Con gli occhi dei poeti percorsi tematici Gli

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 «Con gli occhi dei poeti» percorsi tematici Gli affetti familiari

«Con gli occhi dei poeti» percorsi tematici Gli affetti familiari

Giuseppe Ungaretti (1888 -1970) Giorno per giorno – da Il dolore, 1937 -1946 Nessuno,

Giuseppe Ungaretti (1888 -1970) Giorno per giorno – da Il dolore, 1937 -1946 Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto. . . 1 E il volto già scomparso ma gli occhi ancora vivi dal guanciale volgeva alla finestra, e riempivano passeri la stanza verso le briciole dal babbo sparse per distrarre il suo bambino. . . 2 Ora potrò baciare solo in sogno le fiduciose mani. . . E discorro, lavoro, sono appena mutato, temo, fumo. . . Come si può ch'io regga a tanta notte? . . . 3 Mi porteranno gli anni chissà quali altri orrori, ma ti sentivo accanto, m'avresti consolato. . . 4 Mai, non saprete mai come m'illumina l'ombra che mi si pone a lato, timida quando non spero più. . .

5 Ora dov'è, dov'è l'ingenua voce che in corsa risuonando per le stanze, sollevava

5 Ora dov'è, dov'è l'ingenua voce che in corsa risuonando per le stanze, sollevava dai crucci un uomo stanco? . . La terra l'ha disfatta, la protegge un passato di favola. . . 6 Ogni altra voce è un'eco che si spegne ora che una mi chiama dalle vette immortali. . . 7 In cielo cerco il tuo felice volto, ed i miei occhi in me null'altro vedano quando anch'essi vorrà chiudere Iddio. . . 8 E t'amo, ed è continuo schianto!. . 9 Inferocita terra, immane mare mi separa dal luogo della tomba dove ora si disperde il martoriato corpo. . . Non conta. . . Ascolta sempre più distinta quella voce d'anima. . .

Eugenio Montale Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale 1967 (1896

Eugenio Montale Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale 1967 (1896 -1981) Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. Il mio dura tuttora, né più mi occorrono le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede. Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr'occhi forse si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue.

Giorgio Caproni (1912 -1990) BATTENDO A MACCHINA - da Il seme del piangere, 1959

Giorgio Caproni (1912 -1990) BATTENDO A MACCHINA - da Il seme del piangere, 1959 Mia mano, fatti piuma: fatti vela; e leggera muovendoti sulla tastiera, sii cauta. E bada, prima di fermare la rima, che stai scrivendo d’una che fu viva e fu vera. Tu sai che la mia preghiera è schietta, e che l’errore è pronto a stornare il cuore. Sii arguta e attenta: pia. Sii magra e sii poesia se vuoi essere vita. E se non vuoi tradita la sua semplice gloria, sii fine e popolare come fu lei – sii ardita e trepida, tutta storia gentile, senza ambizione. Allora sul Voltone, ventilata in un maggio di barche, se paziente chissà che, con la gente, non prenda aìre e coraggio anche tu al suo passaggio.

Giorgio Caproni (1912 -1990) Per lei - da Il seme del piangere, 1959 Per

Giorgio Caproni (1912 -1990) Per lei - da Il seme del piangere, 1959 Per lei voglio rime chiare, usuali: in -are. Rime magari vietate, ma aperte: ventilate. Rime coi suoni fini (di mare) dei suoi orecchini. O che abbiano, coralline, le tinte delle sue collanine. Rime che a distanza (Annina era così schietta) conservino l'eleganza povera, ma altrettanto netta. Rime che non siano labili, anche se orecchiabili. Rime non crepuscolari, ma verdi, elementari.

Giorgio Caproni (1912 -1990) Come scendeva fina e giovane le scale Annina! Mordendosi la

Giorgio Caproni (1912 -1990) Come scendeva fina e giovane le scale Annina! Mordendosi la catenina d’oro, usciva via lasciando nel buio una scia di cipria, che non finiva. L’ora era di mattina presto, ancora albina. Ma come s’illuminava la strada dove lei passava! Tutto Cors’Amedeo, sentendola, si destava. Ne conosceva il neo L’uscita mattutina - da Il seme del piangere, 1959 sul labbro, e sottile la nuca e l’andatura ilare – la cintura stretta, che acre e gentile (Annina si voltava) all’opera stimolava. Andava, in alba e in trina pari a un’operaia regina. Andava col volto franco (ma cauto, e vergine, il fianco) e tutta di lei risuonava al suo tacchettio la contrada.

Giuseppe Ungaretti (1988 -1970) La madre – da Sentimento del Tempo, 1933 E il

Giuseppe Ungaretti (1988 -1970) La madre – da Sentimento del Tempo, 1933 E il cuore quando d'un ultimo battito avrà fatto cadere il muro d'ombra, per condurmi, Madre, sino al Signore, come una volta mi darai la mano. In ginocchio, decisa, sarai una statua davanti all'Eterno, come già ti vedeva quando eri ancora in vita. Alzerai tremante le vecchie braccia. come quando spirasti dicendo: Mio Dio, eccomi. E solo quando m'avrà perdonato, ti verrà desiderio di guardarmi. Ricorderai d'avermi atteso tanto, e avrai negli occhi un rapido sospiro.