OBBLIGO DI DENUNCIA PRIVACY E CONSENSO INFORMATO ORDINE
OBBLIGO DI DENUNCIA, PRIVACY E CONSENSO INFORMATO ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA TOSCANA 19 febbraio 2016 AVV. VINCENZO FARNARARO AVV. CRISTINA MOSCHINI
OBBLIGO DI DENUNCIA: PREMESSA • Lo svolgimento della professione di psicologo, come le altre professioni intellettuali, implica aspetti di rilevanza pubblicistica, che giustificano il suo ordinamento. • In più, si tratta di una professione sanitaria. • Queste caratteristiche impongono al professionista particolari cautele e comportamenti anche “attivi” a tutela della categoria e degli utenti, nel preminente interesse pubblico. • Tra tali comportamenti attivi assume particolare rilievo l’obbligo di denuncia, in ambito penale e deontologico
IN AMBITO PENALE • Il tema dell’obbligo di “denuncia” in ambito penale in relazione a fatti appresi nel corso dell’attività professionale è correlato al dovere di segreto professionale • Si può anzi affermare che l’istituto del segreto professionale prevale, in rapporto di regola ad eccezione, sull’obbligo di denuncia
Le norme di legge direttamente rilevanti Rilevano, in primo luogo, alcuni articoli dei codici penale e di procedura penale Ma proprio perché si tratta di una professione ordinistica, vedremo che assumono rilievo, nello specifico, anche norme del codice deontologico degli psicologi
Art. 200 codice procedura penale • • Segreto professionale. 1. Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria: a) i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano; b) gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai; c) i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria; d) gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale. 2. Il giudice, se ha motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga.
ART. 622 COD. PEN. • Rivelazione di segreto professionale. • Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 30 a euro 516. • La pena è aggravata se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della società. • Il delitto è punibile a querela della persona offesa
LE ECCEZIONI ALL’OBBLIGO DI MANTENERE IL SEGRETO PROFESSIONALE A) QUANDO SUSSISTE OBBLIGO DI DENUNCIA AI SENSI DEGLI ARTT. 361 E 362 A CARICO DI PUBBLICO UFFICIALE O INCARICATO DI PUBBLICO SERVIZIO B) QUANDO SUSSISTE OBBLIGO DI REFERTO PER GLI ESERCENTI LA PROFESSIONE SANITARIA
Obbligo di denuncia (artt. 361 e 362 c. p. ) • Queste due ipotesi presuppongono il ruolo di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, e quindi ineriscono i casi di professionista che opera in strutture pubbliche • Richiedono che lo stesso abbia avuto “notizia” di un reato perseguibile d’ufficio, e tale notizia può essere desunta in qualsiasi modo, quindi non solo in sede strettamente professionale
361 c. p. • Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale. • Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'autorità giudiziaria, o ad un'altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni , è punito con la multa da euro 30 a euro 516. • La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto. • Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.
362 c. p. • Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio. • L'incaricato di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all'autorità indicata nell'articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell'esercizio o a causa del servizio, è punito con la multa fino a euro 103. • Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela della persona offesa, né si applica ai responsabili delle comunità terapeutiche socio-riabilitative per fatti commessi da persone tossicodipendenti affidate per l'esecuzione del programma definito da un servizio pubblico
Obbligo di referto (art. 365 c. p. ) • Omissione di referto. • Chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d'ufficio, omette o ritarda di riferirne all'autorità indicata , è punito con la multa fino a euro 516. • Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale.
Quindi vi è una differenza tra i due istituti • L’obbligo di denuncia scatta, per il p. u. o l’in. p. s. , alla “notizia” del reato; • L’obbligo di referto per il libero professionista scatta ove presti assistenza o opera in un caso “che possa presentare il carattere di delitto …. ” • L’obbligo di referto richiede una maggiore prudenza nella verosimiglianza del fatto, appreso in effetti in via diretta • L’obbligo di referto, poi, non sussiste se espone il paziente a responsabilità penale
In ogni caso …. . • …. Deve trattarsi di reati perseguibili non a querela, ma d’ufficio
ART. 11 COD. DEONT. Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le • ipotesi previste dagli articoli seguenti.
• La norma non è altro che la declinazione specifica, in ambito professionale, dell’obbligo di segreto professionale • Assumono rilievo i successivi articoli, ancora una volta in rapporto di eccezione a regola
Art. 12 cod. deont. Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.
• Questa norma non inerisce direttamente l’obbligo di referto o di denunzia, quindi la “conoscenza” di fattireato, bensì la diversa ipotesi in cui venga richiesta la testimonianza su fatti coperti da segreto professionale • Senza consenso dell’interessato non vi è alcuna possibilità di deroga in sede testimoniale (quindi il professionista dovrà opporre al giudice il s. p. ) • Ma anche in presenza del consenso, spetta al professionista valutare l’opportunità di derogare
Art. 13 cod. deont. Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.
Il primo comma … • Esplicita il c. d. principio di continenza che andrà a correlarsi con la previsione dell’art. 334 cpp • Referto. • 1. Chi ha l'obbligo del referto deve farlo pervenire entro quarantotto ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente al pubblico ministero o a qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui ha prestato la propria opera o assistenza ovvero, in loro mancanza, all'ufficiale di polizia giudiziaria più vicino. • 2. Il referto indica la persona alla quale è stata prestata assistenza e, se è possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto altro valga a identificarla nonché il luogo, il tempo e le altre circostanze dell'intervento; dà inoltre le notizie che servono a stabilire le circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso e gli effetti che ha causato o può causare. • 3. Se più persone hanno prestato la loro assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e sottoscrivere un unico atto.
Il secondo comma … • Prevede altra importante deroga, cioè il caso di possibile rilevazione di fatti altrimenti coperti da segreto professionale ma diversi da fatto-reato • E’ il caso, classicamente, del paziente che dichiara di volersi suicidare o di volere nuocere a qualcuno • Il tali casi, se il pericolo è “grave” (NB: giudizio di valore anche sull’attendibilità del pericolo), il professionista deve attivarsi con la competente autorità
IN AMBITO DEONTOLOGICO E DISCIPLINARE VOGLIAMO RIFERIRCI ALLE IPOTESI IN CUI LO PSICOLOGO VENGA A CONOSCENZA DI FATTI RILEVANTI SUL PIANO DISCIPLINARE
NON SI TRATTA DI “FARE LA SPIA”, BENSI’ … • . . DI INTERVENIRE A TUTELA DELLA CATEGORIA PROFESSIONALE, DELLA SUA IMMAGINE E DELL’UTENZA, SOLLECITANDO L’INTERVENTO ED IL CONTROLLO DEL CONSIGLIO DELL’ORDINE CHE HA QUESTO COMPITO ISTITUZIONALE • SI TRATTA QUINDI, IN DEFINITIVA, DI UN DOVERE DELLO PSICOLOGO
Quando procedere a esposto disciplinare • Quando, per qualsiasi ragione, si viene a conoscenza di un illecito deontologico (che rilevi o meno sul piano penale) con ragionevole attendibilità • Quindi porre particolare attenzione al riferito del paziente, se il fatto viene appreso nel corso di prestazioni professionali • Ma, appunto, la notizia può essere appresa anche in altro contesto, qualsiasi contesto
Come presentare l’esposto • La forma è libera, è sufficiente una comunicazione al COP • La segnalazione dovrebbe essere sottoscritta, non anonima, tenuto anche conto che il COP potrebbe richiedere un contatto per ulteriori informazioni, che l’iscritto deve dare con spirito di collaborazione • Esposti anonimi nella maggior parte dei casi non hanno seguito, se non contengono indicazioni concrete da cui risalire all’illecito (es. , un sito internet, una pubblicazione o simili) • Ovviamente, è indispensabile l’indicazione del nominativo del collega che ha commesso la violazione
Contemperare con segreto professionale: • Ovviamente, se il fatto oggetto di denuncia inerisce ad una specifica persona (tipicamente, il paziente) occorrerà acquisire il consenso per declinare le generalità della persona che ha subito l’illecito • Ma se anche non c’è tale consenso, la segnalazione potrà comunque essere presentata descrivendo in modo non nominale il caso di cui si è venuti a conoscenza
Per il diverso caso che lo psicologo venga a conoscenza di un esercizio abusivo della professione …. . • Non si tratta di un esposto disciplinare perché lo psicologo abusivo è per definizione non iscritto quindi non soggetto a potestà disciplinare del COP • L’iscritto farà una segnalazione al COP, anche in questo caso più dettagliata possibile, e il COP procederà alla segnlazione all’AG; • E salva la proprietà di provvedere direttamente.
IL CONSENSO INFORMATO: ART. 24 COD. DEONT. Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato. Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata
• Si tratta, in definitiva, di un obbligo abbastanza chiaro nei suoi contenuti, a fronte del quale il professionista può agevolmente procurarsi una dichiarazione, ad esempio utilizzando il modulo reperibile sul sito del COPT • La questione è più complessa quando la prestazione professionale è resa su minori
Art. 31 cod. deont. Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l'intervento professionale nonché l'assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l'Autorità Tutoria dell'instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell'autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.
Le «certezze» • Questa norma offre una linea guida pressoché infallibile nel richiedere, come principio generale, l’espressione del consenso all’intervento da parte di entrambi i coniugi, tramite il modulo reperibile sul sito del COPT (idem per il caso di persone soggette a tutela) • In assenza di tale consenso è raccomandabile allo psicologo di astenersi da qualsiasi attività sul minore, in particolare di tipo terapeutico o diagnostico • Il problema del consenso di entrambi i genitori si pone, classicamente, nell’ambito delle separazioni/divorzi • Ma non è da escludere anche in contesti «normali»
L’ambiguità dell’avverbio «generalmente» • I problemi nascono laddove il primo comma usa il termine «generalmente» . • Questa precisazione non significa una deroga al principio generale della necessità del consenso di entrambi i genitori, ma va invece letta in combinato con il secondo comma (ipotesi eccezionale) • Quindi nessun dubbio se la prestazione è richiesta da un solo genitore: o vi è il consenso (espresso) di entrambi, oppure sarà il genitore che ritiene necessaria o utile la prestazione a doversi attivare nel competente ambito giudiziario; lo psicologo non è mai «scriminato» , a meno che non sussista l’ipotesi eccezionale del comma 2 (e 3)
L’ipotesi del secondo comma • Questa ipotesi eccezionale, che consente di prescindere dal consenso dei genitori, postula due condizioni: Che l’intervento sia giudicato (dal professionista) necessario; Che il professionista giudichi necessaria l’assoluta riservatezza dell’intervento. Una volta operata –in autonomia- questa valutazione, il professionista dovrà pur sempre informare (NB: non farsi autorizzare) l’Autorità tutoria
• Questa eventualità può ricorrere, sostanzialmente, in due casi: • A) un solo genitore si rivolge al professionista, senza il consenso o all’insaputa dell’altro • B) è il minore che direttamente si rivolge allo psicologo. • Se non ricorrono le due condizioni prima evidenziate, nessun dubbio: nessuna prestazione è ammessa.
• Se invece le condizioni ricorrono, si pone il problema di individuare ……
L’Autorità Tutoria Questo termine atecnico ha suscitato in passato incertezze, in particolare si è ritenuto che per AT si dovesse intendere il giudice tutelare o sempre il TM. Secondo un condivisibile parere del Garante per l’Infanzia della Regione, l’AT corrisponde al Giudice che, caso per caso, sarebbe <<competente ad emettere un provvedimento utile alla presa in carico psicologica del minore in assenza di consenso informato di entrambi i genitori>>
E quindi … • In caso di genitori coniugati o naturali, si tratta del tribunale ordinario • In pendenza di procedimenti che ineriscono sulla potestà genitoriale, ovvero di procedimenti sulla situazione di abbandono, il TM; • In caso di interdetto o di minore non adottato ma in fase di nomina di tutore il GT; • Anche il PM presso la Procura può attivarsi a seguito di segnalazioni
• Da osservare che non in tutti i casi sarà possibile per lo psicologo attivarsi direttamente: tipicamente, nel caso di contrasto tra genitori il giudice dovrà essere adito dal genitore che vuole procedere al trattamento • Le modalità di inoltro dell’informazione, negli altri casi, restano un problema ad oggi irrisolto, laddove nessuna norma di legge prevede tali modalità, che quindi occorrerà valutare caso per caso, cercando di individuare un soggetto legittimato all’intervento sull’AT
L’ipotesi del terzo comma • Questa ipotesi che consente l’intervento anche senza il consenso dei genitori è invece più semplice, in quanto riguarda i casi di prestazione richiesta dall’AG (che ovviamente si assume la responsabilità della richiesta di intervento e scrimina il professionista) ovvero nell’ambito di strutture legislative preposte, e allora è la legge che prevede l’intervento a prescindere dal consenso
Le prestazioni in ambito giudiziario • Questa ipotesi sussiste quando lo psicologo sia chiamato a svolgere la funzione di consulente tecnico d’ufficio (CTU) in ambito civile, ovvero quella di perito in ambito penale, sia nelle fasi di indagini che dibattimentale. • Ovvero, nel caso in cui lo psicologo svolga la funzione di consulente della parte, sia in ambito civile che penale
Il c. d. codice della privacy – d. lgs. 196/2003 • • Si tratta di un articolato particolarmente pesante e complesso, che affastella una serie di nozioni, obblighi e sanzioni, e prevede l’istituzione di un’autorità indipendente (Garante per la privacy) Al suo esordio questo c. d. codice ha allarmato tutti i professionisti, ed imposto loro una serie di obblighi che sono sostanzialmente provi di senso pratico, enfatizzando –nella sostanza- dei doveri che già esistevano, ed erano pienamente vigenti, con riferimento agli istituti della riservatezza e del segreto professionale Ma proprio perché si tratta di un decreto legislativo , quindi di una fonte delegata tenuta al rispetto dei princìpi cornice (la semplice direttiva CE), l’interpretazione deve essere effettuata cum grano salis e quindi non è lecito ravvisare obblighi, o sanzioni, che vadano al di là dell’esigenza di tutela voluta dal legislatore europeo Dapprima è caduto l’obbligo di documento programmatico per la sicurezza (DPS) a carico dei professionisti Nel tempo, poi, anche in ragione delle mancate verifiche ispettive, sono state intese in modo più blando le prescrizioni inziali e Si è giustamente ricondotta l’attenzione sui soggetti che istituzionalmente detengono dati personali in maniera massiva Il Garante ha adottato provvedimenti autorizzativi generali nei confronti di numerose categorie professionali, ad es. gli avvocati, di fatto liberalizzando il trattamento, ma con i limiti –logici e sacrosanti- di carattere generale che vedremo
Cosa occorre davvero fare • • Informativa al cliente/paziente: ai sensi dell’art. 13 del d. lgs. 196/03 al momento del conferimento dell’incarico professionale il professionista deve informare il cliente ( «interessato» ), ovvero «la persona presso la quale sono raccolti i dati personali» , oralmente o per iscritto, circa a) le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati i dati; b) la natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati; c) le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere; d) i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di responsabili o incaricati, e l'ambito di diffusione dei dati medesimi; e) i diritti di cui all'articolo 7; f) gli estremi identificativi del titolare e, se designati, del rappresentante nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 5 e del responsabile. Quando il titolare ha designato più responsabili è indicato almeno uno di essi, indicando il sito della rete di comunicazione o le modalità attraverso le quali è conoscibile in modo agevole l'elenco aggiornato dei responsabili. Quando è stato designato un responsabile per il riscontro all'interessato in caso di esercizio dei diritti di cui all'articolo 7, è indicato tale responsabile.
In concreto • Si tratta di predisporre una informativa standard, reperibile sul sito del COPT; la forma scritta pone al riparo da possibili contestazioni. • ATTENZIONE a non attribuire valore all’informativa diverso da quello che effettivamente ha: in particolare, essa non ha alcun valore ai fini del «consenso informato» , di cui all’art. 24 cod. deont. • ATTENZIONE anche a non ricondurre alla tutela dei dati personali aspetti propri della riservatezza e segreto professionale
Inoltre …. • Occorrerà attenersi a poche e semplici regole generali nel trattamento dei dati (cioè nel loro utilizzo a fini professionali), quali desumibili principalmente dall’art. 11 del codice • « 1. I dati personali oggetto di trattamento sono: • a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; • b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; • c) esatti e, se necessario, aggiornati; • d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; • e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati. • 2. I dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati»
• Chiaramente maggiori devono essere le cautele quando lo psicologo sia chiamato a prestazioni diverse dal rapporto diretto con il paziente, in particolare in ambito giudiziario (es. , redazione di una CTU o CTP) • Una linea guida sufficiente, ferma le necessità dell’informativa, potrebbe essere quella di utilizzare i dati, in particolare sensibili o giudiziari, solo se strettamente necessari e mai in maniera esorbitante rispetto allo scopo dell’intervento professionale (es. : nella relazione circa l’affidamento dei minori omettere dati relativi ai singoli genitori se non direttamente rilevanti sul punto) • Occorre poi predisporre cautele perché i dati restino riservati nella disponibilità del solo professionista e sempre a disposizione dell’interessato cliente.
Concludendo …. • E’ possibile affermare, ad un’analisi oggettiva delle fonti, che in realtà la normativa in materia di protezione dei dati personali, relativamente all’attività libero professionale, non è altro che una specificazione del generale principio di riservatezza al quale lo psicologo è da sempre tenuto in base alla deontologia • In particolare, questa normativa settoriale mira alla tutela del DATO, inteso nella sua componente materiale e logicamente riferibile ad operatori commerciali/istituzionali con rapporti massivi, piuttosto che al professionista
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