Antropologia filosofica A A 2015 2016 Questioni di

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Antropologia filosofica A. A. 2015 -2016 Questioni di Antropologia filosofica

Antropologia filosofica A. A. 2015 -2016 Questioni di Antropologia filosofica

INDICE Questioni di Antropologia filosofica - 1. Introduzione all’antropologia filosofica Appendice I: Antropologia filosofica

INDICE Questioni di Antropologia filosofica - 1. Introduzione all’antropologia filosofica Appendice I: Antropologia filosofica e antropologie settoriali - 2. Approccio etimologico all’AF (cfr. Allegato: M. Scheler, “Parola ed espressione”, pp. 56 -63) - 3. Approccio teoretico all’AF - 4. Approccio antropologico-evoluzionistico all’AF (cfr. : Allegato T) - 5. Aporetica dell'AF (cfr. : PDF, “Dissoluzione del corpus filosofico” e ss. )

1. Approccio etimologico all’AF Come possiamo affrontare l’interrogativo: «Che cos’è l’antropologia filosofica? » NOTA

1. Approccio etimologico all’AF Come possiamo affrontare l’interrogativo: «Che cos’è l’antropologia filosofica? » NOTA DI METODO DI CONOSCENZA: Per affrontare l’ignoto, bisogna partire dal noto e niente ci è più noto del linguaggio con cui ci esprimiamo. Le parole che usiamo rappresentano, infatti, quel terreno solido del noto, a partire dal quale possiamo avventurarci in ambiti meno noti, alla conquista conoscitiva dell’ignoto (cfr. Allegato: M. Scheler, “Parola ed espressione”, in: Sull’idea dell’uomo, pp. 56 -63).

Avvio della procedura di conoscenza etimologica Nel nostro caso, per instaurare il procedimento che

Avvio della procedura di conoscenza etimologica Nel nostro caso, per instaurare il procedimento che va dal noto all’ignoto, a proposito della domanda che ci siamo posti: “Che cos’è l’AF? ”, possiamo trasformare i termini della domanda e chiederci: Che cosa ci dicono le parole di cui è composta la domanda? L’approccio che così assumeremo sarà un approccio etimologico, come quello utilizzato da Isidoro di Siviglia nel VI/VII sec. d. C.

L’etimologia L'etimologia è la scienza che studia l'origine e la storia delle parole per

L’etimologia L'etimologia è la scienza che studia l'origine e la storia delle parole per scoprirne il vero e genuino significato. Viene dal greco ἔτυμος (=étymos), "vero, genuino" e da λόγος lógos, "discorso, parola". * Cerca su Wikipedia!

Isidoro di Siviglia (570 ca. -636) è vescovo di Siviglia tra il VI e

Isidoro di Siviglia (570 ca. -636) è vescovo di Siviglia tra il VI e il VII sec. d. C. , nella Spagna visigotica, appena stabilizzata. La sua opera di compendio del sapere occidentale sarà di grande utilità per tutto l’alto Medioevo. Tanto più che la Spagna stessa sarà in seguito in gran parte occupata dagli Arabi. * *Gli arabi, infatti, seguendo la predicazione di Maometto, dopo la sua morte nel 632 d. C. , cominciarono a conquistare i territori circostanti ai loro primitivi insediamenti nella penisola arabica. Incursioni e razzie nella Spagna visigotica furono effettuate tra la fine del VII e l’inizio dell’VIII sec. , partendo dalle basi nel Nordafrica, da poco conquistata e convertita all’Islam.

Isidoro di Siviglia Temendo la perdita o la dispersione del prezioso patrimonio della cultura

Isidoro di Siviglia Temendo la perdita o la dispersione del prezioso patrimonio della cultura antica, egli si dedica a scrivere le Etymologiae (624 -636 d. C. ), un’opera enciclopedica che tratta dei più vari argomenti (grammatica, agricoltura, teologia, storiografia, politica, fino ad abbigliamento e giardinaggio), utilizzando il metodo della ricerca e della individuazione dell’origine (=etimologia) delle parole stesse. Il metodo di composizione dell’opera è stato paragonato a quello per finestre che si aprono in successione, caratteristico dell’attuale navigazione in internet. Le Etymologiae pertanto consentono di accedere ad un mondo quanto mai ricco di informazioni, «navigando» , come in una Internet ante litteram. Ciò diede alcuni anni fa lo spunto a vari estimatori di Isidoro per designarlo «Patrono di Internet» .

Le Etymologiae Isidorus Hispanensis, Etymologiarum libri XX sive Origines Trad. it. a cura di

Le Etymologiae Isidorus Hispanensis, Etymologiarum libri XX sive Origines Trad. it. a cura di A. Valastro Canale, 2 voll. , Torino UTET, 2004 Breve esempio dell’opera: Liber I De grammatica Caput I. DE DISCIPLINA ET ARTE. [1] Disciplina a discendo nomen accepit: unde et scientia dici potest. Nam scire dictum a discere, quia nemo nostrum scit, nisi qui discit. (=Disciplina prende il nome dall’imparare: perciò può essere detta anche scienza. Infatti sapere fu detto da imparare, perché nessuno di noi può sapere, se non ciò che impara)

Le Etymologiae (1) L i b e r XI. D e homine et portentis

Le Etymologiae (1) L i b e r XI. D e homine et portentis Caput I. DE HOMINE ET PARTIBUS EIUS. [5] Graeci autem hominem ἄνθρωπον appellaverunt, eo quod sursum spectet sublevatus ab humo ad contemplationem artificis sui. Quod Ovidius poeta designat, cum dicit: Pronaque cum spectant animalia cetera terram, os homini sublime dedit coelumque videre iussit, et erectos ad sidera tollere vultus. Qui ideo erectus caelum aspicit, ut Deum quaerat, non ut terram intendat veluti pecora, quae natura prona et ventri oboedentia finxit. (=I Greci diedero all’essere umano il nome di ànthropos per il fatto che egli, sollevatosi dalla terra, guarda in alto, per contemplare il proprio artefice. A questo allude il poeta Ovidio quando dice: Mentre gli animali tutti guardano la terra, /all’essere umano concesse viso sublime e di guardare il cielo/ ordinò, e di levare agli astri i volti eretti. Questi, eretto, volge il proprio sguardo al cielo alla ricerca di Dio, senza fissare la terra come le bestie, che la natura ha creato prone e schiave del ventre)

Etimologia di «antropologia filosofica» L’espressione «antropologia filosofica» è un grecismo ἄνθρωπος + λόγος ànthropos

Etimologia di «antropologia filosofica» L’espressione «antropologia filosofica» è un grecismo ἄνθρωπος + λόγος ànthropos + lògos uomo + discorso razionale φιλεìν /φίλος+σωφία filèin/fìlos+sophìa amico+sapienza Ai Greci dobbiamo, infatti, le espressioni e le nozioni di logos, di philèin e di sophìa, che sono portanti per intendere il significato etimologico di Antropologia filosofica. Recuperarne l’origine etimologica ci trasporta, pertanto, nel mondo dell’antica Grecia, che è temporalmente lontano dal nostro, in cui però affondano le nostre radici culturali.

Etimologia di “antropologia filosofica” ἄνθρωπος + λόγος φιλεìν + σωφία ànthropos + lògos filèin

Etimologia di “antropologia filosofica” ἄνθρωπος + λόγος φιλεìν + σωφία ànthropos + lògos filèin + sophìa uomo+discorso razionale amore amicale+sapienza Secondo l’etimo greco “antropologia filosofica” significa: «discorso razionale sull’uomo che tende amorosamente a conseguire su di lui una conoscenza di tipo sapienziale»

Il logos indica: a) la trama di razionalità che pervade l’essere; b) la facoltà

Il logos indica: a) la trama di razionalità che pervade l’essere; b) la facoltà tipicamente umana di cogliere tale razionalità e raggiungere la conoscenza del principio e del senso ultimo dell’essere (sophìa).

Il philèin (1) E' un tendere amoroso che non aspira al possesso, ma alla

Il philèin (1) E' un tendere amoroso che non aspira al possesso, ma alla fruizione e alla contemplazione e perciò è tipico della relazione d’amicizia, piuttosto che di quella erotica. Aristotele dedica all'amicizia i libri VIII e IX dell'Etica Nicomachea. L'opera consiste in una raccolta di lezioni che Aristotele tenne probabilmente ad Atene, durante il suo secondo soggiorno nella città, fra il 335 e il 323 a. C. : è il periodo aureo del suo impegno teoretico e didattico, che s'interromperà soltanto alla morte di Alessandro Magno, quando ad Atene si scatena una violenta reazione antimacedone. Allora i legami di vecchia data del filosofo con la dinastia regale della Macedonia lo inducono ad allontanarsi dalla città e a ritirarsi nei possedimenti della madre a Calcide, nell'isola Eubea. Vi morirà di malattia l'anno seguente, il 322, a 62 anni di età.

Il philèin (2) Aristotele costruisce un articolato impianto teorico inteso a sussumere la pluralità

Il philèin (2) Aristotele costruisce un articolato impianto teorico inteso a sussumere la pluralità di significati dell'amicizia (= philìa). Egli distingue 3 motivazioni alla philìa: l'utile, il piacere e il bene. Ne individua il fine nella realizzazione di un equilibrio fra due individui, ammettendo espressamente l'amicizia fra diseguali, accanto a quella – ritenuta più stabile e sincera – fra uguali. Estende il concetto dal rapporto fra individui a quello fra membri della stessa famiglia, sovrapponendolo al legame di sangue, e alla relazione fra membri di una stessa comunità e della città (=polis). Philìa è il vincolo di fiducia leale e sincera, presupposto condiviso delle amicizie personali, dei legami affettivi familiari, sia naturali sia acquisiti, della coesione interna alla comunità sociale e allo Stato. L’amicizia per eccellenza, stabile ed egualitaria, è quella per il bene.

Il philèin (3) Si può parlare di ‘amore di amicizia’ in modo adeguato e

Il philèin (3) Si può parlare di ‘amore di amicizia’ in modo adeguato e perfetto quando, in una relazione, l'una persona vuole manifestamente il ‘bene’ dell'altra e ciò accade in maniera reciproca. Come dice Aristotele nell’Etica Nicomachea: «L’amicizia perfetta […] è l’amicizia degli uomini buoni e simili per virtù; costoro infatti vogliono il bene l’ uno dell’ altro, in modo simile, in quanto sono buoni, ed essi sono buoni per se stessi. Coloro che vogliono il bene degli amici per loro stessi sono i più grandi amici; infatti, provano questo sentimento per quello che gli amici sono per se stessi, e non accidentalmente. Orbene, l’amicizia di costoro perdura finchè essi sono buoni, e d’altra parte la virtù è qualcosa di permanente. E ciascuno è buono sia in senso assoluto sia in relazione al suo amico, giacchè i buoni sono sia buoni in senso assoluto, sia utili gli uni agli altri. […] E una tale amicizia, naturalmente, è permanente giacchè congiunge in sé tutte le qualità che gli amici devono possedere» . [EN, VII, 3, 1156 b 7 -19]

Il philèin (4) Questa potenza della philìa (=amore di amicizia) che abbraccia le relazioni

Il philèin (4) Questa potenza della philìa (=amore di amicizia) che abbraccia le relazioni dell'individuo a partire dalla sua dimensione privata fino a quella pubblica e collettiva, è riconosciuta da Aristotele nel carattere attivo e transitivo dell'amare: «la philìa pare consistere più nell'amare (philèin) che nell'essere amati (philèisthai)» (Etica Nicomachea, VIII, 1159 a 26 -27).

Il philèin (5) Il rigore dell'argomentare filosofico richiede che l'affermazione sia suffragata da una

Il philèin (5) Il rigore dell'argomentare filosofico richiede che l'affermazione sia suffragata da una prova logica. E colpisce come all'esigente e severo raziocinio del filosofo basti, una volta tanto, l'evidenza irrefutabile di un'argomentazione puramente empirica, e cioè l'esempio toccante fornito dal gratuito amore materno: «segno [della natura attiva del philèin] è il fatto che le madri danno alcune provano nell'amare: infatti piacere allevare e continuano ad amarli, sapendo di loro, senza cercare di essere amate in contraccambio, se entrambe le cose non sono possibili; ma sembra che a loro basti sapere che stanno bene e li amano, anche se quelli, per ignoranza, non ricambiano affatto con l'amore che si deve a una madre» (Etica Nicomachea, 1159 a 27 -33).

La sophìa Fu Aristotele (IV sec. a. C. ) che distinse la sapienza (sophìa)

La sophìa Fu Aristotele (IV sec. a. C. ) che distinse la sapienza (sophìa) dalla saggezza (phrònesis). La saggezza è la virtù (=esercizio ottimale) della ragione (=dianoetica) che ha per oggetto le faccende umane, che sono mutevoli e contingenti = in quanto possono essere così o diversamente da così. La sapienza, invece, ha per oggetto il necessario = ciò che non può essere altrimenti. La sapienza perciò è il più perfetto dei saperi. Per questo essa non solo sa ciò che deriva dai principi, come la scienza che è “abito”(=ciò che si possiede stabilmente) delle dimostrazioni dai principi, ma conosce anche la verità dei principi, avendo con l’intelletto (nous) intuizione diretta dei principi.

La sophìa (1) In quanto grado di conoscenza più alto e più completo, comprensivo

La sophìa (1) In quanto grado di conoscenza più alto e più completo, comprensivo di intelletto (nous o facoltà della conoscenza intuitiva) e scienza (epistème o conoscenza dimostrativa), la sapienza è anche il sapere delle cose più alte e sublimi, quelle che non mutano e dalle quali dipende il senso delle cose mutevoli. Come dice Aristotele: «Vi sono altre realtà di natura ben più divina degli uomini, come risulta chiarissimo se non altro dagli astri luminosi di cui è costituito l'universo. . . Perciò si dice che Anassagora e Talete e gli uomini come loro vengono chiamati sapienti e non saggi, giacchè non si applicano a conoscere ciò che è vantaggioso per loro ma conoscono cose straordinarie e meravigliose, difficili e divine, ma inutili giacchè essi non indagano intorno ai beni umani» . (Etica Nicomachea, VI, 7, 1041 b 1)

Il significato etimologico di “antropologia filosofica” Collegando i significati delle parole greche di origine,

Il significato etimologico di “antropologia filosofica” Collegando i significati delle parole greche di origine, ἄνθροπος + λόγος ànthropos + lògos uomo + discorso razionale φιλεìν +σωφία filèin+sophìa amico+sapienza possiamo, per via etimologica, assumere che, quando si parla di «antropologia filosofica» , si intende una disciplina razionale, che ha come proprio oggetto di ricerca l’uomo e che tende a raggiungere su di lui una conoscenza di tipo non empirico o utilitaristico o scientistico, ma sapienziale, cioè volta a cogliere il necessario nell’uomo, ciò per cui l’uomo è quello che è, il suo principio d’essere ovvero la sua essenza o forma d’essere propria, che lo rende riconoscibile in qualunque condizione si trovi, per quanto deprivato e sfigurato possa essere, inserendolo in un orizzonte di senso/significato, cifrato in termini di essere.

La questione del senso (1) L’indagine etimologica sulle parole «antropologia filosofica» ha mostrato che

La questione del senso (1) L’indagine etimologica sulle parole «antropologia filosofica» ha mostrato che fin dall’antichità (cfr. : Ovidio, Isidoro di Siviglia) si è intesa, quale qualità specifica dell’uomo, la sua apertura alla dimensione di senso. All’uomo, cioè, non basta rimanere al livello di quanto avviene nella dinamica impulso-reazione, con cui piante e animali rispondono in modo adeguato e tipico agli stimoli dell’ambiente (cfr. : esempio della zecca femmina). L’uomo sa/deve, infatti, istituire per tutto quanto gli avviene la mediazione del proprio orizzonte d’essere, in cui coglie il senso di ciò che gli sta accadendo.

La questione del senso (2) A conferma di ciò si riportano le osservazioni dell’antropologo

La questione del senso (2) A conferma di ciò si riportano le osservazioni dell’antropologo brasiliano Darcy Ribeiro a proposito delle morti che colpirono numerosi giovani uomini delle popolazioni indios, deportate nelle riserve, per consentire la costruzione dell’autostrada transamazzonica: strappati al loro habitat e alla loro cultura primitiva, immessi in una condizione di vita materialmente assistita ma che esulava da ogni possibilità di padroneggiamento di senso da parte loro, gli indios si stendevano sull’amaca e nel giro di qualche ora morivano, non per ragioni biologiche, come fu appurato, ma semplicemente perché, ritenendo che non ci fossero più le condizioni per sviluppare una vita sensata, perdevano la volontà di vivere fino al punto di morire. (Cfr. : DARCY RIBEIRO, Frontiere indigene della civiltà. Gli indios del Brasile fino agli anni '60, Jaca Book, Milano 1973, p. 214).