WELFARE STATE Welfare State Stato sociale Parola inglese

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WELFARE STATE • Welfare State = Stato sociale • Parola inglese di origini medievali

WELFARE STATE • Welfare State = Stato sociale • Parola inglese di origini medievali composta da «well» (bene) e «fare» (andare): in italiano è tradotta con «benessere» • Usata per la prima volta dall’economista britannico William Beveridge nel 1942 • Secondo alcuni le origini del Welfare State sono riconducibili alle riforme prussiane fatte negli anni ‘ 80 del XIX secolo da Bismarck • E’ stata però la Svezia nel 1948 ad introdurre la pensione popolare basata sul diritto di nascita • Da allora il Welfare è divenuto universale, eguagliando i diritti politici e civili acquisiti con la nascita • Con la recente crisi economica globale, però, i tradizionali modelli di Stato sociale sono stati messi da più parti in discussione

WELFARE STATE • I servizi statali di welfare cominciano a svilupparsi nell’ultimo quarto del

WELFARE STATE • I servizi statali di welfare cominciano a svilupparsi nell’ultimo quarto del XIX secolo e a cavallo con il secolo successivo nacquero i primi modelli di previdenza sociale • Prima Guerra Mondiale: buona parte popolazione di gran parte dei paesi europei => forme di assicurazioni sociali (infortuni sul lavoro, malattie, pensioni anzianità) • U. S. A. : negli anni Trenta «New Deal» del Presidente Franklin Delano Roosevelt come risposta alla Grande Depressione del ’ 29 • In Gran Bretagna dopo WWII

WELFARE STATE • Welfare State = Stato sociale ha 2 significati: 1) Insieme delle

WELFARE STATE • Welfare State = Stato sociale ha 2 significati: 1) Insieme delle istituzioni dello Stato che forniscono sanità, istruzione ed altri servizi di sostegno sociale 2) Tipologia di assetto statale • John Maynard Keynes • Connessione tra politiche economiche, regolazione del mercato del lavoro e welfare state => alcuni parlano di «welfare state keynesiano»

WELFARE STATE • 1990: lo scienziato politico danese Esping-Andersen pubblica «The Three Worlds of

WELFARE STATE • 1990: lo scienziato politico danese Esping-Andersen pubblica «The Three Worlds of Welfare Capitalism» , testo fondamentale per chi si occupa di Stato sociale • Interessante sul piano geografico perché si concentra sulle disuguaglianze geografiche nello sviluppo dell’offerta dei servizi di welfare • Tre grandi categorie di welfare state: REGIMI DI WELFARE (Welfare Regimes) a seconda del tipo di politiche scelte per sviluppare lo Stato sociale 1) REGIME CONSERVATORE 2) REGIME LIBERALE 3) REGIME SOCIALDEMOCRATICO

WELFARE STATE 1) REGIME CONSERVATORE: tende ad enfatizzare tradizione, famiglia, ceto sociale e ordine

WELFARE STATE 1) REGIME CONSERVATORE: tende ad enfatizzare tradizione, famiglia, ceto sociale e ordine 2) REGIME LIBERALE: fondato sulla libertà dell’individuo, con un’interferenza minima da parte dello Stato 3) REGIME SOCIALISTA: le libertà del liberalismo illusorie perché fondate su proprietà privata e capitalismo che generano disuguaglianze 4) REGIME SOCIALDEMOCRATICO: i problemi sociali causati dal capitalismo possono essere ridotti o eliminati attraverso i mezzi della democrazia parlamentare ma conservando la struttura di base del sistema capitalista

WELFARE STATE • Secondo Esping-Andersen gli Stati non si dividono nettamente nelle categorie suindicate,

WELFARE STATE • Secondo Esping-Andersen gli Stati non si dividono nettamente nelle categorie suindicate, ma possono essere suddivisi in raggruppamenti a seconda delle proporzioni tra caratteri liberali, conservatori e socialdemocratici 1) WELFARE STATE LIBERALI: USA e Canada 2) WELFARE STATE CONSEVATORI-CORPORATIVI: Austria, Francia, Germania, Italia 3) WELFARE STATE SOCIALDEMOCRATICI: paesi scandinavi

WELFARE STATE «LIBERALE» • • • - Predominio: Assistenza basata su rigidi criteri di

WELFARE STATE «LIBERALE» • • • - Predominio: Assistenza basata su rigidi criteri di selezione Scarsi sussidi universali Modesto piano di assicurazioni sociali Servizi rivolti soprattutto ad utenza di basso reddito (di solito dipendenti statali o esponenti classe lavoratrice) In questo modello: Progresso riforme sociali limitato da valori liberali tradizionali Regole di accesso molto rigide Lo Stato incoraggia in mercato => passivamente (fornendo ai richiedenti un sostegno minimo); attivamente (sovvenzionando sistemi di welfare privati)

WELFARE STATE «CONSERVATORECORPORATIVO» • Mai stata prevalente ossessione liberale per efficienza del mercato e

WELFARE STATE «CONSERVATORECORPORATIVO» • Mai stata prevalente ossessione liberale per efficienza del mercato e la mercificazione => mantenimento diritti sociali mai realmente messo in discussione • E’ stato prevalente invece la conservazione delle differenze di ceto • Influenza della Chiesa => mantenimento famiglia tradizionale • Sussidi incoraggiavano soprattutto la maternità • Principio di sussidiarietà => lo Stato interviene solo ove non vi è capacità della famiglia di occuparsi dei propri membri

WELFARE STATE «SOCIALDEMOCRATICO» • Massima estensione principi di universalità e demercificazione dei servizi pubblici

WELFARE STATE «SOCIALDEMOCRATICO» • Massima estensione principi di universalità e demercificazione dei servizi pubblici • Sistema che non tollera la contrapposizione tra Stato e mercato e tra classe lavoratrice e classe media => modello che promuove una diffusione equa dei servizi di alto livello • Differenza con modello corporativo-sussidiarista: no aspettare che venga meno la capacità d’intervento della famiglia ma socializzare preventivamente i costi della gestione familiare • Finalità: massimizzare le capacità di indipendenza individuale e non la dipendenza nei confronti della famiglia • Commistione liberismo e socialismo • Fusione di lavoro e welfare

CRITICHE AL WELFARE STATE • Critiche al welfare state liberaldemocratico: numerose e variegate •

CRITICHE AL WELFARE STATE • Critiche al welfare state liberaldemocratico: numerose e variegate • Accenno agli elementi principali delle tesi più diffuse, sviluppate a partire da diverse prospettive politiche: 1) 2) 3) 4) CRITICA CONSERVATRICE: lo Stato permissivo CRITICA NEOLIBERALE: lo Stato bambinaia CRITICA FEMMINISTA: lo Stato di genere CRITICA SOCIALISTA: lo Stato borghese

CRITICA CONSERVATRICE: lo Stato permissivo • Dopo WWII in molti Stati convergenza politica tra

CRITICA CONSERVATRICE: lo Stato permissivo • Dopo WWII in molti Stati convergenza politica tra destra e sinistra che portò all’accettazione dell’esistenza del welfare state • Anni ‘ 80: tale consenso viene meno e lo Stato sociale diviene oggetto di critiche e di una ristrutturazione nata tra i pensatori di destra ma poi divenuta più generale => persino governi che si definivano socialisti o laburisti (es. Francia, Nuova Zelanda e Regno Unito) iniziarono a spostarsi verso posizioni orientate al mercato • Anche la critica di destra era contraddittoria perché combinava elementi conservatori e liberali • Neoconservatori: attacco al welfare perché minava le strutture tradizionali della famiglia, della vita religiosa e della iniziativa personale => ad es. negli USA e nel Regno Unito si sosteneva che i welfare benefits statali incoraggiavano le giovani donne non sposate ad avere figli senza sposarsi e senza creare un ambiente casalingo • Acceso dibattito che dura tutt’ora

CRITICA NEOLIBERALE: lo Stato bambinaia • POSIZIONI NEOLIBERALI: per molti aspetti in disaccordo con

CRITICA NEOLIBERALE: lo Stato bambinaia • POSIZIONI NEOLIBERALI: per molti aspetti in disaccordo con quelle conservatrici anche se spesso le due si combinano nel pensiero dei partiti politici di destra • Forma più dura del NEOLIBERISMO: - fornitura dei servizi di welfare dovrebbe essere ridotta al minimo - Lo Stato non dovrebbe impegnarsi in nessun tipo di «ingegneria sociale» né a favore né contro la famiglia tradizionale • NEOLIBERISMO in generale: - priorità ai servizi offerti dal mercato - Critica nei confronti dello «Stato bambinaia» (nanny-state) che protegge e difende famiglie ed imprese dalle difficoltà del mercato • Presupposto neoliberismo: il libero mercato, lasciato agire liberamente, assicura il maggior benessere possibile per il maggior numero di persone => intervento dello Stato destinato a fallire e Stato meno efficiente del mercato a garantire il benessere • CRITICHE DI SINISTRA: forze di mercato non producono giustizia sociale ma iniquità, determinando disparità e difficoltà maggiori per le classi sociali più svantaggiate

CRITICA FEMMINISTA: lo Stato di genere • FEMMINISMO: movimento molto variegato ma in generale

CRITICA FEMMINISTA: lo Stato di genere • FEMMINISMO: movimento molto variegato ma in generale fondato sulla posizione diseguale tra i generi • FEMMINISMO LIBERALE: enfatizza la lotta per la parità dei diritti all’interno dei sistemi sociali esistenti (es. leggi sulle pari opportunità, non discriminazione, ecc) • FEMMINISMO SOCIALISTA E RADICALE: sostiene che i sistemi sociali esistenti siano la fonte stessa delle disuguaglianze e vadano trasformati radicalmente: - FEMMINISTE SOCIALISTE: capitalismo gioca un ruolo importante o prevalente nel produrre disuguaglianze di genere => attenzione a temi come la posizione delle donne nel mercato del lavoro e il ruolo del lavoro domestico nel sostenere la produzione capitalistica - FEMMINISTE RADICALI: concentrano l’attenzione sulle relazioni sociali patriarcali => attenzione a temi quali il ruolo degli uomini e delle ideologie maschiliste nello sfruttare ed opprimere le donne attraverso, ad es. , il controllo sui loro corpi e la violenza • LA CRESCITA DEL FEMMINISMO E’ STATA UNA DELLE VICENDE POLITICHE ED INTELLETTUALI PIU’ IMPORTANTI DEL XX SECOLO

CRITICA SOCIALISTA: lo Stato borghese • CRITICA SOCIALISTA AL WELFARE STATE => lo Stato

CRITICA SOCIALISTA: lo Stato borghese • CRITICA SOCIALISTA AL WELFARE STATE => lo Stato opera in favore della classe media e secondo gli interessi del capitale, ai danni della classe lavoratrice • Alcuni studiosi evidenziano i meccanismi attraverso i quali i ruoli decisionali nell’apparato dello Stato tendano ad essere occupati in modo sproporzionato dalla borghesia • Altri studiosi evidenziano come lo Stato sia al contempo luogo, mezzo e risultato delle lotte di classe • Secondo la critica socialista l’interesse nazionale (finalità anche delle politiche statali di welfare) non sarebbe altro che l’interesse del capitale sotto mentite spoglie

WORKFARE STATE • Come risultato di queste critiche, alcuni parlano di passaggio dal Welfare

WORKFARE STATE • Come risultato di queste critiche, alcuni parlano di passaggio dal Welfare state al WORKFARE STATE • Nozione di workfare storia complessa • Idea nasce negli USA tra fine anni ‘ 60 e inizio ’ 70 • Inizialmente riferimento a programmi che richiedevano alle persone che vivevano grazie al welfare, di lavorare per guadagnarsi i propri sussidi • Oggi si diffonde sempre di più il «workfarismo» => approccio alle politiche del lavoro per il quale chi riceve sussidi deve guadagnarsi il proprio denaro attraverso cambiamenti del comportamento ed una partecipazione attiva a programmi ufficiali pensati per rendere queste persone più adatte al mercato del lavoro

WORKFARE STATE • Workfarismo => rafforza idea che il lavoro dovrebbe essere una norma

WORKFARE STATE • Workfarismo => rafforza idea che il lavoro dovrebbe essere una norma sociale per gli adulti • Il proposito è spostare le persone dal welfare al lavoro (c. d. programmi welfare to work) • In linea col pensiero neoliberista => - Idea che la disoccupazione non esista a causa della scarsità dei posti di lavoro, ma perché le persone senza impiego sono inadatte ai lavori esistenti, poco appetibili per i datori di lavoro o non vogliono migliorare il proprio stato - Forza lavoro preparata => disposta a spostarsi da regioni in cui c’è scarsità di lavoro ad altre

WORKFARE STATE • Negli anni ‘ 90 il consenso sul workfare era bipartisan =>

WORKFARE STATE • Negli anni ‘ 90 il consenso sul workfare era bipartisan => Bill Clinton in USA • In Europa più cautela per il tradizionale approccio socialdemocratico di welfare, però l’etica del workfare si è sviluppato in alcuni paesi caratterizzati da un intervento attivo sul mercato del lavoro • Paesi scandinavi • Gran Bretagna del governo del New Labour di Tony Blair