PAURARABBIATRISTEZZAGIOIA Le emozioni sono i colori del tono
PAURARABBIATRISTEZZAGIOIA
Le emozioni sono i colori del tono dell’umore, con i quali dipingiamo il quadro della nostra esistenza. La gamma delle emozioni si sviluppa tra due polarità opposte, il bisogno di sicurezza e il desiderio dell’ignoto, due istanze irrinunciabili della natura umana. Nell’alternanza tra raccoglimento ed espansione si svolge il ritmo del ciclo vitale.
L’EMOZIONE NON SI PUO’ TRADURRE IN LINGUAGGIO Il sentire emozionale costituisce un continuum; come lo spettro della luce può essere scomposto in colori, così lo spettro affettivo si può scomporre in emozioni che mantengono sempre una loro fluidità e una capacità di trasformarsi. L’ emozione è irriducibile ad un linguaggio logico-razionale, nel linguaggio emozionale gli opposti possono coesistere. L’ambivalenza è una caratteristica dell’emozione, non è ambiguità ma apertura di senso, significato fluttuante. Per questo l’emozione costituisce una riserva di ricchezza di segni che non possono essere interpretati in modo univoco. Non esistono emozioni positive o negative, le emozioni raccontano la verità del soggetto e si trasformano continuamente. L’emozione riguarda un sapere dell’individuo non immediatamente accessibile, che ha a che fare con la verità soggettiva della persona. Secondo Lacan il sentimento dell’angoscia, rappresenta la via privilegiata per accedere al reale del soggetto. Kierkegaard, Heidegger e Sartre hanno individuato nell’emozione quel correlato di verità, capace di aprire alla riflessione soggettiva.
LA TEORIA DEL CERVELLO TRIPARTITO CERVELLO RETTILIANO CERVELLO MAMMALIANO TRONCO CEREBRALE CERVELLETTO SISTEMA LIMBICO ATTACCO-FUGA FIGHT or FLIGHT EMOZIONI RICORDI FUNZIONI AUTONOME SCELTE La teoria del cervello tripartito. Paul Mac Lean 1960 IMMAGINAZIONE CREATIVITA’ CERVELLO UMANO NEOCORTECCIA LINGUAGGIO PENSIERO ASTRATTO RAZIONALITA’
IL SISTEMA LIMBICO
L’ESPRESSIONE CORPOREA La paura, mediante l’attivazione del sistema talamo-amigdalico, si esprime attraverso una scarica di adrenalina , che a sua volta produce la costrizione dei vasi sanguigni, un aumento del battito cardiaco, la contrazione dei muscoli sottocutanei, facendoci drizzare i peli dell’epidermide. La tristezza fa piangere, ma al tempo stesso le lacrime degli altri, quindi la percezione sensoriale delle stesse, produce in noi un senso di malinconia o tristezza, che ci fa commuovere a nostra volta, facendoci sentire “scossi”, abbattuti fisicamente. Il corpo si ripiega nella tristezza, si chiude su di sé, come nel caso del lutto, a proteggere ed elaborare il proprio dolore, che è effettivamente la funzione della tristezza. Nella rabbia il corpo si tende come una corda, pronto a scattare per aggredire e difendersi dal pericolo. Nella gioia il corpo si allarga, si eleva verso il cielo, tentando di esprimere l’entusiasmo che lo percorre. Nella gioia la persona non si sente fragile come nella tristezza, per questo le è più facile aprirsi agli altri, piuttosto che cercare di contenersi. A ogni emozione provata interiormente, corrisponde una espressività corporea di un qualche genere, carica di sensazioni. Le neuroscienze hanno mostrato come vedere quella stessa emozione nel volto degli altri, attiva le regioni cerebrali che sono capaci di attivare la simulazione di quella stessa emozione, come se fossimo noi stessi a provarla.
LACORAZZA MUSCOLARE Un’emozione negata o inibita viene a depositarsi nelle strutture muscoloscheletriche del corpo, strutture attraverso le quali tratteniamo o esprimiamo l’energia dinamica delle emozioni, predisponendo così le condizioni elementari per le patologie psicosomatiche. L’analisi della corazza muscolare fatta da Reich, viene ripresa da Lowen ed estesa come principio fondamentale della psicosomatica che prende in considerazione anche la dimensione d’organo, e cioè la malattia come linguaggio metaforico. I blocchi psicosomatici raccontano la nostra storia, ma noi non siamo più padroni di questa consapevolezza. Quindi, paradossalmente, l’armatura è inconscia: una consapevolezza del Sé, inaccessibile all’Io.
EMOZIONE COME FILTRO Le emozioni rappresentano quelle funzioni psicofisiche dell’organismo, capaci di fare da filtro tra i bisogni interni dell’individuo e la realtà esterna, di renderci consapevoli sia dei processi interni, che delle situazioni esterne, e del rapporto che intercorre o può intercorrere tra le due realtà, in relazione alla nostra persona, e al proprio senso di identità. Le emozioni rappresentano un aspetto essenziale della persona, e di essa in relazione al mondo, dove il piano psicologico, fisiologico ed esistenziale si fondono. Spesso però nel corso della storia della cultura umana, sono state considerate per la loro imprevedibilità e difficoltà di espressione attraverso il linguaggio, come fonte di disturbo e di disagio.
EMOZIONE E IDENTITA’ Il bambino cui non è stato consentito di esprimere la propria dimensione emozionale, cresce con la sensazione di essere sbagliato, perdendo il contatto con la propria interiorità, si distacca da se stesso, e non riesce a rapportarsi agli altri. Essendo le emozioni il punto di contatto non solo con noi stessi, ma con il mondo dei rapporti interpersonali che ci circondano, l’alienazione emozionale produce una incapacità empatica rispetto agli altri, che non permette di rapportarsi in modo appropriato. E’ solo una sintonizzazione emotiva adeguata tra madre e bambino a far si che si sviluppi in lui quel senso di autoefficacia e di autostima che si può fondare unicamente sul riconoscimento interno dell’autenticità dei propri sentimenti. Se le emozioni permettono dunque di stabilire un contatto empatico con gli altri, è necessario un contatto sufficientemente empatico da parte dell’altro, viceversa, affinché il bambino costituisca un senso di sé stabile radicato nelle emozioni.
IL LINGUAGGIO EMOZIONALE LALANGUE Alla nascita il corpo emozionato del bambino dà senso , guida la relazione con la madre. Le parole della madre appaiono al suo piccolo gesti sonori che danno forma, al suo corpo. Mentre i suoni del bambino divengono, per la madre, "parole-segnali" che ella, riprende , attraverso una relazione comunicante attenta ed affettuosa. Tale mondo della coppia madre/bambino contiene sensi e valori corporei e affettivi unici, storici e propri di ciascuna coppia. E’ un linguaggio prevalentemente sonoro-motorio ricco di sfumature dense di soggettività, di sensualità, di partecipazione. Cosi la parola è luogo aperto, in cui trovare forme e significati, nell’ esperienza personale , non totalmente e una volta per tutte definita, è una parola che, ancora sa giocare a disfare le regole del discorso. Questo linguaggio vivificato dal corpo e dall’ ambiguità del simbolo è ricco e arricchente e non si spegne, non muore, sotto la pressione, il dominio completo dell'ordine razionalizzatore codificato da quel linguaggio che esclude, pone fuori luogo, il corpo, l'emozione, il simbolico e la sua apertura illimitata di senso.
LO SPAZIO E IL TEMPO VISSUTI Le emozioni scandiscono il senso del nostro tempo e spazio interiori, del tempo e dello spazio vissuto.
NOSTALGIA ANSIA NOIA RIMPIANTO RIMORSO La nostalgia si riferisce solitamente a un certo passato al quale vorremmo ritornare, e che sommerge il presente cancellando la dimensione del futuro, la capacità progettuale, la dimensione della speranza e dell’attesa. Nella nostalgia si vive in una condizione di esilio, di sradicamento dal qui ed ora, che congela la persona nel ricordo del passato. Viceversa l’ansia ci lega a un futuro che temiamo, e che vorremmo non sopraggiungesse mai, o dal quale vorremmo rifuggire. Nella dimensione emozionale ansiosa la persona anticipa continuamente un futuro angosciante, rispetto al quale teme il fallimento, come succede spesso nella cosiddetta ansia da prestazione. L’anticipazione fa si che il futuro sommerga il presente. Nella noia si vive un presente infinito immobile, nel quale non c’è differenza tra un prima e un dopo, e all’interno del quale le esperienze si contraggono sotto il segno della ripetitività, il tempo scorre ma non passa. Rispetto al rimpianto e al rimorso: il rimpianto vorrebbe prolungare il passato, il rimorso, invece, vorrebbe annientarlo.
MALINCONIA TRISTEZZA NOSTALGIA SORPRESA GIOIA Nella malinconia, la persona abbisogna di uno spazio di riflessione adeguato che possa ospitare il suo senso di smarrimento, la sensazione di perdita, di assenza di intenzionalità. Il suo spazio interiore diventa impalpabile, frammentato. La persona si isola in geometrie ristrette, contenute, private, e al tempo stesso anche le persone della sua vita, le sue relazioni, si fanno distanti. Quando siamo melanconici, abbiamo bisogno di rientrare in noi lasciando il mondo esterno fuori, a distanza, in una lontananza non invasiva. Nella malinconia a volte c’è bisogno infatti di una presenza inumana, che possa fare da “stimolo” al riapprendimento del nostro mondo interiore. Una buona musica, un bicchiere di vino, il fuoco. La solitudine diviene lo sfondo esistenziale dell’esperienza melanconica. Nella nostalgia, paesaggi consueti si contornano di estraneità, divenendo inconoscibili, stranianti. Siamo altrove, sradicati dal presente, perduti in quei luoghi interiori dell’anima, che si effondono in sfumature di ricordi affastellati tra loro senza soluzione di continuità. I territori interiori della nostalgia, sono luoghi senza contorni definiti, intermittenti: vengono lasciati e ripresi continuamente, a seconda di quanto si riemerge o ci si inabissa nelle profondità del proprio sentire. Nella gioia e nella sorpresa, viceversa, si ha solitamente bisogno di esprimere in modo aperto i propri vissuti, e quindi anche uno spazio angusto, chiuso, compresso, viene vissuto come inospitale dal punto di vista di una emozione di gioia, che spinge all’apertura e alla condivisione. Nella sorpresa e nella gioia il corpo stesso tende all’apertura, poiché l’entusiasmo che l’accompagna spinge alla comprensione e all’incontro con gli altri.
EMOZIONE COME DISTANZA TRA IO E L’ALTRO L’emozione, definisce la distanza tra soggetto e oggetto. Il desiderio è l’intensificazione dell’appetito di fronte a un oggetto distante, per superare la distanza o gli altri ostacoli, il dolore mentale è la tensione della mancanza dell’accettazione dell’assenza dell’oggetto, l’ira è la distruzione degli ostacoli che si frappongono al raggiungimento dell’oggetto, il rancore è un attacco contro un oggetto opprimente , la compassione è la compensazione della perdita del proprio oggetto, nell’atto di aiutare un’altra persona. Ogni scelta deve avere come spinta di base una emozione di partenza prevalente, capace di orientarci verso ciò che ci piace o non ci piace, verso ciò che desideriamo o non desideriamo, che ci appassiona, entusiasma e ci dà gioia, o ci rimanda a una condizione di noia, paura, disagio.
CONSAPEVOLEZZA ED ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI Dare un nome alle emozioni è importante, poiché tutto ciò che all’interno dell’interiorità non ha nome, tende ad alimentare il caos, l’oscurità, e l’azione inconsapevole. Spesso le emozioni che non vengono riconosciute, vengono “agite”. Tendono cioè a scaricarsi, invadendo la stessa persona, non tenendo conto del contesto in cui essa è inserita. Nominarle già rappresenta un primo passo, rispetto a quella che Goleman chiama intelligenza emotiva. E cioè l’insieme delle capacità dell’organismo, che ci permettono di gestire le emozioni, tenendo conto non solo della dimensione intrapersonale, ma anche etico-sociale e relazionale, nella quale necessariamente viviamo. Tuttavia, renderci cognitivamente e dialogicamente coscienti delle emozioni che proviamo, secondo quanto detto sulla molteplicità fenomenica di esse, non è sufficiente per divenirne pienamente consapevoli. Per ottenere la piena consapevolezza emotiva, occorre veicolarne il potenziale intrinseco attraverso la propria espressione corporea, così che le emozioni possano ottenere quello scarico emozionale minimo, capace di creare una certa distanza interiore che faciliti l’ascolto, indicando così pienamente il senso di esse. Essendo le emozioni una combinazione di percezioni e propriocezioni, il bisogno di combinazioni integrative di questo genere diventa dunque fondamentale per comprendere quali sono i rapporti all’interno del campo organismo-ambiente.
CONTENIMENTO DELLE EMOZIONI Lasciare che le emozioni si esprimano a “briglia sciolta”, non implica altresì un processo catartico funzionale e necessario. Far “esplodere” le emozioni in modo inconsulto, totalmente aperto, o addirittura amplificare forzatamente fino alla commozione – come ho visto accadere in alcuni setting – l’intensità emotiva, non equivale a produrre un cambiamento. Anzi. Può accadere che la persona venga spaventata dall’erompere improvviso delle proprie emozioni, ottenendo l’effetto contrario rispetto a quello auspicato. Dopo la paura emozionale seguita alla espressione convulsa, può accadere esattamente una nuova inibizione: forse peggiore di quella precedente. Oppure può verificarsi il caso che la persona si concentri in modo egocentrico e in preda a una specie di delirio di onnipotenza emozionale, solo su ciò che prova ed esprime in un determinato momento, senza preoccuparsi minimamente degli effetti sugli altri e su di sé.
LA DIMENSIONE ESISTENZIALE Il passaggio e le sfumature tra una emozione e un’altra, complessificano ancora di più la labilità dei confini esistenziali, psicologici e somatici. La gioia di un incontro, può tramutarsi in una felicità che perdura , oppure può diventare euforica, in una esaltazione dell’ego, facendosi così autotrofica e declinando inevitabilmente in sconforto, quando l’emozione scema. Le emozioni possono ammalarsi e far ammalare, sconfinando nella dimensione psicopatologica. Così la malinconia può declinarsi nella depressione; la gioia nella maniacalità esaltata; la vergogna può trasformarsi in fobia sociale. Il merito della psicoanalisi consiste nel ritenere che le cosiddette “malattie mentali” rivelino delle verità esistenziali. Le emozioni sono una delle grammatiche fondamentali dell’esistenza. Come aveva intuito Heidegger, esse rappresentano la dimensione radicale dell’esserci (Dasein). Le emozioni fanno da ponte non solo tra l’interno e l’esterno e tra l’Io e il Mondo, ma anche fra mente e corpo e tra la dimensione psicologica e quella esistenziale, rappresentando così quella cifra di senso, capace di restituirci la natura dei rapporti intrapersonali e interpersonali, di quei rapporti cioè che intratteniamo al nostro interno, con le differenti parti e funzioni che compongono la nostra interiorità, e al medesimo tempo con gli altri.
TRA BISOGNO DI SICUREZZA E DESIDERIO L’essere umano oscilla continuamente all’interno di un equilibrio instabile dinamico, che lo vede lacerato da poli spesso antitetici e conflittuali. Abbiamo bisogno di relazioni intime e di un contatto profondo con l’altro, e al tempo stesso non vogliamo rinunciare alle nostre specificità individuali. Il desiderio di fusione relazionale che si fa troppo pressante, porta alla negazione di parti di sé, pur di mantenere intatta una certa relazione. Viceversa, legami che avvertiamo come pericolosi per la nostra integrità, inducono a una chiusura dell’organismo su se stesso e a un suo isolamento. Importante è riuscire a stabilire un equilibrio funzionale complesso, tra la propria vita interiore e la realtà esterna, tra individualità e collettività, tra autonomia e dipendenza, cioè raggiungere l’equilibrio emotivo.
TRA SCILLA E CARIDDI
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