SVILUPPO SOSTENIBILE E CITTA Nella sociologia urbana raramente
SVILUPPO SOSTENIBILE E CITTA’ • Nella sociologia urbana raramente attenzione al rapporto tra città e ambiente. • La sociologia ambiente d’altro canto non si occupa in particolare delle tematiche della città. • Cause: Ø La provenienza disciplinare dei sociologi ambiente: più spesso la sociologia rurale. Ø Le occasioni di ricerca offerte ai sociologi ambiente: raramente riguardano gli spazi urbani. Ø le analisi sociologiche risentono di idee di senso comune.
L’importanza della dimensione locale dello S. S. come concetto che da un lato ha una portata globale, planetaria, ma dall’altro anche importanza del livello locale. Per tre ragioni: a) Epistemologiche b) Operative c) Politiche
• Particolare attenzione ai contesti locali urbani: Le città sono gli agglomerati sociali meno sostenibili in quanto eterotrofi. Nelle città si produce la maggior parte dei rifiuti e si consuma la maggior quota di energia. L’impronta ecologica della città è inevitabilmente elevata.
La città è (in)sostenibile? • Alcuni danno una risposta positiva a questa domanda • Tuttavia, sarebbe illusorio pensare ad un ritorno ad un insediamento fondato su piccoli centri. • Il dibattito sulla sostenibilità urbana si focalizza in particolare sulla distinzione tra carattere compatto o diffuso.
• Il modello della città compatta appare come un sistema fortemente artificiale. • Ma in realtà dal punto di vista ambientale presenta forti vantaggi. • Inoltre produce economie di scala e di agglomerazione • I servizi sono più difficilmente ottenibili in condizioni di bassa densità, oppure implicano costi tali che esclude dalla loro fruizione una parte importante della popolazione
• Al contrario, la città diffusa non solo ha bisogno di maggior spazio urbanizzato per insediarvi la popolazione, ma richiede una sempre più capillare diramazione delle infrastrutture. • Ogni abitante dell’area a urbanizzazione diffusa tenderà ad occupare una maggiore estensione del suolo di quanto necessiti ad un abitante di città compatte.
• Nel valutare la sostenibilità di un insediamento urbano bisogna però considerare non solo la dimensione ambientale della sostenibilità, ma anche quella sociale. • In generale si può osservare che la dispersione insediativa si è finora associata a stili di vita maggiormente individualizzati in cui le differenze di condizione sociale più difficilmente possono trovare un correttivo nella disponibilità di servizi e spazi pubblici.
Le alternative alla città diffusa (Mela, 2006) 3 modelli sono stati proposti: 1) Il primo modello è basato sull’idea di una possibile ricompattazione della città. • Per ottenere il ricompattamento della città dovrebbero essere messe in atto politiche contemperano il ricorso a restrizioni nell’uso suolo extraurbano con progetti attivi di rivitalizzazione delle parti di città più degradate e con il riuso di aree exindustriali (Es. Friburgo). • Limiti di questo modello: la compattezza del nucleo cittadino non è sufficiente ad aumentare il grado di sostenibilità se non si accompagna ad un complesso di politiche atte ad accrescere la qualità ambientale e sociale della città.
2) Un secondo modello di intervento in direzione della sostenibilità urbana è quello incentrato su un’articolazione degli insediamenti in quartieri progettati in modo da garantire una tendenziale chiusura dei cicli. • Lo scopo è quello di una riduzione dell’impronta ecologica di ciascun insediamento. • La strategia di ‘chiusura dei cicli’ pare prospettare un modello di città incompatibile con quello della città compatta. • In realtà anche spazi recuperati da siti industriali o infrastrutture portuali (es. Vastra Hamnen a Malmo) possono essere progettati in modo da raggiungere un’ampia autosufficienza energetica.
3) Un terzo modello si propone come sintesi tra i primi due. • Prevede la combinazione di politiche volte alla tutela della forma compatta dell’area centrale e di interventi diretti a proporre, in alternativa allo sprawl, uno sviluppo extraurbano basato su nuclei densi con forte grado di autosufficienza energetica. Concetto di decentralised centralisation. • Idea di una crescita urbana che punta alla creazione di una rete di insediamenti densi, centrati attorno ad alcune funzioni centrali e connessi alla rete dei trasporti pubblici. • Prende atto di una tendenza ormai diffusa nei paesi ad economia postindustriale alla formazione di un sistema di polarità specializzate decentrate che si connettono a rete tra loro. • Tale tendenza presenta sia rischi che opportunità dal punto di vista della sostenibilità
Il ruolo della pianificazione: AGENDA 21 • Compito di tradurre i modelli in effettive trasformazioni della città è quello degli strumenti della pianificazione. • Tra i piani strategici il più importante per quanto riguarda la sostenibilità è Agenda 21 • Varato dalla conferenza internazionale di rio nel 1992, finalizzato al raggiungimento del massimo consenso attorno ad azioni condivise di sviluppo locale sostenibile. • Privilegiato il livello comunale: in Europa ¾ delle amministrazioni che hanno varato un’agenda 21 sono comuni, un sesto sono provincie.
• Strumento di governance incentrato attorno al forum ambientale- tavolo di confronto e di definizione del piano, delle sue azioni strategiche. • Nel caso delle Agende 21 italiane le principali aree di intervento riguardano formazione e sensibilizzazione, riqualificazione di aree dismesse, monitoraggi ambientali. I temi: mobilità, energie, acqua e rifiuti sono quelli su cui si registra il maggior numero di azioni (http: //www. a 21 italy. it/).
Limiti/problemi di Agenda 21 nel caso italiano: • Problema di legittimazione politica • Rischio della nuclearizzazione e parcellizzazione di temi e problemi ambientali • Conflitto tra strumenti di pianificazione strategica • Conflitto con strumenti pianificazione operativa
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