Michel de 1533 1592 Parigi Rue des coles

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Michel de 1533 -1592 Parigi, Rue des Écoles

Michel de 1533 -1592 Parigi, Rue des Écoles

Saint Michel de Montaigne Il castello

Saint Michel de Montaigne Il castello

Château de Montaigne (la torre)

Château de Montaigne (la torre)

Nell’anno di Cristo 1571, all’età di 38 anni, alla vigilia delle calende di marzo,

Nell’anno di Cristo 1571, all’età di 38 anni, alla vigilia delle calende di marzo, nell’anniversario della sua nascita, Michel de Montaigne, già molto tediato dalla schiavitù della corte del parlamento e dalle cariche pubbliche, sentendosi però ancora nel pieno della vita giunse alla conclusione di riposarsi nel seno delle dotte Vergini, nella calma e nella sicurezza. Egli vi percorrerà i giorni che gli restano da vivere. Sperando che il destino gli concederà di portare a termine questa esperienza, questi dolci ritiri paterni, egli li ha consacrati alla sua libertà, alla sua tranquillità e al suo riposo.

La biblioteca nella torre

La biblioteca nella torre

Una pagina degli Essais (edizione del 1580) Annotazioni autografe di Montaigne sull’esemplare di Bordeaux

Una pagina degli Essais (edizione del 1580) Annotazioni autografe di Montaigne sull’esemplare di Bordeaux (1595)

Questo, lettore, è un libro sincero. Ti avverte fin dall’inizio che non mi sono

Questo, lettore, è un libro sincero. Ti avverte fin dall’inizio che non mi sono proposto con esso, alcun fine, se non domestico e privato. Non ho tenuto in alcuna considerazione né il tuo vantaggio né la mia gloria. Le mie forze non sono sufficienti per un tale proposito. L’ho dedicato alla privata utilità dei miei parenti e amici: affinché dopo avermi perduto (come toccherà loro molto presto) possano ritrovarvi alcuni tratti delle mie qualità e dei miei umori, e con questo mezzo nutrano più intera e viva la conoscenza che hanno avuto di me. Se lo avessi scritto per procacciarmi il favore della gente, mi sarei adornato meglio e mi presenterei con atteggiamento studiato. Voglio che mi si veda qui nel mio modo d’essere semplice, naturale consueto, senza affettazione né artificio: perché è me stesso che dipingo. Si leggeranno qui i miei difetti presi sul vivo e la mia immagine naturale, per quanto me l’ha permesso il rispetto pubblico. Ché se mi fossi trovato tra quei popoli che si dice vivano ancora nella dolce libertà delle primitive leggi della natura, ti assicuro che ben volentieri mi sarei qui dipinto per intero, e tutto nudo. Così, lettore, sono io stesso la materia del mio libro: non c’è ragione che tu spenda il tuo tempo su un argomento tanto frivolo e vano. Addio dunque, da Montaigne, il primo marzo millecinquecentottanta.

 «Gli altri formano l’uomo. Io lo descrivo, e ne rappresento un esemplare assai

«Gli altri formano l’uomo. Io lo descrivo, e ne rappresento un esemplare assai mal formato, e tale che se dovessi modellarlo di nuovo lo farei in verità molto diverso da quello che è. Ma ormai è fatto. Ora, i tratti della mia pittura sono sempre fedeli, benché cambino e varino. Il mondo non è che una continua altalena. Tutte le cose vi oscillano senza posa: la terra, le rocce del Caucaso, le piramidi d’Egitto, e per l’oscillazione generale e per la loro propria. La stessa costanza non è altro che un’oscillazione più debole. Io non posso fissare il mio oggetto. Esso procede incerto e vacillante, per una naturale ebbrezza. Lo prendo in questo punto, com’è, nell’istante in cui m’interesso a lui. Non descrivo l’essere. Descrivo il passaggio: non un passaggio da un’età all’altra o, come dice il popolo, di sette in sette anni, ma di giorno in giorno, di minuto in minuto. Bisogna che adatti il mio racconto al momento. Potrei cambiare fra poco, non solo di condizione, ma anche d’intenti. È una registrazione di diversi e mutevoli eventi e di idee incerte. E talvolta contrarie: sia che io stesso sia diverso, sia che colga gli oggetti secondo altri aspetti e considerazioni. Tant’è che forse mi contraddico, ma la verità […] non la contraddico mai. Se la mia anima potesse stabilizzarsi, non mi saggerei, mi risolverei. Essa è sempre in tirocinio e in prova» . Essais, III, 2

Ritratto con il collare dell’ordine di Saint Michel ricevuto dal re di Francia, Carlo

Ritratto con il collare dell’ordine di Saint Michel ricevuto dal re di Francia, Carlo IX, nel 1571 Tutti i contrari si ritrovano in me per qualche verso e in qualche maniera. Timido insolente, casto lussurioso, chiacchierone taciturno, laborioso indolente, ingegnoso stupido, stizzoso bonario, bugiardo sincero, dotto ignorante e liberale e avaro e prodigo […] e chiunque si studi molto attentamente trova in sé, e anzi nel suo stesso giudizio, questa volubilità e discordanza.

Nascono molti errori nel mondo o, per dirla più chiaramente, tutti gli errori del

Nascono molti errori nel mondo o, per dirla più chiaramente, tutti gli errori del mondo nascono dal fatto che ci insegnano a temere di far professione della nostra ignoranza, e che siamo tenuti ad accettare tutto quello che non possiamo refutare. Noi parliamo di tutte le cose in forma affermativa e dogmatica […] Mi si fanno odiare le cose verosimili quando mi vengono date per infallibili. Mi piacciono queste parole, che, addolciscono e moderano la temerarietà delle nostre dichiarazioni: “Forse”, “In un certo modo”, “Qualche”, “Si dice”, “Io penso”, e simili. E se avessi dovuto educare dei fanciulli, avrei messo loro in bocca questa maniera di rispondere interrogativa e non affermativa: “Come sarebbe a dire? ”, “Non lo capisco”, “Potrebbe darsi”, “È vero? ”, in modo che conservassero l’atteggiamento di novizi a sessant’anni, piuttosto che imitare i dottori a dieci, come fanno.

Le streghe dei miei dintorni corrono pericolo di vita per l’opinione di ogni nuovo

Le streghe dei miei dintorni corrono pericolo di vita per l’opinione di ogni nuovo autore che viene a dar corpo alle loro fantasie [Essais, III, 11] Jean Bodin (1529 -1596) Docente di diritto romano a Tolosa. È autore della Démonomanie des sorcies (1580) Qualche anno fa passai per le terre d’un principe sovrano il quale, in mio favore e per vincere la mia incredulità, mi fece questa grazia, di farmi vedere in sua presenza, in un luogo appartato, dieci o dodici prigionieri di questa specie, e fra gli altri una vecchia, veramente strega per bruttezza e deformità, famosissima da gran tempo in questa professione. Vidi e prove e libere confessioni, e non so quale marchio insensibile su quella miserabile vecchia; e chiesi e parlai a sazietà, accordando loro un’attenzione il più possibile imparziale; e non sono un uomo da lasciarmi vincolare il giudizio dalla prevenzione. Alla fine, e in coscienza, avrei ordinato loro dell’elleboro piuttosto che della cicuta, “Il loro caso mi sembrò più vicino alla follia che al crimine”. La giustizia ha rimedi suoi propri per tali malattie.

Passando per Vitry-le-François potei vedere un uomo che il vescovo di Soissons alla cresima

Passando per Vitry-le-François potei vedere un uomo che il vescovo di Soissons alla cresima aveva chiamato Germano, e che tutti gli abitanti di lì hanno conosciuto e visto ragazza, fino all’età di ventidue anni, col nome di Maria. Era, quando lo vidi, molto barbuto, e vecchio, e non ammogliato. Facendo, disse, qualche sforzo nel saltare, gli uscirono fuori i membri virili; ed è ancora in voga, fra le ragazze di quel paese, una canzone con la quale si avvertono fra loro di non fare passi troppo lunghi, per paura di diventare maschi come Maria Germano. Non c’è poi tanto da meravigliarsi che accidenti del genere accadano spesso: infatti, se l’immaginazione ha potere in tali cose, è così continuamente e così fortemente presa da questo argomento, che per non dover tanto spesso ricadere nello stesso pensiero e nello stesso ardente desiderio, le conviene di più incorporare una volta per tutte quella parte virile nelle ragazze. Essais, I, 21

È un popolo [. . . ] nel quale non esiste nessuna sorta di

È un popolo [. . . ] nel quale non esiste nessuna sorta di traffici: nessuna conoscenza delle lettere; nessuna scienza dei numeri; nessun nome di magistrato, né di gerarchia politica; nessuna usanza di servitù, di ricchezza o di povertà; nessun contratto; nessuna successione; nessuna spartizione; nessuna occupazione se non dilettevole; nessun rispetto della parentela oltre a quello ordinario; nessun vestito; nessuna agricoltura; nessun metallo; nessun uso di vino o di grano. Le parole stesse che significano menzogna, tradimento, dissimulazione, avarizia, invidia, diffamazione, perdono, non si sono mai udite. (Essais, I, 31) Uomo Tupi (1643) Albert Eckhout National Museum of Denmark

Ora mi sembra [. . . ] che in quel popolo non vi sia

Ora mi sembra [. . . ] che in quel popolo non vi sia nulla di barbaro e di selvaggio, a quanto me ne hanno riferito, se non che ognuno chiama barbarie quello che non è nei suoi usi; sembra infatti che noi non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che l’esempio e l’idea delle opinioni e degli usi del paese in cui siamo. Ivi è sempre la perfetta religione, il perfetto governo, l’uso perfetto e compiuto di ogni cosa. Essi sono selvaggi allo stesso modo che noi chiamiamo selvatici i frutti che la natura ha prodotto da sé nel suo naturale sviluppo: laddove, in verità, sono quelli che col nostro artificio abbiamo alterati e distorti dall’ordine generale che dovremmo piuttosto chiamare selvatici. In quelli sono vive e vigorose le vere e più utili e naturali virtù e proprietà, che invece noi abbiamo imbastardite in questi, soltanto per adattarle al piacere del nostro gusto corrotto. E nondimeno il sapore medesimo e la delicatezza di diversi frutti di quelle regioni, che non sono coltivati, sembrano eccellenti al nostro gusto, in confronto ai nostri. Non c’è ragione che l’arte guadagni il punto d’onore sulla nostra grande e potente madre natura. Abbiamo tanto sovraccaricato la bellezza e la ricchezza delle sue opere con le nostre invenzioni, che l’abbiamo soffocata del tutto. Tant’è vero che dovunque riluce la sua purezza, essa fa straordinariamente vergognare le nostre vane e frivole imprese.

Tre di loro, non sapendo quanto costerà un giorno alla loro felicità la conoscenza

Tre di loro, non sapendo quanto costerà un giorno alla loro felicità la conoscenza della corruzione del nostro mondo, e che da questo commercio nascerà la loro rovina, che del resto suppongo sia già a uno stadio avanzato, assi da compatire per esservi lasciati ingannare dal desiderio della novità e aver abbandonato la dolcezza del loro cielo per venire a vedere il nostro, furono a Rouen, al tempo in cui c’era il defunto Carlo IX. Il re parlò loro a lungo; fu lor mostrato il nostro modo di vivere, la nostra magnificenza, l’aspetto di una bella città. Dopo di che qualcuno chiese il loro parere, e volle sapere che cosa avessero trovato di più ammirevole; essi risposero tre cose di cui non ricordo più la terza, e me ne rammarico; ne ricordo Ritratto del 1580 però ancora due. Dissero che prima di tutto trovavano molto strano che tanti grandi uomini, con la barba, forti e armati, che stavano intorno al re (è probabile che parlassero degli Svizzeri della sua guardia), si assoggettassero a obbedire a un fanciullo, e che invece non si scegliesse piuttosto qualcuno di loro per comandare; in secondo luogo (essi hanno una maniera di parlare secondo la quale chiamano gli uomini la metà degli altri) che si erano accorti che c’erano fra noi uomini pieni fino alla gola di ogni sorta di agi, e che le loro metà stavano a mendicare alle porte di quelli, smagriti dalla fame e dalla povertà; e trovavano strano che quelle metà bisognose potessero tollerare una tale ingiustizia, e che non prendessero gli altri per la gola o non appiccassero il fuoco alle loro case.

 «[…] se consideriamo un contadino e un re, un nobile e un villano,

«[…] se consideriamo un contadino e un re, un nobile e un villano, un magistrato e un uomo qualsiasi, un ricco e un povero, si presenta subito ai nostri occhi un’enorme differenza; mentre, per così dire, son differenti solo per le brache. In Tracia il re si distingueva dal suo popolo in un modo bizzarro e molto ricercato: aveva una religione a parte, un dio tutto per sé che ai suoi sudditi non era permesso adorare, era Mercurio; e sdegnava i loro, Marte, Bacco, Diana. Si tratta tuttavia solo di apparenze, che non creano alcuna differenza essenziale. Infatti, come gli attori delle commedie li vedete sulla scena assumere l’atteggiamento di duca e d’imperatore, ma subito dopo eccoli diventati servi e facchini miserabili, che è la loro nativa e originaria condizione: così l’imperatore, la cui pompa vi abbaglia in pubblico, […] guardatelo dietro la tenda, non è altro che un uomo comune, e forse più vile dell’ultimo dei suoi sudditi. […] La codardia, l’irresolutezza, l’ambizione, il dispetto e l’invidia agitano lui come un altro […]» . Essais, I, 42

 «È una perfezione assoluta, e quasi divina, saper godere lealmente del proprio essere.

«È una perfezione assoluta, e quasi divina, saper godere lealmente del proprio essere. Noi cerchiamo altre condizioni perché non comprendiamo l’uso delle nostre, e usciamo fuori di noi perché non sappiamo che cosa c’è dentro. Così, abbiamo un bel montare sui trampoli, perché anche sui trampoli bisogna camminare con le nostre gambe. E sul più alto trono del mondo non siamo seduti che sul nostro fondoschiena. Le vite più belle sono, secondo me, quelle che si conformano al modello comune e umano, con ordine, ma senza eccezionalità e senza stravaganza» . Essais, III, 13