Verde orrore mi prese sgrengoluta Bottiglie da La
«Verde orrore mi prese»
sgrengoluta
Bottiglie (da La gnosi delle fanfole, di Fosco Maraini) Non siamo tutti simili a bottiglie ripiene di ricordi e cronicaglie? Bistròccoli, fruschelli, filaccetti ricolmano le pance trasparine, fanfàggini, birìllidi, nulletti s’asserpano in ghirlande cilestrine. . . Se scuoti la bottiglia sgrengoluta risorgono megoni e gastrifèmi, rispuntano tra mèmmola grognuta nascosti vercigogni e schifilemi. Talvolta vedi invece lumigenti miriàgoli, trigèridi, fernuschi, e piangi su gavati struggimenti finiti coi patassi fra i rifiuschi. Non tornano a rivivere le facce d’amici e d’amorilli luscherosi? Risplòdono le voci, le morcacce d’incontri cuspidiali e trucidiosi! Poi un giorno la bottiglia si tracassa, il vetro si sbiréngola nel sole in croccherucci verdi, in patafrassa, tra l’erbe cucche e cionche di pagliòle. Ahi dove sono allora i gaviretti, i nobili tracordi, i rimembrili. i càccheri, gli smèrmidi, i frulletti, i mòrfani, gli sghèfani gentili? Sdrafànico mistero di bottiglia di sdrafànico mistero.
La nostra prima mossa: per venire a capo del carattere espressivo del mondo ci siamo chiesti che cosa caratterizzi in senso ampio la nozione di espressione. Una prima definizione: un’espressione, nel senso più generale del termine, è presente quando tra una determinata manifestazione intuitiva (a) e un contenuto non intuito (b) sussiste un’unità descrittiva peculiare tale che la percezione di (a) determina il darsi mediato di (b) e vale come una motivo della sua presenza. Si ha dunque un nesso espressivo quando abbiamo esperienza di (b) attraverso la percezione di (a), e in modo particolare diremo che (b) è il contenuto espresso e (a) la sua forma espressiva. In questo senso, un nesso causale può fondare un nesso espressivo – la malinconia è la causa che scatena il comportamento malinconico che la esprime – ma non è un nesso espressivo: non abbiamo esperienza della fiamma quando guardiamo l’acqua che bolle.
La nostra seconda mossa: Ci siamo chiesti se questa peculiare unità che lega la forma espressiva al contenuto espresso è suscettibile di diverse modalità e abbiamo osservato che vi è una differenza rilevante: • Vi sono nessi ideali che legano la forma espressiva al contenuto espresso; • Vi sono nessi reali che legano la forma espressiva al contenuto espresso. Un nesso ideale ha luogo quando l’esistenza reale della forma espressiva è irrilevante per la sua funzione espressiva. Il nesso che lega un segno linguistico al suo significato è di questa natura. Un nesso reale ha luogo quando l’esistenza reale della forma espressiva è rilevante per la sua funzione espressiva. Il nesso che lega la fisiognomica del volto a ciò che esprime è di questa natura: se avessi mal percepito e non si fosse mai data la risata che ho udito, non sarebbe nemmeno lecito parlare di una relazione espressiva: allegria e riso stanno tra loro in una relazione reale che fonda la relazione espressiva.
Un’obiezione: nel discorso, le parole sono espressione delle nostre intenzioni e debbono, come tali, esistere realmente se sono il frutto del nostro reale stato psichico. Un ordine deve essere pronunciato ad alta voce e non c’è un comando se il comando è soltanto pensato. Alla stessa stregua non c’è comunicazione se non sono dette ad alta voce una serie di proposizioni. Necessità di una distinzione: dimensione significativa e dimensione pragmatica. Un esempio concreto: l’ironia
Il metodo della filosofia consiste nel raccogliere ricordi per uno scopo determinato (Wittgenstein). Una riprova delle nostre considerazioni: Un falso sorriso: un sorriso è un falso sorriso se non c’è allegria Una proposizione falsa: una proposizione è falsa se non c’è lo stato di cose corrispondente Eppure: se non c’è allegria, non c’è nemmeno espressione: il sorriso è un falso sorriso – e ciò significa: non è un sorriso affatto. Se non c’è lo stato di cose corrispondente, c’è egualmente espressione: una proposizione falsa è una proposizione a tutti gli effetti. Predicati determinanti vs predicati modificanti.
Forme espressive Espressioni significanti Espressioni indicanti
La nostra terza mossa: Ci siamo chiesti se sia possibile differenziare le forme in cui la relazione espressiva ha luogo – se cioè sia possibile vagliarla per ciò che concerne non la sua modalità (reale o ideale), ma la sua ragion d’essere. In fondo, questo è evidente: un segno del tipo «!!!? » esprime la nostra perplessità e il nostro stupore in modo del tutto diverso da come l’esprime un volto.
a) Un nesso convenzionale. Una convenzione non è un legame interno, né tanto meno perspicuo: non posso risalire dalla forma espressiva a ciò che esprime se non sono stato addestrato a padroneggiare una regola d’uso.
b). Un nesso naturale, ma non per questo interno. Per noi uomini certe manifestazioni espressive si legano immediatamente ad un senso espresso, ma questo non significa che il disgusto abbia davvero qualcosa a che fare con la maschera del disgusto che Messerschmidt ci propone. Potremmo (in linea di prinicipio) pensare ad un comportamento del tutto diverso. Ma soprattutto: l’emozione del disgusto non è descritta, descrivendo la posizione degli angoli della bocca. Franz Xaver Messerschmidt (1736 -1783). Ausdrucksstudien und Charakterköpfe
c). Il rapporto di immagine e le raffigurazioni isomorfe. In questo caso abbiamo una relazione interna: la forma espressiva condivide con ciò che è espresso la forma di raffigurazione. Il disco fonografico, il pensiero musicale, la notazione musicale, le onde sonore, tutti stan l'uno all'altro in quella interna relazione di raffigurazione che sussiste tra linguaggio e mondo. A essi tutti è comune la struttura logica. (Come, nella fiaba, i due adolescenti, i loro due cavalli e i loro gigli. In un certo senso sono tutt'uno. ) (Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, 4. 014).
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