Socrate il metodo prof Michele de Pasquale Socrate

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Socrate (il metodo) prof. Michele de Pasquale

Socrate (il metodo) prof. Michele de Pasquale

Socrate è un filosofo scomodo perchè la sua ricerca è animata dalla volontà di

Socrate è un filosofo scomodo perchè la sua ricerca è animata dalla volontà di raggiungere la verità senza alcuna limitazione, combattendo ogni demagogia: questo processo, a causa della sua radicalità, poteva coinvolgere anche elementi costitutivi della polis come le leggi e la religione

lo strumento della sua ricerca è la dialettica (arte del discorso) si presenta come

lo strumento della sua ricerca è la dialettica (arte del discorso) si presenta come un metodo educativo di conoscenza di sé stesso, di purificazione dell’anima, che rende possibile il raggiungimento della verità linguaggio e ragionamento (logos) cessano di essere un mezzo di persuasione - come era per i sofisti - e diventano il mezzo attraverso cui l’uomo può pervenire alla verità (non intesa come frutto di una rivelazione)

la fase critico-negativa della dilalettica: l’ironia nel dialogo col suo interlocutore, Socrate cerca di

la fase critico-negativa della dilalettica: l’ironia nel dialogo col suo interlocutore, Socrate cerca di apparire inferiore a quello che realmente è (sottovaluta le sue capacità, si finge ignorante, si mostra incapace di argomentare), e non avendo una tesi da sostenere, finge di dar ragione all’avversario il quale, abbassando ogni controllo sul suo discorso, ha modo di esplicitare la sua tesi nel corso della discussione Socrate si mostra sfuggente, dubitando di tutto; in tal modo contribuisce a rendere esplicite le conseguenze contraddittorie della posizione dell’interlocutore a poco l’interlocutore viene reso consapevole da Socrate di essere in errore: ciò avviene non con una confutazione diretta ma attraverso l’abile guida del dialogo da parte di Socrate che fa risultare logicamente evidente la contraddittorietà della posizione dell’interlocutore; contraddittorietà accettata dallo stesso interlocutore che arriva a dubitare delle proprie convinzioni, rimettendo in discussione le sue certezze

Socrate getta il dubbio nell’animo degli altri, pur non possedendo la certezza perchè dubita

Socrate getta il dubbio nell’animo degli altri, pur non possedendo la certezza perchè dubita più degli altri “ MENONE: O Socrate, avevo udito, prima ancora di incontrarmi con te, che tu non fai altro che dubitare e che fai dubitare pure gli altri: ora, come mi pare, mi affascini, mi incanti, mi ammali completamente, così che sono diventato pieno di dubbio. E mi sembra veramente, se è lecito scherzare , che tu assomigli moltissimo, quanto alla figura e quanto al resto, alla piatta torpedine marina. Anch'essa, infatti, fa intorpidire chi le si avvicina e la tocca: e mi pare che, ora, anche tu abbia prodotto su di me un effetto simile. Infatti, veramente io ho l'anima e la bocca intorpidite e non so più che cosa risponderti. Eppure, più e più volte intorno alla virtù ho tenuto assai numerosi discorsi e di fronte a molte persone e molto bene, come almeno mi sembrava; ora, invece, non so neppure dire che cos'è. E mi sembra che tu abbia bene deliberato di non varcare il mare da qui e di non viaggiare: se tu, infatti, facessi cose simili, quale straniero, in altra città, verresti scacciato immediatamente come ciurmatore. %

SOCRATE: Sei un furbacchione , o Menone, e per poco non mi traevi in

SOCRATE: Sei un furbacchione , o Menone, e per poco non mi traevi in inganno. MENONE: E perché mai, o Socrate? SOCRATE: So per quale ragione hai fatto quel paragone di me. MENONE: Per quale ragione pensi ? SOCRATE: Perché, a mia volta, faccia di te un altro paragone. So questo di tutti i belli, che si compiacciono di venire paragonati a qualcosa : torna , infatti, a loro vantaggio: belle , se non sbaglio , sono appunto anche le immagini dei belli ; ma io non farò nessun paragone di te E, quanto a me, se la torpedine, essendo essa stessa intorpidita, nello stesso modo fa intorpidire anche gli altri, io le assomiglio ; se non è così , non le assomiglio. Infatti, non è che io , non avendo dubbi , faccia dubitare anche gli altri. Ed ora , che cosa sia la virtù , io non lo so ; mentre tu , forse , lo sapevi , prima che ti accostassi a me, ed ora, invece assomigli a chi non sa. Tuttavia, desidero ricercare e indagare con te su che cosa essa sia. ” (Platone, Menone)

la fase costruttivo-positivo della dilalettica: la maieutica l’interlocutore, libero dai pregiudizi, è pronto a

la fase costruttivo-positivo della dilalettica: la maieutica l’interlocutore, libero dai pregiudizi, è pronto a partorire quella verità che, senza saperlo, portava potenzialmente dentro di sé Socrate è un ostetrico che si esercita sulle anime partorienti degli uomini: analogamente alle ostetriche, Socrate riesce a distinguere se è nata una menzogna o una verità; può far nascere ma non può generare (è sterile di sapienza = ignorante)

[Socrate] "E allora, ragazzo mio, non hai sentito dire che sono figlio di Fenarete,

[Socrate] "E allora, ragazzo mio, non hai sentito dire che sono figlio di Fenarete, la levatrice tra le più note e abili? " [Teeteto] "Certo che l’ho sentito dire". "E che io pratico la stessa arte l’hai sentito dire? " "Questo no". "Sappi allora che è così, ma non dirlo in giro. Infatti la gente è ben lontana, amico mio dal pensare che io possegga quest’arte. La gente, che non lo sa non dice questo di me, ma che sono un tipo bizzarro e non creo negli spiriti altro che perplessità. Questo l’hai sentito dire? " "Questo sì". "Ne vuoi sapere il motivo? " "Te ne prego". "Ricorda quel che sai degli usi e dei costumi delle levatrici e così capirai più facilmente ciò che voglio dirti. Infatti tu sai, immagino, che non sono le donne ancora in grado di concepire e di partorire a far questo mestiere per le altre; lo fanno soltanto quelle che non possono più partorire". "Certo". "L’autrice di questa legge è, si dice, Artemide, che senza aver mai partorito ha ricevuto in sorte il compito di presiedere ai parti. Alle sterili non ha dunque dato il potere di fare da levatrici perché la natura umana è troppo debole perché possa acquisire un’arte senza averne avuto esperienza; ma a quelle a cui l’età impedisce di partorire ella ha dato questo compito per

"E’ verosimile". "E non è ancora più verosimile e necessario che proprio le levatrici

"E’ verosimile". "E non è ancora più verosimile e necessario che proprio le levatrici sappiano distinguere le donne che abbiano concepito dalle altre? " "Certo". "Non è forse vero che le levatrici sanno inoltre con le loro droghe e i loro incantesimi stimolare le doglie a loro volontà o mitigarle, portare a termine parti difficili e, se ad esse pare cosa buona, fare abortire il frutto non ancora maturo, provocando l’aborto? " "E’ esatto". "Ed hai notato inoltre il fatto che loro sono le più esperte tra le mediatrici di nozze, perché hanno un’estrema abilità nel riconoscere quali donne e quali uomini si devono unire per mettere al mondo i figli più dotati? " "Questo lo ignoravo totalmente". "E allora sappi bene che esse ne sono più fiere che di sapere tagliare il cordone ombelicale. Riflettici infatti: è o non è la stessa arte curare e raccogliere i frutti della terra e saper riconoscere in quale terra quella pianta e quelle sementi devono essere piantate? " "Non è altro che la stessa arte". "Ma quando si tratta di donne tu credi, amico caro, che sia diversa l’arte di preparare la semina da quella del raccolto? "

"Non lo è infatti. Ma poiché un commercio senza onore e senza arte accoppia

"Non lo è infatti. Ma poiché un commercio senza onore e senza arte accoppia uomini e donne in quella che si chiama prostituzione, una avversione per l’arte delle mediatrici di nozze ha colpito quelle persone onorevoli che sono le levatrici: esse temono infatti di cadere nel sospetto di un tal commercio con la pratica della loro arte. Ma è proprio alle vere levatrici e a esse solo, io credo, che appartiene l’arte di combinare matrimoni con successo". "Così sembra". "Ecco dunque fin dove arriva il compito delle levatrici; ma ben superiore è il mio ruolo. Non accade infatti che le donne talvolta partoriscano una vana apparenza e altre volte un frutto reale e che vi sia difficoltà a distinguere le due cose. Se questo accadesse, il più importante dei compiti delle levatrici sarebbe distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è affatto. Non sei di quest’avviso? " "Sì certo". "La mia arte maieutica ha in generale le stesse caratteristiche della loro. La differenza è che la mia arte opera con gli uomini e non con le donne e che è l’anima che essa sorveglia nel travaglio del parto, non il corpo. Ma il più grande privilegio dell’arte che io pratico è di sapere mettere alla prova e distinguere, con grande rigore, se la riflessione di un giovane è gravida di apparenza vana e menzognera o del frutto della vita e della verità. Infatti io ho gli stessi limiti delle levatrici. Non è in mio potere generare

Eccola la vera causa: far da levatrice agli altri è il compito che il

Eccola la vera causa: far da levatrice agli altri è il compito che il dio mi ha imposto; procreare è un potere che non mi ha dato. Io non sono dunque dentro di me saggio in nessun grado e non ho da parte mia generato nella mia anima proprio nulla. Ma coloro che entrano in rapporto con me all’inizio sembrano non saper nulla - qualcuno anche sembra non saper proprio nulla del tutto -, ma poi a mano che mi stanno vicino e per quel tanto che il dio glielo concede è meravigliosa la velocità con cui progrediscono, sia a loro proprio giudizio sia a quello degli altri. Ed è chiarissimo il fatto che loro non hanno mai imparato nulla da me ed hanno da soli, in se stessi, concepito questa ricchezza di bei pensieri che scoprono e portano alla luce. Però il dio ed io siamo stati le loro levatrici. Ed ecco la prova. Molti non hanno compreso questo ed hanno creduto di avere da sé questo potere e non hanno capito il mio ruolo. Si sono dunque persuasi da soli, o si sono lasciati persuadere da altri, ad allontanarsi da me prima del dovuto: si sono allontanati e così hanno lasciato non soltanto abortire tutti gli altri frutti immaturi nelle altre loro cattive frequentazioni, ma hanno anche dato cattivi alimenti ai frutti già maturati con me, facendoli deperire dando più importanza a menzogne e a vane apparenze che al vero. E così è finita che sia ai propri occhi che a quelli degli altri vanno facendo la figura degli ignoranti. Fra questi c’è Aristide, il figlio di Simaco e molti altri. Talvolta tornano da me chiedendomi di rientrare in rapporti con loro e sono disposti

Ciò che accade a chi mi frequenta è simile anche su un altro punto

Ciò che accade a chi mi frequenta è simile anche su un altro punto a ciò che accade alle donne nelle doglie del parto: essi provano dolore, sono pieni di perplessità che li tormentano a lungo di notte e di giorno, più delle donne che stanno per partorire. Ora, questi dolori la mia arte ha il potere di risvegliarli come di calmarli. Ecco dunque come vanno le cose con queste persone. Ma ve ne sono altri, Teeteto, che io ritengo non abbiano in gestazione alcun frutto. Capisco allora che non hanno alcun bisogno di me; con grande benevolenza mi occupo di loro e grazie al dio riesco a indovinare molto esattamente da quali frequentazioni essi potranno trarre profitto. Molti li ho spinti a legarsi a Prodico, molti ad altri uomini saggi. Perché, mio caro, mi sono dilungato in tutti questi dettagli? Perché penso, e tu stesso lo pensi, che tu stia sentendo il travaglio di un’intima gestazione. Affidati dunque a me come al figlio di una levatrice che possiede anch’egli l’arte maieutica; sforzati di rispondere alle mie domande più esattamente che puoi; e se, esaminando qualcuna delle tue formule, io ritengo di trovarvi vane apparenze, e non verità, e allora la strappo da te e la getto lontano, non prendertela con me con quel furore selvaggio che prende le giovani donne minacciate dalla perdita del loro primo figlio. "