Il futuro il 1900 le avanguardie Il Futurismo

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Il futuro: il 1900, le avanguardie

Il futuro: il 1900, le avanguardie

Il Futurismo LA PRIMA AVANGUARDIA LETTERARIA DEL 1900

Il Futurismo LA PRIMA AVANGUARDIA LETTERARIA DEL 1900

Parigi, 20 febbraio 1909 Siamo in Francia, a Parigi nel 1909: l’italiano Filippo Tommaso

Parigi, 20 febbraio 1909 Siamo in Francia, a Parigi nel 1909: l’italiano Filippo Tommaso Marinetti pubblica sul giornale “Le Figaro” il Manifesto del Futurismo, documento in 11 punti in cui sintetizza i principi fondamentali del nuovo discorso artistico che vuole iniziare. Marinetti invita i giovani a seguirlo e ad abbandonare la tradizione per abbracciare la modernità, il secolo nuovo -appunto il 1900 - segnato dalle macchine (che sono belle, lucide, seducenti), dalla velocità, dal coraggio, dalla guerra. Insomma, tutto il passato artistico e letterario deve essere superato!

Parigi e il francese La capitale francese è dunque scelta come piattaforma per il

Parigi e il francese La capitale francese è dunque scelta come piattaforma per il lancio internazionale del nuovo movimento culturale e il francese, ovviamente, è la lingua scelta perché questo proclama sia ascoltato e compreso in tutto il mondo moderno: quelli che parlano sono sì italiani ma italiani all’avanguardia. È sottesa una progettualità ampia, internazionale. In Italia il Manifesto era apparso nella Gazzetta dell’Emilia di Bologna il 5 febbraio 1909

Il modello del primo Manifesto Questi testi propagandistici e divulgativi, scritti da Marinetti e

Il modello del primo Manifesto Questi testi propagandistici e divulgativi, scritti da Marinetti e firmati dagli aderenti, sono il migliore prodotto letterario del movimento. E il primo Il Manifesto per antonomasia è il modello di tutti i successivi, e contiene i principi che guidano il movimento culturale fino al primo dopoguerra. Gli altri Manifesti contenevano indicazioni su ogni forma di espressione artistica: sul teatro di varietà quale ‘teatro dello stupore’, il ‘teatro sintetico’, sulle arti figurative, sulla scenografia, sulla musica, l’aeropoesia, l’aeropittura. L’ultimo Manifesto appare all’altezza della Seconda guerra mondiale

Il Manifesto 1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità.

Il Manifesto 1. Noi vogliamo cantare l'amor del pericolo, l'abitudine all'energia e alla temerità. 2. Il coraggio, l'audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra poesia. 3. La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. 4. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo. . . un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia. 5. Noi vogliamo inneggiare all'uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita. 6. Bisogna che il poeta si prodighi, con ardore, sfarzo e munificenza, per aumentare l'entusiastico fervore degli elementi primordiali.

7. Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia

7. Non v’è più bellezza, se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. La poesia deve essere concepita come un violento assalto contro le forze ignote, per ridurle a prostrarsi davanti all’uomo. 8. Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli!… Perché dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? Il Tempo e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già nell’assoluto, poiché abbiamo già creata l’eterna velocità onnipresente. 9. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna.

10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere

10. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria. 11. Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne, canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri incendiati da violente lune elettriche, le stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano, le officine appese alle nuvole pei contorti fili dei loro fumi; i ponti simili a ginnasti giganti che scavalcano i fiumi, balenanti al sole con un luccichio di coltelli; i piroscafi avventurosi che fiutano l’orizzonte, le locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi, e il volo scivolante degli aeroplani, la cui elica garrisce al vento come una bandiera e sembra applaudire come una folla entusiasta.

Molti Manifesti La prospettiva ampia, rivolta ad ogni ambito delle arti, induce i futuristi

Molti Manifesti La prospettiva ampia, rivolta ad ogni ambito delle arti, induce i futuristi a moltiplicare i manifesti. Così furono proclamati i manifesti: delle sinopsie o trasposizioni visive della musica, di Bragaglia, 1919; dell’architettura futurista dinamica, di V. Macchi, 1919, pubblicato nel 1924; del mobilio, di F. Cangiullo, 1920; del tattilismo, di Marinetti, 1921; dell’arte meccanica futurista, di Prampolini, 1923; dell’aeropittura, di Marinetti e M. Somenzi, 1929, riproposto nel 1931 sottoscritto, tra gli altri, da Balla; della cucina futurista, di Marinetti, 1930

Il Manifesto della cucina futurista/contro la pastasciutta Il giorno 28 Dicembre 1930, nella Gazzetta

Il Manifesto della cucina futurista/contro la pastasciutta Il giorno 28 Dicembre 1930, nella Gazzetta del Popolo di Torino apparve il Manifesto della cucina futurista: «Il Futurismo italiano, padre di numerosi futurismi e avanguardisti esteri, non rimane prigioniero delle vittorie mondiali ottenute « in venti [25] anni di grandi battaglie artistiche politiche spesso consacrate col sangue » come le chiamò Benito Mussolini. Il Futurismo italiano affronta ancora l ’impopolarità con un programma di rinnovamento totale della cucina» .

 «Fra tutti i movimenti artistici letterari è il solo che abbia per essenza

«Fra tutti i movimenti artistici letterari è il solo che abbia per essenza l ’audacia temeraria. Il novecentismo pittorico e il novecentismo letterario sono in realtà due futurismi di destra moderatissimi e pratici. Attaccati alla tradizione, essi tentano prudentemente il nuovo per trarre dall’una e dall’ altro il massimo vantaggio» .

Chi era Marinetti? Filippo Tommaso Marinetti nacque ad Alessandria d'Egitto nel 1876 da Enrico

Chi era Marinetti? Filippo Tommaso Marinetti nacque ad Alessandria d'Egitto nel 1876 da Enrico e da Amalia Grolli. Enrico Marinetti era un avvocato di Voghera che si era trasferito ad Alessandria perché coinvolto come professionista dalla Società che costruiva il Canale di Suez. Mise insieme, con le sue consulenze, un ingente patrimonio che Filippo Tommaso poi adoperò per sostenere la sua impresa artistica. Nel 1888 entrò nel collegio di St. François-Xavier, gestito dai gesuiti francesi. A scuola introdusse gli scandalosi romanzi di Zola, rischiando l’espulsione. La famiglia decide di fargli completare gli studi a Parigi. Poi si iscrive alla facoltà di Legge a Pavia. La morte improvvisa del fratello lo induce a mettere in discussione la sua vita e a seguire la sua vera vocazione: la letteratura. Da questo momento inizia la sua avventura che lo indurrà a misurarsi con ogni genere(romanzo, poesia, teatro…)

L’irrazionalismo futurista Con il Manifesto del 1909 inizia ufficialmente la stagione del Futurismo e

L’irrazionalismo futurista Con il Manifesto del 1909 inizia ufficialmente la stagione del Futurismo e quella delle Avanguardie: ovvero movimenti artistici -che includono e coinvolgono tutte le arti- che si propongono di andare avanti e di superare la tradizione. Il f. traeva spunti dall’irrazionalismo filosofico [tra Otto e Novecento, quella linea filosofica da Nietzsche a Bergson, dal pragmatismo, alla filosofia dell’azione, dall’esistenzialismo alle altre forme di reazione all’intellettualismo] e da quelle poetiche decadenti e legate all’estetismo che erano incentrate sulla sovrapposizione tra arte e vita. Per questo, promuoveva un atteggiamento vitalistico e attivistico, che si sarebbe dovuto dispiegare, per modificarli, su ogni ambito artistico e culturale e la stessa politica.

Le serate futuriste Dopo aver pubblicato il Manifesto a Parigi, Marinetti inizia a divulgare

Le serate futuriste Dopo aver pubblicato il Manifesto a Parigi, Marinetti inizia a divulgare il Futurismo anche in Italia, sia appoggiandosi alle riviste e ai giornali, sia organizzando e portando in giro per i teatri le serate futuriste. Cos’erano? Delle serate aperte al pubblico, gratuite, in cui Marinetti e i suoi seguaci sul palco declamavano il Manifesto. La reazione degli spettatori in genere era feroce: urlavano, insultavano i futuristi, ridevano, facevano chiasso, gettavano ortaggi, poco comprendendo ciò che proponevano. Il più delle volte alla fine della manifestazione vi era una rissa: futuristi e pubblico venivano alle mani!

Manifesto del Teatro futurista Anche codice teatrale fu studiato, analizzato e sottoposto ad un

Manifesto del Teatro futurista Anche codice teatrale fu studiato, analizzato e sottoposto ad un progetto di revisione. Marinetti ed Emilio Settimelli, nel gennaio-febbraio 1915, pubblicavano a Milano il Manifesto del Teatro futurista sintetico. Intendevano: «Abolire totalmente la tecnica del teatro passatista. Porre sulla scena tutte le scoperte (per quanto inverosimili, bizzarre e antiteatrali) che la nostra genialità va facendo nel subcosciente, nelle forze mal definite, nell'astrazione pura, nel cerebralismo puro, nella fantasia pura, nel record e nella fisicofollia Sinfonizzare la sensibilità del pubblico esplorandone, risvegliandone con ogni mezzo, le propaggini più pigre; eliminare il preconcetto della ribalta, lanciando delle reti di sensazioni tra palcoscenico e pubblico; l'azione scenica invaderà platea e spettatori.

Manifesto del Teatro futurista «Abolire la farsa, il vaudeville [commedia leggera], la pochade [commedia

Manifesto del Teatro futurista «Abolire la farsa, il vaudeville [commedia leggera], la pochade [commedia brillante], la commedia il dramma e la tragedia, per creare al loro posto le numerose forme del teatro futurista, come: le battute in libertà, la simultaneità, la compenetrazione, il poemetto animato, la sensazione sceneggiata, l'ilarità dialogata, l'atto negativo, la battuta riecheggiata, la discussione extralogica, la deformazione sintetica, lo spiraglio scientifico, la coincidenza, la vetrina. . . Creare tra noi e la folla, mediante un contatto continuato, una corrente di confidenza senza rispetto, così da trasfondere nei nostri pubblici la vivacità dinamica di una nuova teatralità. Abolizione dei tre o cinque atti per creare delle azioni teatrali di 15, 20, 25 sintesi la cui durata è spesso ridotta a un minuto o a pochi secondi, catene di sorprese suggestive con velocità accelerata senza psicologia né preparazione logica» .

Futurismo=pubblicità Questi principi era realizzati nelle serate futuriste. Marinetti e i suoi proseguivano con

Futurismo=pubblicità Questi principi era realizzati nelle serate futuriste. Marinetti e i suoi proseguivano con esse, nonostante la reazione quasi sempre negativa del pubblico, perché attraverso queste manifestazioni riuscivano ad avere una incredibile risonanza pubblicitaria e avevano capito che così divulgavano enormemente il loro Manifesto. Milano, Torino, Napoli: in tutti i teatri vi furono serate. Napoli accolse Marinetti straordinariamente! Al Mercadante, dopo la declamazione dei futuristi, approfittando del buio, Matilde Serao scagliò un’arancia contro Marinetti! Come un moderno performer, la prese, la sbucciò e la mangiò!

Interventismo Ovviamente, inneggiando alla velocità, al nuovo, alla lotta, alla guerra, i futuristi erano

Interventismo Ovviamente, inneggiando alla velocità, al nuovo, alla lotta, alla guerra, i futuristi erano convinti interventisti. Del resto, il Movimento si sviluppa pienamente proprio nel periodo che va dal 1909 al 1920, quindi nel corso della Grande Guerra In Italia fu vicino alla ideologia fascista.

Interventismo La propaganda artistica spesso coincideva con quella politica: il futurismo perseguiva la glorificazione

Interventismo La propaganda artistica spesso coincideva con quella politica: il futurismo perseguiva la glorificazione dell'Italia; Marinetti intervenne nella vita politica italiana con discorsi irredentistici e capeggiando manifestazioni antiaustriache. In occasione delle elezioni generali del 1909 i f divulgarono il loro primo manifesto politico, un inno all'orgoglio, all'energia, all'espansione nazionale. Nell'ottobre 1911 il secondo manifesto, che inneggiava alla conquista di Tripoli; la parola Italia deve dominare sulla parola Libertà.

Una nuova letteratura I futuristi si impegnarono per rinnovare la letteratura: Marinetti fu autore

Una nuova letteratura I futuristi si impegnarono per rinnovare la letteratura: Marinetti fu autore di romanzi e di poesie. Le idee del manifesto ispirano il romanzo Mafarka il Futurista di Marinetti (Parigi 1910; traduzione it. , Milano 1910). L’INNOVAZIONE MAGGIORE RIGUARDAVA LA LINGUA E LA PUNTEGGIATURA: PER DARE IL SENSO DELLA VELOCITA’, DELLO SCORRERE RAPIDO DEL TEMPO, I F. ABOLISCONO I SEGNI DI INTERPUNZIONE, USANO LA SINTASSI, I VERBI ALL’INFINITO, si adoperano le parole in base al suono (onomatopee) MUTA ANCHE L’IMPOSTAZIONE GRAFICA DELLE POESIE.

Il merito del F In questa funzione disgregatrice e dissolutrice va ritrovato il merito

Il merito del F In questa funzione disgregatrice e dissolutrice va ritrovato il merito del f che denunciò una letteratura e di un’arte ridotta a convenzione e accademia e provò coraggiosamente ad andare oltre. La letteratura f ha prodotto risultati discutibili: talvolta le liriche impostate sulla ‘sintesi’ e ‘simultaneità’ sono velleitarie, le opere poetiche o drammatiche di Marinetti e dei suoi seguaci (Folgore, Cavicchioli, Cangiullo) pur proclamandosi antiretoriche sono ammantate di una nuova retorica, quella legata ai motivi dominanti del movimento

I migliori risultati È vero, tuttavia, che autori come soffici e Bontempelli e Palazzeschi

I migliori risultati È vero, tuttavia, che autori come soffici e Bontempelli e Palazzeschi hanno iniziato nell’alveo del futurismo, desiderosi di rinnovamento, di apertura europea, di libertà espressiva; né non si può non sottolineare che lo stesso Pirandello si sia giovato, per il suo teatro, di alcune soluzioni tecniche del futurismo. La specularità poi tra l’esperienza di M e quella di Ungaretti è sancita non solo dalla comune esperienza ad Alessandria d’Egitto ma anche dalla tensione assoluta riservata alla parola.

Il futurismo ovvero della parola In campo letterario il lavoro sulla parola improntato dai

Il futurismo ovvero della parola In campo letterario il lavoro sulla parola improntato dai f è enorme: eliminano la conseguenzialità logica e psicologica, eliminano la costruzione sintattica per privilegiare l’immediatezza dell’onomatopea. Le ‘parole in libertà’, improntate all’associazionismo analogistico, tradotto nell’iconismo della poesia visiva (‘auto-illustrazione’) e nella rivoluzione tipografica, lo stile rapido dei ‘manifesti’, sono il risultato più importante, che comportò conseguenze nella prosa e nella poesia successive, quanto nell’oratoria politica

Poesia futurista e parole in libertà. Nel 1910, Marinetti scrive il Manifesto tecnico della

Poesia futurista e parole in libertà. Nel 1910, Marinetti scrive il Manifesto tecnico della letteratura futurista col quale crea le parole in libertà. Esse sono: "una valutazione essenziale dell'universo come somma di forze in moto che si intersecano al traguardo cosciente del nostro io creatore e vengono simultaneamente notate con tutti i mezzi espressivi che sono a nostra disposizione"; "orchestrano i colori, i rumori e i suoni, combinano i materiali della lingua e dei dialetti, le formole aritmetiche e geometriche, i segni musicali, le parole vecchie, deformate o nuove, i gridi degli animali, delle belve, dei motori".

Stile analogico e poesia visiva Il f distrugge la sintassi, la punteggiatura, l'aggettivo e

Stile analogico e poesia visiva Il f distrugge la sintassi, la punteggiatura, l'aggettivo e l'avverbio; adopera il verbo all'infinito, persegue uno stile analogico che lega catene di immagini, cancella ogni intermediazione fra l'ispirazione e l'espressione dell'io lirico. La nuova poesia si manifesta come un seguito ininterrotto di immagini.

Tavole parolibere Si elaborano tavole parolibere, pagine di poesia visiva IN CUI I SEGNI

Tavole parolibere Si elaborano tavole parolibere, pagine di poesia visiva IN CUI I SEGNI E LE PAROLE SONO COMPOSTI IN CARATTERI DIVERSI PER EVIDENZIARNE LA FORZA ICONICA. NON vi era più CONFINE TRA LETTERATURA E PITTURA Non è un caso che i risultati migliori del Futurismo furono proprio in pittura Nel 1910 i pittori Boccioni, Carrà, Balla, Severini sottoscrissero il Manifesto dei pittori futuristi (11 febbraio), cui seguì il Manifesto tecnico della pittura (11 aprile). Boccioni stilò nel 1912 il Manifesto tecnico della scultura e, tra il 1912 e il 1913, un manifesto, rimasto inedito, dell’architettura futurista

Futurismo e immagini: fotografia e cinema La sperimentazione f coinvolse anche la fotografia (già

Futurismo e immagini: fotografia e cinema La sperimentazione f coinvolse anche la fotografia (già nel 1911, Bragaglia e il fotodinamismo; il manifesto, firmato da Marinetti e Tato, apparve solo nel 1930), il cinema (manifesto della cinematografia futurista, di Marinetti, Settimelli, Corra, A. Ginna, Balla, 1916), la scenografia (nel 1915, Prampolini stilò la Scenografia futurista).

Massimo Bontempelli e il Novecentsimo 34

Massimo Bontempelli e il Novecentsimo 34

La pratica (politica) ha preceduto l’arte e il pensiero puro, come era naturale, nell’opera

La pratica (politica) ha preceduto l’arte e il pensiero puro, come era naturale, nell’opera di aprire le porte del Novecento L’uomo nasce con l’amore, il bisogno dello spettacolo M. Bontempelli, L’avventura novecentista, 1938 37

Novecentismo nell’Italia fascista Quando Massimo Bontempelli (1878 -1960) giornalista, poeta, romanziere di simpatie e

Novecentismo nell’Italia fascista Quando Massimo Bontempelli (1878 -1960) giornalista, poeta, romanziere di simpatie e trascorsi futuristi- iniziò a dare forma definitiva al suo Novecentismo, cioè a un movimento letterario pronto a rispecchiare l’avvento del XX secolo, in Italia si stava verificando una profonda, definitiva rivoluzione politica, ideologica, estetica, sociale. 38

Proprio in questo epocale cambiamento, guidato da Benito Mussolini, il progetto artistico di Bontempelli

Proprio in questo epocale cambiamento, guidato da Benito Mussolini, il progetto artistico di Bontempelli trovava piena legittimazione e coincidenza d’intenti. 39

Del resto, l’adesione di Bontempelli al fascismo avvenne quasi come naturale evoluzione della sua

Del resto, l’adesione di Bontempelli al fascismo avvenne quasi come naturale evoluzione della sua partecipazione alla Grande Guerra. Nel 1919, dopo aver ottenuto il congedo dalla sua posizione di ufficiale di artiglieria sui fronti dell’Isonzo, del Piave e di Vittorio Veneto, rientrato a Milano cominciò a collaborare ad «Ardita» , supplemento del «Popolo d’Italia» (il quotidiano fondato nel 1914 da Mussolini), pubblicandovi i pezzi che comporranno il romanzo La vita intensa (romanzo dei romanzi). 40

Quasi contemporaneamente affidava alla rivista «Industrie italiane illustrate» l’altro romanzo La vita operosa (avventure

Quasi contemporaneamente affidava alla rivista «Industrie italiane illustrate» l’altro romanzo La vita operosa (avventure del ’ 19 a Milano). Si trattava di due lavori complementari e speculari, nei quali lo scrittore provava a dare un ironico quadro della quotidianità moderna, veloce ed affannosa, che si svolgeva in città in procinto di trasformarsi in metropoli. 41

I n questa fase della sua produzione letteraria, Bontempelli tracciava una netta linea di

I n questa fase della sua produzione letteraria, Bontempelli tracciava una netta linea di demarcazione con le prove elaborate nel passato: ad eccezione dei racconti Sette savi rifiutava tutta la produzione precedente, spinto dall’urgenza di costruire un’altra letteratura, più vicina alla realtà. La sua nuova progettualità risentiva delle suggestioni forti esercitate dalla politica, che lo avevano indotto a partecipare alla fondazione del Fascio Politico Futurista di Milano. 42

A distanza di qualche anno, nel saggio L’avventura novecentista -una sorta di ricostruzione tassonomica

A distanza di qualche anno, nel saggio L’avventura novecentista -una sorta di ricostruzione tassonomica dell’impegno profuso nel recente passato- Bontempelli rifletteva sulla realtà che lo circondava, osservando che: 43

Oggi, prima che l’arte abbia ripreso il senso del mondo esteriore e della magia,

Oggi, prima che l’arte abbia ripreso il senso del mondo esteriore e della magia, la politica sta ritrovando quello della potenza e del contingente: quel senso che ella aveva perduto lungo la strada democratica dell’Ottocento. 44

Il fascismo, progetto estetico Prima ancora dell’intuizione estetica, dunque, la visionarietà politica di Mussolini

Il fascismo, progetto estetico Prima ancora dell’intuizione estetica, dunque, la visionarietà politica di Mussolini aveva prodotto un’interpretazione soddisfacente del mondo e della vita, costruendone un’estetica moderna, funzionale, limpida, semplice, vincente. Le esigenze di bello, ordine, pulizia, comprensione venivano tutte risolte nella programmaticità concreta e risolutiva del regime, che proponeva modelli per edificare. 45

In questo clima storico, Bontempelli si dedicava intensamente alla scrittura, pubblicando i racconti Viaggi

In questo clima storico, Bontempelli si dedicava intensamente alla scrittura, pubblicando i racconti Viaggi e scoperte e il romanzo surrealista, ispirato ad Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll, La scacchiera davanti allo specchio. Aveva conquistato un tale prestigio che il «Corriere della Sera» lo coinvolse come collaboratore. 46

Era questa la sua stagione più intensa: tra il 1924 e il 1925 entrava

Era questa la sua stagione più intensa: tra il 1924 e il 1925 entrava a far parte del “Teatro degli Undici”, una sorta di associazione di drammaturghi e attori in cerca di finanziamento e del sostegno del regime, di cui erano promotori Stefano Landi, figlio di Pirandello, e Orio Vergani. Così Bontempelli, che era nel gruppo, avrebbe poi ricordato questa esperienza: 47

Ne ebbero l’idea fin dai primi mesi del ’ 24, e subito ne gettarono

Ne ebbero l’idea fin dai primi mesi del ’ 24, e subito ne gettarono le fondamenta pratiche, Stefano Landi e Orio Vergani. Il teatrino ebbe vita brevissima e feconda e molto importante; oggi pochi lo ricordano, e in confuso: è buona l’occasione di fermarne qui chiara la memoria. Stefano e Orio insieme con altri nove (o dieci? ) fondammo nel settembre di quell’anno la compagnia degli _Undici, con un capitale di cinquantacinquemilalire. Si prese in affitto il teatrino di via Odescalchi che Vittorio Podrecca abbandonava per portare in giro nel mondo le sue gloriose marionette; fu affidata a Virgilio Marchitetto la direzione dei lavoro di riadattamento della sala e del palcoscenico. 48

Chiedemmo timidamente consigli a Pirandello; il quale si buttò a tutt’uomo nell’avventura, preparò un

Chiedemmo timidamente consigli a Pirandello; il quale si buttò a tutt’uomo nell’avventura, preparò un vario e ricco repertorio, incitò più d’uno (soprattutto giovani) a preparare copioni, scelse la compagnia e fu il regista (allora si diceva burocraticamente il direttore) di tutte le rappresentazioni. […] Ero uno degli undici (altri asseriva fossero dodici, né la cosa fu mai appurata) e Pirandello m’invitò a scrivere una commedia per il nostro repertorio. Per un po’ riuscii a esimermi, ma un giorno m’accadde di raccontargli quella mia abbandonata idea; gli piacque; fu tanto ardente e imperioso nell’incitarmi a riprenderla, che promisi, e passato qualche altro mese, la notte tra il ’ 24 e il ’ 25 dopo aver salutato il nuovo anno mi misi a scrivere. 49

Tra il Capodanno e il 16 gennaio del 1925, dunque, scriveva la commedia storica

Tra il Capodanno e il 16 gennaio del 1925, dunque, scriveva la commedia storica in quattro atti Nostra Dea, che alla prima prova di lettura fu seguita da Pirandello e interpretata da un’esordiente Marta Abba, che non aveva ancora iniziato a lavorare con il maestro siciliano. 50

900 Quasi contemporaneamente, nel 1926, inaugurava con Curzio Suckert-Malaparte la rivista « 900» ,

900 Quasi contemporaneamente, nel 1926, inaugurava con Curzio Suckert-Malaparte la rivista « 900» , scritta in francese. Questi «Cahiers d’Italie et d’Europe» sarebbero stati guidati da un comitato di redazione internazionale formato da James Joyce, Ramón Gómez de la Serna, George Kaiser, Pierre Mac Orlan. 51

900 Si trattava di una scelta originale, innovativa eppure in linea col clima dell’Italia

900 Si trattava di una scelta originale, innovativa eppure in linea col clima dell’Italia fascista: scrivere in francese avrebbe consentito agli autori italiani esordienti, assetati di “universale” ma “perdutamente romani”, di confrontarsi con i valori delle altre nazioni, addirittura di premere sugli stranieri. Così Bontempelli si soffermava sul suo periodico con Nino Frank, che aveva scelto per il ruolo di segretario di redazione a Parigi, del suo progetto: 52

Ho fondato una rivista: uscirà ogni tre mesi, si intitola “ 900”. Non ci

Ho fondato una rivista: uscirà ogni tre mesi, si intitola “ 900”. Non ci saremo che io, tu, Alvaro, Vergani e 5 o 6 altri ancora ignoti: più i francesi tipo che va da Morand a Aragon, spagnoli Ramón Gómez, tedeschi tipo Sternheim ecc. e uscirà in francese. Nella giustificazione preliminare spiegherò che siamo antilirici, antisurreali, antipsicologici, ecc. e –che per noi il criterio di un’opera d’arte è d’essere traducibile e raccontabile: e che perciò rinunciamo al vantaggio che ci può dare lo scrivere nella nostra lingua, e ci presentiamo tradotti. […]Inutile e impossibile spiegare i limiti, che non ci sono: si tratta di dare il senso di un’atmosfera in formazione. Editrice è la Libreria della Voce, che ora si è rifatta a Roma ed è in mano del mio amico Suckert. 53

Sull’ambigua posizione mantenuta da Suckert-Malaparte si tornerà più avanti. 54

Sull’ambigua posizione mantenuta da Suckert-Malaparte si tornerà più avanti. 54

900 La rivista era lo strumento più adatto per provare a spiegare e divulgare

900 La rivista era lo strumento più adatto per provare a spiegare e divulgare il discorso novecentista. I primi quattro quaderni furono introdotti da preamboli nei quali, sinteticamente, Bontempelli forniva indicazioni sulla nuova arte di cui era ideatore e promotore. Non mancava mai, tuttavia, di collocarla nel tempo in cui sorgeva, allineandola alle scelte politiche dominanti. 55

900 « 900» trovava infatti la propria identità nello spirito di edificazione nato dalle

900 « 900» trovava infatti la propria identità nello spirito di edificazione nato dalle macerie accumulate, in nome della modernità iconoclasta, dai recenti movimenti avanguardisti (futurismo, cubismo, dadaismo, post-impressionismo), spettacoli folgoranti, caratterizzati unicamente da una scelta divagativa e assolutamente incapaci di determinare una produzione corrente, destinata a lettori comuni. 56

Oltre essi cominciava il Novecentismo, nel solco della forza e dell’energia del suo secolo,

Oltre essi cominciava il Novecentismo, nel solco della forza e dell’energia del suo secolo, antiromantico, antiborghese e popolare, il cui compito più urgente era la ricostruzione del tempo e dello spazio. Così iniziava un’era di narrativa e di arte di uso quotidiano, in cui, rifiutata «la realtà per la realtà, come la fantasia per la fantasia» era vivo quel “senso magico” scoperto nella vita quotidiana degli uomini e delle cose. 57

I Novecentisti “Millenari”, “cauti” ed “equilibratori” i novecentisti venivano ipotizzati da Bontempelli come letterati

I Novecentisti “Millenari”, “cauti” ed “equilibratori” i novecentisti venivano ipotizzati da Bontempelli come letterati di “mestiere” , il cui “genio è l’accanimento al lavoro”, il cui capolavoro “è la conquista del pubblico”, la cui posterità è nel contemporaneo, che perseguiranno la collaborazione ininterrotta tra scrittore e lettore, in uno scambievole, incessante gioco di azioni e reazioni. 58

Giornalista Costruendo il suo pubblico ed educandone il gusto, il vero scrittore novecentista si

Giornalista Costruendo il suo pubblico ed educandone il gusto, il vero scrittore novecentista si sarebbe rivelato “funzionale” -dunque giornalista- capace di comunicare ad una platea vasta e non scelta. 59

Con queste visionarie intuizioni Bontempelli tracciava un percorso che, unico, era realisticamente alla portata

Con queste visionarie intuizioni Bontempelli tracciava un percorso che, unico, era realisticamente alla portata dei giovani. Suggeriva inoltre la possibilità di una fuoriuscita vittoriosa dall’insolubile corto circuito vita-arte grazie all’appiglio del solido nucleo Novecentismo-vita. 60

Il Novecentismo si sarebbe realizzato mano, nella progressiva identificazione con la sua epoca: avrebbe

Il Novecentismo si sarebbe realizzato mano, nella progressiva identificazione con la sua epoca: avrebbe proiettato su di essa il suo avvenire, ponendo al di sopra di tutto l’immaginazione vitale, rapida ed una retorica del “candore”, dell’operosità, della magia, giovane e per i giovani, in tutte le sue implicazioni. 61

In concreto, tuttavia, l’illuminato discorso di Bontempelli non riusciva ad essere facilmente decodificato e

In concreto, tuttavia, l’illuminato discorso di Bontempelli non riusciva ad essere facilmente decodificato e assimilato da molti intellettuali; nello stesso comitato di redazione della rivista, Malaparte ne contrastava più o meno apertamente le scelte estetiche, esercitando un ruolo complesso e ambiguo. 62

Se figurava nei primi quattro quaderni del periodico come cofondatore, era all’oscuro delle sue

Se figurava nei primi quattro quaderni del periodico come cofondatore, era all’oscuro delle sue complesse progettualità, che per formazione non avrebbe potuto condividere. Malaparte non poteva accettare l’europeismo, l’uso del francese, la pratica delle traduzioni. 63

Inevitabilmente si stava avvicinando all’ampio fronte dei detrattori, sostenuto soprattutto dai redattori dell’ «Italiano»

Inevitabilmente si stava avvicinando all’ampio fronte dei detrattori, sostenuto soprattutto dai redattori dell’ «Italiano» e del «Selvaggio» , periodici che predicavano i valori dell’italianità, riconducendoli nell’alveo ampio del fiero provincialismo di “strapaese”, contrapposto al generico impulso modernista di “stracittà”. 64

Infine, nel 1927, prima di abbandonare definitivamente « 900» , Malaparte chiudeva il discorso

Infine, nel 1927, prima di abbandonare definitivamente « 900» , Malaparte chiudeva il discorso alludendo alla posizione ambigua della rivista, che sembrava infrangere gli ordini del regime, per le caratteristiche “parigine” e “borghesi”. 65

L’impegno di Bontempelli era stato particolarmente ambizioso nel tentativo di schematizzare gli obiettivi dell’arte

L’impegno di Bontempelli era stato particolarmente ambizioso nel tentativo di schematizzare gli obiettivi dell’arte contemporanea. Su cardini e indicazioni estetiche aveva concentrato la sua riflessione, nell’intento di aprire un’altra fase per le arti figurative, la letteratura, la drammaturgia. 66

E nonostante le difficoltà, il Novecentismo aveva prodotto dei risultati tangibili: l’architettura, la pittura,

E nonostante le difficoltà, il Novecentismo aveva prodotto dei risultati tangibili: l’architettura, la pittura, la scultura della fine degli anni Venti sembravano seguire modelli razionalisti, ispirati ai parametri essenziali ed evocativi di un realismo capace di evocare simboli e magia. 67

Forse era più complessa la situazione in ambito letterario. In questo contesto le abissali

Forse era più complessa la situazione in ambito letterario. In questo contesto le abissali parole di Bontempelli dovevano infrangere vincoli regionalistici, tradizioni tardo veriste, soluzioni futuriste o genericamente avanguardiste ed incontrare il favore del pubblico. 68

Nel volume L’avventura novecentista Bontempelli provava a soffermarsi su quanto, in questa fase, si

Nel volume L’avventura novecentista Bontempelli provava a soffermarsi su quanto, in questa fase, si era verificato nel teatro. Evidenziava delle marcate contraddizioni tra il desiderio –sollecitato anche dalle indicazioni del duce- per gli autori di fare un popolare e la stesura di lavori sofisticati, di difficile accesso per un pubblico vasto. Bontempelli provava a riannodare il discorso alla definizione precisa di “teatro per le masse”: 69

Quando Mussolini dice: “Bisogna preparare il teatro di masse, il teatro che possa contenere

Quando Mussolini dice: “Bisogna preparare il teatro di masse, il teatro che possa contenere quindici o ventimila persone”, è chiaro che non parla solamente agli architetti, parla soprattutto agli autori. Le parole di Mussolini sono una condanna di quel teatro, che chiamiamo di “élite”. Sono l’indicazione del tipo di teatro cui gli autori debbono pensare. Sono un segno verso “lo spettacolo tipico” del tempo a venire. Perché in ogni epoca, o caratteristica frazione di epoca, interessa quello che è il suo spettacolo tipico, nato da essa e con essa. Per questa ragione lo spettacolo sempre e dappertutto è stato una forma, in vasto senso, popolare, è stato sempre “teatro per ventimila”; e il teatro è decaduto quando s’è creduto di poter fare del teatro per gli eletti. 70

Una simile dichiarazione si scontrava con la sua concreta esperienza di drammaturgo. Anzi, sembrava

Una simile dichiarazione si scontrava con la sua concreta esperienza di drammaturgo. Anzi, sembrava per contrasto enfatizzarne il tratto elitario–forse il limite maggiore? - che talvolta ne aveva impedito il successo e il consenso diffuso. Bontempelli, che ora teorizzava il teatro popolare, era stato un drammaturgo concettoso e poco inaccessibile. 71

Probabilmente, vi era un riferimento implicito alla sua stessa esperienza in queste affermazioni: 72

Probabilmente, vi era un riferimento implicito alla sua stessa esperienza in queste affermazioni: 72

Non basta, perché un tempo abbia il suo teatro, vi siano autori anche ottimi

Non basta, perché un tempo abbia il suo teatro, vi siano autori anche ottimi che scrivono e attori che mettono in scena. Occorre il pubblico. Lo spettacolo è una collaborazione. La partecipazione del pubblico, con la sua frequenza ai teatri e con il suo discuterne, costituisce gran parte della vita teatrale di un dato paese in un dato tempo. Non basta che vi siano capolavori. 73

Anche se nell’epoca nuova erano stati prodotti drammi di valore, opere alte di autori

Anche se nell’epoca nuova erano stati prodotti drammi di valore, opere alte di autori degni, si era verificato una sorta di corto circuito, che aveva impedito un autentico coinvolgimento del pubblico. Continuava Bontempelli: 74

Manca la situazione, l’equilibrio tra il palcoscenico e il pubblico. Il teatro come istituzione,

Manca la situazione, l’equilibrio tra il palcoscenico e il pubblico. Il teatro come istituzione, come costume aderente alla vita quotidiana del secolo, è una storia conchiusa. La necessità dello spettacolo permane. Cosa potrà domani rispondervi? L’ho detto: il teatro in vastità, a sentimenti elementari e panorami amplissimi. Con questo solamente potremo ristabilire l’equilibrio, e l’autore di spettacoli avrà il suo corrispettivo adeguato dalla parte del pubblico 75

A questo teatro in vastità, a questo teatro, diciamo pure, per folle, la folla

A questo teatro in vastità, a questo teatro, diciamo pure, per folle, la folla accorrerà, non come stanca e fredda giudice, ma come un personaggio. La sua partecipazione al dramma rappresentato sarà piena. Del resto è questo uno dei caratteri tipici dello spettacolo. 76

Bontempelli aveva teorizzato sul teatro arrivando ad una semplificazione estrema dei suoi meccanismi, proprio

Bontempelli aveva teorizzato sul teatro arrivando ad una semplificazione estrema dei suoi meccanismi, proprio per metterne a punto la riproducibilità e la funzionalità. Aveva intuito nell’esigenza di spettacolarizzazione un bisogno primigenio e naturale dell’individuo: 77

La prima necessità che è proprio tutta dell’uomo, è la necessità artistica: e la

La prima necessità che è proprio tutta dell’uomo, è la necessità artistica: e la forma rudimentale di questa necessità è lo spettacolo. […]Similmente l’uomo, anche allo stato rudimentale, fa spettacolo a se stesso della vita degli altri uomini, e prestissimo si forma così lo spettacolo propriamente detto. . . […] Questa necessità è strettamente umana, gli animali non ne partecipano; nessun animale gode del vedere la natura, o scena della vita di altri animali, vere o imitate che siano. Si può dire che l’uomo comincia dove comincia l’amore, la necessità dello spettacolo. 78

Nostra Dea rientrava pienamente in questa prospettiva. Era apparsa prima nell’agosto del 1925 in

Nostra Dea rientrava pienamente in questa prospettiva. Era apparsa prima nell’agosto del 1925 in «Comoedia» poi nel volume complessivo del Teatro, ripubblicato nel 1947. Questa ultima edizione è seguita da una Nota dell’autore che è un importante documento di regia novecentista. 79

Colpisce che nelle raccomandazioni vi sia quella di conservare alla pièce un’apparenza naturalistica –all’opposto

Colpisce che nelle raccomandazioni vi sia quella di conservare alla pièce un’apparenza naturalistica –all’opposto di chi voleva storicizzare il testo in chiave post-cubista, espressionista, marionettistica- secondo l’idea che solo in una dimensione di realismo avrebbe potuto risaltare il magico: 80

Diceva Pirandello che una commedia bisogna pensarla per un anno e poi scriverla in

Diceva Pirandello che una commedia bisogna pensarla per un anno e poi scriverla in una settimana. Ho cominciato a pensare a Nostra Dea nell’estate del ’ 22, svegliandomi una notte, in una piccola pensione ai piedi del Semmering, con quello spunto in testa; tornato a Roma ci pensavo ancora, provai a buttar giù le prime scene, ma sùbito abbandonai l’idea: le tante e complicate possibilità che lo spunto avrebbe dovuto suscitare, volevo innestarle sul corso d’un intrico che per sé fosse invece il più semplice e comune possibile…e non lo trovavo. 81

Non ci pensai più. Mi venne in quel tempo, e non era la prima

Non ci pensai più. Mi venne in quel tempo, e non era la prima né fu l’ultima, una crisi di antipatia al teatro, a ogni teatro, a tutto il teatro. Ero certo che mai più avrei scritto una commedia. La mia resipiscenza e la nascita di Nostra dea sono strettamente legate alla creazione del Teatro degli Undici in Roma. 82

In questa Nota Bontempelli ricordava che la “prima”, spasmodicamente attesa dal pubblico, si era

In questa Nota Bontempelli ricordava che la “prima”, spasmodicamente attesa dal pubblico, si era rivelata un successo. La stessa Abba confidava che era stato un «trionfo. Un trionfo per Bontempelli, per Luigi Pirandello, per il Teatro e per me. Piangevo di consolazione e di beatitudine. Mai più dopo ebbi una così piena e pura gioia» . 83

Bontempelli ricordava poi i giudizi positivi sulla stampa e il fatto che la commedia

Bontempelli ricordava poi i giudizi positivi sulla stampa e il fatto che la commedia si replicò per 25 sere e che la regia di Pirandello «aveva fatto miracoli. Era riuscita a creare la più armoniosa unità tra gli aspetti burleschi e le radici tragiche del testo» . In realtà non tutti i documenti dell’epoca confermano questo successo. 84

Nostra Dea venne proposta a Napoli, il 21 ottobre del 1927 al “Mercadante”, con

Nostra Dea venne proposta a Napoli, il 21 ottobre del 1927 al “Mercadante”, con un intervento introduttivo tenuto da Pirandello, che dalla ribalta aveva spiegato al pubblico partenopeo le particolarità del testo. Il suo discorso conteneva considerazioni sull’arte novecentesca, che non rifletteva la vita ma consentiva che la vita si rispecchiasse in essa. 85

Da questo rapporto speculare la realtà veniva restituita in forme ambigue ed inquietanti e

Da questo rapporto speculare la realtà veniva restituita in forme ambigue ed inquietanti e però verosimili, poiché non ne poteva mai essere esaustiva una lettura unilaterale. Nonostante il preambolo, le reazioni degli spettatori furono negative. 86

Il testo era troppo cerebrale e intessuto di simboli. In una lettera a Bontempelli,

Il testo era troppo cerebrale e intessuto di simboli. In una lettera a Bontempelli, Giovanni Artieri, suo giovane seguace napoletano, attribuiva l’insuccesso proprio al discorso di Pirandello, così astratto da aver creato pregiudizi negli spettatori: 87

Il discorso preliminare di Pirandello produsse un certo senso nel pubblico che valse a

Il discorso preliminare di Pirandello produsse un certo senso nel pubblico che valse a porlo a priori contro. Poiché le dichiarazioni del Maestro, lusinghiere e precise nell’essenza, avevano il tono di presentare una commedia per lo meno ponderosa … Ora quest’aspettativa tradita dall’iridiscente e maliziosa trama di “Nostra Dea” leggera come un chiffon, produsse un disagio e una reazione di quella parte del pubblico che ha una mentalità troppo ancora barbuta. 88

Sul quotidiano il «Roma» lo spettacolo era commentato da recensioni negative, che sottolineavano come

Sul quotidiano il «Roma» lo spettacolo era commentato da recensioni negative, che sottolineavano come questo teatro -vicino per innovazioni a quel movimento teatrale “iniziato di recente” sperimentale e intellettualistico- rivelava i suoi limiti nel cercare la propria giustificazione in un’incessante ostilità verso il passato. 89

Inoltre, un lavoro come Nostra Dea, tutto costruito sulla ripetizione continua degli artifici del

Inoltre, un lavoro come Nostra Dea, tutto costruito sulla ripetizione continua degli artifici del paradosso, sulla “deformazione di ogni espressione di vita”, finiva col creare assuefazione e noia nel pubblico. 90

Non solo. L’annunciata “tragedia della personalità”, che doveva essere portata in scena con mezzi

Non solo. L’annunciata “tragedia della personalità”, che doveva essere portata in scena con mezzi adatti, comprensibili a quanti avevano seguito «con amore l’esplicazione artistica voluta dare al concetto informativo del lavoro» , non era stata realizzata affatto, tanto che gran parte del pubblico non era riuscita comprendere. 91

La recensione di Leone Cipolletta apparsa sul «Mattino» differisce di molto. Probabilmente, ipotizza il

La recensione di Leone Cipolletta apparsa sul «Mattino» differisce di molto. Probabilmente, ipotizza il critico, il significato profondo di Nostra Dea va ricercato nella rappresentazione della tragedia della personalità umana ristretta, non di rado, alla vacuità della foggia dell’abito, oppure nella visione della mutevolezza, della instabilità, della contraddittorietà, dell’”inconsistenza femminile”. 92

Ma oltre a ciò, Cipolletta individua un piano narrativo ulteriore, quello di una commedia

Ma oltre a ciò, Cipolletta individua un piano narrativo ulteriore, quello di una commedia a fondo gaio con intenzioni paradossali e caricaturali. Se la trovata centrale, ovvero Dea che s’identifica con ciò che indossa, si esaurisce già nel primo atto, Bontempelli è abile nell’inserire, a questo punto, una sceneggiatura rapida e disinvolta, un dialogo tutto a “sprazzi e a scintille”, che cattura l’attenzione del pubblico e la presenza di tipi e macchiette forse non del tutto nuovi ma “gustosamente comici”. 93

Al di là di alcune insistenze e ripetizioni e della stessa esiguità tematica, l’interpretazione

Al di là di alcune insistenze e ripetizioni e della stessa esiguità tematica, l’interpretazione straordinaria della Abba aveva composto perplessità e contrasti. 94

Dopo il fortunato esordio romano di Nostra Dea Pirandello raccomandava a Bontempelli di scrivere

Dopo il fortunato esordio romano di Nostra Dea Pirandello raccomandava a Bontempelli di scrivere qualche altra cosa per il suo repertorio. Nella Nota che chiosa l’edizione del ’ 47, Bontempelli non poteva fare a meno di ricordare che: 95

Pirandello era desiderosissimo di suscitare teatro nuovo, e prodigo di incitamenti e consigli dappertutto

Pirandello era desiderosissimo di suscitare teatro nuovo, e prodigo di incitamenti e consigli dappertutto ove gli apparisse la menoma possibilità. 96

Fu Pirandello a cercare tra le novelle dell’amico quella che meglio potessere adattata per

Fu Pirandello a cercare tra le novelle dell’amico quella che meglio potessere adattata per il teatro. Così Giovine anima credula scritta nel ‘ 24 a Parigi per il «Corriere della Sera» fu trasformata in commedia grazie ad una rilettura drammatica con la quale l’autore, pur conservando immutata la serie degli eventi ne ebbe chiarificato il senso: 97

Rimanendo immutata la serie degli eventi…, il senso vivo di essi mi nacque nella

Rimanendo immutata la serie degli eventi…, il senso vivo di essi mi nacque nella nuova forma drammatica, dando solo allora un significato, la sostanza fonda, a quanto nel racconto era rimasto patetica cronaca. Di qui nacque spontaneo il mutamento del titolo. La trama esteriore, dicevo, identica, ma nuova l’atmosfera tutta, anzi la radice. Nella novella la protagonista è solamente Minnie, nel dramma la troviamo diventata “candida”. 98

Quella che nel racconto era credulità nel dramma è “candore”. La Minnie del racconto

Quella che nel racconto era credulità nel dramma è “candore”. La Minnie del racconto può anche essere una sciocca, la Minnie del dramma con la sua intelligenza elementare soverchia e semplifica tutto il mondo che le sta intorno; la sua interpretazione candida della realtà sale in quella zona in cui pensiero e immagine sono fatti della stessa sostanza e lo stesso dolore umano assume il colore d’un pianto di stelle. 99

Minnie la candida fu portata in scena per la prima volta a Torino nel

Minnie la candida fu portata in scena per la prima volta a Torino nel dicembre del ’ 28 da Carlina Zopegni e dagli altri attori della “Compagnia Italianissima” diretta da Lucio D’Ambra e Alessandro De Stefani. Bontempelli –nella già citatta Nota- ricordava che “la critica italiana fu quasi tutta contraria al lavoro” e che a Napoli vi fu un colossale insuccesso. 100

La rappresentazione avvenuta il 31 maggio al «Mercadante» fu segnata da un’aspra polemica in

La rappresentazione avvenuta il 31 maggio al «Mercadante» fu segnata da un’aspra polemica in sala, in cui le contestazioni assumevano le argomentazioni proprie del dibattito su “ 900”. Nell’annuncio pubblicato dal quotidiano «Roma» si comunicava che alla prima napoletana avrebbe assistito lo stesso Bontempelli. 101

Il resoconto pubblicato il 2 giugno accenna alla “breve prefazione che è grido d’allarme”,

Il resoconto pubblicato il 2 giugno accenna alla “breve prefazione che è grido d’allarme”, che Bontempelli aveva fatto precedere alla rappresentazione. 102

Tutto il teatro contemporaneo, quello di prosa e di musica, «tragedia, melodramma, dramma musicale,

Tutto il teatro contemporaneo, quello di prosa e di musica, «tragedia, melodramma, dramma musicale, commedia o dramma in prosa d’ogni specie» , risultava a Bontempellli superato e sorpassato, estraneo alla propria epoca e alle esigenze del pubblico, che sembrava ormai avvertire impellente la necessità di liberarsi dall’intellettualismo, esigendo un’arte più consona alla “nuova sanità”, alla ritrovata “verginità” popolare. 103

Soltanto il cinematografo, parlando per cose e per azioni, per parole mai, poteva rappresentare

Soltanto il cinematografo, parlando per cose e per azioni, per parole mai, poteva rappresentare una risposta valida al bisogno d’accostarsi ingenuamente all’arte, da “analfabeti”. Per l’avvento del cinematografo, del resto, il teatro si trovava a vivere un momento di transizione importante, dal quale sarebbe potuto uscire vincente e vivo, producendo opere popolari, fedeli al loro tempo, dirette. 104

Tuttavia, si commentava nell’articolo, per quanto gli intenti fossero ben chiari, il dramma li

Tuttavia, si commentava nell’articolo, per quanto gli intenti fossero ben chiari, il dramma li aveva disattesi tutti, non riuscendo, nonostante l’attualità del tema affrontato, “il conflitto tra verità e finzione, natura e artificio”, a coinvolgere gli spettatori. 105

Il pubblico, che urlava e rumoreggiava per tutto lo spettacolo, sviato dalla concettosità dell’argomento

Il pubblico, che urlava e rumoreggiava per tutto lo spettacolo, sviato dalla concettosità dell’argomento affidata a un personaggio fragile e senza alcuna “concretezza spirituale”, aveva soprattutto apprezzato gli sforzi della Zopegni. L’attrice aveva dimostrato un grande temperamento artistico nel creare una zona di umano interesse intorno al personaggio di Minnie. 106

La recensione apparsa sul «Mattino» individuava, invece, nelle reazioni ostili e polemiche degli spettatori

La recensione apparsa sul «Mattino» individuava, invece, nelle reazioni ostili e polemiche degli spettatori a Minnie la candida un atteggiamento di aprioristica chiusura verso i temi del nuovo teatro italiano: 107

Il “Mercadante” era, ieri sera [28 giugno 1929], alla prima rappresentazione di Minnie la

Il “Mercadante” era, ieri sera [28 giugno 1929], alla prima rappresentazione di Minnie la candida, colmo di pubblico vario. Quattro chiamate dopo il primo atto. Opposizioni, vivacemente controbattute e chiamate e acclamazioni durante e dopo il secondo e terzo atto a Massimo Bontempelli e agli attori. 108

Come una cerebrale commedia di Pirandello o un dramma di Rosso di San Secondo,

Come una cerebrale commedia di Pirandello o un dramma di Rosso di San Secondo, anche Minnie meritava attenzione e rispetto particolari, e soprattutto quella serenità di valutazione che non poteva “ venir fuori da un tumulto”. 109

In un intimo, rigoroso ordine regolatore, si combinavano nel dramma di Minnie fantasia, finzione

In un intimo, rigoroso ordine regolatore, si combinavano nel dramma di Minnie fantasia, finzione ed immaginazione per rappresentare quella inappagata tensione alla piena padronanza, reale e spirituale, all’assoluta conoscenza, fisica e metafisica, “del proprio io e del noi negli altri”. 110

Il discorso di Bontempelli appariva, così, in linea con quella sperimentazione utile e coraggiosa

Il discorso di Bontempelli appariva, così, in linea con quella sperimentazione utile e coraggiosa dell’arte, ai limiti del fantastico e dell’irreale, messa in atto per indagare a tutto tondo la realtà umana. 111

Invece, la recensione presentata sul «Mezzogiorno» si contrappone totalmente alle inclinazioni verso il teatro

Invece, la recensione presentata sul «Mezzogiorno» si contrappone totalmente alle inclinazioni verso il teatro nuovo espresse nell’articolo del «Mattino» . Il dramma viene presentato come un rompicapo, inspiegabilmente e cocciutamente realizzato da un autore che, invaghitosi del cinematografo, dichiara odio verso “le forme di rappresentazione scenica che abbiano per mezzo trasmittente la parola”. 112

Tuttavia, neppure il pubblico “analfabeta” ed intelligente cui era rivolto il teatro novecentista riusciva

Tuttavia, neppure il pubblico “analfabeta” ed intelligente cui era rivolto il teatro novecentista riusciva –insieme agli “intelligenti”, agli “odiosi borghesi” e ai “letterati finissimi”- a comprendere la metafora della vicenda della candida Minnie. 113

Tra riferimenti all’ “ideologismo rancido” ibseniano e i richiami al dramma cecoslovacco Ruhr, il

Tra riferimenti all’ “ideologismo rancido” ibseniano e i richiami al dramma cecoslovacco Ruhr, il pensiero poetico bontempelliano, ovvero «l’amore minacciato fra questo enorme ingranaggio moderno di artifici meccanici ed intellettuali» , diventava “perlina nel marionettismo insopportabile” del dramma. 114

Singolare la reazione della sala, che piuttosto che indignarsi per le artificiose soluzioni, “rispose

Singolare la reazione della sala, che piuttosto che indignarsi per le artificiose soluzioni, “rispose con una tutta propria alla burletta dell’autore”. Il gruppo nutrito dei novecentisti presenti reagì con giovanile baldanza: 115

Qualche insolenza volò dal palco in sala, e viceversa; il Bontempelli –scorto in un

Qualche insolenza volò dal palco in sala, e viceversa; il Bontempelli –scorto in un pianterrenosalutò i fedeli che l’applaudivano, ma i rifischioni erano troppi per debellarli. 116

La contestazione continuò per tutto il terzo atto, finché il suicidio della protagonista tacitò

La contestazione continuò per tutto il terzo atto, finché il suicidio della protagonista tacitò le “gole ferine”. Bontempelli si presentò in ultimo “tra le raffiche a ringraziare”. Il pubblico si placò con l’apparire sul palco della Zopegni, cui tributò unanime consenso: 117

un applauso … torrenziale, a sanzione d’un eroica fatica sostenuta con coscienza ed esemplare

un applauso … torrenziale, a sanzione d’un eroica fatica sostenuta con coscienza ed esemplare sentimento d’artista scoppiò in omaggio a Carola Zopegni, la valentissima giovinetta … che trasfuse …calore, sincerità, vibrazione nel personaggio protagonista che avrebbe scoraggiato la più imperterrita prim’attrice lungamente avvezza alle battaglie. 118

Soltanto a distanza di anni Minnie la candida riuscì ad ottenere consenso unanime di

Soltanto a distanza di anni Minnie la candida riuscì ad ottenere consenso unanime di pubblico e critica. Il 30 marzo del 1942 la diciannovenne esordiente Anna Proclemer e Ruggero Giacobbi, regista, portarono il lavoro al “Teatro dell’Università”. Questo il commento di Bontempelli, affidato alla Nota: 119

Sebbene l’avessero già giustiziata cinque anni innanzi, tutto il pubblico delle prime e tutta

Sebbene l’avessero già giustiziata cinque anni innanzi, tutto il pubblico delle prime e tutta la critica romana, non solamente s’entusiasmarono della Proclamer, e profusero lodi al regista, ma finalmente accettarono, in pieno, la veggente follia di Minnie, che già li aveva tanto irritati. 120

Tuttavia il “successo seppellì la commedia”: Da quella sera nessuna compagnia più l’ha ripresa,

Tuttavia il “successo seppellì la commedia”: Da quella sera nessuna compagnia più l’ha ripresa, nemmeno quelle che disponevano della Proclemer: (per Milano, caput mundi del teatro, Minnie la candida sarebbe ancora una “novità”). 121

Ancora oggi, Bontempelli non è un autore facilmente rappresentato: le motivazioni vanno forse rintracciate

Ancora oggi, Bontempelli non è un autore facilmente rappresentato: le motivazioni vanno forse rintracciate nella dimensione sperimentale del suo lavoro, nonostante i propositi di “realismo” (magico, tuttavia), il lavoro di semplificazione e l’analisi sociologica che aveva tentato delle esigenze del pubblico. 122

In lui persiste un’implicita, affascinante contraddizione tra la proposta di drammi costruiti sulla “retorica

In lui persiste un’implicita, affascinante contraddizione tra la proposta di drammi costruiti sulla “retorica del candore” e la percezione della evoluzione degli spettatori del teatro e delle loro inclinazioni, elaborata in questo passaggio dell’Avventura novecentista: 123

Oggi se vogliamo studiare la formazione di un nuovo atteggiamento del pubblico –parlo almeno

Oggi se vogliamo studiare la formazione di un nuovo atteggiamento del pubblico –parlo almeno del pubblico italiano- di fronte al fenomeno “spettacolo”, oggi, se voglio esaminare l’autentico pubblico dello spettacolo, più che al teatro debbo cercarlo nelle folle domenicali che assistono al campionato nazionale del gioco del calcio: le folle dei tifosi. Io amo prevedere in questo genere di pubblico, il pubblico dello spettacolo teatrale di domani. 124

Badate che il teatro, di prosa o di musica, è decaduto quando è decaduto

Badate che il teatro, di prosa o di musica, è decaduto quando è decaduto il tifo, che non si chiamava ancora così, ma tifo era: vero e proprio tifo teatrale, specialmente per il melodramma…. il teatro…è decaduto quando al pubblico tifoso è succeduto il pubblico calmo, autoritario: pubblico di critici intellettuali. Credo…nell’avvento di un teatro di passioni primordiali e azioni lineari, il cui corrispettivo, il cui collaboratore più intenso, sarà il pubblico passionale eccessivo e traboccante, che abbiamo cominciato a conoscere negli stadi. 125