NEOLIBERISMO E CRISI ECONOMICA GLOBALIZZAZIONE E MERCATI 1
NEOLIBERISMO E CRISI ECONOMICA GLOBALIZZAZIONE E MERCATI 1. 2. 3. 4. Il concetto di globalizzazione La produzione e le imprese nella globalizzazione Il mercato del lavoro nell’economia globalizzata Le critiche alla globalizzazione 3 incontro Liceo Classico Leopardi - Sala Confucio - Recanati Mercoledì 6 marzo 2019 Prof. Giulio Serafini
Globalizzazione e mercati 1. La globalizzazione Introduzione Nel primo incontro ci siamo soffermati soprattutto sulle teorie dei cicli economici e sullo sviluppo economico (in ( particolare i fattori e presupposti ) per capire l’andamento delle economie di un Paese e comprendere come spesso le economie nazionali alternano fasi di crescita a periodi di crisi e di recessione. Nel secondo incontro abbiamo dedicato la nostra attenzione sulle cause delle crisi economiche e i loro effetti (analizzando in particolare le Crisi Usa del 1929 e del 2008) e sulle politiche dovrebbero essere adottate dai governi per favorire la ripresa e la crescita dell’economia dei Paesi che attraversano fasi di stagnazione o di recessione. In questo terzo e ultimo incontro tratteremo l’argomento della globalizzazione e dello sviluppo economico , in , particolare, ci soffermeremo sui processi di produzione e sul ruolo delle multinazionali. Nella parte conclusiva vedremo le critiche “pro e contro” la globalizzazione cercando di cogliere gli aspetti positivi di tale fase e di evidenziare gli elementi critici emersi in questi anni.
Globalizzazione e mercati introduzione Perché è importante la crescita economica? La crescita economica è un elemento fondamentale per contribuire allo sviluppo di un Paese, favorire l’occupazione delle persone e il miglioramento dei servizi ai cittadini. Se un’economia cresce vi saranno più posti di lavoro, più opportunità per i giovani, più ricchezza e una migliore qualità della vita. Diversamente, la mancanza di crescita economica determinerà livelli occupazionali più bassi, servizi sanitari e istruzione di livello inferiore, minori entrate e meno competitività per il Paese nei confronti degli altri Stati, e in molti casi l’aumento delle diseguaglianze e dei conflitti sociali. In ogni caso la “crescita” dell’economia deriva da un insieme di situazioni e di scelte non sempre facili, da un complesso di fattori storici e sociali favorevoli e, non ultimo, da una serie di condizioni culturali e tecnologiche costituiscono dei presupposti necessari al processo di sviluppo di un Paese e della sua comunità. Tutto ciò viene chiamato a partire dagli anni ottanta del ‘ 900 con il termine globalizzazione.
Globalizzazione e mercati 1. La globalizzazione e sviluppo Il concetto di globalizzazione Uno dei termini, oggi, più ricorrenti (ma anche più abusati) è quello di globalizzazione. Lo si adotta in molti contesti : economico politico, sociale, culturale, persino religioso e sportivo. Frequentemente ci imbattiamo, infatti, in affermazioni del tipo: “siamo di fronte ad una società globalizzata”, oppure “ il mondo è ormai divenuto un villaggio globale”. I mezzi di comunicazione di massa (stampa, televisione, radio, internet) abbondano di riferimenti al processo di globalizzazione e negli ultimi anni si sono moltiplicati i contributi e gli approfondimenti su questa tematica, dando luogo sia a un fecondo dibattito sul piano teorico, sia a un movimento di opposizione alla globalizzazione su scala mondiale. Una definizione della globalizzazione Possiamo definire la globalizzazione come il processo in base al quale , le imprese , i mercati, le istituzioni e i gruppi sociali tendono a operare in una dimensione planetaria, superando i confini dei singoli Stati. Questa definizione pone in rilievo il livello a cui si sviluppano le relazioni economiche, sociali e politiche. Mentre in precedenza esse si manifestavano sul piano locale, nazionale e continentale, ora divengono “globali”, nel senso che non sono condizionate dai confini dello Stato nazionale, né fanno riferimento a specifici rapporti fra i diversi Stati e tra le istituzioni sovranazionali.
Globalizzazione e mercati 1. La globalizzazione e sviluppo Il concetto di globalizzazione In sostanza è “globale” tutto ciò che pone in contatto i diversi soggetti (persone, imprese, istituzioni) senza una specifica relazione con un dato ambito territoriale La globalizzazione dell’economia Il fenomeno della globalizzazione assume un rilievo particolare sotto il profilo economico. La mondializzazione dell’economia, infatti, viene considerata la più importante espressione che assume il processo di globalizzazione al quale assistiamo, ed essa è il risultato di un lungo percorso del sistema capitalistico nel corso degli ultimi due secoli. Dopo la rivoluzione commerciale del periodo mercantilista, caratterizzata dal rifiorire dei commerci e dall’apertura delle frontiere, si è avuta la rivoluzione industriale, industriale con la diffusione dei settori tessile, del carbone, dell’acciaio e dei primi mezzi di trasporto a vapore, come il treno e la nave. Successivamente abbiamo assistito alla rivoluzione scientifica, scientifica basata sulla produzione dell’elettricità, del petrolio e sul conseguente sviluppo dei mezzi di trasporto più veloci come l’automobile e l’aereo. Infine, si è affermata la rivoluzione tecnologica, nella quale siamo tuttora immersi, fondata sull’elettronica, l’informatica e internet È proprio in quest’ultima fase dello sviluppo capitalistico che si è evidenziato quel particolare fenomeno definito globalizzazione dell’economia.
Globalizzazione e mercati 1. la globalizzazione e sviluppo I fattori che caratterizzano la globalizzazione Il processo di globalizzazione che sta investendo l’economia è caratterizzato da un insieme di fattori, tra i quali vanno richiamati: Il crescente impiego dell’informatica e delle comunicazioni on line (attraverso il collegamento ad internet), nonché l’internazionalizzazione delle conoscenze e delle tecnologie; L’evoluzione del modo di produzione, specie con riferimento all’attività svolta dalle grandi imprese a carattere transnazionale; La totale mobilità dei capitali sul piano internazionale e il conseguente incremento degli investimenti all’estero; L’importanza rilevante assunta dai mercati finanziari e degli strumenti tipici di tali mercati; I mutamenti intervenuti e quelli tuttora in corso nel mercato del lavoro. Nelle prossime diapositive analizzeremo la maggior parte di questi fattori
Globalizzazione e mercati 2. Imprese e globalizzazione Aspetti generali Ogni sistema economico è soggetto a fasi o periodi con perturbazioni (i cd Cicli economici: su questo argomento ci siamo soffermati nella prima lezione) dove la piena utilizzazione di tutte le risorse disponibili, infatti, è quasi una condizione ideale, ideale in quanto è ben difficile mantenere per lungo tempo un’economia di mercato al massimo delle sue potenzialità senza che intervengano tensioni su prezzi o flessioni più o meno marcate nei livelli di produzione, di occupazione lavorativa, di accumulazione della ricchezza. Tuttavia, l’esistenza di frequenti crisi economiche nulla ci dice, in sé, sulla tendenza di lungo periodo, ossia sull’evoluzione del sistema. Questo ulteriore ambito di indagine appartiene all’analisi dello sviluppo economico. Il progresso, la crescita e la modernizzazione Il concetto di sviluppo non ha avuto – e non ha tuttora – un unico significato. Nel corso del tempo è stato infatti interpretato in modo diverso e di volta in volta identificato con il progresso, con la crescita, con la modernizzazione e anche , seppur impropriamente, con l’industrializzazione.
Globalizzazione e mercati 2. Imprese e globalizzazione La concezione dello sviluppo in epoca contemporanea L’idea contemporanea dello sviluppo risente in modo forte della precedente concezione. Ancora all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso lo sviluppo economico era inscindibilmente associato al progresso umano inteso come dominio della natura (o sfruttamento illimitato delle risorse naturali) (in un documento ufficiale delle Nazioni Unite del 1951, per esempio, si legge che il “progresso si verifica solo quando la gente crede che l’uomo può, grazie ad uno sforzo consapevole, dominare la natura”). Solo negli anni più recenti (anni ‘ 70 e ‘ 80) si è affermata una nuova teoria dello sviluppo, non più centrato sulle sole condizioni materiali ma anche su aspetti qualitativi della vita delle persone e di relazione tra i paesi. Sulla base dei più recenti orientamenti si può affermare che lo sviluppo economico è rappresentato da una crescita elevata e prolungata del prodotto pro-capite innescata dal progresso tecnologico, accompagnata da importanti trasformazioni strutturali, sociali e culturali e associata a un miglioramento nella distribuzione della ricchezza, nelle condizioni lavorative, nelle condizioni sanitarie e assistenziali della popolazione.
Globalizzazione e mercati 2. Imprese e globalizzazione Gli indicatori dello sviluppo Sulla base di quanto esposto sopra, non esiste un unico indice che misuri il grado di sviluppo economico di un Paese, ma un complesso di indicatori. Fra questi possiamo citare, oltre al livello del prodotto interno lordo, calcolato con riferimento all’intera economia o come dato medio per abitante (Pil pro-capite) , anche § il tasso di crescita della popolazione, § il tasso di disoccupazione lavorativa , § il tasso di utilizzazione degli impianti, § la variazioni percentuale degli investimenti e la composizione degli stessi, § il tasso di concentrazione della ricchezza, § la composizione media della spesa della popolazione e altri indici ancora. Il PIL Il Prodotto interno lordo (Pil) è considerato dalla maggior parte degli economisti il più importante indicatore del livello di sviluppo economico. In effetti il Pil può essere considerato come indicatore valido per misurare la capacità produttiva di un Paese. Ma è assai meno significativo nel valutare il grado di benessere di una data popolazione. In altri termini, esso rappresenta un indice “tecnico” ma non socioeconomico, e questo vale con riferimento sia al Pil globale sia al Pil pro-capite.
Globalizzazione e mercati 2. Imprese e globalizzazione L’indice dello sviluppo umano Proprio dall’insoddisfazione sollevata da vari economisti nei riguardi dell’indicatore PIL è sorta l’esigenza di costruire un indicatore composito, al quale è stato dato il nome di “Indice dello sviluppo umano” (ISU) ossia in rapporto al benessere dell’uomo considerato nella sua più ampia accezione. Tale indicatore , elaborato dal “Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo” (Unpd) a partire dal 1990, tiene conto di tre fattori che a loro volta si basano su ulteriori indicatori, appositamente ponderati: Il livello di istruzione, rappresentato da un indice di alfabetizzazione nella popolazione adulta e dalla media del numero di anni di studio; Il livello di sanità, rappresentato dalla speranza di vita alla nascita; Il reddito, rappresentato dal Pil pro-capite dopo una doppia trasformazione che tiene conto del reale potere di acquisto di un Paese e del fatto che l’aumento del Pil non determina un aumento di benessere in modo lineare. Tale indicatore consente di elaborare una graduatoria tra i Paesi. Nell’anno 2010, ad esempio, l’Italia si è collocata al 23° posto su un totale di 169 Paesi; ai primi posti risultano la Norvegia, l’Australia, la Nuova Zelanda (gli Usa sono in quarta posizione), mentre gli ultimi posti sono occupati da Paesi africani: il Mozambico, il Burundi, il Niger, il Burkina Faso, la Repubblica democratica del Congo e lo Zimbabwe , triste fanalino di coda.
Globalizzazione e mercati 2. imprese e globalizzazione Concetto di produzione e imprese multinazionali L’espansione del commercio internazionale, iniziata in epoca moderna, pur manifestando talvolta dei rallentamenti a causa delle crisi economiche, si può dire che non abbia conosciuto soste. Sarebbe tuttavia un errore ritenere che essa costituisca un fattore particolarmente significativo nell’attuale processo di globalizzazione. I mutamenti intervenuti nella sfera economico – produttiva, infatti, riguardano assai poco il volume degli scambi di merci e servizi: basti pensare che, attualmente, non più del 20% della produzione di merci e delle diverse prestazioni varca le frontiere dei singoli Paesi che le realizzano, mentre per la restante parte esse vengono assorbite all’interno. Questo significa che, sotto il profilo strettamente commerciale, l’economia non può dirsi effettivamente “globalizzata”. Quello che, invece, è profondamente mutato negli ultimi decenni, è il modo di svolgere l’attività di impresa , ossia le strategie di produzione delle merci e di erogazione dei servizi. Soprattutto le grandi imprese a vocazione multinazionale hanno assunto un ruolo e una forza superiore agli Stati e hanno realizzato – e stanno tuttora realizzando – modifiche sostanziali rispetto all’organizzazione della produzione dominante fino a poche decenni fa. Attualmente vi è la consapevolezza che le imprese sono i “soggetti promotori” della globalizzazione nel senso che esse rappresentano l’essenza delle relazioni internazionali, a cui soggiacciono gli stessi Stati. (1)
Globalizzazione e mercati 2. imprese e globalizzazione Concetto di produzione e imprese multinazionali Le imprese di grandi dimensioni, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, hanno assunto sempre più un carattere multinazionale e transnazionale e hanno aumentato in modo considerevole il loro potere economico. Secondo stime ufficiali del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo ( Undp) , per esempio, le 100 maggiori imprese oggi operanti nei diversi mercati controllano ben 2/3 degli scambi internazionali. Di tali scambi, peraltro, circa il 30% si realizza tra le filiali e la casa madre (società controllante o capogruppo), mentre un altro 30% avviene tra le diverse multinazionali e non interessa, quindi, la collettività. Si calcola che le imprese a dimensione mondiale sono circa 60 mila, sostenute da quasi mezzo milione di filiali sparse in tutto il mondo. Tra di esse vi sono degli autentici colossi: la statunitense General Motors vanta un volume d’affari superiore al Pil della Danimarca o dell’Indonesia, la Exxon (nota in Italia come Esso, Impresa petrolifera Usa) supera in valore il Pil della Norvegia o del Sudafrica, la Ford quello della Turchia: la somma dei loro capitali e la loro patrimonializzazione (valore delle proprietà e degli impianti) è pari alla ricchezza di oltre 70 Paesi. Un fenomeno di tali proporzioni non poteva che produrre notevoli cambiamenti nello scenario economico- produttivo del nostro pianeta.
Globalizzazione e mercati 2. imprese e globalizzazione L’internazionalizzazione delle imprese Storicamente le grandi imprese hanno seguito ‘tre vie’ vie per accrescere la loro penetrazione nei mercati internazionali: 1) La prima e più tradizionale e rappresentata dal “commercio internazionale”: la produzione è stata orientata sempre più verso il mercato mondiale, al punto che talvolta l’interesse per il soddisfacimento della domanda del Paese “ospitante” è apparso trascurabile rispetto all’esigenza di conquistare nuovi mercati di sbocco. Il processo di trans- nazionalizzazione, infatti, si è compiuto proprio allorché la grande impresa ha progressivamente perduto il rapporto con lo Stato nel quale essa è sorta per divenire “fornitrice del mondo”. 2) La seconda via è stata quella della scelta di fare notevoli “investimenti all’estero”, diversificando la produzione e impiantando le sue sedi e filiali in molti Paesi, specie in quelli ad economia arretrata. In tal modo ha ottenuto molti vantaggi : da un migliore regime fiscale a più favorevoli condizioni di accesso alle materie prime, dalla manodopera a basso costo alle normative assai meno garantiste per i lavoratori (orari di lavoro più pesanti, mancanza di sindacati, libertà di licenziamento, licenziamento e cosi via). Si è cosi assistito a un tendenziale aumento dell’occupazione nei Paesi in via di sviluppo, favorito dalle grandi imprese, e a un suo parallelo declino nei Paesi di origine e a capitalismo avanzato.
Globalizzazione e mercati 2. imprese e globalizzazione L’internazionalizzazione delle imprese (…segue ) Storicamente le grandi imprese hanno seguito ‘tre vie’ per accrescere la loro penetrazione nei mercati internazionali: 3) La terza via seguita dalle imprese multinazionali, in epoca più recente, è consistita nella creazione di reti d’imprese, stabilendo accordi di collaborazione “Partnership”con aziende di altri Paesi. Invece di impiantare concretamente stabilimenti, filiali e sedi periferiche nei diversi Paesi, è divenuto più conveniente siglare rapporti commerciali con altre imprese (partner) presenti nei Paesi d’insediamento, soprattutto in quelli di ascesa industriale come “Cindia” (Cina e India) e i Nic (New industrializing countries) o cosiddette “Tigri asiatiche” (Singapore, Indonesia, Malesia, Taiwan). L’impresa organizza i fattori della produzione attraverso una fitta rete di contratti di diversa natura: delle Joint venture (creazione di imprese congiunte), all’appalto di specifici segmenti o fasi del processo produttivo (per esempio , la progettazione di modelli o la realizzazione di particolari componenti del prodotto finale , alla concessione ad altre imprese dell’utilizzo del proprio marchio di fabbrica (franchising) e altro ancora. Questa nuova strategia presenta ulteriori vantaggi rispetto alle precedenti forme di internazionalizzazione: in particolare , consente alle grandi imprese multinazionali di ridurre gli investimenti in conto capitale, di non preoccuparsi più dei problemi relativi all’organizzazione del lavoro nei Paesi di insediamento, diminuire il numero di propri dipendenti da inviare all’estero (1)
Globalizzazione e mercati 3. il mercato del lavoro Aspetti generali Secondo molti studiosi, l’attuale configurazione del mercato del lavoro è strettamente legata ai mutamenti che la sfera produttiva e quella distributiva hanno manifestato nell’ultimo scorcio di millennio, all’utilizzo di tecnologie ad accentuato risparmio di forza lavoro e soprattutto al processo di globalizzazione dell’economia che sta ponendo in luce nuove forme di collaborazione lavorativa, diverse da quelle tradizionali basate sul rapporto di lavoro salariato. Analizziamo alcuni aspetti. 1) La sostituzione di forza lavoro. È un fatto che il sistema economico tende, oggi, a produrre un volume crescente di ricchezza con una quantità minore di forza- lavoro. La riduzione di forza lavoro, a sua volta, dipende innanzitutto dai processi di automazione (robotizzazione) e di informatizzazione della produzione Negli ultimi decenni, infatti, si è assistito a un notevole sviluppo del grado di tecnicizzazione dell’attività produttiva: dapprima le grandi imprese, quindi anche le medie e in parte le piccole imprese, si sono orientate verso crescenti livelli di automazione delle procedure (si pensi, per fare un esempio, all’uso oramai generalizzato dei computer). Tale propensione ha comportato, nella maggior parte dei casi, una sostituzione della forza- lavoro con le macchine, contribuendo ad accentuare il fenomeno dell’espulsione di manodopera dal mercato del lavoro e quindi un aumento della disoccupazione.
Globalizzazione e mercati 3. il mercato del lavoro Aspetti generali 2) La flessibilità del lavoro. La diminuzione dell’occupazione, tuttavia, è anche il risultato di una gestione più efficiente e flessibile delle risorse umane all’interno delle imprese (soprattutto per ciò che riguarda le multinazionali) che si realizza attraverso una duplice forma di flessibilità: funzionale e numerica. a) In base alla flessibilità funzionale, i lavoratori sono spesso chiamati a ricoprire più ruoli e si richiede loro di adattarsi prontamente alle mutevoli condizioni della produzione, assumendosi di volta in volta un ampio ventaglio di scelte e decisioni strategiche. Specie a livello “medio- alto” di preparazione e capacità professionali, il lavoratore è oggi orientato verso de-specializzazioni e, al contrario verso conoscenze e competenze sistemiche , proprio perché le attività produttive sono progressivamente più “instabili”, più soggette a modificarsi in funzione dell’accelerata dinamica del sistema economico. b) In base alla flessibilità numerica , esiste poi un’ampia dotazione di personale dipendente al quale non si richiedono particolari conoscenze e competenze , ma la capacità di impadronirsi rapidamente del tipo di lavoro cui viene adibito, ed è solitamente chiamato non ad assumere iniziative autonome o a operare proprie scelte, ma a eseguire le decisioni prese dalla prima categoria di lavoratori. Tali forme di collaborazione si instaurano spesso attraverso contratti a tempo determinato o parziale, ma stanno anche aumentando le forme ‘esterne’ esterne di collaborazione , cosiddette esternalizzazioni o collaborazioni autonome (a progetto). (1)
Globalizzazione e mercati 3. il mercato del lavoro Aspetti generali 3) Le differenze salariali a livello internazionale. Un ultimo aspetto della condizione del lavoro nell’era della globalizzazione è il notevole divario che si manifesta fra i livelli salariali dei Paesi industrializzati e di quelli a economia arretrata. Nei primi, i lavoratori godono, in genere, di accettabili condizioni retributive, che scaturiscono da vincoli contrattuali che si rinnovano a intervalli definiti di tempo ( in genere ogni tre o quattro anni); nei secondi , invece, i salari vengono fissati unilateralmente dai datori di lavoro o sono, comunque, condizionati dal maggior potere degli imprenditori, per cui spesso sono stabiliti al livello di sussistenza. Per avere un’idea dell’entità di questo divario è sufficiente fare attenzione ai seguenti dati: considerato un indice di salario reale pari a 100 negli Stati Uniti, l’America latina presenta un valore di 20, i Paesi in via di sviluppo dell’Asia un valore 12, e persino le economie asiatiche emergenti (le tigri) hanno un indice assai basso, inferiore a 40. Questo significa che, a parità di potere di acquisto, il livello salariale dei Paesi del Sud del mondo è mediamente la quinta o la sesta parte di quello presente nei Paesi avanzati. Tale disparità di trattamento retributivo incide fortemente nelle decisioni relative alla creazione o all’ampliamento degli insediamenti produttivi da parte delle grandi imprese multinazionali, in quanto queste ultime tenderanno “ a spostare” spostare (nota come delocalizzazione ) le attività produttive laddove possono ottenere più vantaggiose condizioni sotto il profilo del costo del lavoro.
Globalizzazione e mercati 4. le critiche alla globalizzazione Introduzione La tendenza sempre più accentuata verso una società e un’economia mondializzate sta raccogliendo consensi, talvolta entusiastici , ma anche molte critiche. Per taluni, infatti, la globalizzazione presenta aspetti senza dubbio positivi e rappresenta, di fatto, un’autentica rivoluzione, capace di favorire il progresso dell’intera umanità. A giudizio di altri economisti, invece, questo fenomeno ha conseguenze assai negative sulla qualità della vita di una parte considerevole della popolazione mondiale: le forme di flessibilità nel mercato del lavoro, la delocalizzazione delle attività produttive , la totale libertà di movimento dei capitali e molti altri aspetti conducono, secondo essi , a maggiori diseguaglianze sociali. Nel complesso, comunque, vi è la consapevolezza che il processo di globalizzazione , in sé importante e vantaggioso, sta penalizzando una parte dell’umanità, soprattutto perché le fondamentali decisioni economiche incidono sulle relazioni internazionali vengono assunte da soggetti e organismi dominati dai Governi dei Paesi ricchi e influenzati dagli interessi delle grandi imprese, ossia provengono “dall’alto” trascurando ampiamente i bisogni e le richieste di gran parte della popolazione
Globalizzazione e mercati 4. le critiche alla globalizzazione Le critiche alla globalizzazione dall’alto L’esclusione dai vantaggi. Più volte si è sottolineato come la ricchezza del nostro pianeta sia fortemente sperequata. Nell’ultimo ventennio il divario tra i Paesi ricchi e quelli poveri si è allargato. a) Negli anni Ottanta del secolo scorso, il reddito medio del Paese più ricco era 35 volte quello del Paese più povero, mentre attualmente questo rapporto è salito a quasi 80 volte. Gli Stati Uniti, in particolare, con una popolazione che rappresenta meno del 4% di quella mondiale, ottengono il 22% del reddito mondiale. b) Anche il diverso accesso ai servizi di base e alle tecnologie è significativo, a questo riguardo: tuttora il 62% della popolazione mondiale non usa il telefono, mentre il 38% è privo di energia elettrica; un computer costa ad un lavoratore statunitense un quarto (1/4) del suo stipendio mensile, mentre per un abitante del Bangladesh il suo prezzo equivale a otto anni di reddito. Questo significa che, attualmente, la possibilità di milioni di abitanti dei Paesi poveri e anche di quelli in via di sviluppo, di accedere alle nuove tecnologie è praticamente nulla. Nel complesso si valuta che, nel 2010, a trent’anni dall’inizio della globalizzazione , oltre l’ 80% della popolazione dell’Asia, dell’Africa e dell’America latina sia esclusa dai processi di globalizzazione.
Globalizzazione e mercati 4. le critiche alla globalizzazione Le critiche alla globalizzazione dall’alto Il mercato del lavoro dei paesi esclusi. Se almeno tre quarti della popolazione del pianeta si trova in una condizione di difficile (o impossibile) accesso ai benefici della società globalizzata, ne subisce però le conseguenze negative, specie con riferimento al mercato del lavoro. Le grandi imprese , specie le multinazionali, si insediano soprattutto nei Paesi in cui la legislazione del lavoro è inesistente o consente, comunque, di utilizzare il personale secondo modalità organizzative più flessibili rispetto a quanto avviene nei paesi industrializzati (orari di lavoro più lunghi, turni più gravosi (10 -12 ore), possibilità di inserimento di minori anche in attività rischiose o pesanti). Inoltre, i salari sono assai più bassi e l’assenza dei sindacati è pressoché totale; ciò garantisce alle imprese un notevole “potere” nei riguardi dei lavoratori, che non di rado si manifesta in una vera e propria condizione di sottomissione. La compressione dei salari a livelli prossimi alla sussistenza e l’elevata flessibilità del lavoro, realizzate nelle aree del sottosviluppo e in quelle di nuova industrializzazione, hanno anche l’effetto di ridurre le conquiste ottenute dai lavoratori nei Paesi a capitalismo avanzato: invocando il principio della competitività , le grandi imprese premono verso i Governi affinché vengano emanate nuove normative sul lavoro meno vincolanti e richiedono politiche di moderazione salariale. Tutto ciò finisce per penalizzare anche la forza lavoro dei paesi industrializzati senza migliorare le condizioni dei paesi arretrati.
Globalizzazione e mercati 4. Vantaggi e svantaggi della globalizzazione Nuovi mercati di sbocco e forte tasso di crescita Spesa investimenti più bassa grazie alla delocalizzazione Vantaggi Costi molto bassi dei salari Vantaggi fiscali /agevolazioni o zero tasse x i primi anni Forte aumento dei ricavi e dei profitti per le imprese PAESI RICCHI Incertezza sulla durata dello sviluppo economico (NORD MONDO ) Problemi legati alla stabilità politica dei governi locali Svantaggi (Fattori di debolezza o criticità) Di perdere competenze specifiche a vantaggio dei paesi In cui si è delocalizzato Problemi sulla qualità dei prodotti Effetti economici indesiderati quali l’aumento dei salari Dei lavoratori e l’aumento dei prezzi delle materie prime
Globalizzazione e mercati 4. Vantaggi e svantaggi della globalizzazione Forti opportunità di crescita e sviluppo economico Notevole afflusso di capitali e Investimenti stranieri Vantaggi Accesso a competenze e nuove tecnologie Aumento del Pil e del reddito per la popolazione Forte aumento dell’occupazione Migliori condizioni di vita PAESI POVERI Sfruttamento dei lavoratori specie donne e minori (SUD del MONDO ) Assenza di diritti sindacali e previdenziali Svantaggi (Fattori di debolezza o criticità) Limitato rispetto dell’ambiente (inquinamento) Migrazione dei lavoratori e delle loro famiglie dalle campagne verso le città (megalopoli) Diffusione di modelli consumistici occidentali e la Perdita delle tradizioni locali
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