PLATONE la scienza della natura prof Michele de

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PLATONE (la scienza della natura) prof. Michele de Pasquale

PLATONE (la scienza della natura) prof. Michele de Pasquale

a differenza dell’indagine del mondo intellegibile, appreso dall’intelligenza e oggetto di una scienza definitiva

a differenza dell’indagine del mondo intellegibile, appreso dall’intelligenza e oggetto di una scienza definitiva (dialettica), l’indagine del cosmo naturale, per il suo carattere variabile ed instabile, non può essere oggetto di una scienza definitiva bisogna accontentarsi di una narrazione verosimile e perciò Platone ricorre al mito (in genere Platone ricorre al mito quando deve esprimere verità morali o religiose che il pensiero razionale intuisce confusamente e non è in grado di portare sul piano della dimostrazione evidente) nella fase della maturità, sembra che Platone accanto all’episteme faccia posto alla doxa che non è più contrapposta alla verità dato che è possibile distinguere tra opinione falsa ed opinione vera, la quale non è incompatibile anche se non coincidente con la verità filosofica

premessa l’esistenza di due conoscenze la conoscenza a priori dell’intelligenza (quella delle idee, delle

premessa l’esistenza di due conoscenze la conoscenza a priori dell’intelligenza (quella delle idee, delle verità matematiche) oggetto della dialettica la conoscenza a posteriori basata sulla sensazione (quella della natura) oggetto di un sapere congetturale che non giunge mai ad una verità assoluta è possibile che la conoscenza della natura si avvicini alla esattezza della conoscenza filosofica se si ipotizza l’esistenza di un modello ideale che ha presieduto alla formazione della natura tentativo di attenuazione, nella scienza della natura del tardo Platone, della separazione tra idee e mondo sensibile

al centro del mito cosmologico c’è il demiurgo (demiourgòs), un’intelligenza ordinatrice che non crea

al centro del mito cosmologico c’è il demiurgo (demiourgòs), un’intelligenza ordinatrice che non crea il mondo dal nulla, ma conferisce un ordine intellegibile ad una materia preesistente il demiurgo introduce l’ordine nel caos delle origini avendo di mira una perfezione ideale: l’idea del Bene i. Il demiurgo è il simbolo del finalismo che vi è nell’universo, la materia invece esprime la resistenza: la materia è il ricettacolo da cui fuoriescono gli elementi visibili che il demiurgo adatta allo spazio (chòra) servendosi di forme geometriche

il demiurgo crea l’anima del mondo (elemento non antropologico, ma cosmico) che poi comunicherà

il demiurgo crea l’anima del mondo (elemento non antropologico, ma cosmico) che poi comunicherà il movimento alle anime dei corpi il tempo è l’immagine sensibile più vicina alla perfezione ed eternità delle idee (“immagine mobile dell’eternità”) (Timeo, 37 ss); il tempo è misurato dal movimento del cielo (il movimento circolare che imita l’eternità del mondo delle idee); ma nonostante questa vicinanza le idee conservano sempre la loro trascendenza “ Timeo –. . noi che siamo per parlare dell’universo, com’è nato o se anche è senza nascimento, se proprio non deliriamo, è necessario che, invocando gli dèi e le dee, li preghiamo che ci facciano dire ogni cosa soprattutto secondo il loro pensiero e anche coerentemente a noi stessi… Prima di tutto, secondo la mia opinione, si devono distinguere queste cose. Che è quello che sempre è e non ha nascimento, e che è quello che nasce sempre e mai non è? L’uno è apprensibile dall’intelligenza mediante il ragionamento, perché è sempre nello stesso modo; l’altro invece è opinabile dall’opinione mediante la sensazione irrazionale, perché nasce e muore, e non esiste mai veramente. %

Tutto quello poi che nasce, di necessità nasce da qualche cagione, perché è impossibile

Tutto quello poi che nasce, di necessità nasce da qualche cagione, perché è impossibile che alcuna cosa abbia nascimento senza cagione. Ora, quando l’artefice, guardando sempre a quello che è nello stesso modo e giovandosi di cosí fatto modello, esprime la forma e la virtú di qualche opera, questa di necessità riesce tutta bella: non bella invece, se guarda a quel ch’è nato, giovandosi d’un modello generato. Dunque, intorno a tutto il cielo o mondo o, se voglia chiamarsi con altro nome, si chiami pure cosí, conviene prima considerare quel che abbiamo posto che si deve considerare in principio intorno ad ogni cosa, se cioè è stato sempre, senz’avere principio di nascimento, o se è nato, cominciando da un principio. Esso è nato: perché si può vedere e toccare ed ha un corpo, e tali cose sono tutte sensibili, e le cose sensibili, che son apprese dall’opinione mediante la sensazione, abbiamo veduto che sono in processo di generazione e generate. Noi poi diciamo che quello ch’è nato deve necessariamente esser nato da qualche cagione. Ma è difficile trovare il fattore e padre di quest’universo, e, trovatolo, è impossibile indicarlo a tutti. Pertanto questo si deve invece considerare intorno ad esso, secondo qual modello l’artefice lo costruí: se secondo quello che è sempre nello stesso modo e il medesimo, o secondo quello ch’è nato. Se è bello questo mondo, e l’artefice buono, è chiaro che guardò al modello

E se questo sta cosí, è assoluta necessità che questo mondo sia immagine di

E se questo sta cosí, è assoluta necessità che questo mondo sia immagine di qualche cosa. Ora in ogni questione è di grandissima importanza il principiare dal principio naturale: cosí dunque conviene distinguere fra l’immagine e il suo modello, come se i discorsi abbiano qualche parentela con le cose, delle quali sono interpreti. Pertanto quelli intorno a cosa stabile e certa e che risplende all’intelletto, devono essere stabili e fermi e, per quanto si può, inconfutabili e immobili, e niente di tutto questo deve mancare. Quelli poi intorno a cosa, che raffigura quel modello ed è a sua immagine, devono essere verosimili e in proporzione di quegli altri, perché ciò che è l’essenza della generazione, è la verità alla fede. Se dunque, o Socrate, dopo che molti han detto molte cose intorno agli dèi e all’origine dell’universo, non possiamo offrirti ragionamenti in ogni modo seco stessi pienamente concordi ed esatti, non ti meravigliare; ma, purché non ti offriamo discorsi meno verosimili di quelli di qualunque altro, dobbiamo essere contenti, ricordandoci che io che parlo e voi, giudici miei, abbiamo natura umana: sicché intorno a queste cose conviene accettare una favola verosimile, né cercare piú in là. Socrate – Molto bene, o Timeo, e bisogna accettarla senz’altro, come tu dici. Già abbiamo accolto il tuo preludio con molto diletto, e ora seguitando fa che noi ascoltiamo il tuo canto. %

Timeo – Diciamo dunque per qual cagione l’artefice fece la generazione e quest’universo. Egli

Timeo – Diciamo dunque per qual cagione l’artefice fece la generazione e quest’universo. Egli era buono, e in uno buono nessuna invidia nasce mai per nessuna cosa. Immune dunque da questa, volle che tutte le cose divenissero simili a lui quanto potevano. Se alcuno accetta questa dagli uomini prudenti come la principale cagione della generazione e dell’universo, l’accetta molto rettamente. Perché dio volendo che tutte le cose fossero buone e, per quant’era possibile, nessuna cattiva, prese dunque quanto c’era di visibile che non stava quieto, ma si agitava sregolatamente e disordinatamente, e lo ridusse dal disordine all’ordine, giudicando questo del tutto migliore di quello. Ora né fu mai, né è lecito all’ottimo di far altro se non la cosa piú bella. Ragionando dunque trovò che delle cose naturalmente visibili, se si considerano nella loro interezza, nessuna, priva d’intelligenza, sarebbe stata mai piú bella di un’altra, che abbia intelligenza, e ch’era impossibile che alcuna cosa avesse intelligenza senz’anima. Per questo ragionamento componendo l’intelligenza nell’anima e l’anima nel corpo, fabbricò l’universo, affinché l’opera da lui compiuta fosse la piú bella secondo natura e la piú buona che si potesse. . %

è veramente un animale animato e intelligente generato dalla provvidenza di dio. Posto ciò,

è veramente un animale animato e intelligente generato dalla provvidenza di dio. Posto ciò, occorre che passiamo in séguito a dire a somiglianza di qual animale l’abbia fatto l’artefice. Certo non reputeremo che l’abbia fatto a somiglianza d’alcuno di quelli che hanno forma di parte, perché niente assomigliato a cosa imperfetta può mai esser bello: ma lo porremo somigliantissimo a quello, del quale sono parti gli altri animali considerati singolarmente e nei loro generi. Perché quello ha dentro di sé compresi tutti gli animali intelligibili, come questo mondo contiene noi e tutti gli altri animali visibili. E dio volendolo rassomigliare al piú bello e al piú compiutamente perfetto degli animali intelligibili, compose un solo animale visibile, che dentro di sé raccoglie tutti gli animali che gli sono naturalmente affini. Ma abbiamo detto noi rettamente che uno è il cielo oppure era piú retto dire che sono molti e infiniti? Uno è il cielo, se è stato fatto secondo il modello. Perché non può essere secondo con un altro quello che comprende tutti gli animali intelligibili: se no, a sua volta vi dovrebbe essere un altro animale, che contenesse quei due, che sarebbero sue parti, e allora non già a quei due, ma a quello che li contiene si direbbe piú rettamente che questo mondo somigliasse. Affinché dunque questo mondo, per esser solo, fosse simile all’animale perfetto, per questo il fattore non fece né due né infiniti mondi, ma v’è questo solo unigenito e generato cielo, e ancora vi sarà. [. . . ]

demiurgo In generale, l’artigiano, colui che esercita un mestiere per il pubblico. In un

demiurgo In generale, l’artigiano, colui che esercita un mestiere per il pubblico. In un senso più specifico, il divino artefice che ha formato l’universo (Timeo 29 a) e che lo governa, ora muovendolo direttamente, ora abbandonandolo al suo corso naturale (Politico 269 c)

necessità (anànke). La legge di natura, in ciò che ha di imprevedibile e incalcolabile

necessità (anànke). La legge di natura, in ciò che ha di imprevedibile e incalcolabile per la ragione. La generazione dell’universo è derivata da una combinazione di intelligenza (logos) e necessità (Timeo 48). In tal senso essa non ha, come in Democrito, un carattere deterministico, ma ammette un elemento di finalismo. L’intelligenza, infatti, governa la necessità con la persuasione. Tuttavia la necessità naturale conserva pur sempre un aspetto di casualità e ideterminatezza. E’ quella causa errante (planomène aitìa) di cui bisogna tener conto nel passaggio dalla mera ricostruzione ideale della genesi del cosmo alla descrizione effettiva della sua formazione (Timeo 48 a)

spazio Il luogo fisico in cui si produce il divenire (Timeo 51 b). E’

spazio Il luogo fisico in cui si produce il divenire (Timeo 51 b). E’ il ricettacolo (ypodochè) di tutto ciò che si genera (Timeo 49 a); la materia (ekmaghèion) formatrice di tutto (Timeo 50 c). Rappresenta un terzo genere, intermedio tra le idee e il mondo dei corpi, che può essere oggetto solo di un “ragionamento bastardo” (loghismo tìni nòtho) (Timeo 51 b)