PARROCCHIA MARIA SS ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA BARI
PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI Le opere di misericordia Anno Pastorale 2015 2016 SOPPORTARE PAZIENTEMENTE LE PERSONE MOLESTE
Introduzione Un celebre testo della tradizione cristiana, francescana in specie, ci consente di introdurci a quest’opera di misericordia in modo critico e problematico. Nei Fio retti, Francesco spiega a frate Leone in che cosa consi sta “la perfetta letizia” e gli dice:
Quando noi saremo a santa Maria degli Agnoli, così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo e in fangatidi loto e afflitti di fame, e picchieremo la por ta dello luogo, e ‘ 1 portinaio verrà adirato e dirà: Chi siete voi? E noi diremo: Noi siamo due de’ vostri fra ti; e colui dirà: Voi non dite vero, anzi siete due ri baldi ch’andate ingannando il mondo e rubando le li mosine de’ poveri; andate via; e non ci aprirà, e affaracci stare di fuori alla neve e all’acqua, col freddo e colla fame infino alla notte; allora se noi tanta ingiuria e tan ta crudeltà e tanti commiati sosterremo pazientemen te santa turbarcene e santa mormorare di lui, e pen seremo umilmente che quello portinaio veramente ci conosca, che Iddio il fa parlare contra a noi; o frate Lione, iscrivi che qui è perfetta letizia. E se anzi per severassimopicchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate dicendo: Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, ché qui non mangerete voi, né al bergherete; se noi questo sosterremo pazientemente e con allegrezza e con buono amore; o frate Lione, iscrivi che quivi è perfetta letizia. E se noi pur co strettidalla fame e dal freddo e dalla notte più pic chieremo e chiameremo e pregheremo per l’amore di Dio con grande pianto che ci apra e mettaci pure dentro, e quelli più scandolezzato dirà: Costoro sono gaglioffi importuni, io li pagherò bene come son de gni; e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e pi glieracci per lo cappuccio e gitteracci in terra e involgeracci nella neve e batteracci a nodo con quello bastone: se noi tutte queste cose sosterremo pa zientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cri sto benedetto, la quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, iscrivi che qui e in questo è per fetta letizia 1. 1. I Fioretti di san Francesco VIII, in Fonti francescane. Editio minor, Editrici Francescane, Assisi 1986, pp. 883 884, nr. 1836.
Il testo ci interroga: • chi è “molesto” in questo rac conto? • I due frati che bussano cercando con insisten za riparo dal freddo e dalla notte? • O chi non li vuole accogliere adducendo pretesti e non ascoltando ragio ni ? • Ovvero: quando una persona è sentita come mole sta? • Quando, e perché, ci disturba? • Quando sentiamo che una persona è insopportabile? • Perché un determi nato comportamento di una persona ci infastidisce? Nel percepire fastidio di fronte a qualcuno e nel sentirne l’insopportabilità vi è anche una rivelazione di noi a noi stessi.
Nel sentire una persona come fastidiosa e mole staci può essere semplicemente l’espressione di sen timenti egoisticie razzisti o di paura e di rifiuto del con fronto. Si può pensare per esempio al sentimento che molti provano nei confronti degli immigrati che giungono nel nostro paese.
Inoltre questo testo presenta un caso clamoroso di rifiuto della pazienza e della sopportazione verso chi viene sentito come fastidioso, ma anche un caso eroico di sopportazione e pazienza verso l’altrui insopportabilità trasformatasi in violenza aggressiva.
Questa sop portazione è fondata sul vangelo e sull’esempio di Cri sto e resa possibile dalla fede. Francesco infatti prose gue il discorso a frate Leone affermando che grazia dello Spirito santo è di poter vincere se medesimo e volen tieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie e obbrobri e disagi 2, . 2. Idem, 884
senza vantarsi di questo, ma ponen do il proprio vanto unicamente nella croce di Cristo: Nella croce della tribolazione e dell’afflizione ci pos siamo gloriare, però che dice l’Apostolo: Io non mi vo glio gloriare se non nella croce del nostro Signore Gesù Cri sto (Gal 6, 14)3. 3. Idem, 884.
In ascolto della Bibbia Il riferimento a Cristo e alla sua croce è riferimento al vertice della storia di Dio con l’umanità che è anche storia della pazienza di Dio verso l’uomo e della sua sopportazione verso il popolo “dalla dura cervice” (Dt 9, 6. 13; 2 Cr 30, 8; Ne 9, 29; Ger 17, 23; Bar 2, 30; Ez, 3, 7).
È la storia della perseverante fedeltà di Dio nei confronti di un popolo infedele.
La pazienza di Dio non è affatto impassibilità o passività, ma è il lungo respi ro della sua passione, passione di amore che accetta di soffrire attendendo i tempi dell’uomo, la sua conversio ne: “Il Signore non ritarda nell’adempiere la promessa, ma usa pazienza (makrothymeî) verso di voi, non volen do che alcuno perisca, ma che tutti giungano a conver sione” (2 Pt 3, 9).
Per questo, il tempo concesso all’uomo va considerato come narrazione della “longanimità” di Dio, della sua makrothymîa, e dunque colto come “salvezza” (2 Pt 3, 15).
La pazienza di Dio appare frutto della scelta di Dio, della sua volontà, di un lavoro interiore in cui egli è messo a confronto con la possibilità di lasciar esplode re la sua ira. Dice il Siracide: Non dire: “Ho peccato, e che cosa mi è successo ? ” perché il Signore è paziente. . . Non dire: “La sua compassione è grande; mi perdonerà i molti peccati”, perché presso di lui c’è misericordia e ira, e il suo sdegno si riverserà sui peccatori (Sir 5, 4. 6).
L’ebraico biblico parla di Dio come “lento all’ira” (Es 34, 6; Nm 14, 18; Ne 9, 17) per indicare la sua pazien za. Pazienza che è dunque intenzione di amore verso l’uomo, ma anche sofferenza di fronte al peccato del l’uomo: “Fino a quando sopporterò questa comunità malvagia che mormora contro di me? ”, dice Dio a Mo sè e Aronne (Nm 14, 27).
La pazienza infatti non vuole divenire complice del male commesso (cfr. Ger 44, 22). La pazienza divina non è assenza di collera ma capaci tà di elaborarla, di domarla, di frapporre un’attesa fra il suo insorgere e il suo manifestarsi: Molte volte trattenne la sua ira e non scatenò il suo furore; ricordava che essi [i figli di Israele] sono di carne, un soffio che va e non ritorna (Sal 78, 38 -39).
La pazienza è lo sguardo grande di Dio nei confron ti dell’uomo, sguardo che non si arresta al dettaglio, all’incidente di percorso, non considera come ultimati vo il peccato, ma lo colloca all’interno dell’intero cam mino esistenziale che l’uomo è chiamato a percorrere.
Pertanto essa espone Dio al rischio di non essere pre so sul serio, di essere “usato” dall’uomo. Paolo chiede retoricamente al giudeo: “Ti prendi forse gioco della pazienza di Dio? ” (cfr. Rm 2, 4).
In Cristo, e particolarmente nella sua passione e mor te, la pazienza di Dio raggiunge il suo vertice in quan to assunzione radicale dell’inadeguatezza e debolezza dell’uomo, del suo peccato.
In Cristo, Dio accetta di “portare il peso”, di “sopportare” l’incompiutezza e inadeguatezza umane assumendo la responsabilità del l’uomo nella sua fallibilità.
La “pazienza di Cristo” (2 Ts 3, 5) esprime così l’amore di Dio, ne è sacramento: “L’amore”, infatti, “pazienta (makrothymeî )" (2 Cor 13 A); “l’amore tutto sopporta (hypoménei)” (2 Cor 13, 7).
Per il cristiano poi, la pazienza è frutto dello Spiri to (cfr. Gal 5, 22) e si declina come perseveranza e co stanza nelle tribolazioni e nelle prove, come capacità di sopportazione e di tolleranza nei confronti di chi pro cura fastidi e suscita opposizioni, come sguardo longa nime nei confronti delle inadeguatezze altrui.
La pazien za è l’arte di vivere l’incompiutezza. E l’incompiutezza noi la incontriamo negli altri, ma anche in noi stessi, nella realtà e in Dio.
La sopportazione paziente del l’altro che è sentito come fastidioso o ostile va di pari passo con la pazienza verso se stessi e le proprie incon gruità, verso gli eventi che resistono ai nostri desideri e alla nostra volontà, verso Dio il cui disegno di salvez za resta incompiuto.
Lungi dall’essere sinonimo di debolezza, la pazien za è forza nei confronti di se stessi, capacità di non agire compulsivamente, attesa dei tempi dall’altro, ca pacità di supportare l’altro, di sostenere
Si tratta dunque di un momento particolarmente importante nell’edificazione delle relazioni interperso nali ed ecclesiali.
- Slides: 25