La mia sera Giovanni Pascoli Nasce nel 1855

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La mia sera Giovanni Pascoli

La mia sera Giovanni Pascoli

 • Nasce nel 1855 a San Mauro di Romagna • Da ragazzo la

• Nasce nel 1855 a San Mauro di Romagna • Da ragazzo la sua vita è sconvolta dalla morte del padre, avvenuta il 10 agosto, a cui seguiranno numerosi lutti familiari La vita dell’autore • Studia lettere all’Università di Bologna, dove si avvicina agli ambienti socialistici e anarchici, fino ad essere arrestato per aver partecipato ad una manifestazione contro il governo • Dopo questa esperienza abbraccia gli ideali del socialismo umanitario • Poi si dedica all’insegnamento e, nel frattempo, si dedica all’attività poetica • Cerca di ricostruire l’unità familiare, tanto da trasferirsi a Castelvecchio di Barga con la sorella • Muore nel 1912

Le opere e i temi • Tra le opere troviamo le Myricae (1891), i

Le opere e i temi • Tra le opere troviamo le Myricae (1891), i Poemetti (1897), i poemi Conviviali, Odi ed Inni, Canzoni di re Enzio, Poemi italici e i Poemi del Risorgimento • I Canti di Castelvecchio (1903) è una prosecuzione di Myriciae, il nome si riferisce al paese Castelvecchio di Barga, luogo in cui il poeta tenta di ricostruire il nido familiare con la sorella Maria • Nell’opera ricorda i genitori defunti, volendo stabilire un legame tra il mondo dei vivi e quello dei morti • Inoltre affronta l’esclusione dalla vita e dagli affetti e della distruzione del nido familiare

 • Come afferma nel Fanciullino, in ogni uomo è presente un fanciullo, che

• Come afferma nel Fanciullino, in ogni uomo è presente un fanciullo, che vede il mondo per la prima volta, con stupore e curiosità La poetica • Nelle poesie di Pascoli ha grande importanza il simbolismo, che accentua attraverso l’uso di figure retoriche legate alla sfera sensoriale, come onomatopee, sinestesie e allitterazioni • Un altro tema è quello del nido, che simboleggia la famiglia e rappresenta un luogo caldo, protettivo e accogliente. È il tentativo dell’autore di recuperare la sua infanzia perduta

Analisi della poesia Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle,

Analisi della poesia Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle, le tacite stelle. Nei campi c’è un breve gre di ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggiera. Nel giorno, che lampi! che scoppi! Che pace, la sera! anafora personificazione e sinestesia allitterazione onomatopea anastrofe -descrizione dello stato d’animo del poeta attraverso gli elementi naturali -contrasto tra temporale del giorno (infanzia luttuosa) e quiete della sera (maturità tranquilla)

Si devono aprire le stelle nel cielo sì tenero e vivo. Là, presso le

Si devono aprire le stelle nel cielo sì tenero e vivo. Là, presso le allegre ranelle, singhiozza monotono un rivo. Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell’aspra bufera, non resta che un dolce singulto nell’umida sera. metafora allitterazione personificazione allitterazione sinestesia anafora ossimoro -i tumulti della tempesta si sono placati, il dolore del poeta è attenuato

È, quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro. Dei fulmini fragili restano cirri

È, quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro. Dei fulmini fragili restano cirri di porpora e d’oro. O stanco dolore, riposa! La nube nel giorno più nera fu quella che vedo più rosa nell’ultima sera. antitesi personificazione ossimoro allitterazione Personificazione e apostrofe -il dolore passato lascia finalmente spazio alla serenità

Che voli di rondini intorno! che gridi nell’aria serena! La fame del povero giorno

Che voli di rondini intorno! che gridi nell’aria serena! La fame del povero giorno prolunga la garrula cena. La parte, sì piccola, i nidi nel giorno non l’ebbero intera. Né io. . . e che voli, che gridi, mia limpida sera! metafora allitterazione metonimia apostrofe -passaggio alla vita del poeta attraverso l’immagine del nido

Don. . . E mi dicono, Dormi! mi cantano, Dormi! sussurrano, Dormi! bisbigliano, Dormi!

Don. . . E mi dicono, Dormi! mi cantano, Dormi! sussurrano, Dormi! bisbigliano, Dormi! là, voci di tenebra azzurra. . . Mi sembrano canti di culla, che fanno ch’io torni com’era. . . sentivo mia madre. . . poi nulla. . . sul far della sera. onomatopea Climax discendente anafora sinestesia ossimoro -Il poeta, invitato dal suono delle campane, simile al canto della madre, si abbandona alla pace e alla tranquillità della sera