Impresa coniugale art 177 cc diversa da impresa

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Impresa coniugale – art. 177 cc (diversa da impresa familiare 230 bis cc) L’art.

Impresa coniugale – art. 177 cc (diversa da impresa familiare 230 bis cc) L’art. 177 c. c. introduce tra i beni della comunione legale tra i coniugi anche le aziende coniugali. 3 tipologie: 1. Aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio Nel caso di aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio si ha l’impresa coniugale su azienda coniugale. E’ un’azienda comune tra i due coniugi, che debbono pertanto considerarsi entrambi imprenditori e “gestori” del bene. Si applica la disciplina della comunione legale. Ne consegue che l’amministrazione e la rappresentanza legale spettano ai coniugi in maniera disgiunta per gli atti di orinaria amministrazione, e congiunta per quelli di straordinaria amministrazione. In caso di dissenso, ci si potrà rivolgere al giudice. Sempre quale conseguenza dell’avvenuta comunione legale, i creditori potranno soddisfarsi su tutti i beni della stessa. Tuttavia, agiranno alla pari con gli altri creditori della comunione, senza alcun diritto di preferenza sui beni dell’azienda. La responsabilità dei coniugi è da considerarsi come sussidiaria e parziaria. Dunque, i creditori possono agire in maniera sussidiaria anche sul patrimonio personale di ogni socio, ma solo nella misura della metà del credito, e nel caso in cui i beni della comunione non sono ritenuti sufficienti per poter soddisfare i debiti.

2. Aziende che appartenevano a uno dei coniugi prima al matrimonio, ma successivamente gestite

2. Aziende che appartenevano a uno dei coniugi prima al matrimonio, ma successivamente gestite da entrambi In questa ipotesi si ha impresa coniugale su azienda non Soggetti coniugale. La titolarità dell’azienda rimane al coniuge cui la stessa apparteneva prima del matrimonio. Entrambi i coniugi sono comunque da considerarsi come imprenditori, tanto che utili e incrementi verranno acquisiti in comunione. Per questa forma di azienda coniugale non si applica la disciplina della comunione legale, come sopra, bensì quella delle società di fatto. La deroga principale, già anticipata, è quella legata all’attrazione degli utili e degli incrementi, che finiranno all’interno del patrimonio coniugale. Per quanto concerne l’amministrazione, questa sarà interamente regolata dall’art. 2257 c. c. , rubricato “Amministrazione disgiuntiva” (v. in seguito progr parte II)

3. Aziende gestite appartenenti alla titolarità di un solo coniuge L’ultimo caso è quello

3. Aziende gestite appartenenti alla titolarità di un solo coniuge L’ultimo caso è quello delle aziende che appartengono a un solo coniuge, gestite da uno solo di essi. In questo caso non ci troviamo dinanzi a una impresa coniugale. L’imprenditore è infatti soltanto e unicamente il coniuge titolare, che rimane gestore esclusivo dell’azienda stessa.

PATTI DI FAMIGLIA Concetto introdotto dalla l. 14 febbraio 2006, n. 55 Si tratta

PATTI DI FAMIGLIA Concetto introdotto dalla l. 14 febbraio 2006, n. 55 Si tratta della possibilità per un imprenditore di gestire il passaggio generazionale della propria impresa, trasferendo ad uno o più discendenti l'azienda o le quote di partecipazione al capitale della “società di famiglia”, senza che vi possano essere contestazioni in sede di eredità. Pur incidendo notevolmente sulla sostanza della successione testamentaria dell’imprenditore, il patto di famiglia è un contratto tipicamente tra vivi, che comporta il trasferimento immediato dell’impresa di famiglia. Si tratta pertanto di una sorta di deroga al divieto dei patti successori, con la possibilità di stipulare accordi diretti a regolamentare la successione dell’azienda o pacchetti di partecipazione al capitale da parte dell’imprenditore e di chi ne è titolare.

Caratteristiche dei PATTI DI FAMIGLIA FORMA: Il patto di famiglia deve essere stipulato per

Caratteristiche dei PATTI DI FAMIGLIA FORMA: Il patto di famiglia deve essere stipulato per atto pubblico dal notaio a pena di nullità e vi devono partecipare coloro che sarebbero legittimari (cioè eredi che la legge prevede non possano essere esclusi, come ad esempio il coniuge e i figli) se in quel momento si aprisse la successione dell’imprenditore. Il patto deve prevedere che i beneficiari assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie “compensino” gli altri partecipanti al contratto con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote riservate ai legittimari (a meno che questi non vi rinuncino in tutto o in parte). I contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura, ossia ricevendo alcuni beni al posto del denaro; in questo caso i beni in natura assegnati a favore degli altri legittimari (non assegnatari dell'azienda) "sono imputati alle quote di legittima loro spettanti", cioè sono da considerarsi un anticipo sulla futura eredità. All'apertura della successione dell'imprenditore alcuni nuovi soggetti possono assumere la qualifica di legittimari dopo la stipula del patto di famiglia (ad esempio, il nuovo coniuge dell’imprenditore vedovo o celibe; nuovi figli): in questo caso costoro potranno chiedere ai beneficiari del patto di famiglia il pagamento di una somma pari al valore della quota di legittima che gli spetta per legge. Il contratto può essere sciolto o modificato dagli stessi soggetti che vi hanno partecipato: con un diverso contratto, stipulato sempre per atto pubblico; mediante recesso (se previsto nel patto di famiglia) esercitato sulla base di una "dichiarazione agli altri contraenti certificata da un notaio”.

DIFFERENZE CON IMPRESA FAMILIARE E’ impresa in cui collaborano il coniuge, i parenti entro

DIFFERENZE CON IMPRESA FAMILIARE E’ impresa in cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado, ex art. 230 bis c. c. Con l’impresa familiare il legislatore ha evidentemente voluto realizzare una forma giuridica in cui i familiari potessero partecipare in proporzione alla qualità e alla quantità del lavoro prestato, espandendo tale opportunità anche ai minori, che però nel voto in sede di decisione saranno rappresentati da chi esercita la potestà su di essi. Nell’impresa familiare al titolare spettano le decisioni sulla gestione ordinaria, mentre in alcuni casi è richiesta la maggioranza dei componenti. Si pensi alle decisioni su come impiegare utili e incrementi, o ancora sulla gestione straordinaria. Le scelte sul trasferimento del diritto di partecipazione spettano invece a tutti i partecipanti all’unanimità.