Levoluzione delle misure probative nel nuovo scenario dellesecuzione
L’evoluzione delle misure probative nel nuovo scenario dell’esecuzione penale esterna. Una riflessione metodologica ed epistemologica sulla restorative justice.
IL PARADIGMA SOCIO-RIABILITATIVO DELLA PENA 2
La finalità primaria della pena posta a fondamento del dettato costituzionale è quella rieducativa (art. 27 c. 3 Cost. ) Nella sua declinazione applicativa, essa definisce il rapporto tra il condannato e la società, come quello spazio nel quale vigono le regole e le conseguenti azioni impartite dalle istituzioni della giustizia. Esse includono: • la privazione dei beni personali (retribuzione), • la colpa e la responsabilità (spazio auto-riprensivo), • l’impegno (attività di recupero sociale). 3
Nei principi direttivi tracciati nella riforma penitenziaria, si delinea il sistema di interventi nella sua dimensione personalizzata. Il riferimento alla realtà personale del soggetto, alla sua condizione attuale e nel contempo alle occasioni offerte dal suo contesto di appartenenza, traduce il presupposto rieducativo in un percorso di recupero individualizzato. 4
Art 13 Legge 26 luglio 1975, n. 354: “Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto. Nei confronti dei condannati e degli internati é predisposta l'osservazione scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento sociale. L'osservazione é compiuta all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa. Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati della osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da effettuare ed è compilato il relativo programma, che é integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione”. 5
Lo smantellamento del modello neo-positivista ha dimostrato che non è sufficiente svolgere analisi approfondite sulla personalità criminale, in quanto le parti della personalità umana e della trasformazione dei valori, non sono terreni su cui poter esercitare un controllo completo; difatti, l’agire umano è sottoposto alle leggi dell’imprevedibilità. La pena davvero utile deve realizzare un processo di responsabilizzazione della persona che transita sulla seguente sequenza di interventi: la formulazione di un quadro di assessment, la stesura di un “patto” tra la persona e l’autorità giudiziaria sugli impegni da assumere nel corso della pena (revisione critica, rimodellamento comportamentale, riparazione). Le nuove modalità di osservazione del reo e di esecuzione della pena, calibrate sia sulla consistenza e la gravità del fatto-reato sia sulla “promessa” di una sua restituzione ad una realtà di vita esente da rilievi, sta producendo un processo di diversificazione delle modalità di applicazione delle pene. 6
LE PROSPETTIVE DELLA DIVERSIFICAZIONE DELLA PENA E LA COSTRUZIONE DEL SISTEMA DELLA PROBATION 7
Il dibattito sulle politiche penali si è inevitabilmente polarizzato su posizioni che appaiono strumentalmente antinomiche: da un lato l’istanza sicuritaria espressa dal corpo sociale, dall’altro le condizioni in cui versa la popolazione detenuta e la necessità di migliorarle. La tensione tra queste due spinte ha reso urgente la ricerca di strategie in grado di coniugare la risposta al fabbisogno di tutela della sicurezza espresso dalle comunità locali con la richiesta di una più efficace applicazione delle pene, anche in considerazione degli effetti che ciò può sortire sull’esigenza di deflazionare la popolazione carceraria. L’urgenza è stata resa ancor più stringente dalla particolare contingenza storica, conseguente all’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha obbligato il nostro Paese ad intervenire sul sistema penitenziario.
L’Italia è stata chiamata dalle istituzioni europee a umanizzare l’esecuzione delle pene detentive…. …. si avvia un processo di revisione dell’impianto normativo, culturale, organizzativo. Con la sentenza Torreggiani ed altri c. Italia in data dicembre 2012 (divenuta definitiva il 27. 5. 2015), la Corte di Strasburgo con decisione avente carattere di “pronuncia pilota” ha ritenuto che il sovraffollamento carcerario in Italia ha carattere strutturale. Nella motivazione della sentenza (paragrafi 67, 68, 69) si afferma, in sintesi che quando al detenuto viene assegnato uno spazio pari o inferiore a tre metri quadri (nelle celle multiple), per ciò stesso deve ritenersi violato il parametro dell’art 3 della convenzione dei diritti dell’Uomo. Mentre se lo spazio è compreso tra i 3 metri quadri, la violazione sussiste se e quando alla contrazione spaziale si aggiungono altri elementi che rendono più difficili le condizioni di vita del recluso, quali l’inidoneità dei servizi igienici, la carenza di luce e di aerazione, la lunga chiusura nella cella e simili.
La Corte ha richiamato la linea e le prese di posizione del consiglio d’Europa, secondo cui il fenomeno del sovraffollamento deve sospingere le scelte penali del nostro paese verso una considerazione del…. . “Carcere come extrema ratio, sia quando è utilizzato in funzione cautelare durante il processo sia nell’ambito del ventaglio sanzionatorio, ricorrendo, al di fuori di necessità legate al grado di pericolosità del reo, al altre misure o sanzioni”.
La raccomandazione R(2000)22 sul Miglioramento dell’implementazione delle Regole europee sulle sanzioni e misure applicate in area penale esterna e poi l’ultima R 2010 sulle regole del Consiglio d’Europa in materia di Probation, considera i servizi incaricati della Probation tra i servizi fondamentali della giustizia, e così viene definito: «l’esecuzione in area penale esterna di sanzioni e misure che comprende una serie di attività ed interventi tra cui il controllo, il consiglio, l’assistenza, mirati al reinserimento sociale dell’autore di reato e anche a contribuire alla sicurezza pubblica» 11
Per queste ragioni si sta definendo un approccio che propone un ribaltamento completo del quadro culturale di riferimento: per ridurre la pervasività del ricorso alla carcerazione, occorre porre al centro della riflessione il non carcere. Il nostro Paese si sta dotando di un sistema di probation del tutto autonomo rispetto alla pena detentiva, al cui interno poter praticare un modello di pena che affianchi al contenuto fondato “sull’emenda rieducativa” anche quello della spinta motivazionale al “comportamento responsabile”. 12
Se appare indiscutibile l’esigenza di cambiare il sistema, sviluppando l’area delle pene diverse da quelle carcerarie, emerge con altrettanta evidenza l’importanza che tale processo sia accompagnato da uno sforzo di elaborazione metodologica indirizzato su due versanti: quello dell’attività conoscitiva del reo e della sua “collocazione” nella comunità di appartenenza, orientata alla valutazione dei bisogni sui quali intervenire e della riduzione del rischio di recidiva; quello dell’articolazione di programmi di trattamento non standardizzati, ma “individualizzati” sulla base delle caratteristiche specifiche della persona, e impostati su prescrizioni graduate sulla maggiore o minore esigenza dei limiti e dei controlli cui il soggetto deve essere sottoposto. 13
Per realizzare il sistema di probation è necessario fare un “salto paradigmatico”, che si dovrà compiere nell’attuale sistema politico-gestionale delle pene. Proprio muovendo dalle riflessioni fin qui presentate, il modello del probation si dovrà fondare su una azione propedeutica di graduale “dislocazione” della pena nei micro-sistemi sociali nei quali l’imputato è collocato nella sua “prova”. 14
Riparare il danno arrecato alla collettività attraverso il suo lavoro, utile per l’altro generalizzato, e simbolicamente, per chi è stato leso dalla sua condotta. Inserirsi in contesti relazionali nei quali la sua identità possa entrare “in crisi”, perché in quei contesti viene chiesto un altro modo di essere e di esprimere la propria personalità. Dare realmente testimonianza del suo intento di rivedere le ragioni della sua condotta antigiuridica, non già con “meccaniche” adesioni a stimoli psicosociali, ma con azioni che si traducono in effetti tangibili sulla responsabilità del “fare” per gli altri. 15
• Si dovrà fugare il pericolo che il modello di probation si possa configurare nell’immaginario collettivo, ma soprattutto nella sua pratica, come uno stratagemma giuridico per garantire l’impunità del reo, Rinforzare il determinando dannose conseguenze sul sistema del piano della recidiva, della prevenzione, della controllo sociale debolezza dell’azione punitiva. Coinvolgere la comunità • Per evitare incertezze, andrà rafforzata la previsione ed esecuzione delle prescrizioni, individuate e sostenute le strutture sul territorio, in termini di risorse economiche ed umane, alle quali si chiede l’onere di diventare scenario delle dinamiche conciliative della pena. 16
L’esecuzione penale esterna Il sistema delle pene non detentive: le funzioni del servizio sociale penitenziario e il rapporto con il territorio.
L’ordinamento penitenziario (l. 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni) ed il relativo regolamento di esecuzione (D. P. R. 30 giugno 2000, n. 230) prevedono che, ricorrendo specifici presupposti, l’esecuzione della pena, oltre che in regime detentivo, possa avvenire in misura alternativa alla detenzione (affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare e semilibertà). Viene così a delinearsi l’area dell’esecuzione penale esterna, vale a dire dell’espiazione della pena all’interno della comunità e del territorio piuttosto che dell’istituto penitenziario. Gli Uffici Esecuzione Penale Esterna sono organi periferici dell’Amministrazione Penitenziaria in posizione funzionale parallela agli istituti penitenziari, con competenza territoriale provinciale o multiprovinciale. Il mandato istituzionale degli U. E. P. E. relativamente all’esecuzione penale esterna affida loro: controllo della condotta del reo – per rendere effettiva la funzione retributiva della pena; l’aiuto al reinserimento sociale – per assicurarne la funzione rieducativa; la restituzione e riparazione del danno – per agire la funzione riparativa.
Le misure alternative alla detenzione Affidamento in prova al servizio sociale • E’ la misura alternativa alla detenzione più favorevole al condannato. Questi, nell’ambito delle prescrizioni contenute nel provvedimento di ammissione al beneficio, durante l’esecuzione della pena può dedicarsi all’attività lavorativa e coltivare gli affetti familiari e gli interessi personali. Detenzione domiciliare • Nella detenzione domiciliare il condannato sconta la pena presso una dimora privata o in un luogo pubblico di cura o di accoglienza, se si trova in situazioni determinate dalla legge (es. condizioni di salute particolarmente gravi o prole convivente minore di 10 anni). Semilibertà • È la misura alternativa alla detenzione più restrittiva per il condannato. Il semilibero trascorre una determinata parte della giornata all’esterno dell’istituto penitenziario per svolgere un programma di trattamento basato su attività di lavoro e/o di formazione o comunque utili al suo graduale reinserimento sociale. Pertanto, al termine del tempo fissato per lo svolgimento delle attività di integrazione nell’ambiente familiare e sociale, il soggetto fa rientro in istituto.
Le nuove sanzioni penali Lavoro di pubblica utilità La messa alla prova • Introdotto dall'art. 73 comma 5 -bis del d. p. r. 309/1990, il lavoro di pubblica utilità, consiste nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale o volontariato. La prestazione di lavoro viene svolta a favore di persone portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex detenuti; nel settore della protezione civile, nella tutela del patrimonio pubblico e ambientale o in altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato. • La messa alla prova per adulti imputati per reati per i quali è prevista la pena dell’arresto o della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, prevista dalla legge n. 67 del 28 aprile 2014 ispirata al sistema di common law.
Il coinvolgimento del volontariato nell’esecuzione penale esterna Il Ministero della Giustizia riconosce il ruolo di raccordo fra istituzioni e territorio svolto dal volontariato, “come segno dell’attenzione della società civile ai problemi dell’esecuzione penale”, ed ha più volte sottolineato la necessità che Provveditorati regionali e U. E. P. E. coinvolgano il privato sociale nel conseguimento degli obiettivi istituzionali di inserimento sociale dei condannati. la partecipazione della comunità locale all’azione di recupero dei condannati, in collaborazione con gli operatori degli Uffici di Esecuzione Penale Esterna; la promozione della cultura della legalità attraverso il reinserimento sociale del reo come forma di prevenzione della recidiva e di garanzia della sicurezza sociale; la valorizzazione ed il potenziamento delle capacità e delle competenze della persona in esecuzione penale esterna, attraverso il suo impegno in attività non retribuite di utilità sociale.
L’individuo che agisce e vive legami nella Ma come assolvono al rete loro funzionamento nella esprime il società le reti sociali? suo essere Possono sostenere e nel sociale di contempo contenere. tipo interagente (che agisce tra), e nella dinamica di relazioni è in grado di Pertanto, le due principali funzioni delle reti sociali, nel condizionar considerare le persone s/nodi e così come delle reti, sono riconducibili al di essere sostegno e al contenimento. condizionat o
La mappa delle reti attive nell’area penale esterna Magistratura di sorveglianza (prescrizioni e impegni trattamentali) Équipe multi – professionale (attività di supporto e attivazione delle reti) Sistemi sociali (processo inclusivo attraverso le reti primarie e secondarie) Riconciliazione reo - società (restituzione, riparazione, ri-orientamento)
IL PROBATION SYSTEM NEGLI ALTRI PAESI. 24
CONSIGLIO D’EUROPA R A C COMANDA Z IONE R(2010)1 del Comitato dei Ministri agli Stati Membri sulle REGOLE DEL CONSIGLIO D’EUROPA IN MATERIA DI PROBATION 25
Probation: descrive l’esecuzione in area penale esterna di sanzioni e misure, definite dalla legge ed imposte ad un autore di reato. Comprende una serie di attività ed interventi, tra cui il controllo, il consiglio e l’assistenza, mirati al reinserimento sociale dell’autore di reato, ed anche a contribuire alla sicurezza pubblica. Servizio di probation: indica ogni servizio designato dalla legge ad adempiere i suddetti compiti e responsabilità. A seconda del sistema nazionale, il lavoro del servizio di probation può anche comprendere la trasmissione di informazioni e pareri all’autorità giudiziaria o ad altre autorità decisionali, per aiutarle a prendere decisioni giuste e basate su informazioni complete; offerta di orientamento e sostegno ai delinquenti quando sono detenuti per preparare la loro liberazione ed il loro reinserimento; controllare e assistere persone soggette a liberazione anticipata; interventi di giustizia riparativa; ed offerta di assistenza alle vittime dei reati. I servizi di probation hanno lo scopo di ridurre la perpetrazione di ulteriori reati instaurando rapporti positivi con gli autori di reato, al fine di assicurarne la presa in carico (anche con un controllo, se necessario), di guidarli e assisterli per favorire la riuscita del loro reinserimento sociale. In tal modo, la probation contribuisce alla sicurezza collettiva ed alla buona amministrazione della giustizia. 26
Dal confronto delle tendenze che si osservano in altri Paesi simili al nostro, si può evidenziare, se si considera il tasso per 100. 000 abitanti delle persone sottoposte a sanzione penale, che il dato italiano nel complesso è sensibilmente inferiore a quello degli altri Paesi europei considerati; tuttavia, scomponendolo tra pene detentive e non detentive, appare evidente che la differenza si concentra soprattutto nel settore delle sanzioni non detentive, di gran lunga meno sviluppato in Italia. 27
In Europa, da almeno un decennio, la linea di tendenza è di crescita dell’area del controllo penale, parallela a quella delle condotte penalmente trasgressive; il conseguente incremento delle sanzioni viene assorbito quasi esclusivamente dai sistemi nazionali di “probation”. Questi ultimi, o sono già dotati di una dimensione organizzativa idonea a fronteggiare l’incremento dei flussi, oppure vengono rinforzati con programmi di potenziamento 28
In Inghilterra, la classica alternativa alla pena detentiva breve è rappresentata dal Probation Order, introdotto nel sistema penale con il Probation Offenders Act del 1907 e che prevede la facoltà per il giudice, dopo la pronuncia di colpevolezza, di astenersi dalla condanna alla detenzione e di emanare un probation order che sottopone a prova il soggetto autore di reato che a tale alternativa abbia dato il suo consenso. In Belgio, il Probation è stato regolamentato nella sua forma compiuta con una legge del 1964, sotto forma di sospensione della condanna simple o avec probation; in questo secondo caso, da parte del giudice vi è l’imposizione di determinate condizioni per le quali è richiesto il consenso del sottoposto e che sono individualizzate caso per caso, tenuto conto della personalità del soggetto e dei suoi bisogni. http: //www. ristretti. it/areestudio/alternative/ricerche/europa. htm 29
In Svezia, il Probation (Skyddtillsyn) consiste in un periodo di prova definito durante il quale il soggetto è sottoposto a controllo; nei suoi confronti il giudice può anche disporre, congiuntamente alla misura, una pena detentiva breve; si tratta di una misura destinata a quei soggetti che necessitano - secondo la valutazione del giudice - di un costante controllo, eventualmente combinato con disposizioni speciali. In Danimarca la possibilità di sospensione della pronuncia della condanna vige dal 1961, per pene di durata sino a un massimo di cinque anni. Anche in questo Paese è data la facoltà al giudice di decidere se il soggetto debba essere sottoposto a sorveglianza e se imporre condizioni aggiuntive personalizzate nei casi in cui se ne ravvisi la necessità. http: //www. ristretti. it/areestudio/alternative/ricerche/europa. htm 30
Le linee di azione della restorative justice e i rapporti di integrazione con le reti territoriali. 31
Le «Linee di indirizzo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità in materia di giustizia riparativa e tutela delle vittime di reato”, pur non avendo la pretesa di operare una sistemazione organica della complessa materia della riparazione e della mediazione penale, costituiscono un primo sforzo del dipartimento finalizzato a definirne le peculiarità e ad ordinare, aggiornare ed integrare le migliori esperienze maturate in materia nel settore degli adulti ed in quello minorile. Le linee sono dettate dalle indicazioni contenute nelle raccomandazioni del Consiglio d’Europa in tema di vittime e di restatorative justice, n. (99) 15 settembre 1999. 32
24/12/2021 In questa prospettiva è opportuno chiarire, in via preliminare che la giustizia riparativa: «si riferisce a ogni processo che consente alle persone che subiscono pregiudizio a seguito di un reato e a quelle responsabili di tale pregiudizio se vi acconsentono, liberamente, di partecipare alla risoluzione delle questioni derivanti dall’illecito, attraverso l’aiuto di un soggetto terzo formato o imparziale (facilitatore)» . 33
24/12/2021 Con la giustizia riparativa, dunque, si presta attenzione non solo all’autore del reato e alla sua storia ma anche alla dimensione relazionale, sociale e comunitarie all’interno delle quali si colloca il crimine: l’obiettivo è tentare di ricostruire, con il consenso delle parti, la lacerazione della relazione con la vittima, e più in generale, con il contesto sociale. 34
24/12/2021 Le linee di indirizzo, in coerenza con le fonti normative sovranazionali, ivi inclusa la recente raccomandazione CM/REC (2018)8, adottata dal Consiglio dei Ministri degli Stati Membri il 3 ottobre 2018, mirano ad incoraggiare, implementare, sperimentare e sostenere approcci e programmi di giustizia riparativa finalizzati alla possibile definizione del modello italiano nella cornice della normativa vigente. 35
24/12/2021 Quadro normativo e definizioni concettuali. 36
24/12/2021 L’attenzione alla vittima è presente nell’art. 47 delle legge n. 354/1975 dell’O, P. ( «nel verbale deve anche stabilirsi che l’affidato si adoperi per quanto possibile in favore della vittima del suo reato e adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare» ). L’art. 27 del DPR 230/2000 introduce le «possibili azioni di riparazione delle conseguenze del reato, incluso il risarcimento dovuto alla persona offesa» . 37
24/12/2021 L’istituto che offre maggiore spazio alla giustizia riparativa è, senz’altro, la sospensione del processo con messa alla prova, introdotta con la L. 67/2014 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio) che ha previsto, per i casi disciplinati dall’art. 168 del codice penale «condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa» all’interno del programma di trattamento. 38
24/12/2021 Gli attori dei processi riparativi, oltre che ai rei e le vittime, sono: § Mediatori della giustizia, figura professionale che ha maturato un alto profilo di esperienza nel contesto dei servizi minorili e/o dell’esecuzione penale esterna, adeguatamente formata e con ampio spettro di capacità di comunicazione nel gruppo, di gestione costruttiva dei conflitti. § Facilitatori della giustizia, figura competente in materia socio-umanistiche, pedagogiche conoscenze in area giuridica, specificatamente formata nella materia della risoluzione dei conflitti in area penale, con adeguata esperienza nel trattamento dei casi. 39
24/12/2021 Definizioni concettuali del paradigma della giustizia riparativa: § Giustizia riparativa, si intende «qualsiasi processo mediante il quale le persone che hanno subito un danno derivante da un reato e coloro che sono responsabili di tale danno possono partecipare attivamente, se lo consentono liberamente, nella risoluzione dei problemi derivanti da reato, con l’assistenza di una terza parte qualificata e imparziale (il facilitatore). 40
24/12/2021 Definizioni concettuali del paradigma della giustizia riparativa: § Programma di giustizia riparativa, si fa riferimento ai principali strumenti di giustizia riparativa che possono essere classificati, secondo uno schema che parte da strumenti con componenti riparative, fino ad arrivare a strumenti pienamente riparativi. § La stessa CM/REC (2018)8 invita gli Stati Membri a promuovere lo sviluppo di approcci innovativi in materia, ricordando, implicitamente, che in base al proprio ordinamento giuridico, ogni paese deve promuovere pratiche di giustizia riparativa coerenti con la propria cultura giuridica. 41
24/12/2021 Principi: q Partecipazione attiva delle parti alla risoluzione del conflitto; q Uguale attenzione ai bisogni e agli interessi delle parti implicate. (equidistanza e equiprossimità); q Volontarietà. Rispetto ai principi delle procedure e dell’esercizio del ruolo: ü imparzialità; ü neutralità; ü terzietà; ü gratuità. 42
24/12/2021 Obiettivi: I programmi di giustizia riparativa e le relative azioni devono configurarsi quali: � Spazi di maggiore attenzione nei confronti della persone offesa (vittima) all’interno della vicenda penale; � Momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario sia in area penale esterna; � Opportunità concrete/simboliche di risoluzione del conflitto del reato; � Spazi di riflessione all’interno della comunità e dei servizi di giustizia, sull’evento reato in termini di ricomposizione del conflitto e dei rafforzamento della sicurezza sociale. 43
24/12/2021 Il ricorso ai servizi della giustizia riparativa. I programmi di giustizia riparativa devono, laddove è coinvolta la vittima «persona fisica» , essere realizzati nel massimo rispetto e nell’interesse della stessa e, valutare le circostanze del caso, non devono comportare vittimizzazione ripetuta o secondaria. La giustizia riparativa non deve essere applicata a soggetti che non sino capaci, per una qualsiasi ragione, di comprendere il significato del processo. 44
24/12/2021 Il ricorso ai servizi della giustizia riparativa. I programmi di giustizia riparativa devono: Essere svolti nell’interesse dell’autore e della comunità; b) Essere svolti con l’attivazione di gruppi riparativi per i soli autori di reato; c) Essere svolti nel rispetto della dignità delle parti e tendere a perseguire: � responsabilizzazione del reo, � riconoscimento dell’esperienza di vittimizzazione e riparazione dell’offesa, � coinvolgimento della comunità nel processo di riparazione, anche al fine di accrescere il senso di sicurezza sociale, � riduzione della recidiva. a) 45
24/12/2021 Il consenso libero e informato. I programmi di giustizia riparativa possono essere avviati esclusivamente con il consenso delle persone coinvolte e non possono essere previsti come condizione per l’accesso ai benefici. I soggetti che accedono ai programmi di giustizia riparativa sono informati in modo accurato su: significato, decorso, modalità e potenziale esito del programma, nonché verifica dell’accordo di riparazione raggiunto. Laddove gli interessati ne facciano richiesta, deve essere previsto l’ausilio di un traduttore. 46
24/12/2021 I contatti tra vittime e autori di reato. Nel corso dei contatti tra vittime e autori di reato, devono essere adottate tutte le opportune precauzioni atte a scongiurare un eventuale rischio di vittimizzazione secondaria. Particolare attenzione deve essere assegnata, nell’analisi di valutazione/esclusione di fattibilità, alle relazioni tra vittime e autori di reato dove si evidenzia uno squilibrio di «potere» , nonché una situazione di disagio psicologico e condizioni di dipendenza. 47
24/12/2021 La cooperazione tra servizi della giustizia, riparativi e di assistenza alle vittime. I servizi della giustizia faciliteranno l’interconnessione tra i vari attori territoriali e contribuiranno a rafforzare il partenariato. I servizi per la giustizia riparativa devono essere promossi da enti pubblici attraverso convenzioni e protocolli tra le articolazioni territoriali del DGMC, Tribunali ed Enti territoriali per garantirne la qualificazione nella, sfera pubblica, oltre che per esigenze di economicità. 48
Il sistema penale è sempre più orientato a introdurre i principi della giustizia riparativa, anche se l’ordinamento li richiama ma non li codifica. Si confondono concetti, definizioni che sovrappongono o si utilizzano in maniera impropria: 1) restituzione, 2) risarcimento, 3) riparazione. si ‘La giustizia riparativa è un paradigma fragile perché trova fondamento nella consensualità, nella possibilità, nella disponibilità delle parti e non può essere normato (se non nella disponibilità dei percorsi), e che non può essere procedimentalizzato, se non nei termini di garanzia delle parti» Milena Cassano 49
La prospettiva riparativa nei percorsi di trattamento delle misure e sanzioni di comunità. q q Consolidare il sistema integrato tra l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna e gli altri servizi, pubblici e del privato sociale, per edificare una solida rete territoriale di promozione per le politiche della giustizia riparativa. Coinvolgere gli attori istituzionali e delle agenzie del territorio nella ricerca di soluzioni agli effetti del conflitto generato dal fatto-reato, oltre al reo anche la vittima e la comunità, al fine di diffondere il senso di sicurezza collettivo. Promuovere forme di educazione alla legalità. Sensibilizzare la comunità locale all’azione di inclusione e di recupero dalla condizioni di disagio dei soggetti in conflitto con la legge.
La giustizia riparativa L’adozione del modello riparativo in ambito penale nasce dalla presa d’atto della limitata efficacia sanzionatoria, per alcune tipologie di trasgressione penale, degli strumenti di risposta al reato fino ad ora utilizzati. Il modello riparativo comporta l’arricchimento del concetto di pena, affiancando la funzione di “riparazione” del danno provocato alla comunità nella quale è stato compiuto il reato a quella retributiva e rieducativa. 51
La giustizia riparativa Finalità � la promozione della legalità; � la riparazione del danno sociale causato dalla condotta antigiuridica; � la promozione umana del condannato, attraverso la valorizzazione ed il potenziamento delle parti positive e più elevate della persona; � la promozione socio-culturale e la sensibilizzazione della comunità locale all’azione di recupero dalle condizioni di disagio dei condannati. 52
Aspetti epistemologici. La “giustizia riparativa” è una tematica che si presta a schemi interpretativi ancora molto confusi, anche in chi è chiamato ad applicarne i suoi principi, nonostante oramai essa si stia radicando con più evidenza negli impianti prescrittivi dell’esecuzione penale esterna. Il confronto in ambienti di studio ha evidenziato una certa dipendenza da “costrutti mentali” ancora poco flessibili rispetto al significato delle azioni riparative; tale aspetto è stato rappresentato come un punto di criticità; difatti, emerge la necessità di definire con maggiore chiarezza ed in maniera condivisa il senso delle “azioni riparative” prima ancora dei metodi e degli obiettivi. 53
Aspetti psico-pedagocici. Gli aspetti psico-pedagogici, vale a dire quelli che attengono ad un’azione di riorientamento del sistema valoriale del condannato e/o di interventi correttivi dei suoi assetti socio-affettivi (capacità relazionali, empatia, identificazione con la vittima, altruismo), sono fondamentali nei percorsi riparativi. La riparazione” che non sortisca effetti ristrutturativi sulle aree critiche della personalità del condannato, cioè quelle sulle quali si sono innestati gli schemi comportamentali disfunzionali, ha solo una valenza adempitiva, e non appunto correttiva. In tal senso, gli effetti della riparazione (solidarietà, educazione alla pace ed al perdono, responsabilizzazione e sensibilizzazione), si realizzano nella preliminare valutazione sul tipo di esperienza e sulla attitudini della persona, ma soprattutto su una costante ed efficace azione di guidance per rinforzare l’autonomia, l’autodeterminazione, la socializzazione, la promozione umana, l’ascolto attivo, la rielaborazione della colpa.
Aspetti strutturali-organizzativi. Il “contenitore” dei percorsi riparativi può essere ritenuto il luogo fisico dove il condannato svolge la sua esperienza (l’ente, l’associazione ecc. ), ma anche il micro-sistema relazionale dove egli deve rispettare le regole, le consuetudini, i valori culturali che in quel particolare contesto determinano gli schemi comportamentali di chi vi agisce in funzione di una ragione sociale di tipo solidaristico. L’inserimento del condannato in questi micro-sistemi non pone solo la necessità di meglio significare e realizzare i contratti riparativi, ma anche di prevedere interventi sul sistema organizzativo degli enti che possano facilitare la convivenza e la proficua collaborazione tra i volontari strutturati ed i volontari condannati. Al riguardo, è chiara l’esigenza di un maggior coordinamento tra le agenzie del controllo sociale e quelle del volontariato ed una costituzione di un net-work di servizi. 55
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La creazione di laboratori per ……. q L’inserimento in contesti solidaristici per favorire imitazioni comportamentali e acquisizione di nuove visioni e relazioni, volte alla responsabilizzazione. q Sviluppare conoscenze e competenze su come potenziare le attitudini all’ascolto, all’empatia, alla partecipazione nei soggetti impegnati nelle esperienze riparatorie. 58
Gli obiettivi della relazione trattamentale e rieducativa con la persona. � L’obiettivo noetico e dianoetico, realizza l’emersione del sé della persona, la sua autonomia, la sua realtà nel percorso di autodefinizione. � L’obiettivo motivazionale è insito nella relazione, e consiste nel persuadere la persona in trattamento, che “rileggendo” la trama della sua vita, può ricercare le ragioni della propria educabilità valoriale, cognitiva, affettiva. � L’obiettivo trasformativo, implica la generazione di cambiamenti, di ristrutturazioni, di nuove possibilità e pensabilità, a diversi livelli (dell’azione, delle relazioni, delle rappresentazioni)”. 24/12/2021 59
L’empatia come attitudine alla relazione La qualità empatica, cioè la capacità dell'essere umano di comprendere le emozioni dell'altro senza per questo doverne condividere lo stato d'animo o i giudizi, ha cambiato l'approccio contemporaneo alle cosiddette "relazioni di aiuto" e ha aperto nuove frontiere alla civiltà del Sapiens. "Empatia è la capacità naturale di sentire l’altro dentro di noi, di metterci nei suoi panni e comprendere come ci sentiremmo al suo posto, ed è l’abilità a capire come l’altro percepisce noi. Amicizia è la relazione empatica per eccellenza. " Arshad Moscogiuri Bari, 25. 9. 2015 Domenico Lobascio 60
La piramide dell’empatia di Karla Mc. Laren 61
Grazie per l’attenzione! 62
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