Libert natura e finalit La Critica del giudizio
Libertà, natura e finalità. La Critica del giudizio
L’esistenza di Dio come postulato della ragion pratica Agli occhi della ragion pratica quella della virtù non premiata con la felicità appare come una condizione ingiusta. Poiché la ragione (pratica) non può ammettere che la felicità sia negata all’uomo che solo ne risulta degno, è necessario che l’uomo sia dotato di un’anima immortale e che esista l’essere sommo ed eccellentissimo (Dio)
L’esistenza di Dio come postulato della ragion pratica Nell’orizzonte finito della nostra condizione terrena non è possibile congiungere virtù e felicità = antinomia della ragion pratica Sommo bene=virtù+felicità
L’esistenza di Dio come postulato della ragion pratica l’anima immortale deve poter esistere, in quanto solo la santità, cioè la piena conformità della volontà con la legge morale, rende degni del sommo bene l’essere sommo ed eccellentissimo deve poter esistere in quanto garante di quella condizione ultraterrena in cui il virtuoso può realizzare la santità e ottenere la felicità in premio
Il primato della ragion pratica La ragion pratica non ci da’ la certezza razionale dell’esistenza di Dio, ma la ragionevole speranza che Dio esista come garante del sommo bene. Dio è oggetto di fede e non di conoscenza.
La critica del giudizio Giudizio (sentimento) – non come attività logica di unificazione del molteplice – bensì come facoltà intermedia tra l’intelletto che conosce e la ragione pratica – Facoltà con cui l’uomo esperisce la finalità del reale
La critica del giudizio Estetico: la rappresentazione – Giudizio della natura si congiunge immediatamente con un sentimento soggettivo di piacere o dispiacere e verte sulla bellezza (es. di fronte a un paesaggio avvertiamo subito se è conforme alla nostre attese estetiche) Teleologico: i fenomeni naturali si conformano ad una finalità universale e oggettiva intrinseca alla natura pensata mediante un concetto (es. lo scheletro ha il fine di reggere l’animale) Riflettente
La critica del giudizio Giudizi riflettenti – Giudizi del sentimento che non determinano gli oggetti fenomenici – bensì riflettono sulla natura già costituita con i giudizi determinanti (scientifici) – Facoltà con cui l’uomo esperisce la finalità del reale, lo interpreta cioè secondo le sue esigenze di finalità e di armonia
La critica del giudizio Giudizi determinanti • l’universalità è data immediatamente al particolare dalle forme a priori Giudizi riflettenti • l’universale va cercato a partire dal particolare
Determinante ‘Determinare’ viene dal latino terminus, che significa confine. Determinare significa confinare, delimitare; un giudizio determinante è un giudizio che dà limiti a qualche cosa. Che cosa viene limitato? Prima di tutto le categorie. Se consideriamo per esempio la categoria di causalità, essa si può applicare a infiniti fenomeni causali; nel momento in cui dico: “A è causa di B”, sto determinando la categoria di causalità, cioè le sto ponendo limiti, applicandola a un caso particolare. Così pure, a loro volta, gli oggetti fenomenici vengono delimitati, si dà loro una caratterizzazione specifica collegandoli attraverso la categoria di causalità.
Riflettente Bisogna riflettere sull’oggetto per trovare la finalità, che non è già data. Inoltre, trovare la finalità vuol dire vedere riflessa la finalità che ci portiamo dentro di noi
Finalità soggettiva Il giudizio estetico fa ritrovare riflessa negli oggetti belli l’esigenza di finalismo del soggetto, nel senso che gli oggetti belli sembrano essere fatti al fine di suscitare emozioni estetiche, ovvero un senso di armonia in chi li contempla, quindi danno l’impressione di avere una finalità rivolta verso chi fruisce della bellezza
Finalità oggettiva I giudizi teleologici sono giudizi che si riferiscono agli organismi viventi, in quanto sembra che in essi le parti siano finalizzate al tutto: non hanno senso di per se stesse, ma solo in quanto servono a tenere in vita un determinato organismo. In questo caso il finalismo è rivolto all’oggetto, all’organismo, per cui Kant dice che i giudizi teleologici, cioè i giudizi finalistici, sono giudizi riflettenti di finalità oggettiva, cioè interna all’oggetto stesso.
Caratteri del giudizio estetico Basandosi sulla tavola delle categorie logiche, K. Distingue 4 tipi di giudizi del gusto. Avremo, perciò, ben 4 definizioni della bellezza secondo Qualità Quantità Relazione Modalità
Caratteri del giudizio estetico Secondo la qualità Il bello è l’oggetto di un piacere (gusto) senza interesse. sono puramente contemplativi, non si curano, cioè, dell’esistenza e del possesso degli oggetti. Una cosa è bella perché è bella non perché ne traiamo dei vantaggi pratici: il bello è fine a se stesso.
Caratteri del giudizio estetico Secondo la quantità Il bello è ciò che piace universalmente, senza concetto. Pretesa di universalità senza che il bello sia sottomesso a un concetto o dipenda da una conoscenza. Una cosa è bella non in base a dei concetti o a dei ragionamenti ma solo in base al nostro sentire: il giudizio di gusto è qualcosa di extralogico
Nel giudizio estetico la bellezza è vissuta come qualcosa che deve essere condivisa da tutti
Caratteri del giudizio estetico Secondo la relazione Il bello è finalità senza scopo. Il bello esprime un accordo formale delle parti che non rimanda a uno scopo determinato. Il bello non rimanda a concetti (scopo = concetto).
Caratteri del giudizio estetico Secondo la modalità ciò che senza concetto è oggetto di un piacere necessario il giudizio di gusto presuppone il consenso universale anche se tale consenso non sia esprimibile mediante concetti o regole logiche: quando si dice: il fiore è bello si dà per scontato che tutti siano d’accordo senza fondare un tale giudizio su un determinato concetto. Il bello è qualcosa che non si può spiegare
Il genio É la disposizione innata a “inventare” il bello al di fuori di ogni regola che non gli sia data dalla sua natura Il genio non è in grado di rendere conto del proprio operato e di esprimerlo mediante concetti. É originale ed esemplare
Il sublime Contrariamente al bello, è senza armonia e proporzione Tende all’infinito procurando un piacere misto a inquietudine Come il bello, è soggettivo Non è una proprietà degli oggetti naturali ma del sentimento che fa nascere in noi
Il sublime Sublime matematico (cielo stellato) Ci sentiamo una “grandezza infinitamente piccola” rispetto all’estensione spaziale del firmamento Sublime dinamico (oceano in tempesta) Infinitamente piccoli rispetto alla potenza devastante della natura
Il sublime si connota come un sentimento contraddittorio in cui “dal senso di un momentaneo impedimento” si passa ad “una forte effusione di forze vitali”; dallo sgomento e dal senso della propria nullità al cospetto dell’immensità e della potenza della natura si passa al senso dell’infinito in noi.
Il sublime Ha esercitato una vasta e duratura influenza sull’estetica successiva introducendo l’idea che anche l’informe, e il disarmonico (dissonante) siano dei valori estetici
La rivoluzione copernicana estetica Il giudizio estetico nasce dal “libero [spontaneo] gioco” della fantasia con l’intelletto. In base a tale gioco l’immagine trova riscontro nelle esigenze dell’intelletto generando un senso di armonia Tale libero gioco è identico in tutti gli uomini (universalità del giudizio di gusto)
Nella vita morale l’uomo si pone un fine: la virtù, il bene. Kant aveva parlato di un “regno dei fini”, cioè un regno ideale di tutti gli uomini che si rispettano e, seguendo la seconda formula dell’imperativo, si trattano sempre come fini e mai come mezzi. Il regno dei fini è il regno della morale: se la morale si realizzasse pienamente sarebbe il regno della finalità: ognuno sarebbe considerato dagli altri come un fine in sé. Il finalismo della Critica della ragion pratica è opposto al meccanicismo della Critica della ragion pura.
Nella sfera conoscitiva l’uomo è confinato al fenomeno, nella sfera morale, invece, l’uomo attinge il noumeno Ma l’uomo è parte di un’unica realtà, allo stesso titolo di tutti gli altri enti, oppure l’uomo è qualche cosa di qualitativamente diverso dal resto della realtà?
Sembrerebbe che ci sia un’estraneità tra la natura e l’uomo, la natura meccanicistica e l’uomo libero in un orizzonte finalistico. La Critica del giudizio è un tentativo di rintracciare la finalità nella natura. Se si rintraccia tale finalità l’uomo si riconcilia con la natura.
Epitaffio di Kant «Due cose riempiono lo spirito d’un’ammirazione e d’una venerazione sempre nuova e sempre crescente, quanto più la riflessione vi si applica: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me» .
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