MAURO MAGATTI CAMBIO DI PARADIGMA USCIRE DALLA CRISI
MAURO MAGATTI CAMBIO DI PARADIGMA USCIRE DALLA CRISI PENSANDO AL FUTURO
CRISI DELL'ORDINE NEOLIBERISTA E SOCIETÀ-PSICOTICA DALL’EUFORIA ALL’ANGOSCIA Durante i decenni della fase finanziario-consumerista, quando l’espansione sembrava illimitata, lo stato d'animo prevalente tanto fra le élite quanto tra le popolazione è stato l'euforia. L’infarto del 2008 e la lunga crisi che ne è seguita, ha smentito la pretesa del sistema finanziario di essere in grado di prevedere e gestire qualsiasi variabile potenzialmente capace di metterne a repentaglio la stabilità. Il neoliberalismo ha prodotto un’idea formidable, ovvero che si potesse creare un ecosistema di mercato in cui la finanza, attraverso liberalizzazione, tecnizzazione avrebbe potuto crescere all'infinito diventando capace di assorbire qualsiasi tipo di rischio e di garantire la crescita dell'economia che avrebbbe prodotto come effetto secondario la crescita della società e delle persone.
La crisi ci ha risvegliato in modo traumatico: Recessione economica mondiale, terrorismo islamista (nascita dell’Isis), focolai bellici diffusi, risveglio della Cina capitalista, grandi migrazioni, costruzione di nuovi muri ecc. Il mondo post-2008 è diverso da quello fiducioso e fondamentalmente semplificato che l’ha preceduto durante la fase di espansione neoliberista.
� In pochi anni siamo così passati d a l l ’ e u f o r i a a l l ’ a n g o s c i a. � Come ha scritto Franz Neumann, nelle moderne società di massa l’angoscia è il movente principale per la formazione di regimi autoritari. � In una società sommersa dai beni materiali e avvolta dal flusso continuo della communicazione non è più la disuguaglianza a strutturare il conflitto sociale. � Almeno apparantemente, a prevalere è piuttosto la questione della sicurezza e persino dell’integrità fisica. �I singoli individui, inseriti all’interno dei reti sociali, si sentono esposti a tutto: alla violenza, al terrorismo, alla delinquenza spicciola, alle sofisticazioni alimentari, alle scorribande finanziarie.
I ceti più abbienti e più istruiti avvertono solo debolmente questi rischi. Sono invece sopratutto i ceti popolari , verso cui convergono quote sempre più ampie del ceto medio impoverito, secondo un processo che si potrebbe definire di proletarizzazione sociale e intellettuale. Con il risultato che in questa fase, la protesta sociale viene monipolizzata dai partiti di una nuova destra.
L’acuirsi delle tensioni internazionali, con i conseguenti flussi migratori, rischia di innescare una spirale pericolosa. In mancanza di un’idea di futuro, e di risposte adeguate all’oggi, a dilagare è la paura di perdere quel poco che si ha. Per tutti quelli per i quali non sembra più possibile darsi un orizzonte di vita positivo. A essere regressive sono le risposte prospettate per tutti questi bisogni.
Per colmare il divario accumulatosi tra la vita delle persone e i modelli teorici di riferimento; occorre aggiornare al più presto le nostre mappe cognitive e concettuali reintengrando il bisogno di sicurezza nella cornice della nostra vita sociale e ripensando l’idea stessa di crescita.
A quasi 10 anni dall’infarto finanziario, il sistema capitalistico non è ancora riuscito a ritrovare un equilibro, a mettere in campo un nuovo scambio sociale in grado di aprire un nuova stagione di crescita. I segnali di disagio sociale e malessere individuale sembrano diffusi, ma rimane latente perché non riesce a canalizzarsi in forme organizzate e aperto di conflitto. Nella crisi della rappresentanza, il disagio e le disuguaglianze trovano forme di espressione secondo due varianti: 1 - Il malessere alimenta forme molecolari, episodiche e violente di protesta. Si può parlare qui di “individualizzazione del conflitto”. Le cronache sono da tempo piene di vicende drammatiche legate ora al terrorismo di matrice religiosa, alla violenza intrafamigliare, al feminicidio ecc. In tutti questi casi, il disagio non produce conflitto, perchè non è possibile nemmeno il reciproco riconoscimento tra coloro che condividono una comune condizione di deprivazione.
Il malessere si trasforma facilmente in angoscia, che tende ad associarsi alla violenza che in questo caso, priva di un bersaglio precizo, senza un senso, contro innocenti che rappresentano la società nel suo insieme. 2 - La domanda inascoltata che viene dai ceti medi e popolare non produce aggregazioni politiche. Il malcontento viene qui incanalato da sentimenti di tipo reattivo, con una vena autoritaria, a matrice identitaria, a cui ci si appella per opporsi al cosmopolitismo astratto, visto come minaccia all’integrità propria.
CHE COSA SI PUÒ DIRE DI UNA SOCIETÀ A ELEVATA DISUGUAGLIANZA, INCERTE NELLE SUE DINAMICHE E IN CUI IL CONFLITTO SOCIALE PRENDE QUESTE FORME? L’interpretazione che si può suggerire è che la società contemporanea, quella ciò che viene dopo i 20 anni di espansione associati alla globalizzazione neoliberista e i dieci di contrazione post-crisi finanziaria, nella quale la capacità di costruire comunità di senso si è ormai molto ridotta, dove i canali istituzionali sono più fragili e ben poco efficaci , questa società ha tratti di tipo psicotico.
Viviamo in una fase storica in cui, il conflitto sociale organizzato è stato rimosso ormai da diversi decenni. Una società psicotica è infatti quella che non riesce più a fare i conti con ciò che non va e con i propri limiti. E per questo rinuncia a cercare le soluzioni praticabili. Essa perde la fiducia che proprio dai problemi che si devono affrontare possa scaturire, attraverso la pazienza e la creativitàqualcosa di desiderabile.
DALLO SLEGAMENTO ALLA RILEGATURA: QUALIFICARE, NON DEMONIZZARE, LA QUESTIONE DEL LEGAME SOCIALE Che cosa è la prossima crescita economica? La crescita è sempre associata all’idea di libertà e di valore. Anche se apparentemente molto distanti, in realtà sono intimamente legate. Le nostre società sono fuori squadra. Si stanno trascinando dal 2008 prive di una rotta delineata. Il che non può che esporre a grandissimi rischi. Dobbiamo affretarci per capire cosa intendiamo fare, dove intendiamo andare, per fare che. Sono queste le domande a cui rispondere per proiettarci in un futuro che ci porti fuori dalla crisi e all’interno di un nuovo sviluppo.
ALCUNI FENOMENI CHE È NECCESSARIO CONSIDERARE PER PROVARE A SCORGERE IL FUTURO CHE CI ASPETTA: -Digitalizzazione e rete: Siamo alla vigilia di una grande trasformazione. Il cosiddetto Internet delle cose, e la rivoluzione produttiva cambierano la nostra vita introducendo il grande capitolo dei big data. -Mercatizzazione della vita: Nel quadro di mutamenti in atto in ambito medico ed economico, la vita tendera a essere inglobata nel processo capitalistico. In società invecchiate e benestanti, il bene più prezioso sarà proprio la salute, con un’enfasi particolare sui meccanismi della riproduzione. -Un nuovo modo di fare impresa: Sono tante le organizzazioni che pensano sia arrivato il tempo di andare oltre la corporate social responsibility. La sharing economy, la nuova ecologia politica, l’economia circolare, il convivialismo sono pratiche destinate a diffondersi e a cambiare il modo di produrre, distribuire e consumare i beni e i servizi nelle nostre società.
LA QUESTIONE CONTROVERSA DEL LEGAME SOCIALE Autori come Bauman, Sennett, Honneth e Boltanski convengono sull’idea che ideologia liberale abbia pervertito la domanda di soggettività, mortificando la domanda di sviluppo, della personalità, di riconoscimento delle differenze, di realizzazione di sè. L’inedito tasso di sofferenza psichica e sociale che si registra nelle avanzate democrazzie occidentali è l’indicatore più esplicito della problematicità, che costituisce la risposta parziale alla domanda di soggettività. La conclusione a cui giungono tutti questi autori è che la concenzione nondialogica del Sè, posto del neoliberalismo a fondamento della propria antropologia, ostacola la piena realizzazione delle persone poiché svalorizza il legame sociale. La crisi iniziata nel 2008 spinge a ripensare l’individualismo in una concezione più relazionale, dove il rapporto con la realtà non venga più trascurato.
-In negativo, il legame sociale può essere l’appiglio per tornare a un mondo diviso, fatto di muri e contrapposizioni, con il rischio che la difesa dei legami sociali attorno a un “noi” sfocci in una conflittualità sempre più diffusa ed esplicita. -In positivo, il ritorno di questa dimensione sia l’occasione per salire di un gradino sulla scala dei bisogni psichici. Una domanda ancora frammentata, che è orientata verso il superamento del modello individualista di realizzazione del sé consumerista. Qualunque direzione si prenda, è importante riconoscere che dopo i decenni in cui l’espansione illimitata aveva alimentato il mito dello slegamento individualistico, la questione di ciò che ci lega agli altri e al mondo circostante è destinata a riemergere. Ed è il modo in cui si risponderà a questa domanda a decidere la direzione che prenderemo per il nostro futuro.
NAVIGARE NELL’OCEANO Nei vent’anni di massima accelerazione della globalizzazione, dal 1989 al 2008, è come se le società e gli individui avessero attraversato lo Stretto di Gibilterra, cominciando a navigare in mare aperto nell’oceano della “globalizzazione”. Oggi si sente la neccesità di un nuovo legame, anche se rimane tutto da stabilire che cosa ciò possa significare. Bisogna trovare nuove formule per ripensare il futuro.
PRIMO SCENARIO: EFFICIENZA PER SICUREZZA Populismo In realtà, questa parola nasconde le difficoltà che gran parte dell’establishment, specie se occidentale, sta incontrando nel riconoscere la portata di quello che sta avvenendo. Molti semplici cittadini intuiscono un forte senso di disorientamento di fronte al mondo che li circonda, che è troppo complesso, veloce grande per poter essere compresso. Fino a oggi, la debolezza dei populismi è stata nel fatto che non hanno ancora identificato una vera e propria strategia economica per uscire dalla crisi.
Digitalizzazione Come tutte le tecnologie, la digitalizzazione non è né buona né cattiva, dipende dall’uso che se ne fa. B. Stiegler ha chiamato “grammatizzazione” la conseguenza dell’applicazione tayloristica al lavoro umano in generale. È proprio attraverso la grammatizzazione che, nel corso della modernità, si sono affermate le forme di controllo del processo d’individuazione psichica e colletiva.
La digitalizzazione rende possibile un nuovo stadio del processo di grammatizzazione. Apre un nuovo scenario nella misura in cui consumo e produzione potranno essere integrati all’interno della catena del valore in un modo impensabile anche solo qualche anno fa. Le nuove piattaforme digitali-che permettono di collegare clienti e fornitori di servizi-rendono possibile già oggi tipi di scambio altamente innovativi. La digitalizzazione costituisce un’infrastruttura tecnologica ideale per l’affermarsi di quella che Stiegler chiama “la società automatica”. Rispetto al passato, ciò che fa la differenza è che la società digitalizzata è in grado di aumentare enormemente la capacità di controllo e di efficientizzazione di ogni attività umana.
Neotaylarismo digitale: ovvero efficienza per sicurezza Una soluzione che va nella direzione di costruire un “neotaylarismo societario”, dove la società è vista come una grande fabbrica in cui tutto deve funzionare e la democrazia va contingentata per ottenere contemporaneamente efficienza economica e sicurezza sociale. Oggi la digitalizzazione pervasiva rende teoreticamente possibile l’estensione all’intera società della logica tayloristica che si basa sulla frammentazione delle operazioni, la loro misurazione e i loro controllo centralizzato. L’obiettivo di fondo del modello neotaylorista su base societaria non può che essere quello “di spremere ancora di più il limone”, così da rendere ancora più efficiente la società nel suo insieme.
Il neotaylorismo societario ha bisogno di una società disciplinata che sia capace di dissimulare, il rigido controllo sociale a cui è assoggettata. Tuttavia, un’organizzazione simile può presentarsi come garante di quella sicurezza che viene avvertita come il bene di cui si ha maggiore mancanza, specie tra i gruppi mendo abbienti. Un incontro che potrebbe avvenire almeno attorno a 3 questioni: 1. Attorno alla bandiera “efficienza per sicurezza” come condizione per poter tornare a godere dei vantaggi di quel benessere che oggi sembra sfuggirci. 2. Attorno a un’alleanza occulta tra potere politico e potere economico, interessati entrambi a sfruttare le informazioni private che possono portare a forme più complete. 3. Il punto di incontro può realizzarsi attorno all’idea di ottenere ulteriori aumenti di produttività con l’aiuto di una segmentazione ben calibrata tra gli haves e gli havenots.
SECONDO SCENARIO: CRESCITA ECONOMICA E SVILUPPO UMANO E SOCIALE L’economia non è solo una macchina, ma è una costruzione sociale che riflette i valori del tempo nelle relazioni sociali e nelle forme istituzionali. La finanziarizzazione espansiva del passato non c’è più. La populazione è invecchiata e in buona parte si è impoverita, visti i salari stagnanti, l’elevata tassazione e il calo di fiducia dei consumatori. Uscire dalla crisi significa abbandonare il mito della creazione infinita di extraprofitto per elaborare un’idea di crescita come processo e conquista che, mettendo al centro ogni persona, le sue capabilities , il contesto sociale con il passo sostenibile dello sviluppo umano e sociale.
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