Il velo islamico nelle scuole Svizzera Turchia Francia
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Il velo islamico nelle scuole Svizzera – Turchia - Francia
Dalhab c. Svizzera Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ricorso n. 42393/98 15 febbraio 2001
IL CASO • Lucia Dahlab – insegnante di scuola primaria in un paese del Cantone di Ginevra - sposata con un algerino e convertita all’Islam - Dalla fine degli anni ‘ 90 inizia a portare il copricapo islamico a scuola - 1996 – la direttrice della scuola le vieta di fare lezione con il foulard
Normativa di riferimento • Art. 6 legge 6/12/1940 sull’istruzione pubblica (LIP): l’insegnamento pubblico garantisce il rispetto delle convinzioni politiche e religiose degli studenti e dei genitori • Art. 120 (LIP): I funzionari devono essere laici • Art. 27, III comma, Cost. Federale elvetica, 29 maggio 1874: le scuole pubbliche devono essere frequentate dagli aderenti a tutte le Confessioni religiose ed essi non devono soffrire alcuna limitazione alla loro libertà di coscienza e credenza
Iter giudiziario • Direzione Generale dell’Insegnamento Primario: l’uso del foulard islamico è incompatibile con il carattere laico del sistema scolastico pubblico modello ostentato di appartenenza religiosa imposto agli studenti • Consiglio di Stato di Ginevra: obbligatorietà del rispetto della neutralità confessionale nelle scuole NO abbigliamenti e simboli veicolanti un messaggio religioso • Tribunale Federale: il foulard islamico è un simbolo religioso ed è inopportuno ostentarlo nelle scuole pubbliche
La Corte Europea - Gli Stati godono di un margine di apprezzamento in certe materie – L’Europa è tenuta ad un controllo (No violazioni CEDU) - Il divieto del foulard: a) Riguarda solo l’ambito della scuola b) E’ in ottemperanza al principio di neutralità dell’insegnamento nelle scuole pubbliche c) E’ a tutela il sentimento religioso degli alunni
Segno esteriore forte • Un segno esteriore forte – quale il foulard islamico – non può non avere un impatto sulla libertà di coscienza di alunni di giovane età (più facilmente influenzabili) • Il velo è imposto da un precetto coranico, non conciliabile con il principio di uguaglianza dei sessi • Non è inoltre conciliabile con i messaggio di “tolleranza, rispetto altrui, uguaglianza e non discriminazione” che ogni insegnante deve trasmettere
• Le autorità svizzere non hanno superato il margine di apprezzamento • Il divieto, imposto alla ricorrente, di indossare il velo islamico nell’ambito dell’insegnamento nella scuola primaria è una “misura necessaria in una società democratica” legittima limitazione del dir. di libertà di religione ai sensi dell’art. 9. 2 CEDU
• E’ legittimo il divieto di uno specifico capo di abbigliamento (religioso) nell’ambito dell’insegnamento • Difesa della scuola laica - L’ostentazione di un simbolo religioso forte, evocativo di una specifica appartenenza confessionale, reca turbamento alle coscienze dei giovani studenti
Leyla Sahin c. Turchia Corte europea dei Diritti dell’Uomo Grande Camera ricorso n. 44774/98 Sentenza 10 novembre 2005
Il caso • Leyla Sahin – studentessa di medicina presso l’Università di Istanbul • proviene da una famiglia tradizionale che pratica la religione musulmana e porta il foulard islamico per rispettare un precetto religioso.
• Il 23 febbraio 1998, il Rettore adotta una circolare: “le studentesse che hanno la testa coperta (che portano il foulard islamico) e gli studenti che portano la barba (compresi gli studenti stranieri) non devono essere accettati ai corsi, tirocini ed esercitazioni” (…) Gli studenti dell'Università di Istanbul non possono portare alcun abbigliamento che simbolizza o che manifesta una qualunque religione, confessione, razza, inclinazione politica o ideologica in nessun istituto e dipartimento dell'università di Istanbul ed in nessuno spazio che appartiene a questa università
• Leyla Sahin continua a portare il foulard islamico: - le viene rifiutato l'accesso alle prove scritte del corso d'oncologia - le viene rifiutata l’iscrizione al corso di traumatologia ortopedica - Non è ammessa a neurologia e a al corso di salute popolare - Viene poi espulsa per un semestre - Si trasferisce all’Università di Vienna
• 29 luglio 1998 – La Sahin fa ricorso per annullamento della circolare del Rettore • Il Trib. Istanbul rigetta il ricorso • 19 aprile 2001 –anche il Consiglio di Stato respinge l’appello della Sahin • Ricorso alla CEDU – 29 giugno 2004 – la Camera dichiara all'unanimità, che non vi era stata violazione dell'articolo 9 della Convenzione: la limitazione alla libertà di religione risultava “misura necessaria in una società democratica” ex art. 9. 2 CEDU • Appello alla Grande Camera
Riferimenti normativi e giurisprudenziali • Art. 2 Cost. Turca (parag. 29): “La Repubblica della Turchia è uno Stato di diritto democratico, laico e sociale, rispettoso dei diritti dell'uomo in uno spirito di pace sociale, di solidarietà nazionale e di giustizia (…)” Parag. 30 - La Turchia è una Repubblica dal 1923 - Nel 1923 fu abolito il califfato - Nel 1928 fu abrogata la disposizione cost. per cui l’Islam era la religione di Stato - Dal 1937 il principio di laicità è espressamente previsto in Costituzione - 1996 – governo di coalizione di tendenza islamista (Refah Partisi) la questione del velo acquista un valore politico
• Corte Cost. , 7 marzo 1989 (parag. 39) - La laicità è l'organizzatrice civica della vita politica, sociale e culturale, che si fonda sulla sovranità nazionale, la democrazia, la libertà e la scienza. La laicità è il principio che offre all'individuo la possibilità di affermare la sua propria personalità grazie alla libertà di pensiero e che, realizzando la distinzione tra la politica e le credenze religiose, rende effettive le libertà di coscienza e di religione • Corte Cost. , 9 aprile 1991 (parag. 41) – Negli istituti dell'insegnamento di grado universitario, coprirsi il collo ed i capelli con un velo o un foulard per ragioni di convinzione religiosa, sono contrari ai principi di laicità e d'uguaglianza.
Valutazioni della Corte “prevista dalla legge” • Parag. 88 - la Corte ricorda di avere sempre inteso il termine "legge“ nella sua accezione "materiale" e non "formale“: - testi di rango infralegislativo - atti regolamentari, per delega del legislatore, - diritto elaborato dai giudici Per riassumere, la "legge" è il testo in vigore così come le giurisdizioni competenti lo hanno interpretato
“misura necessaria in una società democratica” • Parag. 106 - In una società democratica, in cui molte religioni coesistono nell'ambito di una stessa popolazione, può rivelarsi necessario armonizzare la libertà di manifestare la sua religione o i suoi convinzioni con limitazioni atte a conciliare gli interessi dei diversi gruppi e garantire il rispetto delle convinzioni di ciascuno. • Parag. 108 - Pluralismo, tolleranza e spirito d'apertura caratterizzano una "società democratica". Benché occorra a volte subordinare gli interessi di individui a quelli di un gruppo, la democrazia non si riduce alla supremazia costante dell'opinione di una maggioranza ma esige un equilibrio che garantisca agli individui minoritari un trattamento giusto ed atto ad evitare ogni abuso di una posizione dominante
• Non è possibile distinguere attraverso l'Europa una concezione uniforme del significato della religione nella società • La regolamentazione in materia può variare quindi da un paese all'altro in funzione delle tradizioni nazionali e delle esigenze imposte dalla protezione dei diritti e libertà altrui ed il mantenimento dell'ordine pubblico Di conseguenza, la scelta quanto alla dimensione ed alle modalità di tale regolamentazione deve essere lasciata allo Stato interessato, poiché dipende dal contesto nazionale
… il controllo della Corte • Parag. 110 - Questo margine di valutazione procede parallelamente ad un controllo europeo che riguarda allo stesso tempo la legge e le decisioni che la applicano. Il compito della Corte consiste nel ricercare se le misure adottate a livello nazionale si giustificano nel loro principio e sono proporzionate
. . il contesto storico/politico della Turchia • Parag. 115 - nel contesto turco è in gioco la protezione dei "diritti e libertà altrui" ed il "mantenimento dell'ordine pubblico" in un paese in cui la maggioranza della popolazione, che manifesta un attaccamento profondo ai diritti delle donne e ad un modo di vita laico, aderisce alla religione musulmana. Una limitazione in materia può dunque passare per rispondere ad una "necessità sociale imperiosa" che tende a raggiungere questi due scopi legittimi, tanto più che, come indicano le giurisdizioni turche (. . . ), questo simbolo religioso aveva acquisito negli ultimi anni in Turchia una portata politica.
• la Corte non perde di vista che esistono in Turchia dei movimenti politici estremisti che cercano di imporre alla società intera i loro simboli religiosi e la loro concezione della società, fondata su norme religiose (. . . ) Essa ricorda di avere già dichiarato che ogni Stato contraente può, in conformità con le disposizioni della Convenzione, prendere posizione contro tali movimenti politici in funzione della sua esperienza storica • La regolamentazione controversa si situa dunque in tale contesto e costituisce una misura volta a raggiungere gli scopi legittimi e proteggere così il pluralismo in un istituto universitario • La Corte dichiara che non vi è stata violazione dell’art. 9 della CEDU
S. A. S c. FRANCIA Corte Europea dei Diritti dell’Uomo Grande Camera Ric. N. 43835/11 Sentenza 1 luglio 2014
Il caso • Ricorso di una cittadina francese (24 anni), pakistana, musulmana praticante che indossa in pubblico sia il burqa che il niqab • Solleva doglianza in seguito all’introduzione in Francia della legge 11 ottobre 2010 n. 1192: Art. 1: “Nessuna persona in pubblico può indossare indumenti al fine di celare il volto” Art. 3 – sanzione: multa fino a 150, 00 euro e l’obbligo di completare il corso di cittadinanza
La vittima potenziale • La ricorrente lamenta che la legge colpisce indirettamente il godimento dei suoi diritti fondamentali • La nozione di “vittima potenziale” (CEDU, sent. 26/10/1988): non vittime dirette che, a causa dell’appartenenza a una certa categoria, hanno la certezza di incorrere in una sanzione • Le legge influisce sulla donna in quanto le impone di modificare il proprio abbigliamento quando si mostra nello spazio pubblico, per non incorrere nella sanzione
La posizione del Governo francese • La legge 1192/2010: - E’ posta a tutela della pubblica sicurezza - Garantisce il rispetto dei valori democratici: a) princ. di uguaglianza tra uomini e donne b) rispetto dignità delle persone c) esigenze comuni del “vivere insieme”
La posizione della Corte Analizza la questione ai sensi dell’art. 8 CEDU: Diritto al rispetto della vita privata e familiare 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui
• L’ingerenza è quindi legittima in quanto prevista dalla legge (artt. 8. 2 e 9. 2 CEDU) • Persegue uno scopo legittimo: tutela della pubblica sicurezza necessità di identificare i soggetti che si muovono nello spazio pubblico • E’ una misura necessaria in una società democratica? La Corte non condivide tutte le posizioni del Governo francese
Princ. di uguaglianza tra uomini e donne • Governo franc. : il velo rappresentava un simbolo di sottomissione della donna e della conseguente supremazia dell’uomo che la obbliga a indossarlo La legge che vieta di coprirsi il volto in pubblico era, quindi, automaticamente garantista del rispetto della parità tra i sessi. • Corte: Non si può utilizzare il principio di parità tra uomo e donna come strumento per vietare una pratica che le donne, come la ricorrente del caso di specie, rivendicano come esercizio dei loro diritti. Uno Stato membro non può invocare la parità di genere per proibire una pratica che è difesa dalle stesse donne, inclusa la ricorrente
Rispetto dignità delle persone • Corte: Il burqa appartiene ad un codice di abbigliamento che non può essere valutato con la sola percezione occidentale. • Il vestito in questione è percepito come un qualcosa di strano da molti che lo osservano. Tuttavia va notato che esso è l’espressione di un’identità culturale che contribuisce al pluralismo che è inerente ad ogni democrazia.
Esigenze comuni del “vivere insieme” • Introduzione del “nuovo” diritto di vivere insieme + riconoscimento del margine di apprezzamento • Diritto di vedere in faccia qualsiasi potenziale interlocutore che si muove nello spazio pubblico e, di converso, l’obbligo per tutti i consociati di mostrare il volto. • La dissimulazione del volto crea difficoltà alle relazioni interpersonali e rappresenta una chiusura rispetto agli altri soggetti che vivono la collettività – ostacolo ad una minima interazione sociale
L’ingerenza legislativa è ritenuta legittima perché consente il rispetto dei “valori minimi in uno Stato democratico” – tutela del diritto di vivere insieme
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