Mio Nonno un partigiano LA VITA Mio Nonno

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Mio Nonno, un partigiano…

Mio Nonno, un partigiano…

LA VITA

LA VITA

Mio Nonno si chiamava Pio Vittorio Moroni, è nato l’ 11 dicembre del 1921

Mio Nonno si chiamava Pio Vittorio Moroni, è nato l’ 11 dicembre del 1921 e ha sempre vissuto nel suo mulino, il mulino Bert a San Lorenzo di Parabiago. Figlio di mugnai, ha iniziato molto presto ad aiutare i suoi genitori nella gestione del mulino. Aveva due sorelle ed un fratello, tutti più piccoli di lui. Suo padre veniva spesso visto in paese con il carretto trainato dal cavalli per vendere il grano macinato nel loro mulino. Proprio suo padre, durante il Primo conflitto mondiale, venne deportato in un campo di prigionia tra Francia e Germania e a causa della malnutrizione e del trattamento subito nel campo, contrasse la tubercolosi che lo accompagnò per diverso tempo.

E’ sempre stato un grande lavoratore mio Nonno; lavorò in un’azienda tessile, la manifattura

E’ sempre stato un grande lavoratore mio Nonno; lavorò in un’azienda tessile, la manifattura Tosi di Busto Arsizio, dove a causa dei forti rumori accusò dei problemi di udito. Fino all’età di novant’anni lo si poteva vedere intento a sistemare il suo orto e a tagliare l’erba sull’argine dell’Olona. Grande tifoso della Juventus, instancabile lettore che oltre a leggere ogni giorno “Il Corriere della Sera” e il “Sole 24 Ore”, amava leggere anche libri di storia e attualità, voleva essere sempre informato sulla politica, sulla cronaca, sulla borsa, mai di gossip o altro.

Si sposò con mia Nonna, Carolina Moroni il 27 agosto del 1952, dalla quale

Si sposò con mia Nonna, Carolina Moroni il 27 agosto del 1952, dalla quale ebbe due figli, mia mamma Elena Fabrizia e mio zio Aurelio. Ci ha insegnato molto durante la sua vita, in primis il rispetto verso gli altri, il valore di dire sempre ciò che uno pensa con toni garbati e mai arroganti e di non “vendere” o cambiare le proprie idee per cose inutili. Ci ha insegnato l’Amore, quello vero, ed è sempre stato disponibile ad aiutare i suoi famigliari e amici in qualsiasi occasione e necessità.

Quando la memoria iniziò a vacillare, il ricordo rimasto più indelebile in lui è

Quando la memoria iniziò a vacillare, il ricordo rimasto più indelebile in lui è stato proprio quello che ha visto e vissuto durante la “sua” Guerra, come la chiamava lui e durante la Resistenza. Raccontava, raccontava spesso. . . ci metteva il cuore nei suoi racconti e non si stancava mai di ripetermi il suo vissuto.

E’ rimasto segnato da questa Guerra per tutta la sua vita; ricordo una sera

E’ rimasto segnato da questa Guerra per tutta la sua vita; ricordo una sera quando era in ospedale all’alba dei suoi 93 anni ormai sulla sedia a rotelle, che si svegliò di soprassalto con il terrore negli occhi, e mi disse che i tedeschi stavano arrivando a prenderlo, ma che lui non riusciva a muoversi dal letto per scappare. . . e che quindi avrei dovuto iniziare a scappare io. Era solo un incubo, ma questo fa capire quanto gli è rimasta dentro questa terribile esperienza!

LA «SUA» GUERRA

LA «SUA» GUERRA

Mio Nonno, è stato un partigiano italiano. Chiamato alle armi il 10 Gennaio 1941

Mio Nonno, è stato un partigiano italiano. Chiamato alle armi il 10 Gennaio 1941 presso il 67 esimo Reggimento Fanteria (divisione Legnano) a Como, ha preso parte attiva al secondo conflitto mondiale. Nel mese di Aprile del 1942, è stato inviato a Livorno presso l’ 88 esimo Reggimento Fanteria. A Luglio del 1942, venne promosso sergente. Sbandato dal 10 Settembre 1943, ha militato nella 182 esima Brigata Garibaldi Mauro Venegoni di Legnano settore Valle Olona, prendendo parte alla Resistenza Partigiana. Il 1 Maggio 1945, è stato smobilitato.

In data 8 Settembre 1947, ha ricevuto il Diploma di medaglia Garibaldina “in riconoscimento

In data 8 Settembre 1947, ha ricevuto il Diploma di medaglia Garibaldina “in riconoscimento del valore militare e del grande amore di patria dimostrati combattendo nelle Brigate d’assalto Garibaldi, la guerra di liberazione nazionale contro i tedeschi e contro il fascismo. ”

Secondo me mio Nonno decise di diventare partigiano perché credeva fortemente nella libertà dei

Secondo me mio Nonno decise di diventare partigiano perché credeva fortemente nella libertà dei singoli individui, nella libertà di pensiero e di espressione, cose che nel regime fascista non esistevano e vigeva l’imposizione, con regole rigide e ferree dove chi era contrario veniva punito Lui non accettava questa cosa.

Due erano le sue paure più grandi durante la Guerra: la prima, indubbiamente, era

Due erano le sue paure più grandi durante la Guerra: la prima, indubbiamente, era il non tornare più a casa e non rivedere più la propria famiglia. La seconda paura, conoscendolo, credo fosse anche quella di doversi trovare in situazioni dove, per difendere la propria vita, avrebbe dovuto privare qualcun altro della propria. Diceva che anche i fascisti erano dei ragazzi proprio come lui, con una famiglia a casa ad aspettarli e degli amici. Quando ti trovi faccia a faccia con il nemico, hai pochissimi attimi per decidere cosa fare: o gli spari, o ti fai sparare. Non so però se si è mai trovato in questa situazione.

Tanti sono gli aneddoti che mi ha trasmesso. . .

Tanti sono gli aneddoti che mi ha trasmesso. . .

Come quella volta, poco prima della scoppio della Guerra, che era a Como a

Come quella volta, poco prima della scoppio della Guerra, che era a Como a fare il servizio militare e, avendo un giorno libero, decise di tornare a casa per salutare i suoi genitori. Erroneamente, rientrò in ritardo in caserma, lo beccarono, e lo mandarono dal suo comandante in attesa di una punizione. Il comandante, mutilato della Prima Guerra Mondiale (aveva perso un occhio durante il conflitto), avendo capito il motivo della sua fuga, gli disse in dialetto e in tono scherzono: “scarliga merlus, son scapa anca mi in temp che Guerra”… “vai merluzzo, sono scappato anche io mentre ero in Guerra”.

Un altro aneddoto…riguarda un piccolo furto fatto da mio Nonno e da alcuni suoi

Un altro aneddoto…riguarda un piccolo furto fatto da mio Nonno e da alcuni suoi compagni partigiani, in un magazzino fascista contenente riserve di cibo. Era sera, le guardie si erano appisolate un attimo, e loro entrarono di corsa prendendo le prime cose che trovarono: la cosa che mio Nonno ricordò benissimo di aver preso, erano delle caramelle col buco, bianche e grosse, al gusto menta.

Giuseppe, il fratello di mio Nonno, anche lui partigiano, venne catturano in Grecia durante

Giuseppe, il fratello di mio Nonno, anche lui partigiano, venne catturano in Grecia durante la Guerra e portato nei campi di prigionia in Germania. Là, i tedeschi gli diedero la scelta di lavorare per loro in un’officina di cucinette a sfera e quindi di uscire dal campo. Mio Nonno raccontandomi questo mi disse che suo fratello non aveva fatto una vita cattiva là, il campo di prigionia lo aveva vissuto pochissimo e dopo il lavoro non doveva più rientrare nel campo ma veniva ospitato da una famiglia della zona. E’ riuscito a tornare a casa solo dopo la fine della Guerra, nel 1945.

Durante la Guerra, il mulino dei genitori di mio Nonno ha continuato a lavorare,

Durante la Guerra, il mulino dei genitori di mio Nonno ha continuato a lavorare, anche se con difficoltà. Dopo il 10 giugno 1940, in Italia misero le tessere del pane; non si poteva più comprare tutto il pane che si voleva, il pane iniziò a scarseggiare. Quando macinavano il grano, dovevano segnare tutti i kg in entrata e in uscita, non si poteva neanche più lavorare liberamente. Ogni 8 giorni, passava un incaricato a spuntare tutti i dati e a controllare le schede apposte sui sacchetti di grano con il nome del contadino.

Succedeva spesso che i tedeschi andavano al mulino dai miei bis nonni, per cercare

Succedeva spesso che i tedeschi andavano al mulino dai miei bis nonni, per cercare mio Nonno. Andavano nelle stalle e nel fienile, e con la baionetta infilzavano la paglia, pensando di trovarlo nascosto li sotto. Il mio bisnonno, sul suo carretto, aveva quindi fatto un doppio fondo in legno: sopra veniva messo il fieno, e sotto nel doppio fondo potevano nascondersi 2/3 persone senza rischiare di essere feriti dalla baionetta.

Le armi che servivano per alcune missioni dei partigiani erano nascoste proprio al mulino

Le armi che servivano per alcune missioni dei partigiani erano nascoste proprio al mulino e durante il rastrellamento delle truppe nazifasciste furono gettate nel fiume Olona per evitare che venissero trovate. Sempre durante la Guerra, mio Nonno ricorda che quando prendeva il treno e vedeva salire i tedeschi, si nascondeva tutto rannicchiato sotto ai sedili, per non farsi catturare…e faceva il viaggio cosi.

Mia Nonna ricordava che quando suonava la sirena in paese e quando passavano gli

Mia Nonna ricordava che quando suonava la sirena in paese e quando passavano gli aerei pronti a bombardare o mitragliare, loro dovevano scappare fuori da casa e nascondersi in mezzo ai campi nei fossi. Stessa cosa quando erano in giro in bicicletta, dovevano abbandonarle e correre a piedi nei campi per nascondersi.

LA CATTURA

LA CATTURA

Quel giorno, un amico di mio Nonno lo invitò ad andare a mangiare due

Quel giorno, un amico di mio Nonno lo invitò ad andare a mangiare due fette di salame e a bere un bicchiere di vino, in un’osteria di Parabiago; erano li seduti tranquilli al tavolo quando entrarono nel locale due fascisti. I due fascisti chiesero a mio Nonno i documenti, che lui non aveva con sé e lo invitarono quindi a seguirli. Lo portarono prima a Legnano, poi in caserma a Parabiago dicendogli che l’indomani mattina lo avrebbe preso e portato in una loro sede a Milano. Non avevano capito che era un partigiano, credevano solamente che fosse uno sbandato senza documenti.

Arrivarono poi in caserma a Parabiago, alcuni suoi amici di Canegrate che erano presenti

Arrivarono poi in caserma a Parabiago, alcuni suoi amici di Canegrate che erano presenti nell’osteria e che avevano dei permessi speciali per poter entrare. Chiesero al comandante di poter parlare con il Sig. Moroni e dissero a mio Nonno la loro idea: l’indomani mattina mentre lo avrebbero accompagnato a piedi a prendere il tram per Milano, dopo il ponte dell’Olona loro avrebbero ammazzato i fascisti e lui sarebbe potuto scappare in montagna. “No”, disse mio Nonno, “voi lasciate stare tutto e non ammazzate nessuno perché dopo succede un casino e ci bruciano tutti, qua sono tanti i miei parenti e sanno che abitiamo al Mulino, non fate niente voi” Mio Nonno li rassicurò, dicendo che sarebbe andato a Milano e poi ci avrebbe pensato lui. Loro insistettero per aiutarlo, ma lui non cedette, per cui accettarono di non compiere azioni azzardate.

La mattina dopo, partirono a piedi, lui in mezzo ai due fascisti, per andare

La mattina dopo, partirono a piedi, lui in mezzo ai due fascisti, per andare a prendere il tram a San Lorenzo in direzione Milano. Alla fermata del tram, incontrarono un conoscente di mio Nonno, il Sig. Ferrari che in paese aveva una fabbrica di scarpe; non si sa tramite quale conoscenza comune, cercò di parlare con i due fascisti per convincerli a farlo scappare. I due, dispiaciuti, dissero che non riuscivano a farlo, mio Nonno li ringraziò comunque dicendo di non pensarci e che ci avrebbe pensato lui dopo. Salirono sul tram, mio Nonno seduto in mezzo e i due fascisti ai lati

Arrivarono a Milano in Corso Italia, in una grossa caserma dei bersaglieri, con un

Arrivarono a Milano in Corso Italia, in una grossa caserma dei bersaglieri, con un muro intorno altissimo e il camminamento dove passavano le vedette. Appena entrato, lo registrarono fidandosi delle sue dichiarazioni in quanto mio Nonno non aveva con sé i documenti di riconoscimento. Gli venne attribuita una cella, e lo rinchiusero all’interno. In cella, trovò un signore in lacrime, e quando gli chiese cos’era successo egli rispose che era un partigiano e lo avevano preso e che l’unica via di scampo era firmare per la Repubblica di Salò. Cosi passò quella giornata.

La mattina dopo, si svegliò e sentì un po’ di trambusto; entrarono tre o

La mattina dopo, si svegliò e sentì un po’ di trambusto; entrarono tre o quattro giovanotti biondi vestiti in borghese. Mio Nonno chiese loro cosa ci facevano li; venivano dall’Alto Adige e da Verona ed erano a Milano per lavorare, per sistemare le macerie presenti in città dopo un bombardamento. I tedeschi erano ancora in alta Italia a comandare, loro li non potevano fare nulla e per questo motivo erano venuti a Milano. Questi ragazzi avevano però un piano: appena sarebbe arrivato il rancio, avrebbero comunicato la loro intenzione di firmare per la Repubblica Sociale Italiana. Dopo la firma, mentre li accompagnavano in treno a Verona, avrebbero buttato giù le guardie dalla carrozza e sarebbero scappati su in montagna dove avrebbero trovato molti loro compagni partigiani.

A quel punto, mio Nonno, accettò la loro idea e pur di uscire avrebbe

A quel punto, mio Nonno, accettò la loro idea e pur di uscire avrebbe firmato anche lui. Venne poi chiamato in fureria per firmare e gli dissero che dopo la firma gli sarebbe stato comunicato un reparto di destinazione dove sarebbe stato portato l’indomani dopo la scarcerazione. Mi precisò mio Nonno, che c’era Mussolini in persona a far firmare per la Repubblica di Salò. Per far passare il tempo, uscì nel piazzale all’interno della caserma. Vide poi vestito da soldato un viso conosciuto, lo guardò bene e capì che era il Panzeri, un suo amico con il quale aveva fatto delle esercitazioni a Como e che pur di essere libero si era arruolato con il nemico. Si avvicino per salutarlo e dopo essersi scambiati qualche battuta, mio Nonno gli chiese consiglio su come avrebbe potuto fare per uscire da lì.

“Uscire da qua è difficile, però ascoltami: oggi viene a trovarmi mia mamma con

“Uscire da qua è difficile, però ascoltami: oggi viene a trovarmi mia mamma con il mio fratellino di 5 anni, potresti uscire con lei facendo finta che sia tua moglie” disse il Panzeri. Affare fatto! Arrivò mezzogiorno e arrivò anche la mamma e il fratellino di Panzeri; si diressero al parlatorio e mio Nonno li seguì. Il suo amico Panzeri, gli disse che la prima cosa che avrebbe dovuto fare, era andare a prendere un giornale fascista o nazista nell’edicola della caserma. Mio Nonno ubbidì e prese una rivista che riportava le divise, le armi e le varie battaglie di fascisti e nazisti. La rivista costava il doppio di tutte le altre, costava 50 lire e si chiamava Der Adler; la piegò dalla parte in cui si vedeva Hitler, e tornò dal Panzeri per parlare con sua mamma.

A quel punto, mio Nonno spiegò alla signora il suo piano: avrebbe preso il

A quel punto, mio Nonno spiegò alla signora il suo piano: avrebbe preso il bambino per mano e sarebbero usciti tutti e tre assieme. Cosi d’accordo, quando arrivò il momento di andare, mio Nonno parlò con il bambino: “ue piccolino, adesso tu vieni fuori con me e mi dai la mano, dietro di noi ci sarà anche la tua mamma”. C’erano due sentinelle e un capoposto, che era ufficiale, che sorvegliavano l’ingresso. Con il bambino da una parte e il giornale Der Adler dall’altra, si avvicinò a loro in direzione dell’uscita. Lasciò un attimo la mano al bambino per fare il saluto romano alle sentinelle, quando il piccolo iniziò a correre in mezzo alla strada, in quanto sui marciapiedi che costeggiavano l’uscita c’era il filo spinato.

Terrorizzato dalle sentinelle alle sue spalle, con la paura che capissero che il bambino

Terrorizzato dalle sentinelle alle sue spalle, con la paura che capissero che il bambino non lo conosceva ed il terrore che gli sparassero alle spalle, mio Nonno riuscì a mantenere la calma e a non correre, proseguendo cosi con il suo normale passo. Piano piano e sempre con il giornale sotto al braccio, arrivò alla fine del viale della caserma e girò a destra; di fronte a lui arrivò un signore in bicicletta, che era un tranviere di Milano e aveva un cappello con la visiera. Si fermò quindi chiedendo a mio Nonno dove stava andando e gentilmente lo accompagnò lui con la sua bicicletta sul Sempione a prendere il tram con direzione Gallarate. Dopo aver girato un po’ per Milano, arrivarono al tram; mio Nonno però non aveva soldi in tasca, in quanto gli ultimi spiccioli gli aveva usati per comprare il giornale nazista. Salì comunque sul tram e riuscì finalmente a tornare a casa.

L’aneddoto più felice, mio Nonno lo visse proprio l’ 8 settembre del 1943, a

L’aneddoto più felice, mio Nonno lo visse proprio l’ 8 settembre del 1943, a Livorno. Nel tardo pomeriggio iniziò a spargersi la voce dell’armistizio e scoppiò un’euforia generale tra lui e i suoi compagni. Mio Nonno aveva quindi intenzione di mettersi in marcia per rientrare a Milano, ma avrebbe voluto cambiarsi la divisa e indossare abiti civili. Si fermò sempre a Livorno dalla Sig. ra Emma Bacci, in via della Valle Benedetta. Lasciò lì la sua divisa da partigiano in cambio di abiti civili, e iniziò il lungo viaggio di rientro. Cambiò diversi treni per arrivare a Milano e da lì iniziò a macinare km con le sue gambe per tornare a San Lorenzo dalla sua famiglia. La Guerra era finalmente finita!

…Fine.

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