Dipartimento di Scienze Economiche Aziendali Matematiche e Statistiche

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Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno de Finetti” LA GESTIONE STRATEGICA

Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche “Bruno de Finetti” LA GESTIONE STRATEGICA DELL’IMPRESA - ALLEGATO al modulo 3 a Riservato Studenti Erasmus IIId. EGIC – A. A. 2017 -18

IL CONCETTO DI BARRIERA {FASE 1, Slide 11} 2

IL CONCETTO DI BARRIERA {FASE 1, Slide 11} 2

4 Esistono sia barriere all’entrata che barriere all’uscita da un settore; le prime proteggono

4 Esistono sia barriere all’entrata che barriere all’uscita da un settore; le prime proteggono le imprese operanti in un settore dalla competizione esterna, rendendovi l’ingresso difficile o mettendo i potenziali entranti in una situazione di svantaggio. Esse potrebbero comportare dei costi incrementali; a titolo di esempio si ricordano il fabbisogno di capitali, costi di cambiamento per i compratori, una DOM elevata, accesso ai canali di distribuzione, politica pubblica. Possono esistere inoltre dei rischi di entrata connessi all’indice di concentrazione, all’intensità degli investimenti, . . . 4 Le barriere all’uscita, viceversa, trattengono l’impresa nel settore anche quando il tasso di redditività è basso o negativo. Ne sono esempi: gli investimenti specifici, i costi fissi d’uscita, le interdipendenze strategiche, le barriere emotive e gli ostacoli politici e sociali. 3

Barriere all’entrata di un settore Ø Economie di scala Ø Differenziazione di prodotto Ø

Barriere all’entrata di un settore Ø Economie di scala Ø Differenziazione di prodotto Ø Vantaggi di costo indipendenti dal volume di produzione Ø Rappresaglia dei produttori consolidati Ø Politiche governative Fonti di vantaggi di costo, indipendenti dal volume di produzione, che possono comportare barriere all’entrata 4

IL MODELLO DI ABELL {FASE 1, Slide 12} 5

IL MODELLO DI ABELL {FASE 1, Slide 12} 5

Il modello delimita il campo in cui si svolge la competizione sulla base dei

Il modello delimita il campo in cui si svolge la competizione sulla base dei 3 elementi principali. CHI deve essere soddisfatto? (Customer Groups) COSA deve essere soddisfatto? (Customer Needs) Definizione di Business COME possono essere soddisfatti i clienti? (Distinctive Competencies) 6

CONCETTUALIZZAZIONE DEL MERCATO DI RIFERIMENTO Struttura tridimensionale del mercato di riferimento 7

CONCETTUALIZZAZIONE DEL MERCATO DI RIFERIMENTO Struttura tridimensionale del mercato di riferimento 7

Confini del mercato di riferimento 8

Confini del mercato di riferimento 8

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L’ANALISI S. W. O. T. {FASE 3, Slide 31} 10

L’ANALISI S. W. O. T. {FASE 3, Slide 31} 10

Il Modello SWOT (strenght, weakness, opportunity, threat Considera i punti di forza e di

Il Modello SWOT (strenght, weakness, opportunity, threat Considera i punti di forza e di debolezza dell’impresa in rapporto alla possibile evoluzione del mercato e dell’ambiente, di cui si ipotizzano opportunità e minacce. Positivi Negativi Fattori di origine interna Strenght Punti di Forza Weakness Punti di Debolezza Fattori di origine esterna Opportunity Opportunità Threat Minacce 11

I vantaggi della SWOT sono: a. il contributo in chiave di conoscenza fornito dall’esame

I vantaggi della SWOT sono: a. il contributo in chiave di conoscenza fornito dall’esame combinato di variabili interne ed esterne; b. l’insieme di valutazioni in chiave strategica che il processo consente di delineare. I limiti della SWOT sono: 1. la staticità; 2. forze/debolezze e minacce/opportunità sono dinamiche per definizione; 3. occorre pertanto ripeterla con regolarità. 12

VALUTAZIONE DI UNA DESTINAZIONE TURISTICA La Costa Azzurra: SWOT analysis 13

VALUTAZIONE DI UNA DESTINAZIONE TURISTICA La Costa Azzurra: SWOT analysis 13

LA STRATEGIA DI INTEGRAZIONE {FASE 3, Slide 39} 14

LA STRATEGIA DI INTEGRAZIONE {FASE 3, Slide 39} 14

Il numero di funzioni e di attività svolte all’interno dell’impresa definisce il livello di

Il numero di funzioni e di attività svolte all’interno dell’impresa definisce il livello di integrazione verticale: maggiore è il numero dei processi internalizzati, più l’impresa è integrata verticalmente. ☞ Se l’azienda aumenta il numero di attività/funzioni che l’avvicinano al cliente finale, si parla di integrazione verticale a valle o discendente. ☞ Se l’azienda aumenta il numero di attività/funzioni che l’avvicinano alla fornitura di materie prime e semilavorati, si parla di integrazione verticale a monte o ascendente. 15

LA MATRICE STRATEGICA DI ANSOFF {FASE 3, Slide 43} 16

LA MATRICE STRATEGICA DI ANSOFF {FASE 3, Slide 43} 16

Matrice di Ansoff (Matrice prodotto-mercato) NUOVI Ampliamento del prodotto (sviluppo del prodotto) Diversificazione PRODOTTI

Matrice di Ansoff (Matrice prodotto-mercato) NUOVI Ampliamento del prodotto (sviluppo del prodotto) Diversificazione PRODOTTI Concentrazione ATTUALI Ampliamento del mercato (sviluppo del mercato) (penetrazione del mercato) ATTUALI MERCATI NUOVI 17

IL CONCETTO DI ECONOMIA {FASE 3, Slide 48} 18

IL CONCETTO DI ECONOMIA {FASE 3, Slide 48} 18

Per un’impresa mono – business, la maggiore dimensione rappresenta una fonte di vantaggio di

Per un’impresa mono – business, la maggiore dimensione rappresenta una fonte di vantaggio di costo quando si realizzano significative economie di scala nelle diverse funzioni di business. Le principali fonti delle economie di scala sono: a. volume di produzione e macchinari specializzati: ovvero quando un’impresa ha alti livelli di produzione può acquistare ed utilizzare macchinari specializzati che non sono utilizzabili da parte di piccole imprese. b. volume di produzione e costi di impianti e di attrezzature: infatti, un’impresa con elevati volumi di produzione sarà capace di realizzare attività industriali a costi unitari ridotti ed avrà un costo medio di produzione più basso. Il rapporto tra volume di produzione e costo di realizzazione di attività industriali è fondamentale nei settori caratterizzati da processi di trasformazione. c. volume di produzione e specializzazione degli addetti: la maggiore dimensione volumetrica di produzione è connessa ad una maggiore specializzazione degli addetti. Questa considerazione è applicabile sia alle attività propriamente produttive che a quelle manageriali. d. volume di produzione e spese generali: un’organizzazione con elevati volumi produttivi ha la possibilità di frazionare i propri costi su più unità di prodotto, abbassando il costo unitario di produzione. 19

Una fonte di vantaggio legato ai costi aziendali, in un particolare business, dipende dai

Una fonte di vantaggio legato ai costi aziendali, in un particolare business, dipende dai volumi cumulati di produzione. Un’azienda con maggiore esperienza è in grado di realizzare prodotti o servizi ad un costo di produzione minore, generando un vantaggio di costo. Il rapporto tra volumi di produzione cumulati e costo relativo si evince nel concetto di curva di apprendimento, che può essere associato a qualsiasi funzione. Economie di apprendimento: curva di apprendimento e costo di produzione 20

La curva di apprendimento è strettamente connessa alle economie di scala ma è possibile

La curva di apprendimento è strettamente connessa alle economie di scala ma è possibile individuare due differenze: Economie di scala: 1. Si focalizzano sulle relazioni tra volume di produzione in un determinato istante e costi medi unitari. 2. La crescita aziendale consente vantaggi di costo fino al raggiungimento del punto ottimale (x), dopo il quale si ottengono diseconomie di scala. Economie di apprendimento 1. Si focalizzano sulle relazioni tra volume cumulato di produzione e costi medi unitari. 2. All’aumentare del volume cumulato, i costi continuano a decrescere fino a raggiungere il più basso costo tecnologicamente possibile. 21

Per ECONOMIE DI SCOPO si intende il risparmio derivante dalla produzione congiunta di prodotti

Per ECONOMIE DI SCOPO si intende il risparmio derivante dalla produzione congiunta di prodotti diversi o con il perseguimento di obiettivi diversi con i medesimi fattori produttivi (stesse risorse, stessi impianti, stesso know-how). Lo stesso concetto è anche più correttamente tradotto con le espressioni "economie di diversificazione". La traduzione letterale, ed utilizzata da alcuni testi di economia aziendale, è "economie di raggio d'azione" o "economie di ampiezza" o ancora "economia di gamma". ESEMPIO: Ipotizzando di avere un impianto petrolifero che può produrre allo stesso tempo benzina (prodotto x) e gasolio (prodotto y), le economie di scopo saranno tali che il costo della produzione congiunta dei due prodotti sarà inferiore alla somma dei costi della produzione disgiunta di ognuno di essi, cioè C(x, 0)+C(0, y)>C(x, y) Le economie di scopo si originano in differenti situazioni: • la produzione congiunta di due beni consente l'utilizzo completo di risorse materiali che rimarrebbero sottoutilizzate • un determinato processo produttivo realizza congiuntamente due o più prodotti secondo rapporti relativamente fissi • le conoscenze produttive sviluppate da un'impresa o anche l'immagine conquistata per un certo prodotto risultano utilizzabili vantaggiosamente per altri tipi di prodotti Riassumendo, si può dire che le economie di scopo si determinano ogniqualvolta esista o si possa ottenere un qualsiasi tipo di sinergia dalla produzione congiunta di due prodotti diversi. Le economie di scopo rappresentano una decrescita dei costi medi di produzione in presenza di un incremento della quantità di beni prodotti, anche se questi sono diversi tra loro. 22

LA GESTIONE STRATEGICA DELL’IMPRESA COMMERCIALE - ALLEGATO al modulo 3 C -

LA GESTIONE STRATEGICA DELL’IMPRESA COMMERCIALE - ALLEGATO al modulo 3 C -

LA LOCALIZZAZIONE { Slide 49 } 24

LA LOCALIZZAZIONE { Slide 49 } 24

Dove: x = Ncp = Smcp = SV = specifica localizzazione numero di consumatori

Dove: x = Ncp = Smcp = SV = specifica localizzazione numero di consumatori potenziali spesa media (annuale, mensile) per consumatore potenziale superficie di vendita (mq) utilizzato dalle imprese commerciali concorrenti nell’area considerata Maggiore è il valore assunto dall’indice, migliori sono le opportunità commerciali offerte dall’area 25

IL CONTROLLO DELL’ATTIVITA’ COMMERCIALE { Slide 64 } 26

IL CONTROLLO DELL’ATTIVITA’ COMMERCIALE { Slide 64 } 26

La determinazione del ROI e la sua scomposizione 27

La determinazione del ROI e la sua scomposizione 27

La redditività del capitale mediamente investito in scorte GMROI merci = Margine lordo Cap.

La redditività del capitale mediamente investito in scorte GMROI merci = Margine lordo Cap. inv. Scorte Margine lordo Fatturato Redditività fatturato = Fatturato x Cap. inv. Scorte Rotazione Scorte 28

Misurazione dell’efficienza globale Indicatori economico-finanziari • • • Reddito d’esercizio; margine lordo; margine operativo;

Misurazione dell’efficienza globale Indicatori economico-finanziari • • • Reddito d’esercizio; margine lordo; margine operativo; margine di contribuzione di prodotto (DPP); cash-flow. Key Performance Indicator • • Anche Behavior based. Customer satisfaction. Determinazione del FCFO Determinazione del FCFE 29

Determinazione del FCFO (Flusso di Cassa netto dalla gestione operativa) 30

Determinazione del FCFO (Flusso di Cassa netto dalla gestione operativa) 30

Determinazione del FCFE Flusso di cassa gestione per l’equity Il FCFE è una misura

Determinazione del FCFE Flusso di cassa gestione per l’equity Il FCFE è una misura di quanto denaro possa essere pagato al patr. netto della società (ovvero alla proprietà) dopo tutte le spese, il reinvestimento e la cancellazione del debito. 31

Efficienza Esterna Misurazione dell’efficienza economica e dei costi distributivi: • Analisi funzionale, relativa alle

Efficienza Esterna Misurazione dell’efficienza economica e dei costi distributivi: • Analisi funzionale, relativa alle attività operative da controllare (promozione, magazzinaggio, esecuzione vendite, trasporto ecc. ). • Analisi oggettiva, in funzione della specifica voce di spesa da monitorare (costi del personale, oneri finanziari ecc. ). • Analisi soggettiva, riguardante specifici “segmenti” d’impresa da sottoporre a controllo (singoli prodotti, categorie, punti di vendita, reparti ecc. ). Produttività: 1. Ricavi per dipendente; 2. margini operativi per dipendente; 3. ricavi per metri lineari di spazio espositivo o per mq di superficie; 4. margini lordi o operativi in rapporto alla superficie. 32

Il D. P. P (Direct Product Profit) 33

Il D. P. P (Direct Product Profit) 33

Lo scontrino medio è l’importo totale che mediamente un cliente spende ogni volta che

Lo scontrino medio è l’importo totale che mediamente un cliente spende ogni volta che compra in un negozio. Misura, in maniera estremamente sintetica, la capacità del negozio di soddisfare i suoi bisogni. È dato dal rapporto tra vendite e numero scontrini. Scontrino medio = Vendite / numero scontrini Esso è determinato fondamentalmente da due variabili: a. quanti prodotti mediamente il cliente compra nel negozio (ampiezza dell’acquisto misurata attraverso il numero medio di battute per scontrino) b. Quanto paga mediamente ogni cosa che acquista (la “battuta media”) 34

La battuta media è il valore medio delle “linee” presenti negli scontrini, cioè l’importo

La battuta media è il valore medio delle “linee” presenti negli scontrini, cioè l’importo che mediamente un cliente spende ogni volta che fa una scelta di acquisto. Essa è influenzato da: 1. prezzo a cui, a parità di marca, vengono venduti i prodotti (convenienza p. v. ) 2. costruzione dell’assortimento (livello qualitativo medio dell’assortimento) 3. tipologia di prodotti che più frequentemente vengono scelti dai clienti (marca: + cari o viceversa) 4. % di prodotti venduti con uno sconto (promozioni di prezzo) 5. dimensione media delle confezioni (confezioni + grandi: risparmio di prezzo unitario ma battute medie + alte) 6. capacità dei venditori di orientare i clienti Leve su cui può agire lo store manager per modificare la battuta media: 1. alzare o abbassare i prezzi di alcuni prodotti, a parità di marca 2. mettere in vendita prodotti + economici o + cari 3. offrire sconti 4. mettere in vetrina i prodotti su cui il negozio sta puntando 5. utilizzare la leva del merchandising, cioè dell’esposizione della merce, mettendo in evidenza i prodotti che il p. v. ha maggior interesse a vendere 6. creare confezioni multiple, oppure vendere i prodotti singolarmente 7. sviluppare nei venditori la conoscenza del prodotto 8. sviluppare nei venditori 3 specifiche capacità: a. fare domande per capire le esigenze del cliente b. presentare il prodotto, usando argomentazioni convincenti per il cliente 35 c. superare l’obiezione sul prezzo

Il numero medio di battute per scontrino evidenzia il numero di prodotti o confezioni

Il numero medio di battute per scontrino evidenzia il numero di prodotti o confezioni che mediamente i clienti portano alla cassa. Esso risente delle seguenti variabili: 1. dimensione e qualità dell’assortimento di un negozio (+ assortimento ampio e profondo, > numero battute) 2. un uso effficace delle leve di merchandising (organizzazione spazi, presentazione merci, cartellonistica di orientamento e sul prodotto) 3. dalla presenza dei prodotti a scaffale (- rotture di stock, > numero battute) 4. dalla possibilità di comprare facilmente anche nei momenti di punta (+ affollamento, < numero battute) 5. dalla capacità dei venditori di proporre al cliente qualcosa di più (vendita complementare e aggiuntiva) Per modificare il numero medio di battute per scontrino lo store manager può: 1. gestire al meglio lo spazio espositivo (curando ordine, pulizia, gradevolezza dell’esposizione, cartellonistica, vetrine, percorso del cliente) 2. presidiare il riordino e l’allestimento (per evitare le rotture di stock) 3. evidenziare nell’esposizione le combinazioni tra prodotti che si completano a vicenda (es. cinture + pantaloni, tende + bastoni, . . . ) 4. gestire al meglio i momenti di punta (con + personale e agevolando le operazioni di acquisto e pagamento) 5. sviluppare nei venditori la capacità di fare proposte: Ø complementari Ø sostitutive 36 Ø aggiuntive

La penetrazione di una categoria è la percentuale di scontrini in cui è presente

La penetrazione di una categoria è la percentuale di scontrini in cui è presente almeno un articolo di quella categoria. Essa misura la capacità di una categoria merceologica di “farsi acquistare” dai clienti di un p. v. , non misurando il volume dell’acquistato, bensì il numero di clienti che scelgono almeno un prodotto di quella categoria - la “percentuale dei clienti convinti” Una penetrazione bassa dice che, tra tutti i clienti che entrano in un p. v. , pochi comprano prodotti di quella categoria: il negozio non è forte in quella categoria, o per lo meno non è riconosciuto tale, e la categoria non è esposta in maniera tale da attrarre e convincere i clienti. Una penetrazione alta invece, dice che molti clienti entrano in negozio proprio per comprare i prodotti di quella categoria e che essa è un punto di forza (o di attrazione) di quel p. v. , oppure che molti clienti, una volta entrati, vengono attirati e convinti dall’offerta commerciale. Essa si calcola come: N. scontrini in cui è presente la categoria / N. totale scontrini x 100 Le variabili che lo influenzano sono: 1. l’ampiezza dell’assortimento e gli spazi attribuiti 2. le scelte promozionali del negozio 3. un’esposizione della merce che renda facile trovarla e ne favorisca gli acquisti d’impulso 4. la capacità dei venditori di suggerire abbinamenti 37

La svalorizzazione è la riduzione di prezzo applicata a un prodotto. Una volta definito

La svalorizzazione è la riduzione di prezzo applicata a un prodotto. Una volta definito il prezzo di vendita “pieno” di un prodotto, qualsiasi riduzione di quel prezzo viene considerata una svalorizzazione, e di conseguenza una perdita secca di margine. Misurare la somma delle svalorizzazioni effettuate consente di avere un’idea precisa del vantaggio ceduto al cliente. Essa è pari all’entità complessiva degli sconti effettuati in un dato periodo e/o in una determinata categoria, cioè il valore del margine investito (e quindi il reddito cui il commerciante ha rinunciato in previsione di un vantaggio in volume). A valore = somma delle svalorizzazioni effettuate Percentuale = svalorizzazioni effettuate a valore / tot. vendite x 100 Variabili influenzanti: 1. qualità dell’acquisto (prodotti giusti, al momento giusto e nelle quantità giuste) 2. elementi aleatori come l’andamento della stagione 3. competenze di vendita del personale (nel vendere a prezzo pieno) Leve d’azione per ridurre le svalorizzazioni. a. ordinare i prodotti nella corretta quantità b. esporli in maniera efficace c. far sì che il personale di vendita dia il corretto supporto al cliente nell’acquisto 38

Lo stock è la quantità di prodotti presente nel p. v. in un determinato

Lo stock è la quantità di prodotti presente nel p. v. in un determinato momento e può essere misurato a volume o a valore in 3 modi: (a volume) numero di pezzi o di colli presenti in negozio a una certa data; z (a valore) somma dei prezzi di acquisto dei prodotti presenti in negozio a una certa data; z (a valore) somma dei prezzi di vendita dei prodotti presenti in negozio a una certa data. z In considerazione del fatto che comprare e immagazzinare prodotti costa, è interesse del p. v. gestire la minor quantità possibile di merci possibile, salvaguardando 2 equilibri “contrapposti”: disporre di merci in abbondanza, in maniera da poter soddisfare qualsiasi esigenza della clientela; b. avere in negozio solo i prodotti che si è sicuri di vendere, senza dover comprare neanche un prodotto in più del necessario. a. Per misurare la capacità di raggiungere questo delicato equilibrio, si utilizzano normalmente due indicatori: la rotazione e la copertura. 39

La rotazione misura quante volte lo stock viene rinnovato completamente nel corso di un

La rotazione misura quante volte lo stock viene rinnovato completamente nel corso di un periodo dato (normalmente si usa l’anno come periodo di riferimento). Questo indicatore risponde alla seguente domanda: se prima di ordinare dei nuovi prodotti aspettassi che il negozio fosse completamente vuoto, quante volte ordinerei prodotti per riempire il p. v. nel corso di un anno? Naturalmente la rotazione è un indice teorico, perché il negozio non viene praticamente quasi mai svuotato del tutto. L’indicatore consente di misurare la capacità di ordinare “poco e bene”. Una rotazione ALTA è sinonimo di BUONA GESTIONE. Il calcolo può essere effettuato sia sul n. di pezzi, sia a valore (normalmente sul prezzo di vendita). Vendite totali del periodo / stock medio del periodo 40

L’indice di copertura indica per quanti giorni il p. v. può continuare a vendere

L’indice di copertura indica per quanti giorni il p. v. può continuare a vendere con lo stock presente in negozio, senza ordinare nessun prodotto nuovo. Anche in questo caso si tratta di un indicatore puramente teorico, perché non è detto che i clienti comprerebbero esattamente i prodotti che trovano se il distributore non riordinasse niente. Anche questo indicatore consente di misurare la capacità di ordinare solo lo stretto indispensabile; in questo caso, però, la scala è rovesciata. Un indice di copertura ALTO è sinonimo di CATTIVA GESTIONE, perché segnala la difficoltà a vendere alcune merci, che rimangono in magazzino per troppo tempo. Il calcolo può essere effettuato sia sul n. di pezzi, sia a valore (normalmente sul prezzo di vendita). Stock medio del periodo / vendite medie giornaliere del periodo 41

Non tutti i prodotti acquistati finiscono nelle case dei clienti; alcuni si perdono nel

Non tutti i prodotti acquistati finiscono nelle case dei clienti; alcuni si perdono nel percorso! Un altro modo per monitorare lo stock è dunque verificare quanta parte delle merci acquistate dal p. v. completa effettivamente il suo percorso sino alla meta naturale, ovvero la clientela. Possiamo parlare di: ☞ il sell in ( = ciò che entra nel negozio) è il totale dei prodotti che vengono comprati dal p. v. (e quindi vendutigli dai fornitori); ☞ il sell out ( = ciò che esce dal negozio) è il totale delle merci che vengono comprate dai clienti (e quindi vendute dal p. v. ); ☞ il rapporto tra questi due indicatori viene definito sell through (o “sell thru”, letteralmente “venduto attraverso). Esso misura la percentuale di merce che viene efficacemente venduta sul totale dell’immesso, ovvero: sell out /sell in x 100 42

Ordine Ricevimento Esposizione SELL-IN Acquisto SELL-OUT AVARIE E 1 ROTTURE Prodotti che si rompono

Ordine Ricevimento Esposizione SELL-IN Acquisto SELL-OUT AVARIE E 1 ROTTURE Prodotti che si rompono nel trattamento Prodotti che si rompono o scadono (se alimentari) e devono essere gettati Prodotti rubati dal personale del negozio Prodotti rubati dai clienti (i prodotti vanno eliminati) DIFFERENZE 2 Prodotti ordinati e segnati in bolla, o comunque immessi nel sistema, ma non effettivamente consegnati 3 Prodotti restituiti al fornitore perche di qualità scadente INVENTARIALI RESI AL FORNITORE O ELIMINATI Prodotti che “invecchiano” e quindi non sono più vendibili 43

Interessano tutti i prodotti che si deteriorano nel corso del processo logistico interno al

Interessano tutti i prodotti che si deteriorano nel corso del processo logistico interno al negozio e devono essere tolti dalla vendita. I prodotti vanno gettati fondamentalmente per due motivi: perché si rompono o perché scadono. Le avarie e rotture è l’indice che misura il numero e il valore dei prodotti (a prezzo di acquisto – più corretta dal punto di vista contabile -, o a prezzo di vendita – più corretta dal punto di vista commerciale in quanto indicante l’intero valore della mancata vendita, ovvero l’opportunità persa) che vengono buttati e per il negozio si tratta di una perdita secca di margine! A volume = somma dei pezzi buttati A valore = somma dei prezzi (di acquisto o di vendita) dei pezzi buttati Percentuale = valore dei pezzi buttati / totale vendite x 100 Le avarie e le rotture dipendono fondamentalmente da due variabili: 1. l’acquisto di quantità eccessive di prodotto (avaria per scadenza e difficoltà di gestione di magazzini pieni) 2. la cura nella gestione del prodotto (attenzione riposta dal personale nel maneggiare le merci) LEVE D’AZIONE. Per tenere sotto controllo questo indicatore, lo store manager deve verificare che gli ordini siano fatti al meglio e che il personale “tratti bene” il prodotto in tutte le fasi di lavorazione, e in particolare: quando viene sballata la merce e viene immagazzinata, quando viene esposta e durante il momento di vendita, infine quando vengono fatte le pulizie del negozio. 44

Questo indicatore misura la differenza (in pezzi o a valore) tra inventario contabile e

Questo indicatore misura la differenza (in pezzi o a valore) tra inventario contabile e inventario fisico. Esso misura il numero e il valore dei prodotti che “scompaiono” dal negozio; in alcuni casi le differenze inventariali contengono anche le avarie e rotture - se non tracciate con un sistema a parte –, altrimenti misurano esclusivamente il fenomeno del furto e gli errori di imputazione non identificati. Trattasi in ogni caso di prodotti acquistati e non venduti, né resi, né buttati. Una volta eseguito l’inventario fisico, occorre valorizzare tutti i prodotti mancanti al prezzo di vendita e la somma di questi importi rappresenta le “differenze inventariali a valore”. A volume = numero dei pezzi scomparsi A valore = somma dei prezzi (di acquisto o di vendita) dei prod. scomparsi % = somma dei prezzi (di acq. o di vend. ) dei prod. scomparsi / tot. vend. x 100 Le differenze inventariali dipendono da errori o furti operati dai tre principali attori del processo commerciale, ovvero: chi porta la merce al negozio, chi vi lavora, i clienti. 45

LEVE D’AZIONE. Quella principale su cui lo store manager può agire è il controllo

LEVE D’AZIONE. Quella principale su cui lo store manager può agire è il controllo nei confronti dei tre “attori”. 1. 2. v v 3. Ø Ø nei confronti di chi consegna la merce, è necessario verificare con attenzione che ci sia una corrispondenza perfetta tra l’ordine, quello che è scritto nelle bolle di consegna e quello che viene effettivamente consegnato; nei confronti del personale, lo store manager può agire in 3 direzioni: definire e spiegare una procedura di controllo, dare l’esempio – essere il primo a rispettare la procedura –, e applicarla scrupolosamente, monitorare con attenzione il dato e, quando c’è un sospetto, agire con discrezione e determinazione, chiamare l’autorità di polizia in caso di problema; nei confronti dei clienti, le azioni da fare sono: difendere la merce con sistemi antitaccheggio, definire una procedura di controllo che dissuada il cliente da atti illeciti, sensibilizzare il personale sull’importanza e delicatezza dell’argomento affinchè identifichi e segnali i comportamenti sospetti, chiamare l’autorità di polizia in caso di problema. 46