TI BASTA LA MIA GRAZIA Loperare di Dio
TI BASTA LA MIA GRAZIA L’operare di Dio e la sua potenza si manifestano attraverso strumenti umani deboli e infermi. Più «nulla» è lo strumento di cui uno si serve, più grande è l’autore dell’Opera. (Papa Francesco) Ome, 7 – 9 settembre 2018
La storia e la realizzazione di un progetto. Con passo calmo e regolare, il pastore cammina sulla terra brulla con i suoi semi nella bisaccia, compiendo le stesse azioni senza fretta ma con precisione, costanza, metodo. Nulla è affidato al caso ed all’improvvisazione, dall’accurata scelta dei semi migliori che potranno più facilmente germogliare, alla scelta del terreno per la semina, che non deve essere arido, alla previsione che molti semi andranno perduti e non daranno frutti. Tutto questo è contrario alla fretta, al «basta fare» , magari a caso, alla rottamazione di ciò che è stato costruito anche positivamente e con sacrificio, quasi in spregio, magari solo per guadagnare o risparmiare, o apparire, senza progettualità, senza cura, senza studio, senza approfondimento, senza pazienza. Anche Antonietta Potente , nel suo libro, esorta a non impostare la propria giornata con programmi troppo fitti di cose da sbrigare per non dover fare tutto di corsa.
Il trascorrere del tempo ed il suo viverlo: il rispetto del tempo del sonno e del lavoro. Tempo per il silenzio che favorisce l’ascolto, nel caso del protagonista, soprattutto della natura. Nel nostro tempo esercitare il silenzio è impresa a volte impossibile perché siamo bombardati da un rumore assordante, viviamo sovra stimolati e siamo circondati da fornitori di contenuti che ci distolgono dall’ascolto. Enzo Bianchi nel sul libro La vita e i giorni, parla di «lasciare la presa» per imparare a prendere le giuste distanze e acquisire consapevolezza e accettazione del fatto che non si possono sempre tenere in mano tutte le corde. Lasciare la presa vuol dire discernere ciò che è essenziale per una vita sensata e che possa essere salvata; tutto questo accettando anche l’incompiuto. «Il Signore porterà a termine l’opera iniziata in te» cfr Fil 1, 6
Contrapposizione tra la terra che non germina e la Madre Terra, il pianeta che vive, rappresentato dagli alberi e dall’acqua. L’ importanza dell’acqua, nel racconto animato, è resa palese dalla sete del viandante narratore, che vaga senza potersi dissetare fra rovine di abitazioni e terra brulla sferzata da un vento vigoroso e che non dà tregua. Poi l’incontro con il pastore che gli porge la borraccia. Si può vivere per un po’ senza mangiare ma non senza bere. L’albero, tanti alberi, migliaia e migliaia di alberi, dove prima c’era il deserto. E così per la caparbia e solitaria dedizione del pastore Bouffier, non solo il paesaggio, ma un po’ tutto, perfino il clima, e l’equilibrio tra acque e foreste, viene cambiato nella squallida regione del sud della Francia dove l’incuria e l’avidità ottusa degli uomini aveva sparso il deserto, perfino dell’anima.
Il film mostra la guerra come distruzione dell’ambiente e la pace come aspetto fondamentale per la vita comune che rinasce nei piccoli villaggi, sorti nei pressi dei boschi seminati dal paziente Elze ard. Come non pensare al soggettivismo che nega qualsiasi senso della comunità ora, qui come là? Questa storia è una parabola sulla bontà, la generosità, l’impegno ma anche sulle possibilità insospettabili che ha un uomo quando accoglie la vita come un compito aperto, affidato dalla Provvidenza. «Se Dio mi presta ancora degli anni» , diceva Elzeard. Gli anni sono un prestito che Dio ci fa: dobbiamo imparare a farne l’uso migliore. La gratuità: non lo fa per sé. Sceglie la tattica di Dio, quella del seminatore fiducioso nel futuro.
Nell’ Esortazione Apostolica GAUDETE ET EXULTATE il Papa parla della «santità della porta accanto» Il Signore ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente. …siamo invitati a riconoscere che siamo «circondati da una moltitudine di testimoni» (12, 1) che ci spronano a non fermarci lungo la strada, ci stimolano a continuare a camminare verso la meta. E tra di loro può esserci la nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine. Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore.
Il segreto per essere «molto felici» è riconoscersi sempre deboli e peccatori, cioè «vasi di creta» , quel materiale povero che però può contenere anche «il tesoro più grande: la potenza di Dio che ci salva» . Affinché noi comprendiamo tutto ciò, Gesù Cristo, da forte si fa debole, da onnipotente si fa fragile, da eterno si fa mortale. Così impariamo ad assumere le nostre debolezze non come motivo di sconfitta ma come motivo di grazia; sia perché ci ricordano che comunque siamo mortali e limitati, e quindi non abbiamo nessun diritto di "montare in superbia" qualsiasi cosa facciamo, dal momento che è la grazia di Dio che opera in noi; sia perché ci permettono di essere più vicini a coloro che la vita ha reso perennemente deboli, a coloro che la vita schiaccia e difficilmente risolleva, a coloro che fanno delle angosce e della difficoltà, purtroppo, il loro pane quotidiano.
Il Signore ci chiede di semplicemente vivere avendo a cuore noi stessi e gli altri. Ci chiede gioia e umorismo, audacia e fervore, innamoramento della realtà fatta di persone, di natura, di cosmo. Ci chiede di essere generosi nell’amore che diamo e in quello che riceviamo. Io credo che il senso stia tutto in una parola: servizio. Nella Lettera ai Filippesi 2, 7 S. Paolo scrive: ”Dio annullò se stesso prendendo la forma di servo e divenendo simile agli uomini apparve come semplice uomo”.
CONCLUSIONE «Una volta mi apparve il Signore…. . Mi esortò ad esaminare bene una cosa in me: se mi ero data a lui totalmente o no; se sì dovevo tenere per certo che non avrebbe mai permesso che mi perdessi”. [Teresa d’Avila, Libro della vita, cap. 39, 24] Carissime tutte, nel ringraziarvi per come mi avete accolta e fatta sentire a casa, ogni volta in cui sono giunta in questo Cenacolo, auguro a ciascuna di voi ed a me stessa di continuare il nostro viaggio “con” e “per” gli altri, mettendo tutte noi stesse affinché si compia la vocazione personale che riconosciamo essere la volontà di Dio. Antonella
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