Sociologia economica del welfare Piera Rella 8 ottobre
Sociologia economica del welfare Piera Rella -8 ottobre 2018 o corso di laurea in Programmazione Gestione e Valutazione dei Servizi Sociali PROSS- I anno o 12 crediti formativi (inclusi 6 Nocifora sulle migrazioni) – gruppo disciplinare SPS/09 o Dal 24 settembre fino all’ 11 dicembre, inclusi esonero e presentazione lavori studenti Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche E-mail: piera. rella@uniroma 1. it ludovica. rossotti@uniroma 1. it Ricevimento stanza B 12 su appuntamento 1
Abbiamo visto settimana scorsa o 4 modelli di welfare (secondo Esping Andersen e Titmuss: liberale residuale, conservatore corporativo, e una sua variante per i Paesi mediterranei del sud) a cui corrispondono 4 modelli di capitalismo secondo Burroni o Trasformazione e dei rischi sociali e persistenza del welfare di Costanzo Ranci e Mauro Migliavacca attenzione alla famiglia e al mercato del lavoro o Stefano Sacchi e Patrick Vesan Le politiche- attive e passive- del lavoro
Le politiche di welfare non hanno subito cambiamenti (Ranci e Migliavacca) o Inerzia del nostro sistema di welfare: o in sanità si spende meno che negli altri grandi paesi Ue per la tutela della disabilità o e ancor meno in indennità di disoccupazione, o e spesa sociale in senso stretto o Spesa sociale per famiglie e infanzia più a rischio con la crisi non è aumentata o Manca un Rmi (a parte il Sia e il Rei introdotti dopo)
conclusioni Le disuguaglianze tra i diversi gruppi sociali si sono approfondite in un gioco a somma 0, in cui o i perdenti sono i < 16 anni, i giovani, i lavoratori temporanei, le famiglie monoreddito, i non autosufficienti e coloro che li accudiscono, i ceti medi o I vincitori: ricchi, dirigenti, imprenditori professionisti, pensionati Il welfare non ha attenuato le sofferenze degli sconfitti per Ø Inerzia delle politiche pubbliche (visione benevola) Ø Propensione a rispondere agli interessi degli insiders (Ranci, Migliavacca)
Conclusioni Sacchi Vesan nel 2014 o Forte aumento flessibilità non aumenta possibilità d’impiego durature, a meno che non avvenga in un’azienda in espansione tentativo attuale Jobs act di rafforzare il carattere stabile del lavoro o Alla vigilia della crisi economica si sono tappate le falle, ma manca un pavimento di diritti sociali e universalistici accessibili per tutti i lavoratori: Ø gli ammortizzatori sociali rimangono di tipo assicurativo (quindi non per tutti)Ø Le politiche attive sono limitate Ø La riforma degli Spi limitata
Rei e Rmi politiche o Di attivazione al lavoro o Di contrasto alla povertà Prima di introdurre più approfonditamente il lavoro di gruppo Serve perciò un analisi delle politiche socio- assistenziali 6
Le politiche socio assistenziali di Yuri Kazepov Cap 4 del testo a cura di Ascoli, Il welfare in Italia (+ riferimenti a Madama Le politiche di assistenza del welfare, Il Mulino 2010)
Cos’è l’assistenza sociale e come è cambiata o Le politiche socio-assistenziali vanno dalle misure contro la povertà a quelle che servono a integrare i servizi socio assistenziali territoriali o E’ la parte più antica del welfare che risale alla Poor Laws (1601) →obbligo delle parrocchie locali di assistere i propri poveri (misura paternalista per garantire ordine pubblico) →contenere vagabondaggio ) →stigma per le persone o Sotto Elisabetta I- New poor Low (1834) più rigida e punitiva (le case di lavoro di fatto delle prigioni per contrastare aumento degli emarginati conseguenti all’inurbamento
2° generazione di politiche sociali 2° generazione: dopo rivoluzione francese e industriale assunzione di responsabilità da parte dello Stato → secolarizzazione assistenza e istituzionalizzazione diritti bisognosi. Specie nel II dopoguerra definizione di soglie di povertà considerate inaccettabili → erogazione di un sussidio a fronte di una prova dei mezzi → universalismo selettivo Negli anni’ 80 i cambiamenti demografici, sociali e la crisi occupazionale rendono insostenibile il sistema di welfare↓ Nel 1995 i trasferimenti assorbivano tra il 90 e il 95% della spesa assistenziale: bisogna incrementare i servizi a livello territoriale e definire i LEP (livelli essenziali di prestazioni)
3° generazione di politiche sociali 3° generazione: nuovi rischi sociali a seguito della transizione demografica (bassi tassi fertilità, instabilità matrimoniale e processi migratori) e crisi socio economica (disoccupazione etc) → diritto “vincolato” si diffonde in tempi diversi nella Ue → politiche di attivazione ( ti do il sussidio se sei disponibile a lavorare o a formarti) e rifiuto termine assistenza sociale (ad sistere = stare vicino). Difficoltà e ritardi italiani dato che neanche quelle di 2° generazione erano consolidate
Le misure di assistenza sociale in Europa o Inizio anni ’ 70 ultima rete di sostegno contro la povertà (con generosità variabile e diversi criteri di accesso) diffusa nella maggior parte paesi Ue. Asili nido e assistenza domiciliare anziani nei paesi nordici (sviluppati nell’Europa continentale negli anni ’ 90). o I paesi mediterranei sono ancora più in ritardo. Manca un Rmi→ Forti responsabilità alla famiglia→ funziona finché il capo famiglia ha un reddito sufficiente e la donna svolge compiti di cura
Come si passa a forme assistenziali di 3° generazione L’aumento della disoccupazione, specie di lungo periodo fa aumentare l’uscita dalla protezione previdenziale e l’entrata nell’assistenza sociale → politiche di attivazione ↙↘ Promozione personalità obbligo lavorativo Inclusione sociale condizione x il sussidio Paesi nordici (continentali) paesi anglosassoni Ovunque cresce il ruolo degli attori regionali e diminuisce quello dello Stato
Le politiche di assistenza sociale in Italia “Diritto al mantenimento e all’ assistenza per chi è inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi” (art. 38 Costituzione) o Nonostante ciò molti aspetti critici nel welfare italiano 1) Categorialità e frammentarietà (vecchiaia e meno esclusione sociale e povertà) 2) Squilibrio distribuzione spesa pubblica per poca capacità redistributiva, risorse scarse e gestione disorganica → poca efficacia nel ridurre povertà e disagio 3) particolarismo clientelistico: ad es. pensioni di invalidità quintuplicate dal 1960 al 1980, merce di scambio sul mercato clientelare tanto da superare nel 1974 quelle di vecchiaia
Difficolta’ nell’applicare le forme assistenziali di 2°generazione L’AS tra stato e chiesa (Madama) o Dpr 616/1977 Regioni ed enti locali acquisiscono competenze in tema di assistenza e beneficienza incluse beni e personale Ipab o Lungo contenzioso sulle Ipab che ne bloccò di fatto l’attuazione fino al 2001
Discrezionalità e sussidiarietà passiva o Elevata discrezionalità degli operatori sociali per scarsa esigibilità dei diritti e in funzione di limitare la spesa o Sussidiarietà passiva: attribuire responsabilità a famiglie, terzo settore, enti locali, senza attribuire risorse adeguate (ad es. assegni familiari bassi e limitati a lavoratori dipendenti a basso reddito: scarso finanziamento cooperative sociali e durante la crisi de-finanziamento enti locali) ↓ Le politiche di assistenza sociale esprimono più di altre la debolezza del welfare
Gli anni ’ 80 tra crisi economica e de -sincronizzazione delle riforme o Assistenza sociale e politiche per il lavoro non sincronizzate → aumento differenze territoriali o Assistenza sociale schiacciata tra un sistema pensionistico ingombrante e uno sanitario poco efficiente o 1989 primo tentativo di risolvere l’ambigua divisione tra previdenza e assistenza o Seguono diverse leggi di riforme parziali prima della legge quadro
Gli anni ’ 90: le pressioni della Ue e le speranze di cambiamento o Pressione Ue dopo trattato di Maastricht 1992 o Legge 285/1997 Disposizioni per la promozione di diritti e opportunità per l’infanzia e l’adolescenza → interventi socioeducativi di prevenzione del disagio o La commissione Onofri nominata nel 1997 dal I governo Prodi per una riforma dello stato sociale ↓ o Diagnosi: spesa inadeguata, elevata frammentazione istituzionale e categoriale, sovrapposizioni funzionali; eccessivo ricorso ai trasferimenti a discapito dei servizi, differenziazione territoriale, assenza di una rete di sicurezza sociale di ultima istanza Incremento risorse o Proposte di riforma ↕ Razionalizzazione interventi
La sperimentazione del RMI o Nel 1999 si sperimenta in 39 comuni per 1 biennio una misura assistenziale di 3° generazione, ispirata al Rmi francese che prevedeva misure attive di inserimento nel lavoro con percorsi psicologici e formativi o Nel 2001 si estende la sperimentazione per un altro biennio a 267 comuni che facevano parte di patti territoriali (progetti di sviluppo integrati dei territori, mobilitando e cercando di responsabilizzare le forze locali, proposti dal Cnel con l’obiettivo di produrre più capitale sociale). Risultati: → Al Sud lavori di pubblica utilità → al Nord inserimento lavorativo protetto
Criticità della sperimentazione per scarso coordinamento inter-istituzionale 1. Mancanza accompagnamento comuni 2. Scarso coordinamento interistituzionale per controllare le dichiarazioni dei richiedenti 3. Chi dichiara di non avere reddito viene considerato un lavoratore in nero (danno per i veri incapienti) 4. Mancanza personale formato a gestire situazioni multiproblematiche o comunque un progetto di reinserimento 5. Incapacità (o maggiore difficoltà ) di creare circoli virtuosi di reinserimento professionale proprio al Sud, dove mancano anche politiche di sviluppo locale 6. Variabilità rete attori locali (mancanza di sostegno per i territori più deboli) 7. Esclusione enti territoriali sovra-comunali (ma comuni troppo piccoli non possono gestire il reinserimento)
Rapporto di valutazione del Rmi fatto da 3 istituti di ricerca indipendenti e Rui o Aspetti positivi: il venir meno di misure categoriali e discrezionali di sostegno al reddito o Aver incluso persone in acuto bisogno economico prima escluse o Aver promosso nuovi percorsi di inserimento e recupero sociale (incluso l’abbandono scolastico) o Aspetti critici: selettività e scarsa attivazione in alcuni contesti meridionali Ministro Maroni, appigliandosi alle critiche, dichiarò fallimentare l’esperienza. Nel 2001 si passa dal Rmi al RUI (reddito di ultima istanza molto più basso e previsto dal Libro bianco del welfare cofinanziato da Regioni e Stato) Rui mai attuato, perché una sentenza della Corte costituzionale del 2004 considera incostituzionale il cofinanziamento statale dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, senza la definizione dei LEPS Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali
La sperimentazione locale di sostegni al reddito o Terminata nel 2004 la sperimentazione nazionale si avviano forme di sostegno locale, anche di tipo regionale in Campania, Basilicata, Friuli Venezia Giulia. o Solo nel Lazio il sostegno è di tipo categoriale, rivolto a disoccupati di vario tipo, che non hanno sostegno economico o Le disuguaglianze di trattamento a livello territoriale continuano anche oggi con il paradosso che le Regioni più ricche hanno più disponibilità finanziaria, meno povertà e più facilmente un RMI, come Val d’Aosta, Trento Bolzano ed Emilia Romagna 21
Le aspettative tradite dalla legge 328/2000 Riprende proposte commissione Onofri, ma demanda la realizzazione a decreti attuativi (di fatto solo il dl 207/2001 di scioglimento Ipab) o E’ l’esito di un lungo percorso di avvicinamento tra erogazioni monetarie e servizi socio-assistenziali o Annullata dalla riforma del Titolo V della Costituzione che lascia allo stato i compiti v di finanziare il fondo perequativo (alle Regioni tutto il resto) v Coordinare la riforma istituzionale v Stabilire i LEPS (prestazioni sociali)
La spesa per servizi sociali o Il fondo per le politiche sociali, istituito nel 1998, in crescita fino al 2004, poi altalenante, con tendenza al ribasso. Chiuso nel 2010 per rendere certa la (bassa) quota spettante agli enti territoriali. o Rispecchia le caratteristiche del welfare italiano dato che finanzia per il 59, 3% Fnps (fondo naz. politiche sociali), 36, 5% le Regioni, 4, 2% altre amministrazioni nel 2009 o Nel 2006 la spesa per servizi sociali è solo il 15% o Coordinamento e promozione da parte dello stato di misure perequative tra territori è mancato
Ambiguità anche dei governi di centro sinistra o Sgravi fiscali lasciano fuori chi non ha alcuna fonte di reddito, a meno che si preveda un imposta negativa o bonus per incapienti o Sgravi sull’Ici per la prima casa sono iniqui rispetto alla platea degli affittuari
Recenti misure di AS contro la povertà o social card introdotta nel 2008 di 40 euro mensili, o bonus famiglia per cittadini sopra i 65 anni e con figli minori sotto i 3 anni e valore ISEE sotto i 6000 euro o ISE = Indicatore Situazione Economica (oltre al reddito il patrimonio per evitare i “falsi positivi” dovuti all’evasione fiscale) o ISEE = Indicatore Situazione Economica equivalente (ISE ponderato con numerosità nucleo familiare)
Viene meno la funzione anticiclica delle politiche sociali o Per una spesa troppo bassa che scende ulteriormente durante la crisi o Perché non si colma la carenza dei servizi sociali o Il Piano asili nido è tra le poche cose che riesce ad avviare il II governo Prodi, senza completarlo
Deresponsabilizzazione governo centrale o Viene meno l’anomalia italiana che pagasse l’Inps (lavoratori dipendenti) l’integrazione al minimo e l’invalidità civile o Ma i LEPS non si definiscono o I piani di zona a livello locale funzionano, ma aggravano le differenze territoriali o Le riforme con risorse decrescenti sono difficili
Un bilancio di 15 anni di riforme in base a 4 obiettivi Commissione Onofri (Madama, 2010) 1. Una politica organica e inclusiva di lotta alla povertà? o Frammentazione interventi con ampia differenziazione requisiti d’accesso (Ise non sempre utilizzato) o Rmi, l’innovazione più interessante - La sperimentazione fatta proprio in contesti “difficili” per migliorare lo strumento sarebbe venuta a costare a livello nazionale dai 2, 2 mld ai 3 nel 2001, meno dei 10 mld spesi in pensioni di invalidità o Tolto l’Rmi la povertà è poco ridotta dal welfare italiano: contano soprattutto pensioni sociali e poco gli altri trasferimenti→ rischi più elevati che in altri paesi Ue per minori e working poor (qui è peggio negli altri paesi meridionali)
2. Il mancato rilancio dei servizi sociali o Rimane preferenza accordata ai trasferimenti o Sola eccezione i nidi raddoppiati in un decennio (i privati decuplicati, i pubblici + 30%) senza coprire tutte le necessità o Servizi non sanitari: l’Italia in posizione marginale in Ue→ famiglie ricorrono a strutture per anziani private e a badanti
3. Lep e disomogeneità territoriali: quali progressi o La legge quadro del 2000 prevedeva un tavolo tecnico governo, Regioni, enti locali→ risultati sintetizzati da Maroni nel 2004 in un documento che non fu approvato per contrasti politici tra Regioni e per la decurtazione del Fondo nazionale per le politiche sociali o Il Centro sinistra stabilì i Lep per gli asili nido, ma nel 2008 6% asili al Sud e 26% in Emilia Romagna → cittadinanza sociale differenziata a livello territoriale
4. Andamento delle risorse del FNPS destinate al welfare locale Fonte: Ministero del lavoro e delle politiche sociali 2011 (Burgalassi, 2014)
Quali differenze tra Lep, Lea e Liveas?
Lep, Lea, Liveas I Lep = livelli essenziali di prestazioni (dal punto di vista finanziario) non sono stati definiti a livello statale, mentre si è pervenuti ad una definizione nazionale dei Lea = Livelli Essenziali di Assistenza sanitaria Liveas = i livelli essenziali assistenza sociale ≈ Lep, ma più qualitativi sono ancora in fase di determinazione, sul piano legislativo, demandando la programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi agli Enti locali e alle Regioni ↓ realizzando in tal modo lo sviluppo di differenti modelli di integrazione sociosanitaria. o In un convegno del 2015 a Napoli si proponeva di integrare Lea e Liveas, chiarendo compiti di Stato e Regioni
La spesa socio-assistenziale aumento o contrazione? o Rimane distorsione allocativa verso vecchiaia e disabilità o ma la spesa avrebbe bisogno di aumentare (specie in servizi che nel 2000 sono appena lo 0, 4% del Pil rispetto allo 0, 3 del 1995) e non di contrarsi
prime conclusioni o La sussidiarietà non deve trasformarsi in una forma passiva di delega delle responsabilità: si rischia impoverimento e sovraccarico famiglie o Leps potrebbero essere strumenti contro la distorsione particolaristica, creatori di diritti, ma non vengono definiti o Manca una visione lungimirante delle politiche sociali come investimento sul benessere della società
Il discorso sull’assistenza sociale sarà approfondito nella prossima lezione facendo riferimento al testo di Madama sul perché non si sono fatte le riforme fino al 2011 e a o Ascoli, Ranci, Sgritta, Investire nel sociale. La difficile innovazione del welfare italiano 2015 36
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