La classe 4 A della scuola primaria Vittorino

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La classe 4 A della scuola primaria Vittorino da Feltre presenta:

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Parole e testo tratti da «Il fantasma di Canterville» di Oscar Wilde

Parole e testo tratti da «Il fantasma di Canterville» di Oscar Wilde

Il signor Otis, ministro degli Stati Uniti, aveva visto il castello di Canterville in

Il signor Otis, ministro degli Stati Uniti, aveva visto il castello di Canterville in Inghilterra e ne era rimasto incantato. «Ecco mi piacerebbe abitare qui!» disse fra sé. Qualche tempo dopo, qualcuno lo mise al corrente che quel castello era in vendita. Il ministro, senza perdere un solo minuto, si precipitò da Lord Canterville con l’intenzione di non lasciarsi sfuggire l’affare. La trattativa non fu facile e non andò per le lunghe. Lord Canterville era di poche parole e anche Otis non era da meno. Perciò si misero subito d’accordo sul prezzo. «Mi sta bene» sentenziò il Signor Otis. Lord Canterville, che era un uomo d’onore, si ritenne in dovere di informare l’americano che il castello era abitato da un fantasma. «Noi non ci abitavamo volentieri per via degli spiriti» . Così parlò Lord Canterville. Ma il ministro americano rimase del tutto indifferente al racconto del Lord. «Signore lo compro in blocco il castello, i mobili e i fantasmi» replicò il ministro Otis. «Signore, il fantasma esiste davvero!» aggiunse il nobiluomo. Ma l’americano non si dava per vinto e rispose: «Mio caro Lord, io non credo che in natura esistano i fantasmi!» «Caro ministro, se non le dispiace avere in casa un fantasma, meglio per lei. Io mi sono sentito in dovere di avvisarla» concluse Lord Canterville, mentre si salutavano.

Alla fine della stagione mondana di Londra, il ministro si trasferì con tutta la

Alla fine della stagione mondana di Londra, il ministro si trasferì con tutta la sua famiglia al castello di Canterville. La signora Otis era una gran bella donna di mezza età. Aveva occhi stupendi, un profilo fantastico e il corpo perfetto. Il loro primogenito si chiamava Washington, come il primo presidente degli Stati Uniti. I genitori lo avevano chiamato così in un momento di grande patriottismo. Non l’avessero mai fatto! Washington mai perdonò loro di avergli affibbiato un nome tanto pretenzioso. Era biondo, bello e giovane. Virginia, la secondogenita, era una fanciulla di quindici anni, dagli occhi azzurri e dall’aspetto di cerbiatta. Per finire, c’erano i gemelli, chiamati familiarmente “stelle e strisce”, perché spesso assaporavano la cinghia del pur tollerante genitore a causa del loro carattere pestifero, vedendo le stelle e conservando strisce sul…fondoschiena. Il ministro arrivo con la famiglia alla stazione ferroviaria di Ascort, la più vicina a Canterville. Mancavano altri undici chilometri per raggiungere il castello. Il signor Otis fece chiamare una carrozza e tutti vi presero posto allegramente. L’idea di entrare di lì a poco in un castello li rendeva euforici. Era una bella sera di luglio. L’aria profumava di pino. Mentre la carrozza proseguiva lentamente tra i boschi, l’intera famiglia ammirava lo spettacolo meraviglioso della natura. Ed ecco apparire in lontananza il viale alberato del castello di Canterville. Il sogno di tutti gli Otis si stava realizzando. Ma non appena ebbero imboccato il viale, il cielo si oscurò all’improvviso. E, prima che raggiungessero l’ingresso del castello, grosse gocce d’acqua presero a cadere con violenza. Una donna anziana, vestita di nero e con cuffia e grembiule bianchi, li accolse sugli scalini. Era la governante, la signora Umney. “ Benvenuti al castello di Canterville” disse la signora Umney con un profondo

I signori Otis la seguirono nella biblioteca, dove era pronto il tè. Si tolsero

I signori Otis la seguirono nella biblioteca, dove era pronto il tè. Si tolsero i mantelli e si sedettero intorno al tavolo in silenzio. E, mentre la governante li serviva, incominciarono ad osservare con più attenzione la grande sala. La signora Otis notò subito una macchia rossa sul pavimento, accanto al caminetto. Si irritò maledettamente. «Non le sembra che laggiù sia stato versato qualcosa? » chiese alla governante con ironia. «E’ vero, signora, è sangue. » rispose la signora Umney. «A me non piacciono le macchie di sangue sul pavimento! Bisogna toglierle subito!» gridò la padrona. «E’ il sangue di lady Eleonore di Canterville, uccisa dal marito nel 1575. Nove anni dopo, il marito, sir Simon di Canterville sparì misteriosamente e il suo corpo non fu mai ritrovato» disse la governante, a voce bassa. Dopo una breve pausa, continuò: «La macchia di sangue è diventata motivo di visita di tanti turisti perché non è possibile cancellarla!» . «Sciocchezze!» esclamò Washinton «Col superdetergente Pinkerton sparirà in un attimo!» Detto fatto: si inginocchiò sul pavimento e, estratta dalla tasca una boccetta, con un bastoncino nero si mise a fregare la macchia. Come aveva assicurato, la macchia sparì. «Come vedete, Pinkerton non scherza» concluse Washinton, tra l’ammirazione di tutta la famiglia. Ma non aveva ancora finito di pronunciar la frase che un lampo attraversò la biblioteca. Il tuono che seguì li fece balzare in piedi. La vecchia signora Umney cadde a terra svenuta. Quando si fu ripresa, timidamente disse: «Signori, io ho visto con i miei occhi, cose terrificanti in questa casa e tante notti non ho dormito. »

Il temporale durò tutta la notte con una violenza incredibile. Al mattino, quando scesero

Il temporale durò tutta la notte con una violenza incredibile. Al mattino, quando scesero in biblioteca per la colazione, i signori Otis si accorsero che la macchia di sangue era di nuovo al suo posto. «Qui c’è lo zampino del fantasma!» suggerì Washington. Per altre due volte, il giovane cancellò la macchia e le mattine successive riapparve immancabilmente. Quando Washington l’ebbe cancellata per la terza volta, il ministro chiuse personalmente la biblioteca e portò la chiave con sé. Non servì: il mattino dopo, la macchia era ancora e sempre al suo posto. La famiglia Otis incominciò a dare maggiore importanza al fantasma. Quella sera, a tavola, gli americani non parlarono di fantasmi. Verso le undici erano tutti a letto nelle proprie stanze. Le luci furono spente e il castello piombò nella più fitta oscurità.

Il signor Otis dormiva da poco quando venne svegliato da un rumore che proveniva

Il signor Otis dormiva da poco quando venne svegliato da un rumore che proveniva dal corridoio: un cigolio di metallo che si faceva sempre più vicino. Il ministro scese dal letto, accese un fiammifero e guardò l’orologio. Era l’una. Il rumore intanto continuava. Senza perdere altro tempo, infilò le pantofole, prese una fialetta dal comodino e aprì la porta che dava sul corridoio. Davanti a sé, vide un uomo dall’aspetto terribile: occhi rossi come carboni accesi, capelli lunghi arruffati che cadevano sulle spalle, un abito antico, sporco e sdrucito, manette e catene arrugginite che pendevano dai polsi e dalle caviglie. «Egregio signore» lo apostrofò il ministro «non le sembra il momento di dare un po’ di olio a questi ferri vecchi? » «Eccole un flaconcino di lubrificante “ Sole d’oriente”. Leggendo le istruzioni d’uso, si accorgerà che funziona perfettamente e che fa proprio al caso suo. » Il ministro posò il flaconcino sul tavolo del corridoio e se ne tornò in camera sua. Il fantasma rimase senza parole per la grande rabbia. Poi, prese il flacone e lo scagliò violentemente sul pavimento. Quindi fuggì, lanciando urla e diffondendo attorno a sé una strana luce verde. Era quasi giunto in fondo al corridoio, quando una porta si aprì e apparvero due piccole figure vestite di bianco, Una di loro gli lanciò un grande cuscino che per poco non lo colpì. Il fantasma sparì attraverso la parete e la casa ripiombò nel buio e nel silenzio. Giunto in una piccola stanza segreta del castello, il fantasma meditò su quello che gli era successo. In 300 anni di onorata carriere, nessuno lo aveva offeso quanto gli americani che abitavano nel castello. Che vergogna! Era troppo per lui! Doveva vendicarsi. Ma come? Il fantasma decise allora di fare una seconda apparizione.

Durante la notte della domenica, il fantasma fece la sua seconda apparizione. Gli Otis

Durante la notte della domenica, il fantasma fece la sua seconda apparizione. Gli Otis erano già a letto. Un tonfo terribile giunse dall’atrio. Si alzarono tutti e corsero al piano di sotto. Un’enorme armatura antica era caduta sul pavimento. Su una sedia dall’alto schienale stava seduto il fantasma. I gemelli, armati di scacciacani, gli spararono addosso due scariche di pallottole. Il ministro degli Stati Uniti gli puntò addosso la pistola e gli ordinò di alzare le mani. Lo spettro si alzò in una nuvola di nebbia e, lanciando un urlo bestiale, fuggì spegnendo la candela che Washington reggeva in mano. Arrivato in cima alla scalinata, si fermò e scoppiò nella sua famosa risata. L’eco invase tutto il castello. Una porta si aprì e apparve la signora Otis. «Lei non sta bene: avrà fatto indigestione. Eccole una bottiglia di sciroppo del dottor Dobell» disse mentre gli porgeva la bottiglia. Il fantasma era fuori di sé dall’umiliazione e decise di trasformarsi in un grosso cane nero. Ma l’avvicinarsi dei gemelli lo convinse che era meglio sparire e si rifugiò nella sua stanza. Per alcuni giorni fu seriamente ammalato. Però si curò con diligenza e finalmente guarì. Decise di provare a spaventare il ministro e la sua famiglia, per la terza volta.

L’apparizione fu programmata per il 17 agosto, un venerdì, ed egli incominciò a prepararsi.

L’apparizione fu programmata per il 17 agosto, un venerdì, ed egli incominciò a prepararsi. Guardò nel suo guardaroba e scelse per il travestimento un vecchio cappello con una piuma rossa, un sudario e una spada arrugginita. Alle undici e un quarto, il castello giaceva nella più profonda quiete. Il buio era fitto e tutti dormivano. Il fantasma attese ancora un po’ e allo scoccare della mezzanotte uscì dalla sua stanza. L’orologio suonava il quarto ed egli pensò che fosse giunto il momento di passare all’azione. Non appena ebbe svoltato l’angolo, si bloccò con un gemito di terrore e si coprì il volto con le mani. Davanti a lui stava un orribile mostro immobile. Aveva la testa pelata, la faccia grassa e rotonda, l’espressione ghignante. Gli occhi splendevano di una luce scarlatta e la bocca sembrava un forno acceso. Il vestito era orrendo come il suo. Sul petto aveva un cartello con una scritta in caratteri illeggibili. In mano un falcetto luccicante. Non gli era mai capitato, nei suoi 300 anni di vedere un fantasma. Il suo spavento fu grande. Fuggì come un pazzo nella sua stanza. Si gettò sul suo giaciglio e nascose il volto sotto le coperte. Era demoralizzato come non lo era mai stato in vita sua. Poi lo spirito valoroso dei Canterville gli diede forza ed egli decise di andare a parlare all’altro fantasma, alle prime luci dell’alba. La sua intenzione era quella di mettersi d’accordo con lui per battere gli americani. All’alba si recò sul posto ma uno spettacolo terribile lo attendeva. Il fantasma era appoggiato al muro e non mandava più quella luce terribile dagli occhi, mentre il falcetto giaceva a terra. Lo afferrò per le braccia e in quel momento la testa rotolò sul pavimento. Si accorse infine che stringeva tra le mani un lenzuolo di cotone bianco e una scopa. La testa non era altro che una zucca scavata. Afferrò il cartello e vide chiaramente ciò che prima sembrava

Era stato volgarmente burlato. Nei giorni successivi, il fantasma di Canterville si sentì debole

Era stato volgarmente burlato. Nei giorni successivi, il fantasma di Canterville si sentì debole e stanco e perciò non uscì dalla sua stanza. Non aveva rinnovato la macchia e decise pertanto di non farlo più. Dopo alcune settimane, il fantasma decise di presentarsi agli americani vestito da conte decapitato. Questo travestimento richiedeva un trucco particolarmente difficile e il fantasma impiegò tre ore per metterlo a punto. Alla fine, guardandosi allo specchio, fu molto soddisfatto del risultato. All’una e un quarto strisciò silenziosamente verso il corridoio e fu subito davanti alla camera dei gemelli terribili. La porta era socchiusa. Pensò di fare un ingresso trionfale e la spalancò del tutto. Un secchio di acqua gli si rovesciò addosso, inzuppandolo dalle spalle ai piedi. Nello stesso momento acute risatine si levarono dai due letti a baldacchino. La vergogna che provò il fantasma fu immensa. Egli si ritrovò nella sua stanza, senza accorgersene. Stava profondamente male. Il giorno dopo rimase a letto con un feroce raffreddore. La sua mente tornava sempre a quel secchio d’acqua e alle risatine di quei due mocciosi. Riflettè a lungo su quanto gli era successo negli ultimi giorni e le conclusioni furono molto amare. Non c’era più speranza di spaventare quella volgare famiglia americana. Il suo morale non era mai precipitato ad un livello così basso. Che fantasma era se non riusciva più a spaventare nessuno? Per la verità era successo il contrario: avevano spaventato lui! E lo avevano deriso, ridicolizzato. Che vergogna.

Il fantasma era stato ferito nel suo orgoglio e desiderava non farsi più vedere.

Il fantasma era stato ferito nel suo orgoglio e desiderava non farsi più vedere. Ma proprio allora arrivò al castello Cecil, il fidanzato di Virginia. Il fantasma allora decise di apparire un’ultima volta a lui. Qualche giorno più tardi però il fantasma incontrò Virginia e fece amicizia con lei. Lui le confidò di essere molto triste e le chiese di aiutarlo a trovare la pace. Virginia accettò. Lo seguì in una caverna buia e sparì nell’oscurità. All’ora del tè, Virginia tardava a scendere. La signora Otis mandò un domestico a chiamarla. Non c’era. Quando suonarono le sei e Virginia non era ancora arrivata, la madre cominciò a preoccuparsi. Mandò i figli a cercarla in giardino. Non era neppure lì! Era sparita! Il signor Otis era ormai certo che per quella notte non avrebbero trovato Virginia. L’indomani mattina il ministro avrebbe chiamato Scottland Yart, la polizia di Londra, per fare arrivare degli investigatori. Quelli l’avrebbero sicuramente rintracciata.

Mentre uscivano dalla sala per andare a dormire, l’orologio della torre suonava la mezzanotte.

Mentre uscivano dalla sala per andare a dormire, l’orologio della torre suonava la mezzanotte. All’ultimo rintocco si udì un gran tonfo e subito dopo un grido. Un potente tuono fece tremare il castello. In cima alle scale si aprì un passaggio segreto e all’improvviso apparve Virginia. Era pallida e triste. Aveva in una mano un piccolo scrigno. Tutti corsero ad abbracciarla. «Dove ti eri cacciata? Tua madre a momenti moriva di spavento. Ti abbiamo cercata dappertutto. Non devi più farci questi scherzi!» la rimproverò il padre. «Gli scherzi solo al fantasma!» gridarono saltellando i gemelli. «Papà sono stata col fantasma» incominciò a dire Virginia. Adesso è morto veramente. E’ stato molto malvagio, ma si è pentito di tutto il male che ha fatto e ha chiesto perdono. Prima di morire, mi ha regalato questo scrigno pieno di favolosi gioielli. » La famiglia, la servitù e il fidanzato la guardarono sbigottiti in silenzio. Lei li invitò a seguirla ed essi obbedirono. Li condusse attraverso uno stretto passaggio segreto e arrivarono in una stanza umida, bassa e stretta con il soffitto a volta e una finestra con l’inferriata. Ad un muro era conficcato un grande anello di ferro, al quale era incatenato uno scheletro che giaceva sul freddo pavimento di pietra. Le mani dello scheletro tendevano verso due ciotole irraggiungibili, che un tempo avevano contenuto acqua e cibo e ora solo polvere. Virginia si inginocchiò e in silenzio si mise a pregare. Tutti gli altri rimasero in rispettoso raccoglimento, mentre rivivevano la tragedia avvenuta 300 anni prima. Quattro giorni dopo, verso le undici di sera, si svolse il funerale del fantasma. Quella notte un uomo ricevette sepoltura con 300 anni di ritardo.

Nella primavera del 1890, la signorina Virginia Otis sposò il duca Cecil. I due

Nella primavera del 1890, la signorina Virginia Otis sposò il duca Cecil. I due giovani erano così belli che tutti approvarono il matrimonio. Al ritorno dal viaggio di nozze, il duca e la duchessa andarono al castello di Canterville ad abbracciare la famiglia Otis. Il giorno dopo si recarono sulla tomba del vecchio gentiluomo e Virginia vi depose un magnifico mazzo di rose. Poi si diressero alla cappella dell’abazia e vi entrarono. Virginia si sedette su una colonna caduta chissà da quanto tempo, mentre il marito si accovacciò ai suoi piedi. Stettero a lungo senza parlare. Infine il duca parlò: «Virginia tu mi nascondi qualche cosa. » «Ma caro io non ho segreti per te» rispose Virginia. «Uno ce l’hai: non mi hai parlato di tutto il tempo che hai trascorso col fantasma» le disse Cecil. «Lo so, non l’ho detto a nessuno. » «Ma a me puoi dirlo» insistette Cecil. «Ti prego Cecil, non me lo chiedere: non posso dirtelo!» rispose Virginia. Poi continuò: «Povero Sir Simon! Mi ha fatto capire che cos’è la vita e che cos’è la morte. Mi ha anche fatto capire che l’amore è più forte di entrambe. » Il duca si alzò e baciò la moglie con amore. «Puoi conservare il tuo segreto finchè avrò il tuo cuore» le disse. «Sarà sempre tuo Cecil. » Il giorno volgeva al tramonto. Virginia e Cecil, tenendosi per mano , si avviarono lentamente verso il castello: la famiglia Otis li attendeva per