I cattivi nella letteratura greca Rappresentazioni della negativit
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I cattivi nella letteratura greca. Rappresentazioni della negatività e del nemico da Omero a Marco Aurelio Collegio Superiore Seminari Tutoriali a. a. 2019/2020 – C. Neri camillo. neri@unibo. it
E ha daccanto una faccia tosta e trista, uno che si chiama Franti, che fu già espulso da un’altra sezione. (E. De Amicis, Cuore, Milano 1886, 25 ottobre) prologo
• la definizione di un’identità • il disvelamento di un’ideologia • la rassicurante conferma di un modello di comportamento i cattivi come costruzione linguistica e letteraria la faccia del cattivo
programma e calendario • il programma e la tabella delle lezioni • i libri in programma • date degli appelli
le verifiche • autovalutazione: le schede di verifica • esame finale: la ricerca e i lavori di gruppo o approfondimento individuale
il materiale http: //www 2. classics. unibo. it/Didattica /Programs/20102020/Collegio/
parole per condannare il male κακός cattivo ἐχθρός nemico αἰσχρός turpe
FRANTI E. De Amicis, Cuore, Milano 1886
A un tratto Franti, quella brutta faccia, salì sur un banco, e facendo mostra di portare due cesti sulle braccia, scimmiottò la mamma di Crossi, quando veniva ad aspettare il figliuolo alla porta; perché ora è malata. Molti si misero a ridere forte. Allora Crossi perse la testa, e afferrato un calamaio glie lo scaraventò al capo di tutta forza; ma Franti fece civetta, e il calamaio andò a colpire nel petto il maestro che entrava. la prima impresa (26 ottobre)
- quando uno piange, egli ride - trema davanti a Garrone, e picchia il muratorino perché è piccolo - provoca tutti i più deboli di lui, e quando fa a pugni, s’inferocisce e tira a far male - ci ha qualcosa che fa ribrezzo su quella fronte bassa, in quegli occhi torbidi - ha cartella, quaderni, libri, tutto sgualcito, stracciato, sporco - odia la scuola, odia i compagni, odia il maestro - egli si dibatteva, digrignava i denti: si fece trascinare fuori a viva forza lo stile (21 gennaio)
E quell’infame sorrise. Ma Franti dicono che non verrà più perché lo metteranno all’ergastolo. l’aristia e l’epilogo (28 gennaio, 6 marzo)
la cattiveria di Franti • la torbida bruttezza • il disordine sfacciato • la violenza contro i deboli • la vigliaccheria • il riso Il riso è satanico: è dunque profondamente umano (C. Baudelaire)
ENRICO BOTTINI U. Eco, Diario minimo, Milano 1963
Tra questi poli è l’Enrico: di carattere impreciso, incostante nei suoi propositi etici, schiavo di ambigui culti della personalità, non poteva essere gran che diverso col padre che si ritrovava, torbido personaggio costui, incarnazione di quell’ambiguo socialismo umanitario che precedette il fascismo [. . . ]. E ti educava così questo figlio alla violenza e alla retorica nazionale, all’interclassismo corporativista e all’umanitarismo paternalista, sì che svolgendosi la vicenda nell’ottantadue, possiamo immaginarci Enrico interventista quarantenne (e quindi a casa, da tavolino), all’inizio della guerra, e professionista fiancheggiatore delle squadre d’azione nel ventidue, lieto infine che il Paese sia andato in mano a un uomo forte garante dell’ordine e della fratellanza. il cripto-cattivo (pp. 82 s. )
L’unica volta che Enrico si tradisce e ci mostra la madre di Franti che si precipita in classe a implorare perdono per il figlio punito, affannata coi capelli grigi arruffati, tutta fradicia di neve, avvolta da uno scialle, curva e tossicchiante, ci lascia capire che Franti ha dietro di sé una condizione sociale, e una stamberga malsana, e un padre sottoccupato, che spiegano molte cose. Ma per Enrico tutto questo non esiste, egli non può capire il pudore di questo ragazzo che di fronte all’impudicizia feudale della madre che si getta, davanti alla scolaresca, ai piedi del Direttore e di fronte all’intervento melodrammatico di quest’ultimo (“Franti, tu uccidi tua madre!”, eh via, dove siamo? ), cerca un contegno nel sorriso, per non soccombere nello strame. la giustificazione sociologica (p. 84)
Quando Crossi gli tira un calamaio egli fa civetta, e il calamaio va a colpire il maestro che entrava. Civetta meritoria quant’altre mai, dunque, perché questo maestro è lo stesso ributtante leccapiedi che in un diverbio tra Coraci (il calabrese) e Nobis, dà ragione a Coraci e torto a Nobis, ma a Nobis dà del voi mentre a Coraci dà del tu. Dà del tu anche a Franti, naturalmente, perché costui non ha un padre distinto con una gran barba nera. l’igienico ribellismo (p. 85)
Franti, se diamo ascolto ad Enrico, ride troppo: il suo ghigno non è normale, il suo sorriso cinico è stereotipo, quasi deformante; chi ride così certo non è contento, oppure ride perché ha una missione. Franti nel cosmo del Cuore rappresenta la Negazione, ma – strano a dirsi – la Negazione assume i modi del Riso. Franti ride perché è cattivo – pensa Enrico – ma di fatto pare cattivo perché ride. Quello che Enrico non si domanda è se la cattiveria di chi ride non sia una forma di virtù, la cui grandezza egli non può capire poiché tutto ciò che è riso e cattiveria in Franti altro non è che negazione di un mondo dominato dal cuore, o meglio di un cuore pensato a immagine del mondo in cui Enrico prospera e si ingrassa. il riso rivoluzionario (p. 86)
Ma se il Bene è solo ciò che una società riconosce come favorevole, il Male sarà soltanto ciò che si oppone a quanto una società identifica con il Bene, ed il Riso, lo strumento con cui il novatore occulto mette in dubbio ciò che una società considera come Bene, apparirà col volto del Male, mentre in realtà il ridente – o il sogghignante – altro non è che il maiueta di una diversa società possibile [. . . ]. Chi ride è malvagio solo per chi crede in ciò di cui si ride. l’anarchia maieutica (pp. 89 s. )
Tra questi poli è l’Enrico: di carattere impreciso, incostante nei suoi propositi etici, schiavo di ambigui culti della personalità, non poteva essere gran che diverso col padre che si ritrovava, torbido personaggio costui, incarnazione di quell’ambiguo socialismo umanitario che precedette il fascismo [. . . ]. E ti educava così questo figlio alla violenza e alla retorica nazionale, all’interclassismo corporativista e all’umanitarismo paternalista, sì che svolgendosi la vicenda nell’ottantadue, possiamo immaginarci Enrico interventista quarantenne (e quindi a casa, da tavolino), all’inizio della guerra, e professionista fiancheggiatore delle squadre d’azione nel ventidue, lieto infine che il Paese sia andato in mano a un uomo forte garante dell’ordine e della fratellanza. il cripto-cattivo (pp. 82 s. )
la cattiveria di Enrico • la torbida ipocrisia • il socialismo paternalista • l’interclassismo a-rivoluzionario • l’ordine fascista • il non riso Il Riso è lo strumento con cui il novatore occulto mette in dubbio ciò che una società considera come Bene. (U. Eco)
NEGATIVITÀ TOTALE DEMONIZZAZIONE
TERSITE Iliade II
Iliade II 188 s. , 198 s. ὃν τινα μὲν βασιλῆα καὶ ἔξοχον ἄνδρα κιχείη τὸν δ᾽ ἀγανοῖς ἐπέεσσιν ἐρητύσασκε παραστάς·. . . ὃν δ᾽ αὖ δήμου τ᾽ ἄνδρα ἴδοι βοόωντά τ᾽ ἐφεύροι, τὸν σκήπτρῳ ἐλάσασκεν ὁμοκλήσασκέ τε μύθῳ· e quando (Odisseo) si imbatteva in un sovrano e in un uomo di spicco, / gli si accostava con dolci parole, provava a trattenerlo. . . se invece uno del popolo vedeva, lo coglieva a strillare, / lo incalzava di scettro, con le parole lo rimproverava.
la cattiveria di Tersite • la deforme bruttezza • la ghignante contestazione del potere • l’amore per la disputa e per la discordia • la propensione all’insulto • il disfattismo demagogico • la turpe cattiveria irrisa Il riso degli integrati come conferma dei valori in gioco
I POTENTI ΔΩΡΟΦΑΓΟΙ Esiodo, Opere e giorni
Esiodo, Opere e giorni 213 -218 ὦ Πέρση, σὺ δ᾽ ἄκουε δίκης μηδ᾽ ὕβριν ὄφελλε· ὕβρις γάρ τε κακὴ δειλῷ βροτῷ, οὐδὲ μὲν ἐσθλὸς ῥηιδίως φερέμεν δύναται, βαρύθει δέ θ᾽ ὑπ᾽ αὐτῆς ἐγκύρσας ἄτῃσιν· ὁδὸς δ᾽ ἑτέρηφι παρελθεῖν κρείσσων ἐς τὰ δίκαια· δίκη δ᾽ ὑπὲρ ὕβριος ἴσχει ἐς τέλος ἐξελθοῦσα· παθὼν δέ τε νήπιος ἔγνω. O Perse dai ascolto alla giustizia, non accrescer violenza: / per i mortali è male la violenza, e non c’è valoroso / che possa tollerarla di buon grado, ma ne subisce il peso / quando si imbatte nell’accecamento. Una strada migliore / è andar dall’altra parte, alla giustizia: la giustizia è più forte / della violenza, quando al fine emerge: anche lo sciocco impara quando soffre.
Esiodo, Opere e giorni 263 s. ταῦτα φυλασσόμενοι, βασιλῆς, ἰθύνετε μύθους, δωροφάγοι, σκολιέων δὲ δικέων ἐπὶ πάγχυ λάθεσθε. A questo state attenti, o re, addrizzate, mangiatori di doni, / i discorsi, e scordatevi del tutto dei giudizi sovvertiti.
la cattiveria dei potenti δωροφάγοι • la violenza • l’arrogante arbitrio del potere • la sconsideratezza • l’incuria del futuro Dike e i trentamila guardiani: la teodicea e le disgrazie cosmiche e sociali come punizione divina
IL TRADITORE Archiloco (Ipponatte), fr. 115 W. 2
PITTACO Alceo, fr. 129 V.
la cattiveria di Pittaco • il tradimento degli dèi protettori • il tradimento dei compagni morti • il tradimento dell’eteria • l’asservimento del demos e della polis • l’attitudine al doppio gioco La logica di parte e l’inaccettabile pretesa di chi si pone al di sopra delle parti
L’invenzione dell’articolo Il primo manifestarsi dell’individualità e del presente nella lirica greca arcaica: il mito come confronto, la sentenza e lo snodo tra particolare e universale, l’io e il sentimento, la mobilità dello spirito (B. Snell). La formazione (autoctona soltanto in Grecia) dei concetti scientifici e la lingua come espressione dello spirito e come mezzo di conoscenza: le premesse linguistiche della scienza e la selezione degli elementi linguistici necessari all’elaborazione teorica. La fissazione dell’universale in forma determinata e il processo di astrazione (nomi propri [l’individuale], nomi comuni [il generale: classificazione, generalizzazione e prima conoscenza], astratti [mere astrazioni senza plurale; ‘nomi mitici’-personificazioni e metafore: antropomorfizzare l’incorporeo]): l’invenzione dell’articolo e la sostantivazione dell’aggettivo e delle forme verbali. Funzioni dell’articolo: determinare l’immateriale, porlo come universale, determinare singolarmente l’universale (farne cioè un nome astratto, comune e proprio a un tempo). L’uso particolare, determinato (“questo qui”), dell’articolo omerico (ed esiodico): il valore dimostrativo e l’assenza degli articoli veri e propri; il valore oppositivo (“questi … quelli”); il valore anaforico (“Odisseo … lui”); il valore ‘connettivo-relativo’ (“e quelle …”); il valore prolettico (questo: . . . ); il valore dimostrativo-apposizionale (“quella, l’isola”); il valore individualizzante (“tutte quelle altre volte”); il valore enfatico (“questo tuo dono”). La prima comparsa della prosa e la presenza dell’articolo (a eccezione delle iscrizioni cipriote e di quelle panfilie, che lo presentano assai di rado): il valore determinativo; il valore di rinvio e riferimento; il valore di opposizione; l’interposizione e la creazione del gruppo del sostantivo; la sostantivazione di qualsiasi elemento della frase e l’algebra linguistica; «un processo privo di ogni valore affettivo ma comodo per l’esposizione delle idee, e di un’agilità e varietà che non hanno riscontro nella prosa di nessun’altra lingua indoeuropea» (A. Meillet).
CLITEMESTRA Eschilo, Ag. 1227 -1238
la cattiveria di Clitemestra • la sfrontata falsità • il mortifero inganno • la femminilità degenerata • la mostruosità • il tradimento degli affetti familiari • l’ardire tracotante La donna come fedele custode della casa e come madre esemplare
ANTIGONE E CREONTE Sofocle, Ant. 471 -476 e 705 -718
la cattiveria di Antigone e Creonte • l’inflessibilità disumana • l’autocentrismo autistico • la sicurezza di sé • la noncuranza delle estreme conseguenze • il fanatismo rovinoso • la sostanziale vacuità La saggezza come misura, temperanza, contrattazione con gli eventi, apertura alle opinioni e alle parole altrui
GIASONE Euripide, Med. 446 -464
la cattiveria di Giasone • la sentenziosità arrogante • le sofisticazioni verbali • la legge del potere • l’opportunismo • il carrierismo • la freddezza sentimentale L’autenticità degli affetti familiari e l’esigenza di una corrispondenza tra parole e azioni
CLEONE IL PAFLAGONE Aristofane, Eq. 40 -60
la cattiveria di Cleone il Paflagone • la spregiudicatezza: buono a nulla capace di tutto • la maldicenza calunniosa • il mestiere manifatturiero (e maleodorante) • l’adulazione opportunista • l’indole del kapo • la violenza rapinosa • la demagogia e l’usurpazione del merito Il buon tempo antico dell’aristocrazia terriera e degli statisti veri
CNEMONE IL MISANTROPO Menandro, Dysc. 711 -747
la cattiveria di Cnemone il misantropo • il pentimento post eventum • il delirio di autosufficienza • la sfiducia completa nel prossimo • la sicurezza nelle routines e nella ‘roba’ • l’inemendabilità del vizio • i rischi della socialità • l’utopia misantropica Il giusto mezzo tra solitudine e socialità e il modello di una socialità borghese e cittadina
CANDAULE E GIGE Erodoto, I 8, 1 -9, 1
la cattiveria di Candaule e di Gige • il desiderio folle e ostinato e il delirio di onnipotenza • la cecità di fronte all’evento • la noncuranza del pudore (e la curiosità malsana) • l’incapacità di opporsi al male e la corresponsabilità • la debolezza degli scrupoli e dei timori fondati • il complotto e l’inganno ‘obbligati’: la scelta tragica • l’usurpazione del potere La σωφροσύνη e il rispetto delle leggi umane e divine
PERIANDRO Erodoto, V 92, α 1 -η 4
la cattiveria di Periandro • le origini difficoltose da “figlio della τύχη” • la frequentazione contaminante dei tiranni • il potere come ferocia • la schiavitù nei confronti degli oracoli • il contatto con l’occulto • la distruzione del valore come garanzia di potere • il disordine sessuale e affettivo La σωφροσύνη e il rispetto delle leggi umane e divine
GLI ATENIESI (E I MELII) Tucidide, V 84 -116
la cattiveria degli Ateniesi • la politica di potenza • la necessità della tirannide di Stato • l’impossibilità della pietà • l’imperialismo come violenza • la perdita del senso del divino • l’oppressione del debole • la perdita del senso storico La politica come lungimiranza (verso il passato e verso il futuro) e come misura
TRASIMACO Platone, Resp. 336 b-e, 350 c-d
la cattiveria di Trasimaco • il naturalismo sfrenato • la volontà di potenza • la violenta e bestiale irruenza • il dialogo come grido e prevaricazione • il disprezzo delle ‘sciocchezze’ altrui • l’indisponibilità a ‘perdere tempo’ • l’irriducibilità delle proprie idee Il dialogo come pazienza e come costruzione comune della verità
ANTIOCO 2 Maccabei, 9, 5 -11 e 28
la cattiveria di Antioco • l’oppressione dei sudditi • la persecuzione religiosa • la presunzione • la vuota vanteria (ἀλαζονεία) • il perseverare nel male • la propensione all’ira e alla violenza • il tardivo riconoscimento del limite La difesa del Giudaismo e dei suoi valori, la libertà politicoreligiosa, il riconoscimento dell’onnipotenza divina
GIUDA Mt 26, 14 -25, 27, 3 -10
la cattiveria di Giuda • il tradimento • l’ipocrisia • l’avidità e l’uso del denaro • la motivazione ‘religiosa’ • il tardivo pentimento • la disperazione • l’incredulità La purezza, la coerenza e la fiducia dei seguaci di Gesù
• cattivi e viziosi • tiranni e macchiette • atrocità e ridicolaggini • nemici da annientare e avversari da mettere in burla • i cattivi e la cattiveria i cattivi come costruzione del sé alla fine di una carrellata. . .
“Una cosa che hai visto spesso” (Marc. Aur. VII 1) che cos’è, dunque, la cattiveria?
“ciò che è possibile. . . ciò che è proprio impossibile” (Marc. Aur. VII 71) una battaglia possibile
Marc. Aur. VII 71 γελοῖόν ἐστι τὴν μὲν ἰδίαν κακίαν μὴ φεύγειν, ὃ καὶ δυνατόν ἐστι, τὴν δὲ τῶν ἄλλων φεύγειν, ὅπερ ἀδύνατον. È ridicolo non voler evitare la propria cattiveria, il che è possibile, e voler evitare quella degli altri, il che è proprio impossibile.
E disse Natan a Davide: “tu sei l’uomo che ha fatto questo”. (2 Sam 12, 7) epilogo
de nobis fabula narratur?
camillo. neri@unibo. it
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