II parte Lo sviluppo del pensiero economico dallOttocento

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II parte - Lo sviluppo del pensiero economico dall'Ottocento al Novecento I precursori del

II parte - Lo sviluppo del pensiero economico dall'Ottocento al Novecento I precursori del marginalismo e la sintesi milliana La “rivoluzione marginalista” W. S. Jevons; Léon Walras; Karl Menger; La scuola di Losanna e i marginalisti italiani: V. Pareto L'ortodossia neoclassica: A. Marshall; C. Pigou. Tra le due guerre: da J. Schumpeter alla rivoluzione keynesiana Gli sviluppi del pensiero economico dopo Keynes. Il pensiero economico eterodosso: J. Galbraith; K. Polanyi; A. Sen.

I precursori del marginalismo e la sintesi milliana

I precursori del marginalismo e la sintesi milliana

L’ECONOMIA POLITICA CLASSICA DOPO SMITH (1776) Soggetti economici come individui (micro) Utilitarismo (1780) J-B

L’ECONOMIA POLITICA CLASSICA DOPO SMITH (1776) Soggetti economici come individui (micro) Utilitarismo (1780) J-B Say (1803) GB - Anti-Ricardiani (anni ‘ 20 -’ 30) F - Cournot (1838), Dupuit (1844) D – Von Thünen (1826), Gossen (1854) Soggetti economici come classi sociali (macro) RICARDO (1817) Ricardiani e Socialisti Ricardiani (anni ‘ 20’ 30) Teorie dell’Armonia Economica (anni ‘ 50 -’ 60) - Sintesi John Stuart Mill (1848 – 1863) CRITICA ALL’ECONOMIA POLITICA CLASSICA Romanticismo Tedesco rifiuto del liberismo economico e del liberalismo politico (primo ‘ 800) F. List (1841) Scuola storica (anni ’ 40 -’ 50) MARX (1867)

I precursori: COURNOT, DUPUIT, VON THÜNEN, Antoine-Augustin Cournot (1801 -1877): matematico formatosi all’École Normale

I precursori: COURNOT, DUPUIT, VON THÜNEN, Antoine-Augustin Cournot (1801 -1877): matematico formatosi all’École Normale de Paris, ricoprì incarichi anche di rilievo in varie accademie francesi tra il 1834 ed il 1862, la sua opera di economia più importante è: Recherces sur les principes mathématiques de la théorie des richesses (1838) n Jules Dupuit (1804 -1866): ingegnere civile, si occupò di economia nell’ambito di valutazioni economiche sulle opere pubbliche, scrivendo vari articoli su riviste scientifiche. Affrontò in particolare il tema della valutazione dell’utilità sociale delle opere pubbliche (De l’utilité et de sa mesure, 1844) n Heinrich von Thünen (1783 -1850): ricco capitalista agrario della Germania del Nord, fu un apprezzato teorico. La sua opera più importante è Der isolierte Staat (Lo Stato isolato), uscita in due volumi rispettivamente nel 1826 e nel 1850. Per il suo modello di localizzazione è considerato il “padre” della geografia economica n

GOSSEN, UTILITA’ E DISUTILITA’ MARGINALI Hermann Heinrich Gossen (1810 -1858): studiò diritto e amministrazione

GOSSEN, UTILITA’ E DISUTILITA’ MARGINALI Hermann Heinrich Gossen (1810 -1858): studiò diritto e amministrazione pubblica a Bonn e a Berlino, divenne agente fiscale, ma nel 1847 abbandonò la carriera di funzionario per dedicarsi alla ricerca n Pubblicò Sviluppo delle leggi delle relazioni umane e delle regole che derivano da esse rispetto all’azione umana, 1854. n Fu riscoperto nel 1878 da Jevons, che gli riconobbe di aver anticipato i principi generali delle sue teorie ed il metodo da lui stesso usato n I legge dell’utilità marginale decrescente, secondo cui il piacere procurato dal consumo di un bene decresce aumentando la quantità consumata dello stesso bene (oggi nota come Prima Legge di Gossen) n II legge detta dell’uguaglianza tra le utilità marginali ponderate: “un individuo massimizza la propria utilità quando distribuisce il denaro a sua disposizione tra diversi beni, in modo tale da ottenere la stessa quantità di soddisfazione dall’ultima unità di moneta spesa in ciascuna merce” (Seconda Legge di Gossen) n

JOHN STUART MILL John Stuart Mill (1806 -1873): figlio del noto economista ricardiano James

JOHN STUART MILL John Stuart Mill (1806 -1873): figlio del noto economista ricardiano James Mill, lavorò per la Compagnia delle Indie Orientali tra il 1823 ed il 1856, ricoprendovi tra le più alte cariche, e fu Membro del Parlamento tra il 1865 ed il 1868 n Il suo trattato “Principi di Politica Economica e alcune loro applicazioni di filosofia sociale” (1848) ebbe largo successo durante la vita ed anche dopo la morte dell’autore, dominando la discussione economica per buona parte della seconda metà del XIX secolo n J. S. Mill scrisse anche importanti trattati di logica, etica e politica, fu un personaggio di primo piano nell’ambiente positivista anglosassone del XIX secolo n La sua ricerca economica era volta ad un “riesame di tutto il campo dell’economia politica”, per unificare i risultati dei dibattiti post-ricardiani ed armonizzarli “con i principi precedentemente esposti dai più grandi teorici della materia” n Ciò si concretizzò nel tentativo, a volte contradditorio, di riunire i due grandi filoni post-smithiani, quello che faceva riferimento alla teoria del valore-lavoro e quello dell’equilibrio concorrenziale individualistico n Tuttavia dopo il 1870, questi filoni si separarono definitivamente tra economia marxista e marginalismo, facendo progressivamente cadere l’interesse sull’opera di Mill n

JOHN STUART MILL, VALORE-LAVORO, MA … La teoria del valore di Mill è impostata

JOHN STUART MILL, VALORE-LAVORO, MA … La teoria del valore di Mill è impostata in termini ricardiani sulla base della proporzionalità tra costo di produzione e quantità di lavoro contenuto nelle merci, ma con una serie di eccezioni: n I salari influenzano la determinazione del valore nella misura in cui vi possono essere saggi di salario diversi a seconda dei tipi di occupazione ( n Anche i profitti possono avere saggi diversi a seconda dei rischi e di altri elementi di differenziazione n I processi di produzione delle merci hanno intensità di capitale diversa e durata diversa nel tempo n I regimi di tassazione a loro volta influenzano i prezzi relativi delle merci n La rendita può essere computata nei costi di produzione in termini di valore di scarsità della terra o come costo opportunità n In conclusione, le eccezioni sollevate sono di tale portata che tendono a far cadere l’ipotesi del lavoro contenuto come misura del valore

JOHN STUART MILL, LA TEORIA DEL FONDO-SALARI n Mill si concentra poi sull’analisi delle

JOHN STUART MILL, LA TEORIA DEL FONDO-SALARI n Mill si concentra poi sull’analisi delle relazioni tra domanda e offerta, n. La teoria milliana del Fondo-Salari fa derivare il livello dei salari dalla relazione w = W/L dove: n w = saggio di salario n W = fondo salari (ammontare dei beni salario accumulati nell’istante t; coincide con la domanda di lavoro) n L = offerta di lavoro Poiché W ed L sono dati, nel breve periodo è impossibile per i lavoratori ottenere degli aumenti salariali n Tali aumenti possono essere ottenuti solo nel lungo periodo se d. W > d. L n. Per favorire i rialzi salariali, Mill in particolare indica la restrizione dell’offerta di lavoro attraverso l’emigrazione o le politiche di contenimento demografico (ai sindacalisti suggerisce di predicare meno rivoluzione e più contraccezione) n

JOHN STUART MILL, L’INTERESSE COME REDDITO DA ASTINENZA Mill si affianca alle posizioni anti-ricardiane

JOHN STUART MILL, L’INTERESSE COME REDDITO DA ASTINENZA Mill si affianca alle posizioni anti-ricardiane (Senior) sostenendo che alla creazione del valore delle merci, oltre al lavoro, contribuisce anche l’astinenza dal consumo dei capitalisti che ha consentito l’accumulazione del capitale necessario alla produzione n Il profitto si configura pertanto, in Mill, come un reddito composto: n Salario di direzione n Premio di rischio n Interesse n. Profitto netto n Secondo quanto sostenevano gli anti-ricardiani il capitale diventa così un servizio produttivo compensato dall’interesse, ma lo schema ricardiano viene salvaguardato dal concetto di profitto netto n

JOHN STUART MILL “SOCIALISTA TEMPOREGGIATORE” Mill condivide la tesi della caduta tendenziale del tasso

JOHN STUART MILL “SOCIALISTA TEMPOREGGIATORE” Mill condivide la tesi della caduta tendenziale del tasso di profitto, ma la sua è una visione profondamente ottimista n In Mill, la crescita dell’accumulazione, fa aumentare il benessere sociale, rende sempre meno penosa l’astinenza dal consumo determinando l’abbassamento del tasso d’interesse sul capitale n Lo sviluppo economico porterebbe quindi il benessere ad un livello tale da rendere inutile il bisogno di ulteriore accumulazione e facendo infine azzerare il profitto n società giungerebbe ad uno “stato stazionario”, dove non c’è accumulazione ed il capitale rende un tasso di profitto pari a zero: in tali condizioni il lavoratore si può appropriare dell’intero risultato del proprio lavoro ►La