TECNICHE DIDATTICHE PER LAPPRENDIMENTO ATTIVO IL LABORATORIO IL

TECNICHE DIDATTICHE PER L’APPRENDIMENTO ATTIVO: IL LABORATORIO IL MASTERY LEARNING IL ROLE PLAYING IL COOPERATIVE LEARNING

Rispondiamo ad una domanda Che cosa è un laboratorio? �L’origine del sostantivo LABORATORIO, sotto il profilo etimologico, è riferibile al latino medievale LABORATORIUM, e rimanda ad un luogo nel quale si lavora, ovvero in cui si produce qualcosa. �Ma, sin da quando esistono, i laboratori, soprattutto quelli artigiani, sono sempre stati luogo privilegiato di apprendimento oltre che di produzione di beni: basti pensare che lo strumento di trasmissione di conoscenza per quel che concerne i lavori è sempre stato l’apprendistato.

�Ad esempio, quasi ogni grande artista del passato ha posseduto la sua “bottega”, ovvero il suo laboratorio, nel quale ha trasmesso le sue conoscenze agli allievi e moltissimi grandi artisti hanno appreso “in situazione” le tecniche della pittura o della scultura, piuttosto che dell’architettura o dell’oreficeria: il giovane Michelangelo Merisi, neglio conosciuto con lo pseudonimo di Caravaggio, da fanciullo fun mandato a bottega dal Peterzano; il grande innovatore Giotto apprese i rudimenti dell’arte dal Cimabue, per non dire di moltissimi altri. I laboratori sartoriali attuali ancora oggi risultano essere fucine di nuovi stilisti.

Sarebbe dunque erroneo pensare al laboratorio come ad uno spazio soltanto fisico, perché esso è anche: �un modo di concepire l’azione didattica; �un modo operativo di interagire con la realtà che ci circonda; �una forma mentis. Sotto il profilo didattico, la seguente definizione è molto centrata: Il laboratorio è qualsiasi spazio, fisico, operativo e concettuale, opportunamente adattato ed equipaggiato per lo svolgimento di una specifica attività formativa.

In ambito scolastico esistono molte tipologie di laboratorio e moltissime ancora potrebbero esisterne, praticamente uno per ogni disciplina: �non esiste scuola, ad esempio, che non abbia ormai il suo laboratorio informatico; �In funzione degli eterogenei indirizzi scolastici esistono laboratori chimici, fisici, musicali, artistici, ovverosia scientifici oppure umanistici Ma la domanda è: quanto sono efficaci?

Moltissimo, ma solo a determinate condizioni! �A che cosa mai potrebbe servire un laboratorio multimediale, ad esempio, se un Istituto scolastico non è raggiunto da un’adeguata connessione? �E a cosa servirebbe laddove nell’ambiente del laboratorio gli studenti continuassero a mantenere il ruolo passivo tipico della didattica per trasmissione verbale da parte dell’insegnante?

Non si produce azione didattica laboratoriale laddove non sia l’azione diretta degli alunni ad illuminare la strada della conoscenza!

Pertanto qual si voglia laboratorio che si fondi sull’epistemologia operativa, che abbia cioè quale obiettivo la conoscenza attraverso l’azione, dovrebbe rispondere a determinate caratteristiche, tra le quali, imprescndibili risultano essere le seguenti:

�È necessario che gi studenti, di qual si voglia ordine e grado, procedano ad una sperimentazione concreta di quanto gli viene trasmesso dai docenti attraverso i codici verbali e simbolici; �Occorre che ogni azione sperimentale, nelle più diverse discipline, contenga tutte le procedure principali: ad esempio, nel caso della sperimentazione di una formula chimica, occorre che si seguano tutte le procedure previste; �Occorre che le azioni poste in essere in laboratorio non siano meri algoritmi procedurali (ovvero una semplice esecuzione univoca), ma che contemplino la possibilità di trovare più soluzioni tra le quali il discente può scegliere. �Si deve produrre uno “spiazzamento” cognitivo, nel senso che non basta assolutamente provare le conoscenze già acquisite, ma occorre scoprire nuove conoscenze.

�La nuova conoscenza non deve essere troppo avanzata rispetto a ciò che lo studente già conosce, ma non deve neppure essere troppo vicina al già conosciuto; �Deve poter essere approcciata secondo una pluralità di punti di vista. �Deve fondarsi sul rapporto dello studente con il sapere, perché nel laboratorio il sapere è essenzialmente conoscenza in azione).

La didattica in ambiente di laboratorio è oltremodo diffusa in taluni Paesi dell’Occidente, tra i quali gli Stati Uniti: non a caso ivi non sono gli insegnati a spostarsi di aula in aula, ma gli alunni, perché ogni aula è attrezzata per la specifica materia di insegnamento.

IL MASTERY LEARNING �Possono tutti gli studenti addivenire allo stesso grado di conoscenza? �Qualcuno pensa che questa sia soltanto una bella utopia, magari retaggio di una certa ideologia politica post-sessantottina che ha finito per produrre il sei e il diciotto politici nel nome di una fraintesa uguaglianza, perché al mondo si può essere soltanto uguali nella diversità. �Tuttavia i principi ispiratori del Mastery Learning non erano affatto campati in aria.

Sostanzialmente il Mastery Learning (nelle traduzioni italiane più comuni apprendimento per la padronanza o apprendimento per le abilità) consiste in una strategia di progettazione, di organizzazione e valutazione della didatica che trova le origini nelle teorie formulate negli anni sessanta da John Bissel Carrol e all’inizio dei settanta da Benjamin Bloom, poi seguiti da altri.

L’idea di fondo è quella che sia possibile “insegnare tutto a tutti”, come già sosteneva Comenio nel 600 e molto più di recente Jerome Bruner, che è deceduto lo scorso anno all’età di 101 anni.

Il tratto essenziale del Mastery Learning è da ricercarsi nella estrema attenzione dedicata alle difformità di ogni studente in ordine ai ritmi e ai tempi di apprendimento, cui il docente deve conformare la progettualità didattica.

Pertanto le caratteristiche precipue del Mastery Learning sono: �Attenta valutazione delle competenze in entrata degli studenti e programmazione in funzione delle stesse. �La gradualità e la sequenzialità del processo di apprendimento. �La verifica intesa come strumento di correzione e di guida invece che di selezione.

COME SI ESTROFLETTE IL MASTERY LEARNING NELLA PRATICA? � Definizione , da parte degli insegnanti, degli obiettivi da raggiungere. � Frazionamento del programma in unità didattiche progressive � Elaborazione di prove di verifica del raggiungimento delle competenze relative alle eterogenee unità didattiche.

� Accertamento del raggiungimento degli obiettivi minimi di conoscenza previsti per ogni unità didattica (non bisogna passare alla successiva se non siano stati raggiunti gli standard minimi) � Previsione di attività di recupero laddove lo studente non abbia raggiunto l’obiettivo di base.

IL ROLE PLAYING O GIOCO DI RUOLO PLATONE AFFERMÒ: Si può scoprire di più su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione!

Nei fatti io ritengo che nulla sia più connaturato agli esseri umani dei giochi di ruolo, soprattutto perché non esiste momento nella vita degli individui in cui non si ricopra un ruolo!

La vita sarebbe dunque una farsa? Dipende! Talvolta è invece una tragedia: fatto sta che ogni occasione ci impone di assumere determinati atteggiamenti e di ricorrere a specifici comportamenti dipendenti dal ruolo che rivestiamo in quel particolare momento storico.

Sul proscenio dell’esistenza può accadere tutto ed il suo esatto contrario e la natura ci impone di adeguarci a quanto ci troviamo ad esperire, perché sulla maggior parte delle cose che succedono non possiamo esercitare alcun tipo controllo: possiamo soltanto indossare gli abiti psicologici più indicati per la situazione!

Insomma, ogni volta che sento qualcuno ripetere l’abusato luogo comune «Siate voi stessi!» , il pensiero che mi si affaccia all’intelletto è che sarebbe veramente strano se almeno un essere umano, a questo mondo, sapesse veramente chi è!

Terenzio scrisse nella sua commedia HEAUTONTIMORUMENOS Homo sum, humani nihil a me alienum puto!

Aveva compreso, in altri termini, che un abito sociale indossato da un uomo qual che sia può essere portato da qualunque altro essere umano: non esistono ruoli che siano potenzialmente preclusi a qualcuno!

Ma come può essere d’aiuto il role playing in campo didattico? �Innanzitutto va detto che si tratta di una tecnica didattica di carattere fondata sulla simulazione e che, quindi, non ha ripercussioni sull’esistenza quotidiana. �Se da una parte si tratta di una metodologia didattica mirata all’acquisizione di competenze relazionali che conducono al “saper essere”, spesso in connessione con un profilo professionale, dall’altra è un ottimo strumento di animazione adottabile in campo scolastico a tutti i livelli, da quelli della scuola dell’infanzia, ove la parola gioco ha certamente più presa, agli Istituti superiori.

Per opportuna conoscenza si dirà che il role playing è figlio dello psicodramma dello psichiatra Jacob Moreno Levy, concepito negli anni trenta alla stregua di una terapia psichica.

Quello che ci interessa, però, sono le sue valenze di ordine didattico. �Consente di calarsi nel contesto reale, sia pure simulato, di una determinata situazione. �Permette di comprendere meglio l’alterità indossandone i panni. �Facilita la memorizzazione e la comprensione relativa a personaggi ed eventi che sono stati interpretati.

Le fasi del gioco di ruolo �LA PROGETTAZIONE: in ambito formativo il role playing deve essere oggetto di una progettazione attenta e puntuale, che tenga conto degli obiettivi che si vogliono perseguire. Non si può lasciare spazio, come nel sociodramma e nello psicodramma moreniano, che sono attività terapeutiche, alla estroflessione della intimità dello studente, perché si potrebbero creare danni. Occorre invece che alunni e studenti si calino in ruoli predeterminati dall’insegnante.

Bisogna che l’insegnante stabilisca i seguenti parametri per l’estroflessione del gioco di ruolo: � IL LUOGO �IL TEMPO �IL PERSONAGGIO COINVOLTO (O I PERSONAGGI) �LA TIPOLOGIA DI RELAZIONE INTERCORRENTE TRA I PERSONAGGI. �IL CONTESTO, OVVERO CIÒ CHE ACCADE AI PERSONAGGI.

DISCIPLINE IN CUI È UTILE IL ROLE PLAYING: PRATICAMENTE TUTTE”

Esempi: �Nell’ambito dell’insegnamento linguistico: la memorizzazione di regole grammaticali e sintattiche può rendere ostico l’apprendimento, che potrebbe invece essere aiutato dalle forme ludiche della messa in scena di situazioni comuni, dapprima semplici e di durata limitata e poi, a mano, più complesse e durature. �In questo modo l’apprendimento delle regole linguistiche sarà facilitato dalla comprensione delle stesse derivante dal loro uso effettivo.

�Nell’insegnamento delle materie umanistiche: simulare la discesa di Annibale, una battaglia di Cesare o una di Napoleone. Porre in essere un’intervista ad un artista, un poeta come il Leopardi, ad esempio, o come Dante (perché lei ha scritto la Divina Commedia? etc. ). Gli alunni possono cimentarsi in brevi sketch durante i quali interpretano personaggi storici dei quali hanno studiato sia le caratteristiche psicologiche e sia il ruolo avuto nella storia.

�Nelle materie scientifiche: chi meglio di Pitagora, ad esempio, può spiegare il suo teorema? Chi meglio di Pasteur può illustrare la metodologia di pastorizzazione del latte. E chi meglio del suo scopritore, Alexander Fleming, può far comprendere gli effetti sulla salute della penicillina? Naturalmente si tratta di esempi che possono estendersi ad ogni branca del sapere.

Nel role playing è centrale il ruolo di chi dirige, generalmente il docente, che può decidere di impartire le direttive del gioco di ruolo e poi limitarsi ad osservare oppure di condurre attivamente il gioco. All’interno di questo specifico utilizzo, il role playing può essere integrato con altre tecniche come la ricerca, il cooperative learning ecc.

COOPERATIVE LEARNING Il Cooperative Learning è un metodo didattico in cui gli studenti lavorano insieme in piccoli gruppi per raggiungere obiettivi comuni, cercando di migliorare reciprocamente il loro apprendimento.

Perché sia efficace deve comprendere cinque elementi essenziali �L’interdipendenza positiva: ogni studente deve impegnarsi a migliorare il rendimento di ogni singolo componente del gruppo. In altri termini, il successo formativo del gruppo coincide con quello individuale. �La responsabilità individuale e di gruppo: il gruppo è responsabile del raggiungimento dei suoi obiettivi ed ogni membro è responsabile del suo contributo. �L’interazione costruttiva: gli studenti devono relazionarsi in maniera diretta per lavorare, Incoraggiandosi a vicenda.

�L’attuazione di abilità sociali specifiche e necessarie nei rapporti interpersonali all’interno del piccolo gruppo: gli studenti si impegnano nei vari ruoli richiesti dal lavoro e nella creazione di un clima di collaborazione e fiducia reciproca. Particolare importanza rivestono le competenze di gestione dei conflitti che facilmente potrebbero crearsi nell’ambito di gruppi più o meno numerosi. �La valutazione di gruppo: il gruppo valuta i propri risultati e il proprio modo di lavorare e si pone degli obiettivi di miglioramento.

GRAZIE PER L’ATTENZIONE
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