Le donne durante lOlocausto Elisa Gargano Maria Teresa

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Le donne durante l’Olocausto Elisa Gargano, Maria Teresa Lambusta, Linda Micheli, Alice Palosti, Francesca

Le donne durante l’Olocausto Elisa Gargano, Maria Teresa Lambusta, Linda Micheli, Alice Palosti, Francesca Pighi, Luca Russo

Nella rappresentazione scenica Sotto il cielo di Birkeanu viene raccontata la storia di Elvia

Nella rappresentazione scenica Sotto il cielo di Birkeanu viene raccontata la storia di Elvia Bergamasco, giovane staffetta partigiana che è stata prigioniera a Birkenau. Dal sul racconto emergono molte storie di donne umiliate, costrette a terribili privazioni. Nei campi di concentramento, le donne ebree e Rom, costrette ai lavori forzati, erano spesso vittime di pestaggi e stupri. Alle madri venivano strappati i propri bambini, chi era in attesa nascondeva la gravidanza per non essere costretta ad abortire. I medici e i ricercatori nazisti usavano spesso le donne come cavie per esperimenti sulla sterilizzazione. Le ragazze più giovani venivano costrette a prostituirsi in cambio di razioni di cibo. All’ interno del campo erano sottoposte a condizioni disumane di lavoro.

Milioni di donne furono perseguitate e uccise nell’ Olocausto. Tuttavia non fu la loro

Milioni di donne furono perseguitate e uccise nell’ Olocausto. Tuttavia non fu la loro appartenenza al genere femminile a renderle un bersaglio, ma il loro credo religioso o politico, o la non appartenenza alla “ razza ariana” teorizzata dal Nazismo. La nostra intenzione è quella di raccontare le storie di sei donne, immaginando che possano essere simili a quelle delle compagne di baracca di Elvia. Il racconto delle storie di sei donne è ispirato al romanzo Il fumo di Birkenau di Liana Millu, che racconta le vicissitudini di sei figure femminili all’ interno del lager.

Ala Gertner Ala nasce Będzin, in Polonia, in una ricca famiglia ebrea. Nel 1943

Ala Gertner Ala nasce Będzin, in Polonia, in una ricca famiglia ebrea. Nel 1943 viene deportata ad Auschwitz, lì inizia a lavorare nel magazzino in cui venivano smistati gli effetti personali dei prigionieri. Diventa amica di Roza Robota, membro della resistenza clandestina all’interno del campo. Ala e Roza vengono poi assegnate alla fabbrica di munizioni. Prendono parte a una cospirazione per contrabbandare la polvere da sparo per il Sonderkommando, che stava costruendo bombe e progettando una via di fuga. Il 7 ottobre 1944, il Sonderkommando fa esplodere il crematorio IV, ma la rivolta viene rapidamente domata dalle SS. I nazisti trovano presto i colpevoli arrivando anche ad Ala e Roza. Il 5 gennaio 1945 vengono impiccate pubblicamente nel campo.

Esther Hillesum Esther, dett Etty fu una scrittrice olandese ebrea vittima dell’Olocausto. Nacque il

Esther Hillesum Esther, dett Etty fu una scrittrice olandese ebrea vittima dell’Olocausto. Nacque il 15 gennaio del 1914 in Olanda, a Middelburg, da una famiglia di origine ebraica. Il tempo avanzava e stava cambiando tutto per gli ebrei olandesi, i tedeschi iniziarono a portare via sempre più persone. Etty riuscì a trovare lavoro presso il Consiglio Ebraico, come impiegata, questo le evitò di andare a Westerbork. Lei era una donna dai grandi valori non le interessava salvarsi infatti rifiutò le varie offerte di alloggi per potersi nascondere dai nazisti. Condivideva un destino comune, voleva stare con il suo popolo e per questo poco dopo si recò a Westerbork di sua spontanea volontà, per aiutare i malati. Nel mentre scrisse anche un diario che lasciò all’amica Maria Tuinzing, che venne pubblicato solo negli anni ottanta, si tratta di una testimonianza della sua condizione di donna ebrea in Olanda. Etty infine venne uccisa il 30 novembre del 1943 ad Auschwitz.

Marta Ascoli Marta nasce a Trieste nel novembre del 1926. La notte tra il

Marta Ascoli Marta nasce a Trieste nel novembre del 1926. La notte tra il 29 e il 30 marzo 1944, a 17 anni, venne arrestata insieme alla sua famiglia a causa del loro cognome tipico ebreo. Tutti insieme vengono deportati nella Risiera di San Sabba, unico campo di concentramento nazista in Italia. Presto verrà separata dalla madre e deportata in treno ad Auschwitz in un convoglio di soli uomini, per non abbandonare il padre Giovanni. Questo morì dopo pochi mesi passati nel campo, mentre Marta si salvò. Dopo un periodo di strazio, disperazione e silenzio, Marta cominciò a scrivere per raccontare tutta la sua storia. Parlava delle condizioni disumane di lavoro, del freddo, della neve, della denutrizione, delle malattie, delle torture, di tutte le morti di cui fu testimone e di quella frase che si sentiva continuamente ripetere: “Tu da qui non uscirai che per il camino”. La morte sembrava l’unica liberazione, eppure Marta rimase attaccata alla vita con tutte le sue forze. E quando, ormai allo stremo, decise di farla finita lanciandosi contro il filo spinato, la sentinella che la vide non sparò. Fu liberata dagli inglesi il 15 aprile 1945. Sarà una delle poche sopravvissute, tornerà a casa, si sposerà e si rifarà una vita, una vita segnata per sempre dall’esperienza del lager. Marta morirà nel 2014 di vecchiaia.

Liana Millu nasce a Pisa nel 1914. Viene cresciuta dai nonni materni, orfana di

Liana Millu nasce a Pisa nel 1914. Viene cresciuta dai nonni materni, orfana di madre e con padre lontano, risposato. Quando Mussolini riceve dal re d’Italia l’incarico di governo con poteri illimitati, essa ha appena nove anni, ma ricorda bene gli avvenimenti della Marcia su Roma. Femminista ante litteram, da ragazzina decise di fare la giornalista e, pur osteggiata in tutti i modi dalla famiglia, riuscì ugualmente, già a diciassette anni, a pubblicare articoli per Il Telegrafo di Livorno. Ma negli anni Trenta per una donna italiana il desiderio di diventare indipendente e di lavorare in un giornale era irrealizzabile. Perciò studiò per diventare insegnante e così nel ’ 36 lasciò la casa e iniziò a lavorare in una piccola scuola elementare, a Volterra, pur continuando la sua attività come pubblicista. Nel ’ 38, però, le leggi razziali e Mussolini cacciarono gli ebrei da tutti i posti pubblici, scuole, uffici, banche. Quindi Liana si trasferì a Genova, vivendo alla giornata con i lavori più disparati e precari. Per opposizione e per amore, nel ’ 43 entrò nella Resistenza. Arrestata a Venezia, dove si trovava per una missione della sua Organizzazione, la “Otto”, in maggio, dopo due mesi di prigione, fu deportata a Birkenau. Dopo cinque mesi passò da Ravensbrück. Qui fu compresa tra le donne destinate al campo di Malkow, presso Stettino, ove sorgeva una fabbrica di armamenti mimetizzata nel bosco. Nel maggio ’ 45, dopo un anno preciso di prigionia, fu liberata. Dalla zona russa dove si trovava, decise di raggiungere il ponte di Schwerin, presso il quale, le avevano detto, si trovava la zona americana. Tornata in Italia nell’agosto del ’ 46, riprese a scrivere e a insegnare. Liana Millu è certamente una delle prime testimoni a descrivere in forma letteraria il sistema concentrazionario dalla prospettiva femminile — e in particolare un aspetto che fino a quel momento non era ancora mai stato affrontato: l’amore nelle condizioni del campo di concentramento. Nel suo libro Il fumo di Birkenau, un intenso monumento letterario, essa racconta di sei donne che, come lei, sono state imprigionate là; mentre la sua fuga verso il ponte di Schwerin viene descritta nel suo secondo libro, I ponti di Schwerin, un romanzo a struttura autobiografica.

Dorota (Dora ) Goldstein Roth Quando i Tedeschi invasero la Polonia, nel 1939, Dora

Dorota (Dora ) Goldstein Roth Quando i Tedeschi invasero la Polonia, nel 1939, Dora e la sua famiglia fuggirono a Vilnius, in Lituania. Più tardi, quando la città fu a sua volta occupata dalle forze germaniche, il padre di Dora rimase ucciso e il resto della famiglia venne confinato nel ghetto della città. Dora, sua sorella e sua madre furono deportate nel campo di Kaiserwald, in Lettonia, e successivamente nel campo di concentramento di Stutthof, vicino a Danzica. Sia la madre che la sorella perirono a Stutthof, mentre Dora, nonostante fosse stata ferita subito prima della liberazione, riuscì a sopravvivere.

La testimonianza «Sì, noi venimmo punite a Stutthof. Ero ancora con mia madre e

La testimonianza «Sì, noi venimmo punite a Stutthof. Ero ancora con mia madre e mia sorella e fummo punite perché tre donne erano scappate dal campo. Sapete, quando ero a Auschwitz, più avanti, e vidi i fili , i fili elettrici, fu come rivivere quel momento. Non capisco come avessero fatto a scappare. Davvero, non lo so, perché. . . i reticolati elettrici non erano sempre attivati, ma quando loro [i Tedeschi] vedevano qualcuno che vi si avvicinava o che cercava di toccarli, allora li accendevano e quelli morivano. Insomma, come quelle tre donne avessero evitato il recinto elettrico, non lo so proprio. Ma ce l'avevano fatta e loro non riuscirono a ritrovarle. E così noi venimmo punite, costrette per dodici ore nude al freddo. . . E in più, come punizione ulteriore, loro presero quattro o cinque donne, non ricordo esattamente quante, e di fronte a tutte, a tutte quelle che con noi erano in fila, . . . insomma. . . loro le violentarono in un modo che non ho mai più visto o sentito, non al cinema né alla televisione e di sicuro si può dire che la nostra televisione è abbastanza terribile, con ogni genere di storie. Vidi quelle donne violentate dagli uomini. . . con dei bastoni. . allora mia madre, che era vicino a me, mi mise la mano sugli occhi [così] che quella non fosse la prima volta in vita mia che vedevo un rapporto sessuale. Non avevo mai visto un rapporto sessuale prima di allora»

Eva Braun Levine Eva era la seconda di cinque figli di genitori ebrei. Suo

Eva Braun Levine Eva era la seconda di cinque figli di genitori ebrei. Suo padre lavorava nel campo immobiliare e la famiglia era proprietaria del palazzo nel quale abitava. L'edificio era persino provvisto di un ascensore, un vero lusso a quei tempi. Quando Eva finì il liceo, cominciò a lavorare con suo padre, studiando contemporaneamente Storia in una piccola università locale.

Testimonianza di Eva 1933 -39: La vita notturna di Lodz era molto vivace per

Testimonianza di Eva 1933 -39: La vita notturna di Lodz era molto vivace per i giovani così io e il mio ragazzo Herman andavamo spesso a ballare. Ci sposammo nel 1939. Poi i Tedeschi ci invasero. Un giorno, arrivò la Gestapo che, dopo aver schiaffeggiato mio suocero, pretese che consegnassimo i nostri tappeti preziosi. "La cameriera li ha già presi" protestai. Quando risposero gridandomi contro, ne afferrai uno per il bavero e gli dissi: "Perché non ci credete? Ce ne stiamo andando! Non vedete le nostre valigie? " A quel punto, se ne andarono. 1940 -44: Herman ed io fummo costretti ad andare a vivere nel ghetto di Piotrkow Trybunalski, dopo che, nel maggio del 1941, ci eravamo trasferiti in quella città alla ricerca di cibo. Anche la mia famiglia venne poi deportata là. Per tre anni lavorai con mia madre e le mie sorelle nel ghetto; nel novembre 1944 tutte le donne vennero deportate nel campo di concentramento di Ravensbrueck, in Germania. Quando scendemmo dal treno i Nazisti ci "esaminarono", persino gli organi genitali, alla ricerca di oggetti di valore nascosti. Il lavoro che svolgevo nel campo era talmente pesante per la mia schiena che persi parte del tessuto della colonna vertebrale. Mentre gli Alleati avanzavano, i prigionieri vennero evacuati nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, dove Eva venne liberata dagli Inglesi nell'aprile del 1945. Eva si trasferì poi negli Stati Uniti, nel 1950.

 «Eravamo solo giovani, ma sembravamo vecchie, senza sesso, senza età, senza seno, senza

«Eravamo solo giovani, ma sembravamo vecchie, senza sesso, senza età, senza seno, senza mestruazioni, senza mutande. Non si deve avere paura di queste parole perché è così che si toglie la dignità a una donna. » Liliana Segre, Parlamento Europeo, 30 Gennaio 2020

Sitografia e fonti ● Il fumo di Birkenau, Liana Millu ● https: //it. wikipedia.

Sitografia e fonti ● Il fumo di Birkenau, Liana Millu ● https: //it. wikipedia. org/wiki ● https: //encyclopedia. ushmm. org/content/it/article/introduction-to-the-holocaust