Saba e la psicanalisi La verit che giace
Saba e la psicanalisi “La verità che giace al fondo” Katia Verdiani
I principali motivi per cui la personalità di Saba è “diversa” Il senso di sradicamento del poeta deriva da: 1. Origini ebraiche (padre di origine arianamadre ebrea) 2. Origini triestine: Trieste “città di frontiera” in cui convivono diverse culture 3. Dinamiche familiari: il padre abbandonò la madre prima della nascita di Umberto. 4. Rapporto tra l’educazione ricevuta dalla balia Peppa Sabaz (periodo felice e spensierato per il poeta) e l’educazione rigida e severa ricevuta dalla madre. 5. Latente omosessualità (esperienza giovanile raccontata nel romanzo incompiuto Ernesto)
Intorno al 1928 -1929 egli si sottopose a una terapia psicoanalitica con il noto analista Edoardo Weiss, allievo di Freud. In un articolo del 1946, intitolato Poesia, filosofia e psicoanalisi Saba stesso analizzò il rapporto che intercorre, nella sua opera tra poesia e psicoanalisi.
“Poesia e psicoanalisi sono fra di loro quasi incompatibili. Una persona che attraverso un’esperienza psicanalitica condotta fino in fondo e completamente riuscita, avesse superati in se stessa tutti i propri complessi e, con quelli, la propria infanzia, non scriverebbe più poesie (…). Perché questo? Perché la poesia, come tutte le arti, è impensabile senza che ci sia, in chi la esercita, una forte, un’eccessivamente forte carica di narcisimo, carica che l’analisi tende per quanto possibile, a diminuire, deviandola dal soggetto all’oggetto”
Secondo Congedo O mio cuore dal nascere in due scisso quante pene durai per uno farne quante rose a nascondere un abisso!
Tre poesie alla mia balia - I Mia figlia mi tiene il braccio intorno al collo, ignudo; ed io alla sua carezza m' addormento. Divento legno in mare caduto che sull' onda galleggia. E dove alla vicina sponda anelo, il flutto mi porta lontano. Oh, come sento che lottare è vano! Oh, come in petto per dolcezza il cuore vien meno! Al seno approdo di colei che Berto ancora mi chiama, al primo, all' amoroso seno, ai verdi paradisi dell' infanzia
Tre poesie alla mia balia - III . . . Un grido s'alza il bimbo sulle scale. E piange anche la donna che va via. Si frange per sempre un cuore in quel momento. Adesso sono passati quarant'anni. Il bimbo è un uomo adesso, quasi un vecchio, esperto di molti beni e molti mali. È Umberto Saba quel bimbo. E va, di pace in cerca, a conversare colla sua nutrice; che anch'ella fu di lasciarlo infelice, non volontaria lo lasciava. Il mondo fu a lui sospetto d' allora, fu sempre (o tale almeno gli parve) nemico. Appeso al muro è un orologio antico così che manda un suono quasi morto. Lo regolava nel tempo felice il dolce balio; è un caro a lui conforto regolarlo in suo luogo. Anche gli piace a sera accendere il lume, restare da lei gli piace, fin ch'ella gli dice: "E' tardi. Torna da tua moglie, Berto".
Eroica Nella mia prima infanzia militare Schioppi e tamburi erano i miei giocattoli; come gli altri una fiaba, io la canzone amavo udire dei coscritti. Quando Con sé mia madre poi mi volle, accanto mi pose, a guardia, il timore. Vestito non mi vide da soldato, in visita da noi venendo, la mia balia. Assidui moniti udivo da mia madre; i casi della sua vita, dolorosi e mesti. E fu il bambin dalle calze celesti, dagli occhi pieni di un muto rimprovero, buono a sua madre e affettuoso. Schioppi più non ebbi e tamburi. Ma nel cuore io li celai; ma nel profondo del cuore furono un giorno i versi militari; oggi sono altra cosa: il bel pensiero, forse, onde resto in tanto strazio vivo.
Mio padre è stato per me "l'assassino"; fino ai vent'anni che l'ho conosciuto. Allora ho visto ch'egli era un bambino, e che il dono ch'io ho da lui l'ho avuto. Aveva in volto il mio sguardo azzurrino, un sorriso, in miseria, dolce e astuto. Andò sempre pel mondo pellegrino; più d'una donna che l'ha amato e pasciuto. Egli era gaio e leggero; mia madre tutti sentiva della vita i pesi. Di mano ei gli sfuggì come un pallone. "Non somigliare - ammoniva - a tuo padre": ed io più tardi in me stesso lo intesi: Eran due razze in antica tenzone.
Dico al mio cuore, intanto che t'aspetto: scordala, che sarà cosa gentile. Ti vedo, e generoso in uno e vile, a te m'affretto. So che per quanto alla mia vita hai tolto, e per te stessa dovrei odiarti. Ma poi altro che un bacio non so darti quando t'ascolto. Quando t'ascolto parlarmi d'amore sento che il male ti lasciava intatta; sento che la tua voce amara è fatta per il mio cuore.
Appunti Un tiro di cannone ed una fuga di colombi nell'aria. Mezzogiorno annuncia ai cittadini il lieto sparo che i volanti impaura. Ad un vicino tavolo un uomo con cura gelosa regola al polso l'orologio; a leggere riprende, grave, il suo giornale. Io l'odio; l'odia in me il piccolo Berto. E ad un tempo di non assomigliargli mi fa onta, d'essere solo e diverso. . . I colombi si sono in pace rimessi; il becchime cercano nella piazza al sol deserta.
Amai trite parole che non uno osava. M'incantò la rima fiore amore, la più antica difficile del mondo. Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno obliato, che il dolore riscopre amica. Con paura il cuore le si accosta, che più non l'abbandona. Amo te che mi ascolti e la mia buona carta lasciata al fine del mio gioco.
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