MONOTONIA IN ANALISI MATEMATICA Fabio Bagagiolo Percorso dEccellenza
MONOTONIA IN ANALISI MATEMATICA Fabio Bagagiolo Percorso d’Eccellenza 2008/2009
Esistenza di limiti • 1. 2. 3. 4. 5. • 1. 2. Problema dell’esistenza del limite di: successioni; funzioni; rapporti incrementali; integrali impropri; successioni di funzioni. Passaggio al limite: sotto il segno di integrale; sotto altre relazioni non lineari.
Regolarita’ • 1. 2. 3. 4. Per una funzione di una variabile: continuita’; derivabilita’; integrabilita’ convessita’.
Applicazioni • 1. 2. 3. 4. 5. • Spesso, nei fenomeni fisici/ingegneristici/economici/biologici della “vita reale” alcune grandezze del sistema in questione sono legate tra loro da relazioni che, con chiara evidenza sperimentale, presentano effetti di monotonia. fase (liquida/solida) vs temperatura nei processi di transizione di fase; pressione vs saturazione nei processi di flusso attraverso mezzi porosi; sforzo vs deformazione nei processi elastoplastici; investimento vs profitto nei processi economici; attivita’ di batteri vs quantita’ di nutriente a disposizione nei processi biologici. Questa monotonia permette, a volte, di formulare modelli matematici per tali processi, che si dimostrano di piu’ facile studio, sia analitico che numerico.
• ESISTENZA DI LIMITI
Un Teorema (ben noto) sul limite delle successioni monotone • Sia (a ) una successione monotona (non decrescente) di numeri reali • a ≥ a per ogni n naturale. • Allora la successione ammette limite l (finito reale o +∞) e tale limite l vale • l = sup (a )≤+∞. n n+1 n n
Osservazione • Questo risultato e’ alla base di tutti i criteri di convergenza per le serie numeriche a termini positivi. • Infatti se a ≥ 0 per ogni n naturale, allora la serie numerica a ha la successione delle somme parziali monotona non decrescente (s = a ≤ s = a ). • E sappiamo bene che la convergenza di una serie numerica e’, per definizione, la convergenza della successione delle somme parziali. • Pertanto una serie a termini positivi non puo’ oscillare: o converge o diverge a +∞. • Basta quindi provare che le somme parziali sono limitate ed e’ fatta! n n n k n≤k n k+1 n≤k+1 n
Dimostrazione • Dobbiamo provare che, se la successione e’ non decrescente, allora essa converge all’estremo superiore dei termini a , l. • Bisogna distinguere due casi: l reale, l=+∞. n
l reale finito • Ricordiamo la definizione di limite: – per ogni ε>0, esiste un numero naturale N tale che, se n e’ naturale, n≥N |l-a |≤ε n • Ricordiamo la definizione di estremo superiore: – per ogni n naturale, a ≤ l (l e’ un maggiorante); – per ogni ε>0 esiste n naturale tale che a ≥l-ε (l e’ il minimo dei maggioranti). n ε nε
l reale finito • Fissiamo ε>0 e poniamo N=n. • Allora, per la monotonia (non decrescenza) della successione si ha, per ogni naturale n≥N: • l-ε ≤ a ≤ l+ε ε N n • E quindi si conclude. cvd
Osservazione Importante • Questo risultato lega insieme i due concetti fondamentali di tutta l’analisi matematica: il concetto di limite e il concetto di estremo superiore. • Con queste due nozioni si fa tutta l’analisi matematica reale. • La dimostrazione, anche se facile, implica l’uso appropriato delle definizioni dei due concetti.
Esercizi per casa (facilissimi, quasi offensivi) • Dimostare il risultato nel caso di l=+∞. • Enunciare e dimostrare l’analogo risultato nel caso di successione non crescente. • Trovare un controesempio al fatto che la monotonia non e’ necessaria per la convergenza di una successione.
Convergenza di successioni di funzioni • f : I→R, f: I→R, I intervallo; • La successione di funzioni (f ) converge puntualmente a f su I se: • lim f (x)=f(x) per ogni I x. • La successione converge uniformemente a f su I se: • Per ogni ε>0 esiste N naturale che n≥N sup |f (x)-f(x)|≤ε, equivalentemente: • lim sup |fn(x)-f(x)|=0. • La convergenza uniforme implica quella puntuale, ma non vale il viceversa. n n n→+∞ n I x n→+∞ I x n n
Teorema (del Dini) • Sia {f } una successione di funzioni continue su un intervallo chiuso e limitato [a, b]. • Supponiamo che la successione sia monotona crescente (risp. decrescente): f (x)≤f (x) per ogni x in [a, b] e per ogni n naturale (risp. f (x)≥f (x) per ogni x in [a, b] e per ogni n naturale). • Supponiamo che f converga puntualmente su [a, b] ad una funzione continua f. • Allora f converge ad f uniformemente su [a, b]. • Dimostrazione gia’ vista a lezione (Barozzi). Studiarla per la prossima volta. • N. B. Questo risultato non richiede che le funzioni approssimanti fn siano continue! • Esercizio per i prossimi 3 minuti: • trovare controesempi che provino che se manca la compattezza, oppure se manca la continuita’ delle fn , oppure se manca la continuita’ del limite, allora il risultato non e’ piu’ valido. n n n+1 n n
Mancanza di compattezza 2+1/n fn(x)=|x| 2 -1/n f(x)=x 2 -1 1 La successione fn e’ monotona decrescente su R, converge puntualmente a f su R, f e’ continua, ma la convergenza non e’ uniforme su R (e’ comunque uniforme su ogni compatto di R)
Mancanza di continuita’ del limite f fn+1 1 f -a a fn La successione fn e’ crescente, fn converge puntualmente a f su [-a, a], f non e’ continua, fn non converge uniformemente a f su [-a, a] (non e’ uniforme in nessun compatto intorno al punto di discontinuita’ della funzione limite).
Passaggio al limite sotto segno di integrale • Problema: I=(a, b) intervallo di R, f : I→R una successione di funzioni integrabili su I, che “converge” ad una funzione integrabile f: I→R. • E’ vero che, per n→+∞, n
Risposte • Se la convergenza e’ uniforme su I, allora la risposta e’ SI’ (teorema). • Se la convergenza e’ solamente puntuale, allora la risposta e’ NO (cioe’: con la sola informazione di convergenza puntuale non e’ possibile dedurre che vale il passaggio al limite sotto il segno di integrale.
Controesempi 2 n fn 2/n b La successione converge puntualmente a f 0 sull’intervallo [0, b]. fn=n→+∞, f=0
Controesempi n fn 2/n b La successione converge puntualmente a f 0 sull’intervallo [0, b]. fn=1→ 1, f=0
Osservazione • Nel primo controesempio, gli integrali delle f divergono e quindi, banalmente, non possono convergere all’integrale di f che e’ finito. • Nel secondo controesempio, gli integrali delle f convergono (sono addirittura costanti!) ma non convergono all’integrale di f : non possiamo portare il segno di limite dentro all’integrale: n n
Teorema (della convergenza monotona di Beppo Levi) • I=(a, b) intervallo di R, f : I→R una successione di funzioni integrabili su I, che converge puntualmente ad una funzione integrabile f: I→R. • Supponiamo inoltre che la successione sia monotona crescente (risp. monotona decrescente) e che sia minorata (risp. maggiorata) da una costante C: f (x)≥C (risp. f (x)≤C) per ogni n e ogni x in (a, b). • Allora vale il passaggio al limite sotto al segno di integrale n n n
Osservazione • Se le f e il limite f sono continue, allora, in virtu’ della convergenza puntuale e della monotonia, la convergenza e’ anche uniforme e quindi questo teorema non dice nulla di nuovo. • Ma il teorema non richiede affatto che il limite sia continuo, ma ne richiede solo l’integrabilita’. n
Osservazione • fn(x)dx=1/(2 n)+a-1/n→a= f(x)dx 1 -a 1/(n+1) 1/n a
Esercizio • Se la successione e’ monotona crescente e soddisfa alle altre condizioni del teorema, tranne la equilimitatezza inferiore, allora la conclusione non e’ piu’ vera. • 2 MINUTI per trovare un controesempio. • Via!
Soluzione (da aggiustare…)
Dimostrazione del Teorema • Non e’ restrittivo supporre C=0 (basta prendere g =f -C, g=f-C e fare i conti con g e g). • La successione di funzioni e’ crescente. Quindi (per la monotonia dell’integrale!) anche la successione numerica degli integrali a = f (x)dx e’ crescente. • Quindi, per il nostro teorema fondamentale sulle successioni numeriche crescenti, esiste -∞< ≤+∞ limite della successione degli integrali. • Il nostro scopo e’ ora quello di provare che = f(x)dx. n n n
Dimostrazione del Teorema • Per la crescenza, per la convergenza puntuale e per l’ipotesi di equilimitatezza inferiore: 0≤f ≤f ≤f. • Da cui si ha anche (usando ancora anche la monotonia dell’integrale, e il fatto che f e’ integrabile) 0≤ ≤ f(x)dx<+∞. • Per cui basta provare che ≥ f(x)dx. n n+1
Dimostrazione del Teorema • Fissato 0< <1, per ogni n definiamo l’insieme E ={x (a, b) | f (x)≥ f(x)}. n n f fn b a f En
Dimostrazione del Teorema • Per la crescenza della successione di funzioni, la successione degli insiemi E e’ crescente: E E (a, b) f n n n+1 fn b a f En
Dimostrazione del Teorema • Per la convergenza puntuale, si ha inoltre E =(a, b). • Quindi {E } e’ una catena ascendente di sottoinsiemi di (a, b) che invade tutto (a, b). • Possiamo quindi dire che E (a, b). • Nel nostro esempio grafico le funzioni sono continue e quindi E e’ unione di intervallini disgiunti. Possiamo definire la lunghezza di E come la somma delle lunghezze degli (eventualmente in numero infinito) intervallini che lo compongono (e questa somma esiste finita perche’ E (a, b) che ha lunghezza finita). Quindi dire che E (a, b), significa dire che la lunghezza di En tende a quella di (a, b). • Ne segue anche E f(x)dx → (a, b) f(x)dx. • Tutto cio’ vale anche in casi piu’ generali, per sempio quando le funzioni non sono continue e quindi gli insiemi En sono “brutti”: bisogna dare un opportuno significato di misura dell’insieme e di integrale. Ma tutto funziona allo stesso modo. n n n n n
Dimostrazione del Teorema • Dalla seguente catena di disuguaglianze (che discende anche dal fatto che le funzioni sono positive): • f (x)dx≥ f(x)dx, • Passando la limite per n→+∞ e poi per → 1 si conclude: • ≥ f(x)dx→ f(x)dx. • cvd (a, b) n En (a, b)
Osservazione • Altri risultati di passaggio al limite sotto il segno di integrale esistono, senza ipotesi di monotonia (e senza convergenza uniforme). • Per esempio quello della “convergenza dominata” di Lebesgue. Ma tutti, nella dimostrazione, passano attraverso il risultato di Beppo Levi.
REGOLARITA’ (di una funzione monotona)
Funzioni monotone • Una funzione f: (a, b)→R si dice monotona crescente/non decrescente (risp. decrescente/non crescente) se • f(x)≤f(y) per ogni x, y (a, b), x≤y (risp. f(x)≥f(y) per ogni x, y (a, b), x≤y). crescente decrescente ne’ decrescente
Importanza dello studio delle funzioni monotone • Se f: (a, b)→R e’ positiva (f(x)≥ 0 per ogni x) ed e’ integrabile, allora la funzione integrale x f(s)ds e’ monotona crescente. • Ogni funzione f: (a, b)→R puo’ essere scritta come differenza di due funzioni + positive: f=f -f (parte positiva meno parte negativa) dove (a, x)
Importanza dello studio delle funzioni monotone
Importanza dello studio delle funzioni monotone • Quindi ogni funzione integrale e’ la differenza di due funzioni (integrali) monotone crescenti • La derivata di una funzione convessa derivabile e’ una funzione monotona crescente. • E le funzioni convesse sono importanti per lo studio dei minimi (es: energie della fisica)
Regolarita’ delle funzioni monotone • Un primo risultato e’ il seguente, la cui dimostrazione e’ la medesima di quella per le successioni monotone. • Sia f: (a, b)→R monotona. Allora i limiti destro e sinistro di f esistono finiti per ogni x (a, b):
Regolarita’ delle funzioni monotone • Quindi una funzione monotona puo’ avere solo discontinuita’ di prima specie (salti) Questa funzione ha due salti. Ma quanti possono essere i salti di una funzione monotona?
Regolarita’ delle funzioni monotone • In generale le funzioni possono avere infiniti punti di discontinuita’, infiniti piu’ che numerabili. Possono essere discontinue in ogni punto del loro dominio. • Esempio: la funzione caratteristica dei razionali in (0, 1): (x)=1 se x e’ razionale, (x)=0 se x e’ irrazionale, non e’ continua in alcun punto. • Ovviamente questa funzione non e’ monotona. Q Q
Regolarita’ delle funzioni monotone • Teorema. Sia f: (a, b)→R una funzione monotona. Allora i suoi punti di discontinuita’ sono in una quantita’ al piu’ numerabile. • Poiche’ (a, b) ha la potenza del continuo, si puo’ dire che i punti di discontinuita’ di una funzione monotona sono “pochi”.
Dimostrazione • Supponiamo f crescente (l’altro caso e’ analogo). • I punti di discontinuita’ di f possono essere solo salti. • Per la monotonia, essendo tutti i salti “verso l’alto”, la somma di un qualunque numero di salti non puo’ essere superiore al dislivello totale di f: f(b)-f(a)<+∞. • Per ogni n>0 definiamo l’insieme J dei punti x (a, b) per cui il salto di f e’ maggiore di 1/n. • Sia poi J l’insieme di tutti i punti x (a, b) che sono di salto per f (ovvero i punti di discontinuita’). • Evidentemente si ha J =J. • D’altra parte, ogni insieme Jn e’ formato da un numero finito di punti. • Infatti, ogni Jn non puo’ contenere piu’ di n(f(b)-f(a)) punti. • Ne segue che J, essendo unione numerabile di insiemi finiti, consta al piu’ di una quantita’ numerabile di elementi. • cvd n n n
Conseguenza • Ogni funzione monotona (crescente) su (a, b) puo’ essere scritta come la somma di una funzione continua monotona (crescente) e di una funzione “salto”. • Una funzione salto (crescente) su (a, b) e’ una funzione del tipo h(x)= s • dove {x } e’ una successione (numerabile!) crescente di punti in (a, b): i punti di salto, e s ≥ 0 sono i rispettivi salti, con s <+∞. • Quindi ogni funzione monotona e’, a meno di una funzione salto, una funzione continua. ”xn<x” n n n
Funzione salto s 1{ s 0{ x 0=a x 1 x 2 x 3 x 4 xn xn+1 b
Funzioni monotone, funzioni salto e funzioni continue +
Regolarita’ delle funzioni monotone • Teorema. Sia f: (a, b)→R una funzione monotona. Allora f e’ derivabile quasi dappertutto. • L’insieme dei punti x (a, b) nei quali f non e’ derivabile ha misura nulla. • Per ogni >0, tale insieme (che non e’ necessariamente unione di intervallini), puo’ essere ricoperto da una quantita’ al piu’ numerabile di intervalli disgiunti la cui somma delle lunghezze e’ minore di .
Regolarita’ • Esistono funzioni continue (non monotone, ovviamente) che non sono derivabili in alcun punto! • Anzi, queste funzioni sono molte di piu’ delle continue derivabili! • Esercizio
Preliminare al Teorema fondamentale del Calcolo • Sia f una funzione integrabile su [a, b]. • Allora la funzione x f(s)ds e’ derivabile per quasi ogni x. + • Basta scrivere f(s)ds= f(s)ds- f(s)ds che risulta essere la differenza tra due funzioni monotone. • Il Teorema dice, in realta’, che la derivata (quasi ovunque) e’ proprio f. x a x a
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