Un introduzione al Logical Framework Approach 1 Il

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Un introduzione al Logical Framework Approach

Un introduzione al Logical Framework Approach

1. Il quadro di riferimento

1. Il quadro di riferimento

1. 1 La teoria del quadro logico nasce… – – – negli anni ‘

1. 1 La teoria del quadro logico nasce… – – – negli anni ‘ 70 nel settore della cooperazione allo sviluppo Per l’insoddisfazione dei risultati ottenuti dagli interventi di cooperazione realizzati negli anni precedenti. In particolare si notava uno scollamento tra gli obiettivi dichiarati dai progetti e gli impatti realmente ottenuti Similmente al caso del PCM, quindi, anche il LFA nasce come risposta ad una situazione problematica rilevata per via empirica. In altre parole, constatata l’incapacità della tecnica progettuale allora applicata di impostare progetti in grado di assicurare il raggiungimento degli obiettivi prefissati, l’attenzione dei ricercatori del settore si è concentrata sull’elaborazione di strumenti gestionali in grado di favorire un approccio metodologico di tipo “objective oriented”

1. 2 Il quadro logico è diventato oggi una prassi consolidata nel settore dell’europrogettazione…

1. 2 Il quadro logico è diventato oggi una prassi consolidata nel settore dell’europrogettazione… La Commissione Europea è stata uno dei principali “sponsor” del LFA. A partire dagli anni ‘ 90, infatti, ha introdotto questa metodologia da prima come procedura interna per le iniziative di cooperazione internazionale a gestione diretta; successivamente ha richiesto l’adozione di questo approccio anche ai progetti affidati o promossi da soggetti terzi con finanziamenti comunitari. – – Nel 1993 viene pubblicato il primo manuale di “gestione integrata del ciclo di progetto” (= PCM + LFA). Si tratta di un volume assolutamente divulgativo che rende esplicita la volontà della Commissione di promuovere l’utilizzo di questa metodologia anche da parte di soggetti terzi che beneficiano di finanziamenti comunitari; in questo modo il ciclo del progetto e il quadro logico escono dalla ristretta cerchia di esperti e consulenti comunitari che fino ad allora se ne erano occupati. Nella seconda metà degli anni ’ 90, si assiste ad un progressivo allargamento dell’impiego del LFA ad ambiti di intervento comunitario diversi dalla cooperazione internazionale: dalle politiche regionali e di coesione a quelle formative; dalle politiche sociali a quelle di sviluppo economico. I concetti propri di questo strumento sono quindi diventati “prassi consolidata” e fanno parte oramai del linguaggio tecnico di riferimento per la quasi totalità dei bandi comunitari

2. Le categorie concettuali del quadro logico Intervention logic Objectively verifiable indicators of achievement

2. Le categorie concettuali del quadro logico Intervention logic Objectively verifiable indicators of achievement Sources and means of verification Assumptions Overall objectives What are the overall broader objectives to which the action will contribute? What are the key indicators related to the overall objectives? What are the sources of information for these indicators? Specific objective What specific objective is the action intended to achieve to contribute to the overall objectives? Which indicators clearly show that the objective of the action has been achieved? What are the sources of information that exist or can be collected? What are the methods required to get this information? Which factors and conditions outside the Beneficiary's responsibility are necessary to achieve that objective? (external conditions). Which risks should be taken into consideration? Expected results The results are the outputs envisaged to achieve the specific objective. What are the expected results? (enumerate them) What are the indicators to measure whether and to what extent the action achieves the expected results? What are the sources of information for these indicators? What external conditions must be met to obtain the expected results on schedule? Activities What are the key activities to be carried out and in what sequence in order to produce the expected results? (group the activities by result) Means: What are the means required to implement these activities, e. g. personnel, equipment, training, studies, supplies, operational facilities, etc. What are the sources of information about action progress? Costs: What are the action costs? How are they classified? (breakdown in the Budget for the Action) What pre-conditions are required before the action starts? What conditions outside the Beneficiary's direct control have to be met for the implementation of activities

2. 1 I contenuti del quadro logico l l l Il quadro logico è

2. 1 I contenuti del quadro logico l l l Il quadro logico è rappresentato come matrice (vedi diapositiva precedente). L’aggettivo “logico” fa riferimento alla logica che deve per l’appunto collegare i diversi contenuti della matrice nella loro sequenza verticale e orizzontale. La sequenza verticale della matrice può essere letta nella prima colonna: - obiettivo/i generale/i - obiettivo specifico - risultati attesi - attività La sequenza orizzontale può essere letta nella prima riga: - logica di intervento - indicatori oggettivamente verificabili - fonti di verifica - condizioni esterne

2. 1. 1 La sequenza verticale… l l l Gli obiettivi generali del progetto

2. 1. 1 La sequenza verticale… l l l Gli obiettivi generali del progetto sono quelli stabiliti dal programma o dal bando comunitario a cui si intende concorrere per la domanda di finanziamenti Per assicurare l’efficacia del quadro logico, è “caldamente raccomandato” di prevedere un solo obiettivo specifico. Se si decide di lavorare su più obiettivi specifici è preferibile sviluppare un quadro logico per ogni obiettivo specifico e coordinare l’insieme di quadri logici elaborati (cioè l’insieme di progetti) per mezzo di un programma. L’obiettivo specifico deve esplicitare chiaramente la regione geografica di intervento e i beneficiari o gruppo target del progetto. I risultati vanno numerati; il verbo dell’azione va espresso usando il participio passato (es. : risultato 1: “attivati nuovi corsi di aggiornamento per formatori”. Le attività devono fare esplicito riferimento ad uno solo dei risultati indicati alla casella superiore. A riguardo si usa elencarle in gruppi, riprendendo la stessa numerazione utilizzata per i risultati (es. : attività risultato. 1: 1. 1 progettazione didattica dei corsi; 1. 2 organizzazione logistica; 1. 3 pubblicizzazione del corso e selezione candidati; 1. 4 …) La logica progettuale va letta dal basso verso l’alto: le attività prefissate devono produrre i risultati attesi; i risultati attesi devono logicamente generare l’obiettivo specifico; quest’ultimo deve contribuire al raggiungimento dell’obiettivo generale

2. 1. 2 La sequenza orizzontale l l l Gli indicatori oggettivamente verificabili (I.

2. 1. 2 La sequenza orizzontale l l l Gli indicatori oggettivamente verificabili (I. O. V. ) possono essere: – Qualitativi o quantitativi (miglioramento livello conoscenze / 10 nuovi formatori aggiornati) – Diretti o per analogia (aumento del 10% del reddito procapite della regione / aumento del 10% del fatturato dei locali di ristorazione della regione) Le fonti di verifica possono essere: – Interne (prodotte all’interno del progetto) – Esterne (prodotte da soggetti esterni ed indipendenti dal progetto) Le condizioni esterne rappresentano fattori di rischio ma vengono formulate come CONDIZIONI FAVOREVOLI DI MINIMA che si devono verificare per consentire al progetto di svilupparsi regolarmente, generando gli impatti previsti Le condizioni esterne sono “sfasate” di un livello rispetto alle altre colonne: la prima casella della 4 colonna a livello di obiettivo generale quindi è sempre vuota (vedi diapositiva n. 1); al contrario vi è una casella isolata situata a destra sotto la riga delle attività. Questa casella è denominata “precondizioni” Per la riga delle attività, la sequenza orizzontale cambia e diventa: – Attività – Risorse – Strumenti di verifica e costi – Condizioni esterne

2. 2 Quale idea di progetto emerge dalla teoria del quadro logico? l Possiamo

2. 2 Quale idea di progetto emerge dalla teoria del quadro logico? l Possiamo concludere che, secondo il quadro logico, il progetto è la risultante di: – – l l Variabili interne, cioè controllabili nell’ambito delle attività progettuali (prima colonna) Variabili esterne, cioè indipendenti dall’azione progettuale e non riconducibili alla stessa (quarta colonna) Mentre le variabili interne possono essere organizzate logicamente secondo un approccio “objective oriented”, le variabili esterne possono essere solo monitorate per verificare che esse non evolvano negativamente, generando situazioni sfavorevoli al progetto stesso. Se una tale fattispecie si dovesse verificare in fase di implementazione, la logica progettuale va adeguata al nuovo contesto esterno introducendo misure di aggiustamento. Le due colonne esterne del quadro logico quindi concorrono a definire la vera logica progettuale. La lettura logica della matrice va fatta quindi “zigzagando” tra i livelli di queste due colonne, partendo dalla casella delle precondizioni e concludendo alla casella dell’obiettivo generale

2. 2 Quale idea di progetto emerge dalla teoria del quadro logico?

2. 2 Quale idea di progetto emerge dalla teoria del quadro logico?

2. 2 Quale idea di progetto emerge dalla teoria del quadro logico? La logica

2. 2 Quale idea di progetto emerge dalla teoria del quadro logico? La logica progettuale si legge quindi nel seguente modo: l l una volte soddisfatte le precondizioni, si possono avviare le attività di progetto più le condizioni esterne previste al loro livello, genereranno i risultati attesi, uniti alle condizioni esterne del loro livello consentiranno di ottenere l’obiettivo specifico, insieme alle condizioni esterne previste per questo livello, contribuirà al raggiungimento dell’obiettivo generale

2. 2 Quale idea di progetto emerge dalla teoria del quadro logico? l l

2. 2 Quale idea di progetto emerge dalla teoria del quadro logico? l l Le due colonne centrali del quadro logico proiettano l’azione progettuale nelle future fasi di monitoraggio e valutazione, enfatizzandone quindi l’importanza. La parte alta di queste due colonne, corrispondente agli obiettivi generale e specifico, sarà utilizzata per l’analisi di impatto del progetto. Gli indicatori infatti a livello di obiettivi dovrebbero rendere immediatamente percepibile la natura e la dimensione del cambiamento che il progetto intende generare. La parte bassa delle due colonne rappresenta la base per le future attività di monitoraggio. Essa inoltre permette una prima analisi di congruità tra costi progettuali, mezzi identificati e attività programmate. Il raffronto tra la parte superiore e quella inferiore delle due colonne consente una prima grezza analisi “costi-efficacia” dell’intervento: basterà infatti confrontare l’investimento previsto con il n. di beneficiari raggiunti e l’intensità dei benefici attesi.

3. Come si elabora un buon quadro logico? Un esempio di tecnica di pianificazione

3. Come si elabora un buon quadro logico? Un esempio di tecnica di pianificazione orientata agli obiettivi: la metodologia ZOPP

3. 1: La metodologia ZOPP. 1° fase: analisi del contesto l Le tecniche di

3. 1: La metodologia ZOPP. 1° fase: analisi del contesto l Le tecniche di analisi del contesto sviluppate nel tempo sono molteplici. E’ possibile però individuare alcuni principi di riferimento che si sono progressivamente affermati: – – l L’analisi va orientata chiaramente all’individuazione dei problemi, intendendo per problemi SITUAZIONI NON DESIDERATE, significative per un dato target group, che possono però volgere al POSITIVO grazie ad una azione progettuale L’analisi deve essere PARTECIPATIVA, cioè deve coinvolgere fin dall’inizio il maggior numero possibile degli STAKEHOLDERS, indipendentemente dal grado di supporto che gli stessi potranno o vorranno dare al progetto. Il punto di criticità in questa fase è quello relativo alla CORRETTA FORMULAZIONE DEI PROBLEMI. Un problema infatti è ben formulato quando: – – – È chiaro, oggettivo, concreto È immediatamente riferibile ad un preciso gruppo sociale Non accumula più componenti problematiche (cioè non è una sommatoria di problemi) Non esprime giudizi di valore o affermazioni generiche Non è un “falso problema”! Cioè esiste sempre la possibilità di volgerlo in una situazione positiva Non rappresenta una proposta di soluzione camuffata (es. “mancanza di opportunità formative” non è un problema bensì la proposta di incentivare le attività di formazione)

3. 1 La metodologia ZOPP. 1° fase: l’analisi di contesto l l Il prodotto

3. 1 La metodologia ZOPP. 1° fase: l’analisi di contesto l l Il prodotto della prima fase della metodologia ZOPP è il cosiddetto CENSIMENTO DEI PROBLEMI. Un metodo abbastanza diffuso è quello di realizzare dei laboratori coordinati da un facilitatore esperto in metodologia ZOPP, cui sono invitati i rappresentati dei principali stakeholders del progetto. Attraverso un esercizio di brain storming vengono quindi identificati e formulati il maggior numero possibile di problemi vissuti dai diretti interessati. NB: il facilitatore resta esterno al processo con funzione di garante: – rispetto alla partecipazione di tutti i diversi portatori di interessi – rispetto alla corretta formulazione dei problemi. Risultato finale del laboratorio sarà un censimento condiviso delle situazioni problematiche potenzialmente affrontabili dal progetto

3. 2 La metodologia ZOPP. 2° fase: l’albero dei problemi l l l La

3. 2 La metodologia ZOPP. 2° fase: l’albero dei problemi l l l La seconda fase del metodo ZOPP consiste nell’analisi delle relazioni causa -effetto esistenti tra i problemi identificati in precedenza ( per es: problema 1: produzione agricola in diminuzione; problema 2: sistemi di irrigazione mal funzionanti). Il risultato di tale analisi dovrà essere una mappa delle relazioni tra i problemi, ottenuta collocando in basso i problemi-causa (sistemi di irrigazione mal funzionanti) e in alto i problemi-effetto (produzione agricola in diminuzione). Nella generalità dei casi, tale mappa avrà la forma di un “albero rovesciato”: pochi e importanti problemi collocati nella parte alta della mappa risulteranno l’effetto in un numero crescente di cause sempre più puntuali e numerose mano che ci si sposta verso la parte inferiore del diagramma. Se ben costruito l’albero dei problemi ha una enorme potenzialità: permette infatti di ricondurre grossi problemi di ordine generale (tutti situati nella parte alta del diagramma) che per la loro complessità risultano difficili da risolvere, a un insieme di problemi puntuali (situatati nella parte bassa del diagramma), cioè circoscritti, per i quali è sicuramente più facile individuare possibili soluzioni operative.

3. 2 La metodologia ZOPP. L’albero dei problemi: esempio di struttura Ogni casella corrisponde

3. 2 La metodologia ZOPP. L’albero dei problemi: esempio di struttura Ogni casella corrisponde ad un problema. La gerarchia verticale prevede che le cause stiano in basso e gli effetti in alto

3. 3 La metodologia ZOPP. 3° fase: l’albero delle soluzioni l l Il terzo

3. 3 La metodologia ZOPP. 3° fase: l’albero delle soluzioni l l Il terzo passo del metodo ZOPP è un esercizio di “proiezione nel futuro”: tutte le situazioni negative identificate nelle fasi precedenti vengono tradotte in situazioni positive, mantenendone inalterata la posizione occupata nell’albero dei problemi. Si otterrà quindi un diagramma analogo per forma all’albero dei problemi ma che avrà per contenuto le diverse soluzioni attuabili con il progetto. Anche in questo caso vale la rappresentazione gerarchica delle relazioni causa (in basso) – effetto (in alto) Avremo così prodotto un ulteriore strumento importante ai fini progettuali: obiettivi complessi di natura generale e quindi sistemica (situati in alto) saranno scomposti analiticamente in obiettivi via più puntuali (situati in basso) e operativi, per i quali si possono individuare con facilità azioni progettuali capaci di assicurarne il conseguimento.

3. 3 La metodologia ZOPP. 3° fase: l’albero degli obiettivi ATTENZIONE: la traduzione dell’albero

3. 3 La metodologia ZOPP. 3° fase: l’albero degli obiettivi ATTENZIONE: la traduzione dell’albero dei problemi in albero degli obiettivi non è una operazione meramente meccanica. Nell’effettuarla infatti va prestata attenzione ai seguenti aspetti: – – – La formulazione dell’obiettivo non deve essere una semplice fotografia “al negativo” del problema relativo. Essa infatti deve esprimere una situazione positiva concreta e conseguibile in quel dato contesto di intervento L’albero degli obiettivi funziona anche da “prova del 9” dell’albero dei problemi. Se la formulazione di un obiettivo vi risulta difficile probabilmente a monte ci sta un errore nell’individuazione del problema di partenza. Al termine del lavoro di traduzione dei problemi in obiettiva, va riverificata la coerenza logica dell’albero prodotto, correggendo, ove necessario, la struttura dell’albero da cui siete partiti.

3. 4 La metodologia ZOPP. 4° fase: l’individuazione della strategia progettuale l l Se

3. 4 La metodologia ZOPP. 4° fase: l’individuazione della strategia progettuale l l Se l’analisi dei problemi è stata fatta bene, l’albero degli obiettivi che otterrete fotograferà un possibile percorso di sviluppo del vostro territorio/settore aperto a 360°. Impossibile pertanto rispondere con un solo progetto a tale sfida. Si renderà necessario identificare una sezione di questo albero che potrà essere ragionevolmente affrontata con il vostro intervento progettuale La sezione di albero degli obiettivi identificata deve caratterizzarsi per una propria “identità” e “efficacia”. In altre parole, deve poter contribuire al conseguimento degli obiettivi indicati nella parte alta del diagramma con ragionevole autonomia rispetto alla restante parte dell’albero che sarà esclusa dall’intervento progettuale

3. 5 Dall’albero degli obiettivi al quadro logico A questo punto siamo pronti a

3. 5 Dall’albero degli obiettivi al quadro logico A questo punto siamo pronti a trasporre il diagramma dell’albero degli obiettivi nella matrice del nostro quadro logico. Basterà infatti suddividere la parte dell’albero selezionata con la scelta della strategia progettuale in 4 livelli gerarchici, usando una sorta di “curve di livello”. 1. Il livello più in alto raggrupperà gli obiettivi più sistemici, utili per definire l’obiettivo generale del nostro quadro logico. 2. Gli obiettivi che rientrano nel livello immediatamente sotto a questo permetteranno di elaborare l’obiettivo specifico del progetto. 3. Il 3° livello conterrà varie ramificazioni utili per identificare i risultati del progetto. 4. L’ultimo livello, quello più in basso, conterrà gli obiettivi più operativi, corrispondenti ai filoni di attività del quadro logico

3. 5 Dall’albero degli obiettivi al quadro logico Non tutti gli obiettivi esterni alla

3. 5 Dall’albero degli obiettivi al quadro logico Non tutti gli obiettivi esterni alla porzione di albero identificata con la scelta della strategia progettuale costituiscono condizioni esterne da inserire nel quadro logico. A riguardo infatti va fatto un adeguato screening utilizzando l’algoritmo riportato sopra