Ministro Straordinario della Comunione e relazione di aiuto

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Ministro Straordinario della Comunione e relazione di aiuto nel fine vita Padre misericordioso: tu

Ministro Straordinario della Comunione e relazione di aiuto nel fine vita Padre misericordioso: tu ci hai donato Gesù Cristo. In lui ci hai manifestato il tuo amore per gli ammalati e gli esclusi. Mai egli si chiuse alle necessità e alle sofferenze dei fratelli. Con la vita e la parola annunciò che tu sei Padre e hai cura di tutti i tuoi figli …. Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli; infondi in noi la luce della tua parola per confortare gli affaticati e gli oppressi …. (Preghiera Eucaristica V/C) 1

Il Concetto di Counseling Relazione di Aiuto A coniare l'espressione "relazione di aiuto centrato

Il Concetto di Counseling Relazione di Aiuto A coniare l'espressione "relazione di aiuto centrato sulla persona" è stato Carl Rogers, considerato uno psicologo umanista per la sua proposta di una psicoterapia «non direttiva» e «centrata sul cliente» . Anche se la traduzione letterale della parola counseling sarebbe «consiglio» ed evoca il termine «consigliare» che rimanda ad uno stile di aiuto unidirezionale, direttivo e da esperto, e colloca il sofferente in un atteggiamento passivo di fronte ai suoi problemi; l'aiuto verrebbe in forma di direttive, raccomandazioni, esortazioni che l'aiutato dovrebbe assimilare e mettere in pratica, assumendole come buone. È ovvio che il termine counseling non significa dar consigli, ma accompagnare la persona che vive la difficoltà a uscirne con le proprie forze. 2

 • Carl Rogers, utilizzando l'espressione "relazione di aiuto" dice: «Una relazione di aiuto

• Carl Rogers, utilizzando l'espressione "relazione di aiuto" dice: «Una relazione di aiuto può essere definita come una situazione in cui uno dei partecipanti cerca di favorire una valorizzazione maggiore delle risorse nascoste del soggetto ed un uso più funzionale delle stesse» • Jesus Madrid così motiva l'utilizzo dell'espressione "relazione di aiuto": «L'idea fondamentale è quella di facilitare la crescita delle capacità inespresse della persona in conflitto. Il presupposto fondamentale che sostiene ogni relazione di aiuto deve essere una visione positiva delle capacità della persona di crescere e affrontare positivamente i suoi conflitti» . • Luis Cibanal fa riferimento a «un interscambio umano e personale fra due individui. In questo interscambio uno degli interlocutori capterà le necessità dell'altro, al fine di aiutarlo a scoprire altre possibilità di percepire, accettare e far fronte alla sua situazione attuale» . 3

In termini clinici, la FASE TERMINALE inizia quando i tentativi terapeutici vengono meno e

In termini clinici, la FASE TERMINALE inizia quando i tentativi terapeutici vengono meno e la terapia "attiva" viene sospesa. Le terapie palliative sono le "cure prestate a un malato di cui si prevede la morte prossima e che vengono erogate quando gli sforzi medici abbandonano la terapia attiva, per concentrarsi sul tentativo di alleviare i sintomi e di fornire sostegno al paziente ed alla sua famiglia". Nella definizione di cure palliative si traccia quindi un profilo della fase terminale, caratterizzata dalla "previ sionedi morte prossima" del malato. Questa affermazio neporta a doversi misurare con il con cettodi tempo. Il tempo di cui si parla è quello che separa dalla morte "prossima" e che può variare da poche ore a diversi mesi. 4

La società, dinanzi a situazioni che richiamano la morte si è vestita di PAURA

La società, dinanzi a situazioni che richiamano la morte si è vestita di PAURA non si tratta tanto della paura che rende umani, riflessivi e solidali, quanto di una paura che paralizza, soffoca la libertà e toglie spazio alla speranza. Le paure più frequenti, verbalizzate dai malati gravi o morenti sono: § La paura del dolore fisico: il timore di soffrire pene insopportabili. § La paura dell'ignoto: come sarà la propria morte o cosa ne seguirà. § La paura del giudizio: c'è chi legge la vita come un esame. Il giudizio riguarderà il modo in cui è stata spesa, le opportunità colte o perse. § La paura della separazione dai propri cari: il dolore di abbandonare le persone più care. § La paura della dipendenza: le persone che hanno difeso la propria autonomia, trovano difficile una condizione di dipendenza da altri. § La paura del degrado fisico: la perdita di peso e di capelli, il vomito e la nausea, difficoltà a deambulare, mancanza di energia, sonnolenza. . . § La paura della solitudine: di tutte le espressioni di paura, la più diffusa è quella di morire soli. § La paura di essere dimenticati: per qualcuno l'angoscia più grande è quella di non lasciare tracce del proprio passaggio. 5

La morte ci mette di fronte senza mezzi termini all'innegabile verità della NON PERMANENZA.

La morte ci mette di fronte senza mezzi termini all'innegabile verità della NON PERMANENZA. Prendiamo atto di non esse re dispensati da questo mutamento continuo. Se invece sia mo disposti a toccare con mano il precario della vita, ci ac corgiamo di quanto. L’ESISTENZA SIA PREZIOSA. Questo rimette tutto in prospettiva: 1. 2. 3. 4. Ci incoraggia a vivere pienamente ogni attimo. Non abbiamo più tempo da sprecare. Siamo più pronti a dire: “Ti voglio bene”. Impariamo a non fissarci così ostinatamente sulle no stre opinioni. 6. Ci prendiamo un tantino meno sul serio. 7. Nei rapporti con gli altri c'è più posto per la gentilezza. 6

1. Accogli tutto non respingere nulla Nel prendersi cura di qualcuno che sta morendo

1. Accogli tutto non respingere nulla Nel prendersi cura di qualcuno che sta morendo sono importanti da esplorare e approfondi re CINQUE PRATICHE. Però non basta farle proprie come teoria o concetti. Per comprenderle efficaci occorre esprimerle con il proprio comportamento. 2. Porta nell’esperienza tutto te stesso 3. Non aspettare 4. Impara a riposare nel pieno dell'attività 5. Coltiva una mente che non sa aperta e ricettiva 7

1. Accogli tutto, non respingere nulla Come si mette in pratica questo precetto? Ci

1. Accogli tutto, non respingere nulla Come si mette in pratica questo precetto? Ci si apre con il cuore e la mente alla persona che sta affrontando la fine della vita. Si incoraggiano le persone ad assumere un ruolo attivo e a fare presente quali sono le loro priorità in questo momento così delicato della loro vita. Si cerca di non imporre giudizi e obiettivi rispettando il bisogno di ciascuno di scoprire come vuole vivere fino al momento in cui morirà. Accogliere ogni cosa non significa che tutto quello che in contriamo ci debba piacere. Approvare o disapprovare non rientra nei nostri compiti. Il nostro compito è dare fiducia, ascolto e un'attenzione puntuale ai bisogni mutevoli dell'altro. 8

2. Porta nell'esperienza tutto te stesso Per essere d'aiuto a qualcuno dobbiamo in cludere

2. Porta nell'esperienza tutto te stesso Per essere d'aiuto a qualcuno dobbiamo in cludere noi stessi nell'equazione. Non possiamo servire l'altro restando a distanza. È dall'esplorazione della nostra soffe renza personale che deriva la capacità di essere veramente d'aiuto. È questo che ci permette di entrare in contatto con il dolore di un altro essere umano con compassione, invece che con paura o pietà. Lo sforzo di proteggere l'im magine che abbiamo di noi può creare una barriera, farci perdere il contatto con l'informazione o l'esperienza che potrebbe rivelarsi preziosa in una determinata situazione. Per essere una presenza benefica, dobbiamo portare al capezzale del malato la nostra passione e la nostra paura. Per poter trovare un punto di incontro con l'altro dobbiamo attingere alla nostra forza e alla nostra impotenza, alle nostre ferite e alla nostra 9

3. Non aspettare La pazienza è cosa diversa dall'attesa. Nell'attesa, siamo pieni di aspettative.

3. Non aspettare La pazienza è cosa diversa dall'attesa. Nell'attesa, siamo pieni di aspettative. Nell'attesa, perdiamo di vista quello che il pre sente ha da offrirci. Quando ci preoccupiamo o facciamo conto su quello che il futuro potrebbe riservarci, manchiamo di co gliere le opportunità che sono già a disposizione. Aspettando il momento della morte, perdiamo tanti momenti di vita. Non aspettate. Se amate qualcuno, diteglielo. Lasciate che la precarietà della vita insegni cosa veramente con ta, in questo momento, poi fatelo. Fatelo senza riserve. 10

4. Impara a riposare nel pieno dell'attività Spesso pensiamo al riposo come a qualcosa

4. Impara a riposare nel pieno dell'attività Spesso pensiamo al riposo come a qualcosa che ci concedere mo al termine di tutto il resto, come quando andiamo in vacan za o "stacchiamo" dal lavoro. Crediamo di poter riposare solo cambiando le condizioni del quotidiano. Ma quando si accom pagna qualcuno che muore, a volte si deve imparare a riposare in mezzo al caos. È un riposo che si scopre quando si porta tut ta l'attenzione, senza distrazione, al momento presente, all'atti vità che si svolge. 11

5. Coltiva una mente che non sa, aperta e ricettiva «Una mente che non

5. Coltiva una mente che non sa, aperta e ricettiva «Una mente che non sa" è una mente aperta e ricettiva. Quando entriamo nella stanza di una persona che sta moren do con il nostro bagaglio di nozioni, la prospettiva si restringe, si riduce a misura delle nostre idee preconcette. Ciò può creare una distanza fra noi e la persona che serviamo. Nel rapporto con la persona che sta morendo cerchiamo di restare aperti, senza preconcetti, passo dopo passo, attimo per attimo, ricettivi, flessibili, osservando attentamente i bisogni mutevoli dell'altro e al tempo stesso prestando ascolto alla nostra voce interiore. La capacità di essere realmente di aiuto agli al tri è proporzionale alla capacità di vivere il presente come qual cosa di sempre nuovo. 12

Accompagnare gli agonizzanti verso il loro ultimo destino rimanda a un altro viaggio, che

Accompagnare gli agonizzanti verso il loro ultimo destino rimanda a un altro viaggio, che ha segnato la storia umana: il Venerdì Santo di Gesù. I Vangeli mettono in evidenza come Gesù, nell'epilogo del suo pellegrinaggio terreno, abbia sperimentato la paura, l'angoscia, la solitudine, lo smarrimento, lo sconforto. Non si tratta di stabilire il primato di chi ha sofferto di più, quanto di rendersi conto che Dio ha permesso la «follia della croce» per rivelare all'umanità «la follia del suo amore» . La croce sul Golgota riassume in sé il dolore e le speranze di milioni di persone, che ogni giorno si trovano con il peso di una croce da portare. Le figure che ieri hanno umanizzato il calvario di Gesù (Maria, il Cireneo, la Veronica) sono oggi interpretate da tutti coloro che 13 si

LA STAZIONE DEL TRADIMENTO Gesù nella sua passione si è sentito tradito, in particolare

LA STAZIONE DEL TRADIMENTO Gesù nella sua passione si è sentito tradito, in particolare dagli amici: Giuda che lo vende per un pugno di soldi, Pietro che lo rinnega, gli altri apostoli che fuggono. Chi è malato ha la sensazione di essere stato tradito dal proprio corpo: quel corpo che prima era funzionale e una garanzia di salute, all'improvviso si trasforma in nemico. Il tradimento ha il volto di una diagnosi infausta, un ciclo di chemioterapie. L'arte di curare e consolare implica l'impegno a far sì che il dolore non diventi la preoccupazione principale per la persona, tanto da non lasciare spazio alle relazioni e alla preghiera. Il farsi prossimo implica il saper entrare nel cordoglio di chi ha vissuto la perdita di un bene prezioso; agevolare processi di maturazione interiore, affinché lo smarrimento di alcune certezze diventi uno stimolo a scoprirne altre. 14

LA STAZIONE DEI PERCHÉ L'impatto con una vita cambiata e una progettualità interrotta genera,

LA STAZIONE DEI PERCHÉ L'impatto con una vita cambiata e una progettualità interrotta genera, nella maggior parte dei casi, sconforto, ribellione, crisi di fede. C'è chi lascia trapelare la propria collera mettendo Dio sul banco degli imputati: • Perché Dio non manda queste malattie ai cattivi, agli spacciatori di droga? • Perché non interviene per guarirmi? Perché non ascolta le mie preghiere? • Perché non si fa presente in qualche modo? Perché. . . ? Perché? Non è solo il tradimento del corpo a produrre divisione dentro di sé, ma è anche l'ingiustizia di un evento a produrre divisione con Dio. Farsi prossimo in questa stazione significa saper ascoltare e comprendere i «perché» , dando spazio al grido delle creature sconvolte. I moribondi hanno bisogno di tempo per raccontarsi, di domande per esprimersi. 15

LA STAZIONE DELLA RICERCA DI SENSO L'uomo rappresenta un universo di risorse, potenzialità. V.

LA STAZIONE DELLA RICERCA DI SENSO L'uomo rappresenta un universo di risorse, potenzialità. V. Frankl ha identificato la ricerca di senso il tema centrale della logoterapia. Cercare il significato nel dolore significa passare dalla domanda: «Perché proprio a me? » a : «Che bene posso ricavare da questo male? » . Il dolore è una grande università, che impartisce costanti lezioni di vita. La tentazione della depressione si combatte scoprendo una nuova gerarchia di valori e trasformando l'appuntamento scomodo con la propria debolezza, in cammino di scoperta di sé e degli altri. La crescita dipende dalla capacità di trovare nuove mappe d'orientamento nella convinzione che, come scrive San Paolo: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor. 12, 10). Farsi prossimo in questa stazione è aiutare i «crocifissi» a trovare semi di fecondità nelle tribolazioni che li affliggono, e a diventare testimoni di coraggio e di fede nel loro calvario. 16

LA STAZIONE DELLA RIVISITAZIONE BIOGRAFICA L'incertezza del domani o l'approssimarsi della morte spingono a

LA STAZIONE DELLA RIVISITAZIONE BIOGRAFICA L'incertezza del domani o l'approssimarsi della morte spingono a una rilettura della propria storia: Ciò che è rilevante nel momento di morire è come abbiamo vissuto, come abbiamo amato, come abbiamo sperato, e la fede che abbiamo avuto durante l'arco della nostra esistenza. (Kubler Ross) Chi muore ha bisogno di riappropriarsi della propria esistenza per cercarvi un senso. La sintesi della propria storia esistenziale richiede tre sforzi coordinati: • rivisitare il passato e il suo significato storico, • dare valore al presente come tempo da vivere, ricco di possibilità, • saper riformulare il futuro, alla luce delle nuove circostanze. Farsi prossimo in questa stazione significa prendere il tempo necessario per addentrarsi nel labirinto di vissuti, 17 accogliendone ed esplorandone i significati,

LA STAZIONE DEL PERDONO Ogni esistenza è segnata dall'esperienza del limite e dalla fragilità.

LA STAZIONE DEL PERDONO Ogni esistenza è segnata dall'esperienza del limite e dalla fragilità. La rivisitazione del passato fa riemergere un insieme di vissuti che invocano riconciliazione, rimpianti, sensi di colpa, in qualche occasione sentimenti di vergogna per atti compiuti o incompiuti. Non a caso le ultime parole di Gesù, sulla croce, sono di perdono: si rivolge al Padre per invocare misericordia per i suoi assassini: «Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno» (Lc. 23, 34), poi a uno dei ladroni : «Oggi sarai con me nel Paradiso» (Lc. 23, 43). Morire in pace richiede la grazia di perdonarsi, perdonare, ricevere il perdono. Farsi prossimo in questa fase comporta la delicatezza di facilitare processi di riconciliazione sia a livello relazionale, attraverso l'ascolto e la valutazione dei vissuti, sia nell'ottica della fede, attraverso il sacramento della riconciliazione e/o l'unzione dei malati, entrambe concepiti come mezzi attraverso cui Dio sana i cuori feriti e offre il dono della pace. 18

L'ELABORAZIONE DEL LUTTO La perdita di una persona cara, presto o tardi, tocca la

L'ELABORAZIONE DEL LUTTO La perdita di una persona cara, presto o tardi, tocca la vita di ognuno. Il dolore che si prova dinanzi alla morte di una persona cara è il prezzo che si paga per il proprio amore. Amare qualcuno significa accettare che, presto o tardi, giungerà il momento del distacco. Quando la perdita avviene a seguito di una malattia grave c'è, spesso, l'opportunità di prepararsi, essere vicini e accompagnare un familiare. In altre circostanze, quali un infarto, un incidente o un suicidio, la morte piomba all'improvviso e non c'è tempo per dirsi addio e rimane talvolta il rimorso per cose dette o non dette, fatte o non fatte. 19

Ci sono due termini che sintetizzano il processo e le dinamiche attivate da esperienze

Ci sono due termini che sintetizzano il processo e le dinamiche attivate da esperienze di distacco: • Il CORDOGLIO, dal latino «COR DOLERE» , si riferisce a quell'insieme di reazioni e stati d'animo sperimentati davanti alla perdita di un bene caro, sia che si tratti di persone che di cose. Si prova cordoglio per una vasta gamma di perdite: v la propria terra (si pensi ai profughi o agli emigrati), v la salute (la malattia fisica, psichica, sociale e spirituale), v legami importanti (come in caso di divorzio o separazione), v l'autonomia economica (la perdita del lavoro. . . ), v i beni interiori (la pace, la libertà, la speranza. . . ). • Il termine LUTTO, dal latino «LUGERE» cioè «PIANGERE» , si riferisce al cordoglio specifico provato dinanzi alla morte di una persona; le sue manifestazioni abbracciano la sfera sociale, psicologica, mentale e religiosa. 20

Una sana ed efficace elaborazione del lutto comporta tre fasi fondamentali: 1. L'ACCETTAZIONE COGNITIVA

Una sana ed efficace elaborazione del lutto comporta tre fasi fondamentali: 1. L'ACCETTAZIONE COGNITIVA DELLA PERDITA Un primo orizzonte di guarigione consiste nel sanare la mente. La morte di un proprio caro può scombussolare la persona, alterarne il sonno, impedirne la concentrazione, bloccarne le capacità decisionali, indebolirne la motivazione. Una perdita, specie se grave, ha il potere di destrutturare l'edificio delle proprie certezze e spegnere l'energia vitale. La guarigione della mente passa attraverso l'orientamento positivo del pensiero e l'assunzione di atteggiamenti costruttivi. 2. L'ACCETTAZIONE COMPORTAMENTALE DELLA PERDITA Il risultato di un cambio nel modo di pensare si riflette nel modo di sentire e questo, a sua volta, influisce sul modo di fare e di comportarsi della persona. L'itinerario di graduale guarigione prevede che, dopo la fase iniziale di smarrimento e di shock e una volta superate le reazioni più intense la persona sia in grado di assumersi le proprie responsabilità familiari, sociali e professionali, e sia capace di recuperare i propri interessi, sviluppare nuove abitudini, dare vita a 21 nuovi progetti

3. L'ACCETTAZIONE EMOTIVA DELLA PERDITA La salute della mente transita necessariamente per la via

3. L'ACCETTAZIONE EMOTIVA DELLA PERDITA La salute della mente transita necessariamente per la via del cuore. Due approcci inefficaci nel gestire i sentimenti riguardano, • la tendenza all'impulsività che si manifesta nello straripamento delle emozioni • la tendenza all'eccessivo controllo o repressione, un meccanismo che risulta evidente in chi assume un contegno distaccato e maschera in questo modo il «vulcano» di stati d'animo che lo abitano. Due sentimenti particolarmente significativi sono • la collera, suscitata dall'impatto con una vita cambiata e dalla percezione di ingiustizia per quanto accaduto, • il senso di colpa per tutto ciò che rimane incompiuto, per i limiti del proprio rapporto, per non essere riusciti a strappare la persona alla morte. La guarigione del cuore passa attraverso l'accoglienza dei sentimenti. Nella misura in cui gli stati d'animo trovano piste di drenaggio attraverso la condivisione con qualcuno, la comunicazione scritta, la preghiera, il coinvolgimento in attività benefiche, si attenua l'intensità emotiva e il cuore ne trae indubbio beneficio. 22

SERVIRE Nell’altro non si entra come in una fortezza, ma come si entra in

SERVIRE Nell’altro non si entra come in una fortezza, ma come si entra in un bosco in una bella giornata di sole. Bisogna che sia un entrata affettuosa per chi entra come per chi lascia entrare, da pari, rispettosamente, fraternamente. Si entra in una persona non per prendere possesso, ma come ospite, con riguardo, con ammirazione, venerazione: non per spossessarlo ma per tenergli compagnia, per aiutarlo a conoscersi meglio, per dargli consapevolezza di forze ancora inesplorate, per dargli una mano a compiersi, a essere se stesso. (Don Primo Mazzolari) È possibile entrare nell’esperienza dell’altro, ma per farlo bisogna “levarsi i sandali” (Esodo 3, 5) perché è come entrare nel territorio del mistero. 23

BIBLIOGRAFIA • BIANCHI E. L. MANICARDI, Accanto al malato. Riflessioni sul senso della malattia

BIBLIOGRAFIA • BIANCHI E. L. MANICARDI, Accanto al malato. Riflessioni sul senso della malattia e sull’accompagnamento dei malati, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose, Magnano (BI) 2000. • L. MANICARDI, L’umano soffrire, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose, Magnano (BI) 2006. • BORASIO G. D. , Saper morire. Cosa possiamo fare, come possiamo prepararci, Bollati Boringhieri, Torino 2015. • BRUSCO A. , Attraversare il guado. Accompagnamento psico-pastorale del malato, II Segno dei Gabrielli Editori, 2007. • CURTAZ P. , Sul dolore. Parole che non ti aspetti, San Paolo, Torino, 2013. • CURTAZ P. , Gesù guarisce, San Paolo, Torino, 2014 • DE HENNEZEL M. , La dolce morte, Sonzogno, Milano 2002. • DE HENNEZEL M. , La morte amica. Lezioni di vita da chi sta per morire, Rizzoli, Milano 20005 • J. C. BERMEJO, Posso aiutarti? Introduzione al counseling e alla relazione di aiuto. Edizioni Camilliane, Torino 2014; • MONFORMOSO P. , Aiutare alla speranza. Counseling per chi abita lo spazio del soffrire, Edizioni Camilliane, Torino 2002 (= Cammini di crescita, 2). • OSTASESKI F, Saper accompagnare. Aiutare gli altri e se stessi ad affrontare la morte, Mondadori, Milano 2009. • PANGRAZZI A. , Vivere il tramonto. Paure, bisogni e speranze dinanzi alla morte, 24 Erickson, Trento 2006.