Consapevolezza dei generi letterari Riflessioni sulla poetica di

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Consapevolezza dei generi letterari Riflessioni sulla poetica di Aristotele La questione della mimesis e

Consapevolezza dei generi letterari Riflessioni sulla poetica di Aristotele La questione della mimesis e dell’effetto

Poetica, incipit • “Dell’arte poetica in sé considerata e delle sue specie, quale effetto

Poetica, incipit • “Dell’arte poetica in sé considerata e delle sue specie, quale effetto abbia ciascuna, come si debbano costruire i racconti se la poesia ha da riuscir bene, ed ancora da quante e quali parti è costituita e similmente di quante altre questioni son proprie di questa ricerca, diremo incominciando secondo l’ordine naturale dapprima dalle prime”.

mìmesis • mìmesis (in greco), in italiano mimèsi, o imitazione; ogni arte è imitazione.

mìmesis • mìmesis (in greco), in italiano mimèsi, o imitazione; ogni arte è imitazione. (Ricordiamo che Mimesis è anche il titolo di un libro di Erich Auerbach che ha per oggetto la letteratura occidentale: Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale).

tre “aspetti”: • a) i mezzi diversi con i quali l’arte imita; • b)

tre “aspetti”: • a) i mezzi diversi con i quali l’arte imita; • b) gli oggetti diversi che essa imita; • c) i modi diversi dell’imitazione.

Mezzi • I mezzi dell’imitazione che Aristotele considera qui sono tre, e precisamente: il

Mezzi • I mezzi dell’imitazione che Aristotele considera qui sono tre, e precisamente: il ritmo, il linguaggio e l’armonia, o da soli o variamente combinati fra loro; ad es. usano il ritmo e l’armonia l’auletica e la citaristica, mentre usano solo il ritmo le arti dei danzatori, e il mimo. • È da notare qui quello che dice Aristotele : • “mentre l’arte che si vale soltanto dei nudi discorsi e quella che si serve dei metri sia mescolandoli tra loro sia di un’unica specie si trovano ad essere fino ad oggi prive di un nome”. • Tale arte (o forma di imitazione) che si avvale come mezzo del puro linguaggio, cioè solo delle parole senza musica e senza ritmo, e che al tempo di Aristotele “si trova ad essere priva di nome” è quella che noi oggi chiamiamo “la letteratura”.

oggetti • • Gli oggetti diversi dell'imitazione sono distinti da Aristotele in modo semplice

oggetti • • Gli oggetti diversi dell'imitazione sono distinti da Aristotele in modo semplice e rigoroso: “Poiché quelli che imitano, imitano uomini che agiscono ed è necessario che questi siano persone o nobili o spregevoli (…) imiteranno uomini o migliori dell’ordinario o peggiori o quali noi siamo”. Qui Aristotele cita anche dei pittori che si caratterizzavano, appun to, per imitare per mezzo del pennello i “migliori”, i “peggiori” o i loro simili. E’ interessante notare come il criterio della misura che Aristotele introduce sia l’uomo stesso (“persone esistenti”), e più precisa men te dunque’uomo l greco a lui contemporaneo, il cittadino ateniese che egli identifica senz’altro con l’uomo in quanto tale. Ora, questa tripartizione (riguardo agli oggetti dell’imitazione) vale anche per le “arti della parola”: “……, come ad esempio, Omero imitò uomini migliori, Cleofonte simili, ma peggiori Egèmone di Taso, che per primo compose parodie, e Nicorache, l’autore della Diliade, peggiori di noi. (…) In questa differenza sta anche il divario tra la tragedia e la commedia, giacché l’una tende ad imitare persone migliori, l’altra peggiori di quelle esistenti”. La differenza fra la tragedia e la commedia sta, dunque, nel fatto che la prima imita i migliori e la seconda i peggiori.

Modi • modi della mimèsi, Aristotele introduce la distinzione fra modo “narrativo” e modo

Modi • modi della mimèsi, Aristotele introduce la distinzione fra modo “narrativo” e modo “drammatico”. • Nel primo caso (la forma narrativa) il poeta racconta, in terza persona, “diventando un altro, come fa Omero”, oppure in prima persona “restando se stesso senza mutare”. • Nel secondo caso (la forma drammatica) il poeta invece rappresenta direttamente un’azione, per mezzo degli attori, cioè la mostra, non la racconta. • Possiamo dunque concludere che la tragedia e la commedia non differiscono tra loro quanto ai modi dell’imitazione, essendo entrambi teatro, ma quanto agli oggetti dell’imitazione, l’uno, Sofocle, imitando, nella tragedia i migliori, l’altro, Aristofane, imitando nella commedia i peggiori.

Poesia e natura • Aristotele passa poi a discutere sull’origine della poesia: parlare di

Poesia e natura • Aristotele passa poi a discutere sull’origine della poesia: parlare di origine significa individuare le cause, e le cause della poesia (cioè dell'imitazione) sono nella natura: • “L'imitare è connaturato agli uomini fin da bambini, ed in questo l’uomo si differenzia dagli altri animali perché è quello più proclive ad imitare e perché i primi insegnamenti se li procaccia per mezzo dell’imitazione; (…. ) tutti si rallegrano delle cose imitate”.

conoscenza • Si stabilisce così un importante nesso fra l’imitazione e la conoscenza: se

conoscenza • Si stabilisce così un importante nesso fra l’imitazione e la conoscenza: se l’imitazione corrisponde ad un istinto naturale, comune a tutti gli uomini, e se l’imitazione è anche una forma di conoscenza, allora ne consegue che anche la conoscenza è una caratteristica comune a tutti gli uomini.

tragedia • “La tragedia è dunque imitazione di un'azione nobile e compiuta, avente grandezza,

tragedia • “La tragedia è dunque imitazione di un'azione nobile e compiuta, avente grandezza, in un linguaggio adorno in modo specificamente diverso per ciascuna delle parti, di persone che agiscono e non per mezzo di narrazione, la quale per mezzo della pietà e del terrore finisce con l’effettuare la purificazione di cosiffatte passioni”.

catarsi • In questa definizione incontriamo il concetto di catharsis, o purificazione, cioè l’effetto

catarsi • In questa definizione incontriamo il concetto di catharsis, o purificazione, cioè l’effetto che la tragedia provoca su di noi: come se noi proiettassimo sulla vicenda che vediamo le nostre tensioni e le nostre passioni e venissimo dunque come purificati e pacificati dall'assistere al dramma.

Mezzi della tragedia • I mezzi che la tragedia usa sono tre: “l’apparato scenico”,

Mezzi della tragedia • I mezzi che la tragedia usa sono tre: “l’apparato scenico”, ma Aristotele non considera questo primo mezzo perché non riguarda secondo lui l’arte del poeta bensì quella dello scenografo; si sofferma invece sugli altri due mezzi: • “la musica” e • “l’elocuzione”, cioè il linguaggio ed estende anzi l'analisi agli elementi fondamentali della tragedia.

elementi • il racconto, i caratteri, il linguaggio, il pensiero, lo spettacolo e la

elementi • il racconto, i caratteri, il linguaggio, il pensiero, lo spettacolo e la composizione musicale.

racconto • racconto, o favola, cioè “la composizione dei casi”, perché: “la tragedia (…)

racconto • racconto, o favola, cioè “la composizione dei casi”, perché: “la tragedia (…) è imitazione non di uomini ma di azioni e di un’esistenza”, e dunque senza racconto (cioè senza azione) non vi sarebbe tragedia, senza caratteri invece sì, a riprova del fatto che il racconto è l’aspetto più importante.

Mimesi • La tragedia, dunque, è mimesi di un’azione e la mimesi dell’azione consiste

Mimesi • La tragedia, dunque, è mimesi di un’azione e la mimesi dell’azione consiste in primo luogo nel racconto e “Dopo aver definito queste cose, diciamo quale debba essere la composizione dei fatti, giacchè questa è la parte prima e più importante della tragedia”. “E’ stato da noi convenuto che la tragedia è imitazione di un’azione compiuta e costituente un tutto che abbia una certa grandezza”.

Il “tutto” • “il tutto è ciò che ha principio, mezzo e fine. Principio

Il “tutto” • “il tutto è ciò che ha principio, mezzo e fine. Principio è quel che non deve di necessità essere dopo l’altro, mentre dopo di esso per sua natura qualche altra cosa c’è o nasce; fine al contrario è quel che per sua natura è dopo l’altro o di necessità o per lo più, mentre dopo di esso non c’è niente; mezzo poi è quel che è esso stesso dopo altro e dopo di esso c’è altro”.

Esistono delle regole per ciò che riguarda l'estensione della fabula? • Aristotele risponde di

Esistono delle regole per ciò che riguarda l'estensione della fabula? • Aristotele risponde di sì, e lo fa sulla base di una concezione del tutto greca del bello in genere, che consiste di “grandezza e …. ordinata disposizione delle parti”. • “Il racconto, rispetto alla grandezza, tanto più è bello quanto più è lungo, a condizione però che riesca chiaro nell’assieme. Ma, per definire la cosa in generale, quella grandezza in cui, svolgendosi di seguito gli eventi secondo verosimiglianza o necessità, sia dato di passare dalla sfortuna alla fortuna o dalla fortuna alla sfortuna, è il limite giusto della grandezza”.

Ma che cosa è la verosimiglianza? • Secondo Aristotele è un qualcosa di intermedio

Ma che cosa è la verosimiglianza? • Secondo Aristotele è un qualcosa di intermedio fra la verità e la falsità, cioè qualcosa che forse è accaduto e forse no, ma sarebbe potuto accadere e che potrebbe accadere; non importa insomma che una vicenda sia vera, importa che sia verosimile. E la verosimiglianza è propria della poesia, che si distingue così dalla storia. “Lo storico e il poeta non differiscono per il fatto di dire l’uno in prosa e l’altro in versi (…. ), ma differiscono in questo, che l’uno dice le cose accadute e l’altro quelle che potrebbero accadere”.

Per questo motivo Aristotele attribuisce maggiore dignità alla poesia: • “E perciò la poesia

Per questo motivo Aristotele attribuisce maggiore dignità alla poesia: • “E perciò la poesia è cosa più nobile e più filosofica della storia, perché la poesia tratta piuttosto dell’universale, mentre la storia del particolare. L’universale poi è questo: quali specie di cose a quale specie di persona capiti di dire o di fare secondo verosimiglianza o necessità, al che mira la poesia pur ponendo nomi propri, mentre invece è particolare che cosa Alcibiade fece o che cosa patì”.

Storia e Poesia • Le differenze fra la storia e la poesia (che non

Storia e Poesia • Le differenze fra la storia e la poesia (che non consistono affatto nell’uso del verso) sono dunque due: anzitutto la storia ha per oggetto il vero, ciò che è realmente accaduto, e la poesia invece il verosimile, ciò che potrebbe accadere o potrebbe essere accaduto; in secondo luogo la storia parla del particolare, di ciò che accadde a quella persona là (ad Alcibiade, dice Aristotele) mentre la poesia parla dell’universale, anche se gli dà nomi propri.

Tragedia e poema epico • La Poetica si occupa, inoltre, della tragedia e del

Tragedia e poema epico • La Poetica si occupa, inoltre, della tragedia e del poema epico, le due più grandi forme di produzione poetica che Aristotele prende in esame: “L’epopea concorda con la tragedia solo in quanto è imitazione con un discorso in versi di persone nobili, ma ne differisce per avere un unico metro e forma narrativa”. Tragedia ed epica hanno, dunque, in comune i mezzi dell’imitazione ma differiscono, soprattutto quanto ai modi.

Epos e tragedia • Entrambe hanno come soggetto le azioni degli uomini da una

Epos e tragedia • Entrambe hanno come soggetto le azioni degli uomini da una parte e dall’altra la volontà divina ed il fato, cioè, la Fortuna cui soggiacciono le sorti degli uomini. La Fortuna è un elemento essenziale per la felicità dell’uomo, una felicità determinata dall’apporto continuo e favorevole del caso. • A questo punto “Si potrebbe discutere se sia migliore l’imitazione epica o quella tragica”.

corpo • Aristotele riesce a provare la superiorità della tragedia, in primo luogo perché

corpo • Aristotele riesce a provare la superiorità della tragedia, in primo luogo perché essa risulta immediatamente fruibile “ed ha inoltre come sua parte non secondaria la musica che suscita piaceri nel modo più evidente; …. possiede anche una grande evidenza sia alla lettura sia nell’azione scenica. (…) il fine dell’imitazione è raggiunto in una estensione più breve”.

La questione dei generi letterari • genus, generis, che significa stirpe, nascita (dal greco

La questione dei generi letterari • genus, generis, che significa stirpe, nascita (dal greco génos) e conserva nel significato l'origine verbale indoeuropea gignere, cioè generare. I generi letterari sono delle categorie retoriche mediante le quali si è soliti classificare le opere letterarie, in base a caratteristiche di contenuto e di forma. La poetica dei generi inizia con Aristotele. Egli definisce il genere una categoria universale, sotto la quale stanno le diverse specie. Il concetto di genere ha avuto infinite applicazioni nei vari campi della conoscenza occidentale.

eidos • eidos, cioè forma. Per Aristotele la poetica nasce da un'osservazione diretta delle

eidos • eidos, cioè forma. Per Aristotele la poetica nasce da un'osservazione diretta delle opere letterarie del suo tempo. Egli, dunque, a differenza dei suoi (pseudo)seguaci dei secoli successivi, non codifica le norme da applicare alla composizione letteraria, bensì legge criticamente i testi letterari disponibili, quelli della letteratura greca attica, osservandone forme e contenuti sulla base della distinzione platonica (nella Repubblica) tra modo o genere mimetico drammatico (tragedia e commedia), espositivo narrativo (ditirambo, nòmo e altre forme liriche) e misto (epopea).

normatività? • Il genere inteso come norma non era dunque presente nel discorso aristotelico.

normatività? • Il genere inteso come norma non era dunque presente nel discorso aristotelico. E' la cultura rinascimentale che intende il testo aristotelico come avente una funzione nomenclativa, cioè classificatoria, nei confronti dei generi letterari. Ed, in effetti, l'aristotelismo ed il classicismo sono diventati strumenti per uniformare storie letterarie in una norma rigida. La storia dei generi, almeno fino all' Ottocento, è stato un esempio di applicazione di norme. Sull'autorità rappresentata dalla Poetica aristotelica vari autori costituirono una restrizione classicistica particolarmente rigida nel tardo Rinascimento, smantellata dal Romanticismo e superata dall'estetica idealistica che li considera distinzioni di comodo nell'esposizione della storia letteraria.

Classico classicismo • Il genere inteso come norma non era dunque presente nel discorso

Classico classicismo • Il genere inteso come norma non era dunque presente nel discorso aristotelico. E' la cultura rinascimentale che intende il testo aristotelico come avente una funzione nomenclativa, cioè classificatoria, nei confronti dei generi letterari. Ed, in effetti, l'aristotelismo ed il classicismo sono diventati strumenti per uniformare storie letterarie in una norma rigida. La storia dei generi, almeno fino all' Ottocento, è stato un esempio di applicazione di norme. Sull'autorità rappresentata dalla Poetica aristotelica vari autori costituirono una restrizione classicistica particolarmente rigida nel tardo Rinascimento, smantellata dal Romanticismo e superata dall'estetica idealistica che li considera distinzioni di comodo nell'esposizione della storia letteraria.

Storia della critica e generi • Nel clima positivistico della seconda metà del secolo

Storia della critica e generi • Nel clima positivistico della seconda metà del secolo XIX, il genere letterario venne addirittura concepito come un organismo biologico che sorge, cresce e muore. La più clamorosa formulazione di questa teoria fu esposta dal francese F. Brunetière nel trattato L'evoluzione dei generi nella storia della letteratura (1890); ma ad analoghi principi s'ispirarono anche gli italiani A. D'Ancona e P. Rajna, esponenti, ambedue, del cosiddetto "metodo storico".

Croce • Avversario implacabile del positivismo, Benedetto Croce, tra la fine del secolo XIX

Croce • Avversario implacabile del positivismo, Benedetto Croce, tra la fine del secolo XIX e il principio del XX, elaborò la prima sistematica confutazione dei generi letterari. Ridotta l'arte a intuizione pura, ad atto individuale, irripetibile e indivisibile, il genere diventava, nella sua Estetica (1902), un mero pseudoconcetto, uno schema di comodo privo di qualsiasi valore storico o gnoseologico. Tale condanna fu accettata da tutta la critica italiana d'indirizzo idealistico; e a conclusioni non dissimili da quelle del Croce pervenne, per altra via, anche il filosofo americano J. Dewey (Arte come esperienza, 1934).

Maria Corti e la critica europea, russa e americana • Ma soltanto abbastanza recentemente,

Maria Corti e la critica europea, russa e americana • Ma soltanto abbastanza recentemente, con l'apertura alle metodologie europee ed americane, il genere letterario è divenuto oggetto, anche in Italia, di studi sistematici: da un lato la critica sociologica vede nei generi il tramite indispensabile tra opera e destinatario, tra autore e ambiente sociale ed economico; dall'altro la critica strutturalistica e semiologica volge l'attenzione ai generi per analizzare i legami tra singola opera e sistema letterario, e per registrare gli scarti che ogni capolavoro realizza nei confronti della norma codificata. Per questa via, che tiene conto del formalismo russo (R. Jakobson, V. Sklovskij, V. Propp ecc. ), come, più marginalmente, delle suggestive analisi per simboli e classificazioni del canadese N. Frye (Anatomia della critica, 1957), la semiologa Maria Corti ha definito il genere letterario "il luogo dove un'opera entra in una complessa rete di relazioni", spiegando la codificazione interna a ciascun genere come programma che implica una dinamica tra piani tematico simbolici e piani formali.

Anceschi • Luciano Anceschi avanzava come esigenza speculativa la necessità di reintrodurre l'aspetto empirico

Anceschi • Luciano Anceschi avanzava come esigenza speculativa la necessità di reintrodurre l'aspetto empirico nel discorso sui generi. Più in generale, nello stesso periodo, si assiste ad un riorientamento generale della storia letteraria. Ad una storia per autori si preferisce ora una storia delle strutture di lunga durata, come i generi, le forme, le poetiche, le istituzioni letterarie, tutti fattori che trascendono il testo e l'autore.

Todorov – recupero elemento empirico • T. Todorov, il quale afferma che il genere,

Todorov – recupero elemento empirico • T. Todorov, il quale afferma che il genere, letterario in particolare, è frutto di una scelta, di una trasformazione e di una codificazione di determinati atti linguistici ricorrenti che una società istituzionalizza in quanto funzionali alla sua ideologia. I singoli testi vengono percepiti e riconosciuti dai lettori proprio in base a tale codificazione. La conseguenza è una moltiplicazione dei generi come elaborazione, trasformazione, amplificazione e coordinamento di atti linguistici. Quanto alla loro origine, essi, semplicemente, provengono da altri generi. Dunque, le teorie di Anceschi e Todorov, imperniate sul recupero dell'elemento empirico, si pongono come risposta alla negazione da parte di Croce della funzione conoscitiva del genere. Parlando di genere, infatti, è necessario considerare ambedue le entità che lo compongono: quella storica, che induce a constatare l'esistenza di determinati generi in un certo periodo storico e quella strutturale, che ne postula l'esistenza a partire da una teoria del discorso letterario.

Genette • Un altro grande contributo alla ridefinizione del genere letterario, risalente anch'esso agli

Genette • Un altro grande contributo alla ridefinizione del genere letterario, risalente anch'esso agli anni settanta, Introduction à l'architeste di Gerard Genette (1979), ne scardina la presunta naturalità aprendo la via all'idea che solo le variazioni del genere contino dal punto di vista letterario. Per Genette, i generi mutano in continuazione e non è possibile postularne la coincidenza con i singoli testi letterari. Sulla sua scia, Jean Marie Schaeffer preferisce parlare di genericità anziché di genere, intendendo con genericità l'insieme dei fenomeni di produzione e ricezione testuale.

Jauss, ricezione • Un campo di ricerca in cui la natura dogmatica della dottrina

Jauss, ricezione • Un campo di ricerca in cui la natura dogmatica della dottrina dei generi ha cominciato a essere demistificata a vantaggio di una riformulazione della normatività in termini di utilità o funzionalità della convenzione costituita dal genere, è l'ermeneutica, in particolare sotto l'aspetto del rapporto che lega il testo alla sua ricodificazione in ambito interpretativo. E' tuttavia il campo delle teorie della ricezione quello in cui maggiormente si mette a fuoco l'importanza del genere per l'interpretazione. In particolare nell'estetica della ricezione di Hans Robert Jauss (Estetica della ricezione, 1979), debitrice anch'essa della teoria del circolo ermeneutico, la nozione di genere è fondamentale all'elaborazione del concetto stesso di ricezione, essendo quest'ultima condizionata da convenzioni ben determinate e caratterizzanti l'orizzonte d'attesa del ricevente o fruitore del messaggio letterario. Dunque, grazie all'analisi della ricezione ritroviamo nella critica letteraria della seconda metà del Novecento la presenza di quell'empirico evocato da Anceschi.

Wellek Warren • Negli Stati Uniti René Wellek e Austin Warren in Theory of

Wellek Warren • Negli Stati Uniti René Wellek e Austin Warren in Theory of Literature (1949) partivano da Croce per riesaminare lo statuto del genere letterario alla luce del formarsi delle moderne teorie dei generi successive al veto crociano. Obiettivi di Croce erano state proprio le poetiche normative elaborate dal Cinquecento in poi sulla base della riedizione, traduzione e rilettura della Poetica di Aristotele. Inoltre, il critico letterario italiano aveva affiancato nella sua opera di decostruzione teorica anche le nuove poetiche sorte dal Romanticismo e dal Naturalismo, come ad esempio la concezione essenzialistica dell'arte in Goethe (con l'idea del genio originale ed unico) e il modello positivistico dell'evoluzione dei generi proposto, come osservato prima, da Ferdinand Brunetière alla fine dell'Ottocento. Warren distingue fra una teoria classica e una teoria moderna dei generi: la teoria classica è normativa e prescrittiva, tende cioè alla definizione di un canone di regole da seguire nella composizione di un'opera letteraria esclusivamente nei limiti del genere in questione. Ne deriva una distinzione tra i generi che a loro volta non sono mescolabili, vigendo l'idea della purezza del genere ovvero di unità formale e tematica. In questa prospettiva, si conferisce carattere definitivo ai generi ereditati dalla tradizione greco romana.

Processualità della forma • La teoria moderna dei generi, viceversa, ha un carattere descrittivo,

Processualità della forma • La teoria moderna dei generi, viceversa, ha un carattere descrittivo, in quanto non si basa sull'idea di canone ma piuttosto su quella del relativismo e della processualità della forma, a seconda delle epoche storiche e delle culture che la esprimono. Ne deriva la possibilità della mescolanza tra i generi, di nuovi generi nati per addizione o per riduzione da altri, ed infine si ammette che non c'è limite al numero dei generi possibili. Il principio che sta alla base di questa teoria è quello per cui non interessa tanto mettere a punto un sistema chiuso e gerarchico di articolazione dei generi, bensì coglierne gli aspetti comuni, quelli in grado cioè di spiegare la funzione che ha il genere nell'articolare in un dato momento storico il rapporto della letteratura con la tradizione che lo produce.

Funzione trasformativa • Da questa prospettiva deriva non solo un'idea di opera letteraria come

Funzione trasformativa • Da questa prospettiva deriva non solo un'idea di opera letteraria come "realtà semiotica complessa e pluridimensionale" (Schaeffer), ma anche una concezione del genere letterario come modificatore e non più come modellizzatore. Il genere, quindi, viene concepito come campo di modificazione, esibendo una funzione trasformativa in base alla quale non vale più la stabilità ma l'instabilità del genere stesso, la deviazione da esso, la sua capacità dialettica tra conservazione ed innovazione.

Italia • In Italia la stessa critica letteraria di derivazione crociana aveva, con Mario

Italia • In Italia la stessa critica letteraria di derivazione crociana aveva, con Mario Fubini, operato una critica al bando del genere dagli studi letterari, riabilitandone il significato di vere e proprie tradizioni stilistiche operanti all'interno delle poetiche dei singoli autori e mettendone in luce il carattere mutevole. Walter Binni, operando all'interno dello storicismo critico, aveva del resto con la sua idea di poetica già riabilitato la presenza dell'elemento storico e culturale (empirico) nella dimensione valutativa.