necessità di affiancare al marketing tradizionale un’attività

4. Merchandising industriale • L’azienda sente la necessità di affiancare al marketing tradizionale un’attività di merchandising sul punto vendita. • Lo scopo è di aumentare la rotazione del prodotto e la redditività del punto vendita. • Influenza diretta sul comportamento finale del consumatore. 48

5. Le condizioni di vendita L’azienda di marca ha, rispetto a quella unbranded, maggiori

5. Le condizioni di vendita L’azienda di marca ha, rispetto a quella unbranded, maggiori difficoltà di sell-out e deve quindi concentrarsi maggiormente sulle iniziative volte ad aumentare la rotazione e migliorare i servizi dati e ricevuti Modificazione degli istituti negoziali e delle condizioni Vincolare le condizioni di vendita ai servizi dati e ricevuti 49

Gli istituti negoziali più frequenti sono: • Sconto in fattura e sconto Gruppo /

Gli istituti negoziali più frequenti sono: • Sconto in fattura e sconto Gruppo / Cliente • Sconto consegna al deposito • Sconto rifatturazione • Premio fine anno • Termini di pagamento • Contributi promozionali • Contributi assortimento e referenziamento 50

6. Il progetto E. C. R. (Efficient Consumer Response) Uno dei più importanti esempi

6. Il progetto E. C. R. (Efficient Consumer Response) Uno dei più importanti esempi di integrazione e scambio delle informazioni sui prodotti e sul mercato attuati dai sistemi produttivi e distributivi, al fine del migliore risultato economico congiunto, è rappresentato dal Progetto E. C. R. Trattasi di un progetto di collaborazione tra Industria (I. d. M. ) e distribuzione (G. D. O. ). Esso è nato per sviluppare una visione globale del sistema produzione distribuzione - consumo nell’ottica della value chain analysis. ¬ ¬ ¬ Nasce negli U. S. A. nei primi anni ’ 80 Nel 1993 nasce ECR Italia Nel 1994 nasce ECR Europa 51

Negli ultimi anni, alcune grandi imprese industriali e commerciali operanti nel largo consumo, per

Negli ultimi anni, alcune grandi imprese industriali e commerciali operanti nel largo consumo, per difendere gli spazi di mercato conquistati dai prodotti di marca, hanno dato vita a un progetto di revisione critica di tutte le attività della filiera produttivo-distributiva, denominato ECR (Efficient Consumer Response), per operare significativi recuperi di efficienza a vantaggio dell’intero canale. Da questo programma sono nati degli esperimenti nell’ambito del sottoprogetto CRP (Continuous Replenishment Program), finalizzati a verificare l’applicabilità nel concreto di procedure automatizzate di ripristino, da parte del produttore, dei livelli di scorta del Ce. Di. del distributore, basate sullo scambio di dati in tempo reale. 52

Trattasi di una strategia con cui il rivenditore grocery, il distributore e il/i fornitore/i

Trattasi di una strategia con cui il rivenditore grocery, il distributore e il/i fornitore/i partners commerciali lavorano a stretto contatto per eliminare i costi in eccesso della catena di approvvigionamento. La strategia ECR si concentra in particolare su quattro grandi opportunità per migliorare l’efficienza: efficient replenishment (rifornimento efficiente), efficient promotion (promozione efficace), efficient assortment (assortimento efficiente) e efficient product introduction (efficace introduzione del prodotto). Ne consegue che, nello specifico, gli orientamenti di base del Progetto possano essere praticamente di natura: logistica (Efficient Replenishment) informativa (E. D. I. - Electronic Data Interchange) commerciale (Efficient Store Assortment, Efficient Product Introduction, Efficient Promotion) organizzativa (Category Management) 53

ECR Italia è una Associazione paritetica fra Imprese Industriali ed Imprese Distributive, nata nel

ECR Italia è una Associazione paritetica fra Imprese Industriali ed Imprese Distributive, nata nel 1993, avente per scopo lo studio, la diffusione e l’applicazione di strumenti di raccordo fra le stesse, con particolare riguardo al potenziamento dell’efficienza dei rapporti fra i due comparti e dell’intero ciclo Produzione-Distribuzione-Consumo e di quanto altro sia ritenuto aderente allo scopo associativo da parte degli Organismi della Associazione. (fonte: http: //www. ecr. it) 54

Gli Aderenti al Progetto ECR Italia si propongono i seguenti OBIETTIVI: • Migliorare l’efficienza

Gli Aderenti al Progetto ECR Italia si propongono i seguenti OBIETTIVI: • Migliorare l’efficienza della filiera produttoredistributore-consumatore. • Ridurre i costi della relazione tra Industria e Distribuzione. • Trasferire valore al consumatore. • Progettare l’innovazione di processo. • Adottare nuovi modelli di relazione collaborativa. (https: //gs 1 it. org/chi-siamo/ecr-italia/) 55

1. Definizione della categoria: la scelta adottata dal distributore per definire il suo campo

1. Definizione della categoria: la scelta adottata dal distributore per definire il suo campo di analisi e, quindi, l’ambito dell’azione di marketing 2. Assegnazione di un ruolo alla categoria: associare a ogni categoria, in funzione della sua vocazione, un determinato ruolo di marketing che può accrescere la soddisfazione del consumatore 3. Analisi delle informazioni rilevanti. Prima di stendere un piano è opportuno disporre di tutte le informazioni che riguardano la categoria 4. Misurazione degli indicatori. Ogni distributore deve porsi dei nuovi obiettivi di performance, verificare i principali indicatori interni relativi alla categoria e, alla luce del ruolo, decidere se sono soddisfacenti 5. Scelta delle strategie. In relazione al ruolo, agli indicatori interni e al comportamento dei competitor, ogni insegna deve decidere quali sono gli obiettivi economico-competitivi da conseguire 6. Definizione delle azioni di retail mix a sostegno degli obiettivi fissati: il distributore deve decidere quali leve del marketing mix manovrare in termini di politica assortimentale, di prezzo, di promozione, di spazio espositivo assegnato ai segmenti, alle marche, alle referenze 7. Piano di implementazione: testare il category plan garantendosi che tutte le indicazioni prospettate vengano messe in pratica dalla rete periferica (divisioni/Ce. Di. , punti di vendita) 56

7. Category Management E’ un processo di gestione comune tra Produttore e Distributore a

7. Category Management E’ un processo di gestione comune tra Produttore e Distributore a livello di singola categoria merceologica, considerata come unità strategica di business, avente l’obiettivo di migliorare i risultati mediante la focalizzazione sul valore trasferito al consumatore, ovvero personalizzando l’offerta per soddisfare l’esigenza dei consumatori. Una categoria è un gruppo ben definito di prodotti/servizi che il consumatore percepisce come tra loro correlati e sostituibili nella soddisfazione di una sua esigenza e la cui gestione unificata da parte delle imprese coinvolte consente loro di conseguire l’obiettivo di aumentare il fatturato e l’utile. « Il Category Management è un processo di gestione delle categorie merceologiche come aree strategiche di affari e si propone di soddisfare i bisogni del consumatore, punto vendita per punto vendita » (Nielsen) 57

§ § Mutamento del comportamento di consumo della domanda favorendo una maggiore attenzione alla

§ § Mutamento del comportamento di consumo della domanda favorendo una maggiore attenzione alla leva del prezzo. Crescente infedeltà del consumatore a livello di insegna. § Difficoltà da parte del trade di ottenere, dall’industria, condizioni contrattuali migliorative rispetto al passato (sconti, premi, contributi) da riversare in parte sul prezzo al consumo e supportare così l’immagine di convenienza. § Crescente controllo della catena del valore interna da parte del distributore. 58

Nello specifico, con riferimento agli acquisti d’impulso del consumatore, lo strumento della categoria può

Nello specifico, con riferimento agli acquisti d’impulso del consumatore, lo strumento della categoria può essere utilizzato per attribuire visibilità all’offerta aziendale. In particolare si possono raggiungere i seguenti scopi: • Stimolare la creazione della domanda presso il punto vendita. • Far lievitare l’incidenza degli acquisti d’impulso e favorirne l’espansione, gestendo: • • • la segmentazione espositiva dell’assortimento La localizzazione dei prodotti (layout) la contestualizzazione dei prodotti il display merceologico La quantità e la qualità dell’esposizione • Attenuare le carenze reali e percepite nel merchandising. • Sfruttare l’importanza del merchandising a seguito della crescita dell’infedeltà. • Allineare gli interessi I/D nel sostegno della domanda attraverso gli acquisti d’impulso. 59

Gli OBIETTIVI DI BASE del Category Management sono: Semplificazione dell’azione di acquisto del consumatore

Gli OBIETTIVI DI BASE del Category Management sono: Semplificazione dell’azione di acquisto del consumatore nel punto vendita Incremento delle vendite e del profitto della categoria Il Trade Manager si attiva nell’osservazione dei Punti Vendita, accoglie informazioni, le struttura, le analizza al fine di organizzare azioni volte a migliorare la qualità e la quantità della presenza dei prodotti sul Punto Vendita. Esso: • Partecipa alla definizione delle categorie di prodotto. • Gestisce i prodotti di Category con il cliente. • Organizza e gestisce il patrimonio informativo dei punti vendita. • Collabora ed affianca Trade Marketing, Capi Area e Field Manager nella presentazione di progetti e risultati. • Sensibilizza Capi Reparto e Category Manager del Distributore con i quali entra in contatto. 60

ü La ricerca di marche e prodotti da inserire in assortimento in relazione al

ü La ricerca di marche e prodotti da inserire in assortimento in relazione al ruolo che si intende affidare alla categoria. ü Il raggiungimento degli obiettivi di marginalità prefissati dalle categorie in portafoglio. ü Il miglioramento del margine complessivo per unità di spazio nei diversi tipi di canale in cui è articolata l’offerta. ü Il miglioramento di alcuni indicatori logistici che manifestano una corretta gestione dei prodotti in assortimento: * la riduzione degli inevasi; * la diminuzione delle rotture di stock nel punto di vendita; * l’abbattimento delle scorte in magazzino. 61

Direct Product Cost e Direct Product Profitability è uno strumento gestionale utile a misurare

Direct Product Cost e Direct Product Profitability è uno strumento gestionale utile a misurare il grado di redditività lorda di ognuno dei prodotti inseriti in assortimento. È anche un supporto quantitativo prezioso per favorire lo sviluppo di relazioni verticali di canale collaborative, incentrate sulla valorizzazione oggettiva delle prestazioni intrachannel. Il modello, formulato originariamente dal FMI (Food Marketing Institute) in collaborazione con la Mc. Kinsey, consente di attribuire i costi diretti di “produzione” alle singole referenze, dopo averli classificati in categorie (fattori “produttivi”) e in centri di costo (fasi di “lavorazione”), al fine di stimare “la quota di utilizzazione dei diversi fattori produttivi per ciascun prodotto attraverso la base di imputazione che meglio rispecchia tale consumo”. 62

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Principi fondamentali del Category Management o Il compito di creare e monitorare il valore

Principi fondamentali del Category Management o Il compito di creare e monitorare il valore aziendale è ripartito tra le unità organizzative responsabili delle categorie (singole figure aziendali o team), ognuna delle quali è responsabile per una quota del valore aziendale complessivo. o Le categorie vengono gestite strategicamente attraverso piani di categoria che assegnano ruoli e obiettivi ad ognuna di esse. o Il distributore, data la sua strategia globale, gestisce con l’industria le categorie come unità strategiche di business, per migliorare i risultati focalizzandosi nel dare più valore al consumatore. o I confini e le dimensioni delle categorie sono individuati sulla base dell’analisi del comportamento di consumo e di acquisto del consumatore. o Viene attuata una razionalizzazione e gestione della varietà di un assortimento o di una gamma di prodotti attraverso la riduzione delle ridondanze e il potenziamento delle alternative di scelta per il consumatore. 64

Category Management Selezione delle categorie di prodotto da proporre Definizione del sistema di offerta

Category Management Selezione delle categorie di prodotto da proporre Definizione del sistema di offerta complessivo e del grado di specializzazione di un’impresa commerciale. Individuazione del mix di categorie da offrire in base a rapporti di complementarità e sostituibilità. Aggregazione della categoria Le categorie di prodotti possono essere diversamente aggregate, in modo da riuscire a condizionare l’organizzazione della superficie espositiva. Individuato il sistema di offerta complessivo, è possibile definire la profondità dell’assortimento. Gestione della singola categoria Dipende dalla quantità e dai tipi di varietà esistenti e desiderabili. Nella scelta della varietà da offrire si considerano le caratteristiche dell’offerta industriale esigenze specifiche del cliente finale. 65

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I ruoli di marketing nelle categorie 67

I ruoli di marketing nelle categorie 67

Definizione delle categorie di prodotti Cos’è una categoria? E’ un insieme di prodotti percepiti

Definizione delle categorie di prodotti Cos’è una categoria? E’ un insieme di prodotti percepiti come interrelati e sostituibili nella soddisfazione di un bisogno Baby World: definizione della categoria La percezione dell’Universo Baby comprende tutte le dimensioni legate alla correlazione con il bambino, con una centralità dei momenti maggiormente intimi Vestiti Alimentazione Cambio Bagno Bellezza Passeggio Gioco 68

Cosa non rientra nella categoria? Eliminare i prodotti che: • non soddisfano i bisogni

Cosa non rientra nella categoria? Eliminare i prodotti che: • non soddisfano i bisogni • sono percepiti non sostituibili • non sono misurabili Talco Solari Stagionali Linee Kids Target > 3 anni Olio Baby / Adulto Target misto Creme Dentifrici Target > 3 anni Salviettine Bagni schiuma In Out Baby care Saponi Colonie Shampoo 69

Segmentare la categoria Individuare le linee di prodotti soddisfacenti i differenti bisogni dei diversi

Segmentare la categoria Individuare le linee di prodotti soddisfacenti i differenti bisogni dei diversi segmenti. 70

IN SINTESI… Una categoria può essere definita e strutturata secondo diversi criteri, purché tutti

IN SINTESI… Una categoria può essere definita e strutturata secondo diversi criteri, purché tutti rispettino un principio base. Il nome della categoria e la sua divisione in segmenti devono rispecchiare il linguaggio del consumatore. Ad esempio, nell’ottica del category management potremmo esporre una categoria di integratori alimentari secondo il destinatario, e cioè: “Per chi fa sport”, “Per recuperare le forze”, “Per il benessere e la vitalità”, “Per il benessere junior”, “Per il benessere dopo i 50”, “Per la memoria”, “Per dimagrire”, “Per i momenti di maggiore impegno”. Il ruolo delle categorie e le correlate strategie dipendono da: a. Il periodo temporale. b. Il tipo di canalizzazione. c. L’area territoriale. d. Il livello di sovra- o sotto-segmentazione considerato. Le categorie assumono un ruolo a seconda: 1. dell’importanza che hanno i prodotti per il consumatore. 2. dell’importanza che hanno i prodotti per il distributore. 71

La segmentazione del mercato delle merende PRODOTTI DA FORNO E CEREALI Pasticceria Wafers Biscotti

La segmentazione del mercato delle merende PRODOTTI DA FORNO E CEREALI Pasticceria Wafers Biscotti Merendine Livello di analisi Merende da forno Famiglia Segmento Sotto Segmento Tipo • Croissant • Treccine • Fagottini • Altre forme Fette biscottate Cereali Mini merende Colazione Croissanterie Torte pronte Fuori pasto Minikake • Krapfen • Plumcake • Muffin • Brioche Crostate • Crostatine Semplice – Farcito – Ricoperto – Ricco Tortine • Tortine • Ciambelle • Altre forme Trancini • Tranci • Roll 72

Ø Ø Ø La definizione di assortimenti di prodotto coerenti con le esigenze dei

Ø Ø Ø La definizione di assortimenti di prodotto coerenti con le esigenze dei consumatori target, personalizzati per punti vendita o cluster di punti vendita omogenei. La formulazione di prezzi di vendita competitivi e coerenti con gli obiettivi della categoria. La realizzazione di promozioni interessanti. Una attraente presentazione dei prodotti nel punto vendita. Ottimizzazione dei processi in particolare di integrazione fra produttore e distributore. 73

GLI OSTACOLI DA SUPERARE PER REALIZZARE LA PARTNERSHIP NEL CATEGORY MANAGEMENT sono: • Neutralizzare

GLI OSTACOLI DA SUPERARE PER REALIZZARE LA PARTNERSHIP NEL CATEGORY MANAGEMENT sono: • Neutralizzare sul piano competitivo i rapporti di canale : • Riconvertendo gli investimenti di trade marketing verso il category management; • Spostando la negoziazione a valle del marketing nella catena del valore. • Condividere gli obiettivi di vendita e margine della categoria e della marca: • Trasversalità del ruolo di marketing; • Attribuzione e gestione del ruolo di marketing assegnato alla categoria. 74

IN SINTESI … Fintanto che si compete litigiosamente per accrescere la quota di valore

IN SINTESI … Fintanto che si compete litigiosamente per accrescere la quota di valore del canale : • Il gioco è a somma nulla • Il mercato è instabile • Non si possono cogliere le opportunità di valore della sintonia di marketing Sposare la categoria come SBU, viceversa, significa trovare un punto di incontro tra due diverse visioni di marketing e porre una premessa per creare nuovo valore. 75

. . . alla collaborazione ? !? !? 76

. . . alla collaborazione ? !? !? 76

 • Sempre più frequentemente, negli ultimi anni, il consumatore ha mutato il proprio

• Sempre più frequentemente, negli ultimi anni, il consumatore ha mutato il proprio comportamento d’acquisto dimostrando una crescente store loyalty anche a scapito della brand loyalty. • E’ cresciuto il peso della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) intesa come l’insieme di: • Catene di distribuzione che si costituiscono grazie ad accordi di associazione tra commercianti • Catene di supermercati e ipermercati di un’unica proprietà • Grandi cooperative di consumo. Tutto ciò ha reso talvolta ardua la ricerca di benefici economici e competitivi sviluppando all’interno del canale relazioni solide e durature, che prevedessero una maggiore interdipendenza e che fossero basate sulla cooperazione tra i vari operatori del canale, come quelle su cui si basa il Category Management. 77

I presupposti di base alla relazione tra produttori e distributori cambiano a seconda se

I presupposti di base alla relazione tra produttori e distributori cambiano a seconda se il prodotto ha una marca industriale o una marca privata o generica. Quando la brand loyalty è inferiore alla store loyalty il fornitore deve compensare la minore forza di mercato e per ottenere la preferenza del distributore deve accordare adeguate concessioni: ü sconti extra; ü premi di referenziamento; ü contributi di merchandising; ü esclusive di vendita; ü resi sui prodotti invenduti; ü dilazioni di pagamento. Le mutate condizioni alla base dei rapporti di fornitura hanno dato vita a cambiamenti importanti anche nei sistemi di valutazione dei fornitori, che oggi consentono di misurare e classificare, mediante procedure standardizzate di supplier-rating, l’output produttivo del fornitore e le sue 78 risorse e competenze aziendali.

Private Label marche di fantasia prodotti generici La private label è uno degli strumenti

Private Label marche di fantasia prodotti generici La private label è uno degli strumenti utilizzati dalla distribuzione moderna per limitare il potere dell’industria attraverso l’affermazione della store loyalty sulla brand loyalty. marca-insegna prodotti bandiera 79

Quote di mercato delle Private Label nel Grocery 80

Quote di mercato delle Private Label nel Grocery 80

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