Un illuminista tragico Leonardo Sciascia Annamaria Palmieri Letteratura

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Un illuminista tragico: Leonardo Sciascia Annamaria Palmieri Letteratura italiana contemporanea, 2019 -20

Un illuminista tragico: Leonardo Sciascia Annamaria Palmieri Letteratura italiana contemporanea, 2019 -20

Ce ne ricorderemo, di questo pianeta…

Ce ne ricorderemo, di questo pianeta…

La sconfitta della ragione «Io ho dovuto fare i conti, da trent’anni a questa

La sconfitta della ragione «Io ho dovuto fare i conti, da trent’anni a questa parte, prima con coloro che non credevano o non volevano credere all’esistenza della mafia, e ora con coloro che non vedono altro che mafia. Di volta in volta sono stato accusato di diffamare la Sicilia o di difenderla troppo; i fisici mi hanno accusato di vilipendere la scienza, i comunisti di avere scherzato su Stalin, i clericali di essere un senza Dio; e così via. Non sono infallibile; ma credo di aver detto qualche inoppugnabile verità» . Sciascia sofferse il destino di solitudine di tutti gli “eretici”

Il metodo dell’inchiesta/giallo Perché? “Lo scrittore rappresenta la verità, la vera letteratura distinguendosi dalla

Il metodo dell’inchiesta/giallo Perché? “Lo scrittore rappresenta la verità, la vera letteratura distinguendosi dalla falsa solo per l’ineffabile senso della verità. Va tuttavia precisato che lo scrittore non è per questo né un filosofo né uno storico, ma solo qualcuno che coglie intuitivamente la verità. Per quanto mi riguarda, io scopro nella letteratura quel che non riesco a scoprire negli analisti più elucubranti, i quali vorrebbero fornire spiegazioni esaurienti e soluzioni a tutti i problemi. ” (La Sicilia come metafora) Infatti, per Sciascia il poliziesco si configura come il mezzo per suscitare la riflessione su un sistema politico e sociale degradato, per condurre un’indagine filosofica il cui scopo è quello di arrivare alla verità, di penetrare in profondità nell’animo umano.

Il poliziesco…. pirandelliano Da queste premesse deriva l’originalità del suo ricorso al «giallo» ,

Il poliziesco…. pirandelliano Da queste premesse deriva l’originalità del suo ricorso al «giallo» , che gli consente di attingere, negli anni Sessanta, a una nuova forma di romanzo realista, un romanzo d’inchiesta, che lascia spazio alla denuncia e alla riflessione morale; ed è un’inchiesta che, per quanto animata da una forte esigenza di tipo razionale, non è destinata a concludersi con la punizione del colpevole, pure individuato intelligentemente dai suoi investigatori. Come ha indicato Sciascia stesso, nell’intervista mondadoriana a Marcelle Padovani del 1979, il «“discorso” del romanzo poliziesco […] tende alla verità dei fatti e alla denuncia del colpevole, anche se non sempre il colpevole si riesce a trovarlo. […] Si potrebbe dire che ho introdotto il dramma pirandelliano nel romanzo poliziesco!» .

Fenomenologia del “detective” di Sciascia Quanto ai detective che lo scrittore crea in proprio,

Fenomenologia del “detective” di Sciascia Quanto ai detective che lo scrittore crea in proprio, che agiscono nei suoi romanzi, è possibile tracciarne una sintetica fenomenologia: pur non mancando qualche esempio di investigatore dilettante, prevalgono i rappresentanti delle istituzioni, con l’idea che in Italia non godano di fiducia e non possano arrivare ad assicurare i colpevoli alla giustizia, non per incapacità, anzi, al contrario, perché, pur dotati di grande onestà e rigore, di vera competenza, sono ridotti all’impotenza dai contesti in cui si trovano ad agire. Hanno alcuni caratteri comuni: sono uomini colti, di una cultura umanistica moderna e critica, grandi lettori; piuttosto solitari, non sono circondati da una famiglia e neppure sposati, quasi isolati all’interno dei gruppi sociali cui appartengono. Si innesta uno degli elementi che valgono a convogliare nei polizieschi di Sciascia l’istanza civile che si è visto caratterizzarli: i suoi detective rimangono estranei al gruppo di appartenenza per i valori morali cui si attengono, non condivisi da quanti li circondano. Non c’è contatto tra loro e il mondo in cui agiscono, soprattutto non c’è comprensione.

Sin da “Il giorno della civetta”…. …il capitano Bellodi, la cui estraneità è marcata

Sin da “Il giorno della civetta”…. …il capitano Bellodi, la cui estraneità è marcata anche per la sua provenienza dal settentrione, per il suo passato di impegno democratico, ha un compito molto più difficile dei suoi colleghi di carta, non deve risolvere un enigma, sconfiggere un antagonista, ma lottare contro un costume, un fatto sociale, l’omertà. Il detective sciano è solo nella sua battaglia contro una rete sociale di delinquenti: refrattario alla corruzione, è spinto da ideali etici, dal bisogno di trovare la verità e di assicurare la giustizia; tutto ciò lo destina necessariamente alla sconfitta, al fallimento. Alla fine, il lettore si trova di fronte a una doppia negatività, con l’inversione da un lato dell’esito della lotta tra eroe e antagonista che, nel poliziesco, tradizionalmente vede il primo vittorioso, e dall’altro, con il rovesciamento dell’esito dell’indagine in rapporto all’affermarsi della giustizia. È quanto avviene anche con Laurana in A ciascuno il suo (1966), in modo più articolato con Rogas nel Contesto (1971), ancora con il pittore in Todo modo (1974) e infine con i protagonisti di Una storia semplice (1989).