2016 2017 CRIMINOLOGIA Prof Mario Zanchetti Universit Cattaneo

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2016 -2017 CRIMINOLOGIA Prof. Mario Zanchetti Università Cattaneo – LIUC n 1

2016 -2017 CRIMINOLOGIA Prof. Mario Zanchetti Università Cattaneo – LIUC n 1

TEORIE BIOLOGICHE L’approccio biologico cerca di affrontare le questioni criminogenetiche in una prospettiva naturalistica,

TEORIE BIOLOGICHE L’approccio biologico cerca di affrontare le questioni criminogenetiche in una prospettiva naturalistica, mettendole, di volta in volta, in relazione con cause organiche, istinti, ereditarietà o predisposizione all’aggressività. 2

LA CRIMINOLOGIA DELL’INDIVIDUO E IL DETERMINISMO BIOLOGICO La scuola di pensiero che oggi chiamiamo

LA CRIMINOLOGIA DELL’INDIVIDUO E IL DETERMINISMO BIOLOGICO La scuola di pensiero che oggi chiamiamo «biologica» o «antropologica» nasce, nella seconda metà del XIX secolo, nel contesto del vasto movimento di pensiero che chiamiamo «positivismo» . La possiamo anche chiamare, pertanto, «scuola positiva» Accanto al filone sociologico, in quel periodo, si imponeva un nuovo indirizzo individualistico della criminologia, secondo cui lo studio del reato doveva principalmente polarizzarsi sulla personalità del reo, fino ad allora totalmente trascurata. 3

 Il maestro e fondatore dell’impostazione «biologica» o «positiva» , e fra i primi

Il maestro e fondatore dell’impostazione «biologica» o «positiva» , e fra i primi autori ad ipotizzare una qualche predisposizione al delitto è stato Cesare Lombroso (1835 -1909). Lombroso indirizzava i suoi studi sul delinquente e sulle sue componenti morbose, ritenute responsabili della sua condotta. CESARE LOMBROSO 4

CESARE LOMBROSO – LA VITA Cesare Lombroso nasce a Verona, il 6 novembre 1835,

CESARE LOMBROSO – LA VITA Cesare Lombroso nasce a Verona, il 6 novembre 1835, in una famiglia israelita. Si iscrive alla facoltà di medicina dell’Università di Pavia, nel 1853, prosegue poi i suoi studi all’Università di Padova e a quella di Vienna. Si laurea nel 1858 con una tesi sul cretinismo in Lombardia Trasferitosi in Piemonte, si arruola volontario nell’Armata del Regno di Sardegna e combatte nella seconda guerra d’Indipendenza, venendo decorato con due medaglie al valor militare. 5

 Nel 1862 viene inviato in Calabria, in un battaglione impegnato nella lotta al

Nel 1862 viene inviato in Calabria, in un battaglione impegnato nella lotta al brigantaggio. Ne approfitta per compiere osservazioni antropologiche. Nel 1863 comincia ad insegnare a Pavia, e presto diviene professore incaricato di psichiatria. Combatte anche nella terza guerra di Indipendenza in un battaglione medico. Dal 1867 è professore straordinario di psichiatria, e insegna anche antropologia. Dal 1870 il primo corso di criminologia: «medicina legale sperimentale sull’uomo criminale, paragonato all’uomo sano ed all’alienato» . Dal 1875 si trasferisce all’Università di Torino. 6

 Insegnerà sino alla morte nell’ateneo torinese: psichiatria, medicina legale, antropologia criminale. Scrisse moltissimi

Insegnerà sino alla morte nell’ateneo torinese: psichiatria, medicina legale, antropologia criminale. Scrisse moltissimi lavori scientifici: di medicina, di antropologia, di igiene sociale, di psichiatria. Fra i lavori che ebbero vasta rinomanza internazionale, ad esempio «Genio e follia» , del 1872 (cui seguirono diverse opere sullo stesso tema). Accostando la competenza psichiatrica a quella antropologica e medico legale, si addentrò nello studio del problema criminale, con il tipico approccio «eziologico» positivista. 7

 Fra le principali opere che possiamo definire «criminologiche» : «La pazzia morale e

Fra le principali opere che possiamo definire «criminologiche» : «La pazzia morale e il delinquente nato» , in Archivio di psichiatria, antropologia criminale e scienze penali, 1882 «Dalla fossetta occipitale mediana in rapporto collo sviluppo del vermis cerebellare. Studi» , in Riv. sperimentale di freniatria e medicina legale, 1876, nel quale riportò la scoperta di una particolare anomalia somatica trovata all’esame autoptico del brigante Villella. Infine, il suo capolavoro: «L’uomo delinquente» 1876 e poi in diverse edizioni successive, sino al 1896 – cui si accosta «la donna delinquente, la prostituta e la donna normale» , del 1893 Fu consigliere comunale a Torino, per il partito socialista, e scrisse anche sul «delitto politico» (1890). 8

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 La sua teoria più nota è quella delinquente nato. La condotta criminosa veniva

La sua teoria più nota è quella delinquente nato. La condotta criminosa veniva interpretata con la teoria dell’atavismo (forma di regressione o di fissazione a livelli primordiali dello sviluppo dell’uomo). Secondo il suo pensiero erano fattori individuali e predisponenti le cause di primaria importanza che condurrebbero inevitabilmente allo sbocco criminoso, da cui la teoria del cosiddetto determinismo biologico. Il delitto era quindi inteso come un evento strettamente legato a qualche cosa di “patologico” o di ancestrale, caratteristica specifica di alcuni soggetti, così predisposti al reato, e quindi, quando delinquono, nulla si potrebbe fare, se non difendersi dalla loro antisocialità. 11

 Il reato e le anomalie della condotta erano visti in una prospettiva medico-terapeutica,

Il reato e le anomalie della condotta erano visti in una prospettiva medico-terapeutica, come malattia da combattere e neutralizzare, in un approccio decolpevolizzante nei riguardi della società, effetto deresponsabilizzante che si riversava anche sul reo, non essendogli imputabili le proprie anomalie biologiche. Con Lombroso venivano impiegati i metodi della ricerca biologica per lo studio del singolo reo; le scienze penalistiche iniziarono ad interessarsi della sua personalità; sono iniziate numerose indagini sui problemi della criminalità e si è avviato un indirizzo organico e sistematico nello studio della delinquenza con la nascita della Scuola di Antropologia Criminale, con la quale la criminologia si imponeva come scienza. 12

 Le politiche penali mettevano quindi in atto un programma per sostituire la pena

Le politiche penali mettevano quindi in atto un programma per sostituire la pena con una misura di difesa sociale, non tanto commisurata alla gravità delitto compiuto, quanto alla maggiore o minore pericolosità sociale del reo, valutata in funzione delle anomalie della personalità e delle più o meno sfavorevoli circostanze socio-ambientali. Mentre le pene erano prefissate nella natura e nella durata in base al tipo di reato, le misure di difesa sociale non potevano che essere indeterminate e durare fino a quando non venisse meno la pericolosità. Il pensiero penale veniva così sospinto verso l’individualizzazione della sanzione e il trattamento individualizzato del reo. 13

TEORIE DELLA PREDISPOSIZIONE L’indirizzo individualistico e criminologia clinica Negli anni ‘ 60, seguendo il

TEORIE DELLA PREDISPOSIZIONE L’indirizzo individualistico e criminologia clinica Negli anni ‘ 60, seguendo il pensiero di Lombroso, la criminologia focalizzava nuovamente il suo interesse sullo studio individualistico del reo, ponendo particolare accento sulla risocializzazione delinquente. Venivano ricercate caratteristiche del reo (infermità organiche, diversità costituzionali, fattori ereditari, neurofisiologici, endocrini, psicopatologici) che potessero assumere significato di “causa” o di fattori rilevanti per il comportamento delittuoso, sviluppando così una criminologia eziologica. 14

BENIGNO DI TULLIO 1896 - 1979 Medico psichiatra e psicopatologo forense, fondatore della Società

BENIGNO DI TULLIO 1896 - 1979 Medico psichiatra e psicopatologo forense, fondatore della Società Italiana di Criminologia (1957) « non si può continuare a disconoscere che il delitto, prima di essere un'infrazione ad una norma giuridica, è un'azione umana che non è possibile conoscere, nel suo contenuto psicologico e nel suo aspetto sociale, se non attraverso lo studio della personalità di colui che l'ha ideata, preparata ed attuata. Ed è in base a questi concetti che si giunge ad affermare sempre più concordemente, da parte di studiosi di ogni paese, che il processo penale deve basarsi, sempre più rigorosamente, su una duplice indagine: l'una giuridica, diretta ad accertare l'esistenza di un reato; l'altra antropologica, diretta a conoscere la personalità di colui che l'ha compiuto. » (Benigno Di Tullio, Sul metodo e sulle finalità della criminologia clinica - 5° Congresso Internazionale di Criminologia di Roma, 1935) 15

 Le teorie individualistiche trovavano il loro momento di confluenza operativa nella criminologia clinica

Le teorie individualistiche trovavano il loro momento di confluenza operativa nella criminologia clinica di cui B. Di Tullio (1896 -1979) fu uno dei primi cultori. Nella prima metà degli anni ‘ 50 iniziò ad applicare, in ambito criminologico, le finalità e le criteriologie del metodo clinico della medicina: come la clinica medica studia il modo in cui ogni malattia si manifesta nel singolo, così la criminologia doveva essere rivolta allo studio del singolo delinquente a fini diagnostici, prognostici e terapeutici. Lo studio di un elevato numero di rei avrebbe poi permesso l’elaborazione di nozioni e concetti generali per costruire un sapere che, in chiave eziologica, avrebbe potuto identificare le cause individuali responsabili della commissione del fatto delittuoso. 16

 La criminologia clinica utilizzava operativamente le conoscenze mediche, psichiatriche e psicologiche relative alla

La criminologia clinica utilizzava operativamente le conoscenze mediche, psichiatriche e psicologiche relative alla personalità del soggetto e al suo ambiente microsociale, per intervenire in senso “terapeutico” con diverse tecniche, al fine di “curare” la criminalità. Era il periodo del cosiddetto “mito medico” della criminologia, che vedeva la criminalità come una sorta di malattia che poteva essere combattuta con cure “specifiche”, specie di tipo psicologico, che avrebbero dovuto modificare la personalità del reo e renderlo osservante della legge. Tale impostazione avrebbe poi avuto notevoli riflessi sulla strutturazione delle carceri, nelle quali iniziarono ad entrare psicologi, educatori, psichiatri e assistenti sociali al fine di un trattamento risocializzante. 17

 Di Tullio, nell’ambito del cosiddetto “costituzionalismo”, che esaminava il rapporto esistente fra costituzione

Di Tullio, nell’ambito del cosiddetto “costituzionalismo”, che esaminava il rapporto esistente fra costituzione fisica e criminalità, aveva individuato, accanto a delinquenti occasionali e psicotici, tre tipi di delinquenti costituzionali: - il delinquente costituzionale ad orientamento ipoevoluto (con scarso sviluppo dell’intelligenza, della critica, della logica, con prevalenza di pulsionalità istintuale egoistico-aggressiva, scarsa sensibilità morale, deficiente inibizione) - delinquente costituzionale ad orientamento psico-nevrotico (in cui prevalgono dinamiche psichiche di natura nevrotica) - delinquente ad orientamento carattere e disturbi di personalità). psicopatico (con anomalie del 18

 Anche W. H. Sheldon (1942) evidenziava una corrispondenza fra costituzione fisica e alcuni

Anche W. H. Sheldon (1942) evidenziava una corrispondenza fra costituzione fisica e alcuni tratti del temperamento, individuando tre tipologie di costituzione somatica: - Costituzione “endomorfa” (ad una corporatura morbida e rotondeggiante, scarsa muscolatura, corrispondeva un umore stabile, carattere socievole, tollerante, bisognoso di affetto, amante della comodità, lento nelle reazioni) - Costituzione “mesomorfa” (ad una struttura corporea forte, muscolatura sviluppata, resistenza al dolore e agli sforzi fisici, corrispondeva un temperamento tendenzialmente insensibile ai sentimenti altrui, aggressivo, coraggioso, amante del rischio, dell’azione e del potere) 19

 - Costituzione “ectomorfa” (alla struttura fisica longilinea e delicata, corrispondeva un orientamento psichico

- Costituzione “ectomorfa” (alla struttura fisica longilinea e delicata, corrispondeva un orientamento psichico chiuso, solitario, volto all’autocontrollo, capace di inibizione, rapido nelle reazioni). Applicando questa suddivisione ad una popolazione di detenuti, l’autore vi evidenziò una particolare frequenza di soggetti con costituzione mesomorfa, da cui l’ipotesi della presenza di una sorta di predisposizione costituzionale a diventare criminali. 20

 Eredità e delitto Interpretazioni che si fondano sull’esistenza di correlazioni fra struttura biologica

Eredità e delitto Interpretazioni che si fondano sull’esistenza di correlazioni fra struttura biologica e certi aspetti della mente, geneticamente determinati (vari aspetti del comportamento, quali aggressività, alcuni aspetti dell’intelligenza, l’iniziativa, l’inventiva, reattività) Gli studi si sono in particolare incentrati sul cosiddetto “metodo gemellare” (condotti su gemelli omozigoti affidati poco dopo la nascita a genitori adottivi di varia estrazione socio-culturale) al fine di verificare una eventuale condotta identica, Gli studi non hanno però portato alla dimostrazione di una certa relazione fra ipotetica disposizione ereditaria alla delinquenza, quanto piuttosto all’importanza di una esposizione comune a medesimi fattori ambientali sfavorevoli. 21

 Cromosomi, geni e delinquenza Negli anni ‘ 60 venivano ricercate correlazioni fra anomalie

Cromosomi, geni e delinquenza Negli anni ‘ 60 venivano ricercate correlazioni fra anomalie cromosomiche e tendenza alla condotta criminale, specie in seguito all’evidenziazione, in alcuni soggetti “antisociali”, della presenza di un cromosoma Y sovrannumerario, interpretato come responsabile dell’aggressività, della psicopatia e della tendenza al delitto. Ultimamente gli studi sono volti ad evidenziare le correlazioni tra diverse caratteristiche psicologiche e comportamentali e la costituzione genetica, sviluppandosi così un rinnovato determinismo biologico, grazie alle neuroscienze. 22

 Teorie degli istinti Secondo il vecchio orientamento istintivistico, gli esseri viventi ereditano un

Teorie degli istinti Secondo il vecchio orientamento istintivistico, gli esseri viventi ereditano un numero relativamente scarso di istinti (istinto di conservazione, di difesa della prole, della sessualità, della tutela del territorio) che formano l’energia che spinge all’azione senza la necessità di alcun intervento ambientale. K. Lorenz (1963) (scuola etologica) intende gli istinti come tendenze innate, integrate però dall’apprendimento, esperienza e insegnamento, cioè dall’influenza di fattori ambientali. Egli intendeva come istinto quella serie di modalità di agire che si innesta unicamente nel momento in cui nell’ambiente esistono stimoli adeguati. Egli postulava che l’aggressività è un comportamento di adattamento e quindi eminentemente funzionale. 23

 Secondo l’orientamento ambientalistico sarebbe impossibile distinguere quanto sia determinato congenitamente da quanto sia

Secondo l’orientamento ambientalistico sarebbe impossibile distinguere quanto sia determinato congenitamente da quanto sia appreso dall’ambiente, fattore questo di notevole importanza nella determinazione della condotta individuale. L’orientamento correlazionistico, riunisce le due impostazioni, sottolineando l’interdipendenza tra istinto e ambiente, in quanto ogni soggetto, dotato di diversa struttura genetica, presenta diversa modalità di rispondere a stimoli ambientali analoghi: il comportamento sarebbe quindi il risultato integrato e correlato di fattori sia genetici sia ambientali. 24

Aggressività Studi neurofisiologici hanno evidenziato rapporti fra difetti neurologici (congeniti o acquisiti) e propensione

Aggressività Studi neurofisiologici hanno evidenziato rapporti fra difetti neurologici (congeniti o acquisiti) e propensione all’aggressività, difetti questi che sarebbero più frequenti in criminali violenti. L’interesse si è anche focalizzato sull’influenza del testosterone, presente a livelli superiori in soggetti violenti. Nel 1975 E. Fromm distingueva una aggressività benigna- difensiva da una maligna o distruttiva. La prima, intesa come impulso istintuale programmato verso l’attacco o la fuga, quando sono in gioco interessi biologici vitali, sarebbe utile alla sopravvivenza. La seconda, indipendente dall’istinto, sarebbe frutto di apprendimento attraverso rapporti interpersonali e verrebbe utilizzata per l’ampliamento del proprio potere. 25

CRIMINOLOGIA INCENTRATA SULL’INDIVIDUO - TEORIE PSICOLOGICHE Questo filone di ricerca è incentrato sull’individuo, al

CRIMINOLOGIA INCENTRATA SULL’INDIVIDUO - TEORIE PSICOLOGICHE Questo filone di ricerca è incentrato sull’individuo, al fine di spiegarne la variabilità del comportamento di fronte ad analoghi fattori socio-ambientali. Si definiscono componenti di vulnerabilità individuali, tutti quei fattori, diversi da persona (psicologici e/o biologici), che rendono ragione della resistenza, maggiore fragilità o elettiva propensione di alcuni a comportarsi in modo conforme o meno alle leggi, a parità di condizioni macro- e micro-sociali, di fronte a condizionamenti provenienti dall’ambiente sociale. 26

LE TEORIE DELLA PERSONALITÀ In un’ottica criminologica, che tenga conto di un approccio integrato

LE TEORIE DELLA PERSONALITÀ In un’ottica criminologica, che tenga conto di un approccio integrato fra individuo e ambiente, la personalità viene definita come: complesso delle caratteristiche di ciascun individuo che si manifesta nelle modalità del suo vivere sociale. La personalità è frutto della continua evoluzione dinamica delle interrelazioni del soggetto con i gruppi e l’ambiente, il risultato, cioè, di continui scambi e influenzamenti e perciò suscettibile a cambiamenti. 27

LA PSICOANALISI La psicoanalisi ha evidenziato i collegamenti tra pensieri, scelte e bisogni coscienti

LA PSICOANALISI La psicoanalisi ha evidenziato i collegamenti tra pensieri, scelte e bisogni coscienti e forze psichiche profonde. Il comportamento umano deriverebbe da un intrecciarsi di molteplici dinamiche psicologiche, a loro volta risultanti da una complessa interazione di forze tra loro in contrasto e agenti nel profondo dell’individuo. Notoriamente i due contributi fondamentali della dottrina di S. Freud (1856 -1939) sono il concetto di inconscio e la visione dinamica della psiche. Secondo Freud all’interno della personalità esistono tre istanze fondamentali, Es, Io e Super-io, che in una interazione dinamica, influenzano il comportamento umano. 28

 L’Es forma il nucleo primario della personalità e la matrice nel cui seno

L’Es forma il nucleo primario della personalità e la matrice nel cui seno si differenziano poi Io e Super-io. L’uomo non è consapevole delle pulsioni e degli istinti collocati nel suo profondo. L’Es è costituito dai fattori psicologici ereditari e rappresenta il serbatoio dell’energia psichica, in quanto sorgente della forza dalla quale deriva ogni spinta ad agire. Per realizzarsi, gli istinti originano una carica interna con aumento di energia, che si traduce in uno stato di tensioni, che l’Es tende a scaricare immediatamente, soddisfacendo le pulsioni istintuali con l’azione, riportando così l’organismo al livello energetico di base. Questo meccanismo di riduzione della tensione mediante il soddisfacimento immediato delle pulsioni, che governa l’Es, è chiamato principio del piacere. 29

 L’Io si sviluppa in conseguenza dei bisogni che richiedono rapporti adeguati con il

L’Io si sviluppa in conseguenza dei bisogni che richiedono rapporti adeguati con il mondo oggettivo della realtà ed è in grado di distinguere i contenuti mentali dalla realtà del mondo esterno. L’Io opera in funzione del principio di realtà, sapendo dilazionare temporaneamente il soddisfacimento delle pulsioni fino a quando non siano a disposizione l’oggetto richiesto o le opportunità situazionali idonee a ridurre la tensione. Si denomina esame di realtà, la funzione dell’Io che valuta i dati oggettivi e ne esamina l’idoneità ai fini di soddisfare le pulsioni. L’Io costituisce la componente esecutiva della personalità, in quanto controlla le possibilità operative, seleziona gli stimoli ambientali cui rispondere. 30

 Il Super-Io si struttura nel corso dell’infanzia, facendo propri, attraverso l’identificazione, i contenuti

Il Super-Io si struttura nel corso dell’infanzia, facendo propri, attraverso l’identificazione, i contenuti etici e le regole comportamentali dei genitori e delle persone dell’ambiente circostante, costituendo il rappresentante interiore dei valori etici e delle norme sociali, è l’arbitro morale interno, il controllore della condotta, che cerca di inibire gli impulsi profondi dominati dall’Es, sia disapprovando comportamenti vietati e scatenando sensi di colpa, sia approvando e facendo sentire il soggetto orgoglioso do sé. In senso figurato: l’Es rappresenta la componente biologica, l’Io quella psicologica e il Super-io quella sociale e morale della personalità. 31

 La concezione psicoanalitica della personalità è essenzialmente dinamica: dinamicità intesa, sia come continuità

La concezione psicoanalitica della personalità è essenzialmente dinamica: dinamicità intesa, sia come continuità di meccanismi interiori che spiegano il formarsi e modificarsi nel tempo della personalità, sia come energia vitale in continuo movimento tra le diverse istanze, sia come reciproca azione di forze impulsive e di forze costrittive (o antagoniste), dal cui reciproco confronto e dalle cui reciproche compensazioni e armonia, deriva l’equilibrio del soggetto. Tutti i conflitti della personalità o quelli fra persona e ambiente sociale, si spiegherebbero con l’esistenza di una contrapposizione fra forze impulsive (Es) e costrittive (Super. Io): se l’Io non riesce a trovare un equilibrato compenso tra queste due forze, vive una situazione di pericolo che porta all’angoscia o all’ansia. 32

 Freud distingue tre tipi di ansia: - ansia reale (timore di un pericolo

Freud distingue tre tipi di ansia: - ansia reale (timore di un pericolo insito della realtà oggettiva); - ansia sociale (timore della riprovazione altrui per aver commesso qualcosa di contrario alle norme della convivenza); - ansia nevrotica (timore della riprovazione del Super-io conseguente senso di colpa). L’ansia nevrotica è quella più temibile, in quanto la mancanza di equilibrio fra istinto ed esigenze morali, si riflette sulla stabilità interiore. Se l’Io non riesce a risolvere i contrasti fra le due istanze, è costretto a trovare un equilibrio mettendo in atto i cosiddetti meccanismi di difesa dell’Io, che, se sono adeguati, possono difendere il soggetto dal rischio di nevrosi o psicosi. Questi meccanismi sono: rimozione; - dislocazione; sublimazione; - proiezione; - formazione reattiva; identificazione. 33

 Secondo la psicoanalisi l’uomo è primitivamente mosso da istanze e pulsioni istintuali e

Secondo la psicoanalisi l’uomo è primitivamente mosso da istanze e pulsioni istintuali e quindi, per natura, antisociale, e la sua socializzazione costituisce unicamente un processo secondario, derivato dalla necessità di evitare l’angoscia provocata dalla riprovazione del Super-io. L’uomo, essendo governato dalle proprie pulsioni istintuali e dal giudizio del Super-Io, non avrebbe né libertà di scelta, né responsabilità. Si tratta quindi di una interpretazione deterministica delle condotte umane. 34

 Il primo organico contributo psicoanalitico applicato alla criminologia è stato quello di Alexander

Il primo organico contributo psicoanalitico applicato alla criminologia è stato quello di Alexander (psichiatra) e Staub (giurista) (1929), secondo i quali la condotta criminosa deriverebbe da molteplici modalità dello svincolo dal controllo del Super-Io; la delinquenza dipenderebbe essenzialmente dall’efficienza del Super-io. Esisterebbero progressivi gradi di riduzione, fino all’abolizione del controllo dell’istanza superiore: - Normalità - Delinquenza fantasmatica - Delinquenza colposa - Delinquenza nevrotica - Delinquenza occasionale e affettiva - Delinquenza normale 35

 In sintesi, secondo l’indirizzo psicoanalitico si possono distinguere criminali: - a) per carenza

In sintesi, secondo l’indirizzo psicoanalitico si possono distinguere criminali: - a) per carenza affettiva (familiari o extra-familiari); - b) per carenza di identificazione in figure-modello valide (anche se concretamente disponibili nella vita del soggetto); - c) per identificazione in modelli anomali; - d) per fissazione dell’evoluzione affettiva a stadi immaturi; - e) per reazione a situazioni conflittuali psichiche (in quanto con il passaggio all’atto criminoso viene mascherata o compensata l’ansia o il senso di colpa). 36

LA PSICOLOGIA ANALITICA C. G. Jung (1875 -196), oltre all’inconscio freudiano, distingueva un inconscio

LA PSICOLOGIA ANALITICA C. G. Jung (1875 -196), oltre all’inconscio freudiano, distingueva un inconscio collettivo, che costituirebbe l’istanza psichica più potente e di maggiore influenza. Egli vedeva l’uomo come dotato di predisposizioni trasmessegli fin dai suoi più lontani antenati. L’istanza fondamentale è il Sé, punto centrale della personalità, alla cui stabilità, unità ed equilibrio l’individuo mira costantemente. Altri concetti sono il conflitto psichico, inteso come urto fra pulsioni e controspinte insite nella psiche di cui il soggetto può essere o meno cosciente, e la frustrazione, condizione di disagio psicologico conseguente all’impossibilità o difficoltà a realizzare le proprie aspirazioni. 37

 Secondo Jung, il comportamento umano sarebbe determinato sia dalla storia individuale, sia dai

Secondo Jung, il comportamento umano sarebbe determinato sia dalla storia individuale, sia dai fini e dalle aspirazioni. L’uomo non agirebbe unicamente spinto dagli istinti e dall’inconscio, ma anche perché organizzerebbe la propria vita per raggiungere le proprie finalità e aspirazioni. Per la spiegazione del comportamento si devono prendere in considerazione sia elementi sedimentati dal passato, che agiscono in modo inconscio, sia la dimensione del soggetto proiettato verso il futuro a conseguire, conformemente alla propria volontà, gli obiettivi che si prefigge. 38

 L’uomo presenterebbe due atteggiamenti fondamentali di fronte ai conflitti: - quello estroverso, alloplastico,

L’uomo presenterebbe due atteggiamenti fondamentali di fronte ai conflitti: - quello estroverso, alloplastico, che orienta il conflitto verso la realtà esterna con l’azione, evitando così la sofferenza interna, in una modalità ego-sintonica, cioè in accordo con se stesso; - quello introverso, autoplastico, che orienta il conflitto verso il mondo interno, con sofferenza, disagio, ansia, reagendo quindi in modo ego-distonico, cioè in disaccordo con se stesso. 39

PSICOLOGIA SOCIALE La psicologia sociale è incentrata sullo studio delle relazioni interpersonali all’interno della

PSICOLOGIA SOCIALE La psicologia sociale è incentrata sullo studio delle relazioni interpersonali all’interno della società, ovvero del modo secondo cui la vita sociale si riflette sulle manifestazioni psichiche della persona. L’individuo, al contempo entità psichica e agente nel contesto sociale (inserito quindi in un sistema), sarebbe motivato e influenzato anche dalle relazioni interpersonali. Le teorie psicosociali risalgono alla psicologica adleriana (A. Adler, 1870 -1937), secondo cui il soggetto non sarebbe mosso da fattori interiori, quanto dalle prospettive e dai bisogni derivanti dal suo essere inserito nella società. L’impulso fondamentale sarebbe la volontà di potenza. 40

 L’importanza del contesto sociale viene sottolineata anche da E. Fromm (1900 -1980), secondo

L’importanza del contesto sociale viene sottolineata anche da E. Fromm (1900 -1980), secondo il quale l’uomo, per il proprio equilibrio e armonia, deve riuscire a soddisfare le seguenti fondamentali esigenze non materiali: - il bisogno di relazioni, - bisogno di trascendenza; - bisogno di schemi di riferimento; - bisogno di identità personale. Se tali bisogni non vengono appagati o se vengono frustrati, sarebbe più facile che il soggetto sia spinto a ricercare compensazioni nella condotta criminosa. 41

 La criminologia utilizza due concetti derivanti dalla psicologia sociale: quello di identità personale

La criminologia utilizza due concetti derivanti dalla psicologia sociale: quello di identità personale e quello di ruolo. E. H. Erikson (1963) definisce identità personale: organizzazione di un’immagine coerente, omogenea, continua e stabile dell’essenza della personalità, che si realizza nel corso dell’intera esistenza della persona, ma specialmente durante l’adolescenza, attraverso sia l’identificazione con successivi modelli significativi, sia i ruoli via proposti e assunti. Un rapporto disarmonico con la famiglia o i gruppi, può portare ad una strutturazione disturbata dell’identità personale, condotte problematiche si riflettono sugli altri, che svilupperanno nei suoi confronti aspettative negative. 42

 Aspettative negative degli altri, possono far sì che l’individuo alteri la propria identità,

Aspettative negative degli altri, possono far sì che l’individuo alteri la propria identità, sviluppando una identità negativa, realizzando stabilmente la condotta deviante conformemente al giudizio negativo espresso nei suoi confronti. Su questo concetto N. Mailloux (1968), fonda una sua ipotesi criminogenetica, affermando che, per la formazione dell’immagine di sé del bambino, sono fondamentali le aspettative delle persone significative e soprattutto il modo con il quale le percepisce, in quanto non si identificherebbe tanto con le norme educative, quanto con la fiducia o sfiducia dimostrategli nella richiesta di conformarsi ad esse. 43

 Il sentimento dell’identità personale è inoltre influenzato dalla posizione o status che ognuno

Il sentimento dell’identità personale è inoltre influenzato dalla posizione o status che ognuno occupa nella società e dalle funzioni svolte in coerenza alla posizione occupata. Lo status consiste in ciò che il soggetto può legittimamente attendersi dagli altri nei suoi confronti, mentre il ruolo consiste in ciò che gli altri possono legittimamente aspettarsi da lui. Così uno status squalificato (per ceto, razza, ecc. ) può facilitare l’assunzione di un ruolo negativo, cioè aspettative sociali altrettanto squalificate, favorendo una scelta comportamentale delinquenziale. 44

LA FENOMENOLOGIA Questo indirizzo (Binswanger, 1942, Husserl, 1950, Jaspers, 1959) analizza il modo unico

LA FENOMENOLOGIA Questo indirizzo (Binswanger, 1942, Husserl, 1950, Jaspers, 1959) analizza il modo unico e irripetibile di vivere nella realtà di ogni persona, indaga cioè le ragioni che, secondo la prospettiva personale e interiore di ognuno, sono alla base delle scelte fatte fra le tante possibilità offerte. Esisterebbe unicamente una realtà fenomenologica, espressione dell’intenzionalità del soggetto, del suo agire-nel-mondo. In questa prospettiva ogni comportamento sarebbe il rivelatore di un modo di essere, una modalità espressiva dell’uomo. 45

 In questa prospettiva si inserisce la teoria dei sistemi (Watzlawick, 1967; Bateson, 1972)

In questa prospettiva si inserisce la teoria dei sistemi (Watzlawick, 1967; Bateson, 1972) che studia il processo attraverso il quale, in un rapporto interpersonale, la condotta di un soggetto influenza quella degli altri, cioè la loro risposta, che, a sua volta, ha effetto sul comportamento del primo. In questa teoria ha importanza il concetto di sistema che comprende sia i diversi attori di un fenomeno osservato, sia le relazioni fra questi. Il comportamento deviante viene in questa ottica ad essere definito da una complessa rete di interazioni che producono significati intorno all’azione e al suo attore che a quella interazione partecipa con un ruolo tutt’altro che marginale. 46

IL COMPORTAMENTISMO (BEHAVIORISMO) Questa teoria della personalità trae i suoi principi essenzialmente dalla sperimentazione

IL COMPORTAMENTISMO (BEHAVIORISMO) Questa teoria della personalità trae i suoi principi essenzialmente dalla sperimentazione e dall’osservazione empirica, in quanto della persona si potrebbe conoscere unicamente il comportamento, in quanto visibile e verificabile (J. B. Watson, 1914). La condotta umana sarebbe indirizzata a seconda di come l’ambiente, con i suoi stimoli, contrasta o ricompensa o rafforza un comportamento: l’uomo non sarebbe libero nella sua condotta, ma sarebbe guidato dalle condizioni ambientali, secondo un meccanismo dello stimolo che determina una risposta, assolutamente indipendente da fattori innati o variabili psicologiche o biologiche individuali. 47

 Questi concetti rientrano nella teoria della frustrazioneaggressione (J. Dollard, 1939): alla base di

Questi concetti rientrano nella teoria della frustrazioneaggressione (J. Dollard, 1939): alla base di ogni comportamento aggressivo vi sarebbe una frustrazione (stimolo) che poterebbe sempre ad una qualche forma di aggressione (risposta), aggressività rinforzata ad ogni ripetersi della frustrazione. L’aumento della criminalità, presente nella società moderna, sarebbe da imputarsi alle sempre maggiori occasioni frustranti. Una modifica e estensione di tale teoria (Berkowitz, 1962), sostiene che la frustrazione produce rabbia, che, a sua volta, può portare all’aggressione, ma ciò in relazione alle esperienze passate, alla interpretazione cognitiva della situazione frustrante e a fattori situazionali immediati. 48

LA PERSONALITÀ CRIMINALE De Greef (1938) per primo si è occupato della cosiddetta personalità

LA PERSONALITÀ CRIMINALE De Greef (1938) per primo si è occupato della cosiddetta personalità criminale, per studiare le sia le caratteristiche di personalità, sia il comportamento delittuoso. Del comportamento criminale individuava due momenti fondamentali: lo stato pericoloso (momento di equilibrio instabile precedente la commissione del reato) e il momento della crisi vera e propria con il passaggio all’atto. Per quanto riguardava le caratteristiche personologiche del soggetto, egli evidenziò che il criminale si percepirebbe quale vittima di ingiustizie, percezione che bloccherebbe i naturali processi di socializzazione, influenzando le scelte di vita, incanalandole in un tragitto di negatività e risentimento. 49

 Altro autore che si è interessato di personalità criminale è Pinatel (1960), che

Altro autore che si è interessato di personalità criminale è Pinatel (1960), che ne individuava quattro tratti fondamentali: - egocentrismo: il pensiero è incentrato su se stesso, ignorando giudizi altrui, logica istituzionale, con tendenza all’autogiustificazione - labilità: la soddisfazione dei bisogni non è adeguatamente mediata dal pensiero e da anticipazioni realistiche sulle conseguenze; esiste una ricerca di soddisfazione immediata - Aggressività: per compiere atti criminali sono necessari alti livelli di aggressività, che rappresentano inoltre l’energia necessaria per superrare eventuali ostacoli al passaggio all’atto - Indifferenza affettiva: scarsa empatia con la vittima, scarso interesse nei confronti dei sentimenti altrui. 50

CONCLUSIONI Quali conclusioni si possono trarre da questo lunghissimo escursus sulle diverse teorie criminologiche?

CONCLUSIONI Quali conclusioni si possono trarre da questo lunghissimo escursus sulle diverse teorie criminologiche? Esse, per il solo fatto di venire elaborate da una scienza dell’uomo, non possono avere quelle caratteristiche di certezza enunciate dai teorici delle scienze “esatte”. Nel corso degli anni, le teorie approntate per identificare “le cause della criminalità”, sono state moltissime e con interpretazioni diverse. Alcuni approcci costituiscono teorie unicausali, altri multicausali. La spiegazione del comportamento umano può essere però unicamente fatto in termini molto relativi. 51

 L’enorme numero di fattori concorrenti, insieme all’estrema varietà individuale nel rispondere e reagire

L’enorme numero di fattori concorrenti, insieme all’estrema varietà individuale nel rispondere e reagire anche ad identiche condizioni, devono necessariamente rendere cauti sul significato della causalità nel comportamento umano. Intendere la condotta in termini causali, secondo prospettive sociali, biologiche o psicologiche, espone al rischio di considerarla in una prospettiva deterministica, che non lascia quindi spazio a quella che è la variabile fondamentale del comportamento umano, cioè la libertà di scelta. Ogni teoria propone una sua prospettiva di conoscenza privilegiando una specifica chiave di lettura; solo utilizzando i vari approcci in una visione integrata, si avrà una migliore comprensione dei fenomeni. 52

 Se lo studio della criminologia ha una sua utilità, essa è quella, paradossalmente,

Se lo studio della criminologia ha una sua utilità, essa è quella, paradossalmente, di non fornire alcuna soluzione compiuta e definitiva sull’oggetto del suo indagare: né soluzioni, né certezze, sul perché delitto, sul perché dell’agire delittuoso. Ogni interpretazione è sempre parziale, relativa, spesso contraddetta da altre. Nessuna delle teorie è in grado di offrire una chiave di lettura omnivalente; pluralistiche sono sempre le modalità di comprendere gli uomini che delinquono o i moventi o i meccanismi criminodinamici; i fattori che entrano in gioco sono moltissimi, ma nessuno di essi è obbligatorio e obbligante. Non vi è una soluzione alla domanda “perché si delinque”, perché le risposte sono infinite, tante quante sono i singoli rei, unici e irripetibili. 53