Con gli occhi dei poeti percorsi tematici Gli

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 «Con gli occhi dei poeti» percorsi tematici Gli affetti familiari

«Con gli occhi dei poeti» percorsi tematici Gli affetti familiari

E di quell'altra volta mi ricordo Camillo Sbarbaro (1888 -1967) che la sorella mia

E di quell'altra volta mi ricordo Camillo Sbarbaro (1888 -1967) che la sorella mia piccola ancora da Pianissimo, 1914 per la casa inseguivi minacciando Padre, se anche tu non fossi il mio (la caparbia aveva fatto non so che). Padre, se anche tu non fossi il mio Ma raggiuntala che strillava forte padre, se anche fossi a me un estraneo, dalla paura ti mancava il cuore: ché avevi visto te inseguir la tua per te stesso egualmente t'amerei. piccola figlia, e tutta spaventata Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno tu vacillante l'attiravi al petto, che la prima viola sull'opposto e con carezze dentro le tue braccia avviluppavi come per difenderla muro scopristi dalla tua finestra da quel cattivo che eri il tu di prima. e ce ne desti la novella allegro. Padre, se anche tu non fossi il mio Poi la scala di legno tolta in spalla padre, se anche fossi a me un estraneo, di casa uscisti e l'appoggiasti al muro. fra tutti quanti gli uomini già tanto pel tuo cuore fanciullo t'amerei. Noi piccoli stavamo alla finestra.

Camillo Sbarbaro (1888 -1967) da Pianissimo, 1914 Padre che muori tutti i giorni un

Camillo Sbarbaro (1888 -1967) da Pianissimo, 1914 Padre che muori tutti i giorni un poco, e ti scema la mente e più non vedi con allargati occhi che i tuoi figli e di te non t’accorgi e non rimpiangi, se penso la fortezza con la quale hai vissuto, il disprezzo c’hai portato a tutto ciò che è piccolo e meschino sotto la rude scorza l’istintiva poesia della tua anima, Padre che muori tutti i giorni un poco il bene c’hai voluto alla tua madre, alla sorella ingrata, a nostra madre morta, tutta la vita tua sacrificata, e poi ti guardo così come sei, io mi torco in silenzio le mie mani. Contro l’indifferenza della vita vedo inutile anch’essa la virtù, e provo forte come non ho mai il senso della nostra solitudine.

Io voglio confessarmi a tutti, padre, Padre che ci hai tenuto sui ginocchi che

Io voglio confessarmi a tutti, padre, Padre che ci hai tenuto sui ginocchi che ridi se mi vedi e tremi quando nella stanza che s’oscurava, in faccia d’una qualche attenzion ti faccio alla finestra, e contavamo i lumi segno, di cui si punteggiava la collina di quanto fui vigliacco verso te. facendo a gara a chi vedeva primo, Benché il ricordo mi si alleggerisca, perdono non ti chiedo con le lacrime che più giusto sarebbe mi pesasse che mi sarebbe troppo dolce piangere, inconfessato sempre sopra il cuore. ma con quelle più amare te lo chiedo Io giovinetto imberbe, t’ho guardato che non vogliono uscire dai miei con ira, padre, per la tua vecchiezza. occhi. Stizza contro te vecchio mi prendeva. . .

Un pensiero soltanto mi consola di poterti guardar con occhi asciutti: il ricordo che

Un pensiero soltanto mi consola di poterti guardar con occhi asciutti: il ricordo che piccolo pensando che come gli altri uomini dovevi morir pure tu, il nostro padre, solo e zitto nel mio letto la notte io di sbigottimento lagrimavo. Di quello che i miei occhi ora non piangono quell’infantile pianto mi consola, padre, perché mi par d’aver lasciato tutta la fanciullezza in quelle lacrime. Se potessi promettere qualcosa se potessi fidarmi di me stesso se di me non avessi anzi paura, padre, una cosa ti prometterei: di viver fortemente come te sacrificato agli altri come te e negandomi tutto come te, povero padre, per la fiera gioia di finir tristemente come te.

A mio padre da La storia delle vittime, 1945 Alfonso Gatto (1909 -1976) Se

A mio padre da La storia delle vittime, 1945 Alfonso Gatto (1909 -1976) Se mi tornassi questa sera accanto lungo la via dove scende l’ombra azzurra già che sembra primavera, per dirti quanto è buio il mondo e come ai nostri sogni in libertà s’accenda di speranze di poveri di cielo, io troverei un pianto da bambino e gli occhi aperti di sorriso, neri come le rondini del mare. Mi basterebbe che tu fossi vivo, un uomo vivo col tuo cuore è un sogno. Ora alla terra è un’ombra la memoria della tua voce che diceva ai figli: «Com’è bella la notte e com’è buona ad amarci così con l’aria in piena fin dentro al sonno» . Tu vedevi il mondo nel plenilunio sporgere a quel cielo, gli uomini incamminati verso l’alba.

Leonardo Sinisgalli (1908 -1981) A MIO PADRE - da 18 Poesie, 1935 L’uomo che

Leonardo Sinisgalli (1908 -1981) A MIO PADRE - da 18 Poesie, 1935 L’uomo che torna solo A tarda sera dalla vigna Scuote le rape nella vasca Sbuca dal viottolo con la paglia Macchiata di verderame. L’uomo che porta così fresco Terriccio sulle scarpe, odore Di fresca sera nei vestiti Si ferma a una fonte, parla Con un ortolano che sradica i finocchi. E’ un uomo, un piccolo uomo Ch’io guardo di lontano. E’ un punto vivo all’orizzonte. Forse la sua pupilla Si accende questa sera Accanto alla peschiera Dove si asciuga la fronte. Alda Merini (1931 -2009) Il PASTRANO - da Vuoto d’amore, 1991 Un certo pastrano abitò lungo tempo in casa era un pastrano di lana buona un pettinato leggero un pastrano di molte fatture vissuto e rivoltato mille volte era il disegno del nostro babbo la sua sagoma ora assorta ed ora felice. Appeso a un cappio o al portabiti assumeva un’aria sconfitta: traverso quell’antico pastrano ho conosciuto i segreti di mio padre vivendoli così, nell’ombra.