Le forme metriche lottava strofa di otto versi

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Le forme metriche: l’ottava �strofa di otto versi endecasillabi: i primi sei legati da

Le forme metriche: l’ottava �strofa di otto versi endecasillabi: i primi sei legati da rima alternata (ABABAB) e gli ultimi due legati da rima baciata (CC) �ottave in successione costituiscono la sequenza metrica della poesia narrativa e in particolare del genere epico-cavalleresco ed eroico tra Quattrocento (Morgante di Luigi Pulci, Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo) e Cinquecento (Orlando furioso di Ludovico Ariosto e Gerusalemme liberata di Torquato Tasso) �il primo autore nel quale sia attestato l’uso letterario dell’ottava è Boccaccio, nei suoi poemetti romanzeschi (Filostrato), epici (Teseida), eziologici (Ninfale fiesolano)

Torquato Tasso Gerusalemme liberata, VI, 79 -105 Soleva Erminia in compagnia sovente de la

Torquato Tasso Gerusalemme liberata, VI, 79 -105 Soleva Erminia in compagnia sovente de la guerriera far lunga dimora. Seco la vide il sol da l’occidente, seco la vide la novella aurora; e quando son del dì le luci spente, un sol letto le accolse ambe talora: e null’altro pensier che l’amoroso l’una vergine a l’altra avrebbe ascoso. Spesso Erminia era solita trattenersi a lungo in compagnia della guerriera (Clorinda). Con lei la vide il sole al tramonto, con lei la vide la nuova aurora; e quando le luci del giorno sono spente, talora un unico letto le accolse entrambe: e l’una fanciulla non avrebbe nascosto all’altra nessun altro pensiero all’infuori di quello amoroso.

Torquato Tasso Gerusalemme liberata, VI, 79 -105 Questo sol tiene Erminia a lei secreto

Torquato Tasso Gerusalemme liberata, VI, 79 -105 Questo sol tiene Erminia a lei secreto e s’udita da lei talor si lagna, reca ad altra cagion del cor non lieto gli affetti, e par che di sua sorte piagna. Or in tanta amistà senza divieto venir sempre ne pote a la compagna, né stanza al giunger suo giamai si serra, siavi Clorinda, o sia in consiglio o ’n guerra. Erminia le tiene segreto solamente questo e se talora si lamenta, udita da lei (da Clorinda), attribuisce i sentimenti del cuore infelice ad un’altra causa e fa intendere di piangere a causa della sua sorte. Ora in una tanto profonda amicizia può recarsi sempre dalla compagna senza alcun divieto, né mai stanza si chiude al suo giungere (quando lei, Erminia, giunge), che ci sia Clorinda, oppure che sia in consiglio o in guerra.

Torquato Tasso Gerusalemme liberata, VI, 79 -105 Vennevi un giorno ch’ella in altra parte

Torquato Tasso Gerusalemme liberata, VI, 79 -105 Vennevi un giorno ch’ella in altra parte si ritrovava, e si fermò pensosa, pur tra sé rivolgendo i modi e l’arte de la bramata sua partenza ascosa. Mentre in vari pensier divide e parte l’incerto animo suo che non ha posa, sospese di Clorinda in alto mira l’arme e le sopraveste: allor sospira. Vi entrò un giorno che lei (Clorinda) si trovava altrove e si fermò pensosa, meditando continuamente dentro di sé i modi e gli artifici (i sotterfugi) della sua desiderata e nascosta partenza. Mentre divide e separa nei vari pensieri il suo incerto animo che non ha pace, vede le armi e le armature di Clorinda sospese in alto: allora sospira.

Torquato Tasso Gerusalemme liberata, VI, 79 -105 E tra sé dice sospirando: «O quanto

Torquato Tasso Gerusalemme liberata, VI, 79 -105 E tra sé dice sospirando: «O quanto beata è la fortissima donzella! quant’io la invidio! e non l’invidio il vanto o ’l feminil onor de l’esser bella. A lei non tarda i passi il lungo manto, né ’l suo valor rinchiude invida cella, ma veste l’armi, e se d’uscirne agogna, vassene e non la tien tema o vergogna. E dice sospirando tra sé: O quanto è beata la fortissima fanciulla! Quanto io la invidio! E non le invidio la fama guerriera o l’onore femminile della bellezza. A lei il lungo mantello non rallenta i passi, né invidiosa stanza rinchiude il suo valore, ma indossa le armi e se desidera uscire da qui, se ne va e non la trattiene paura o vergogna.

Torquato Tasso Gerusalemme liberata, VI, 79 -105 Ah perché forti a me natura e

Torquato Tasso Gerusalemme liberata, VI, 79 -105 Ah perché forti a me natura e ’l cielo altrettanto non fèr le membra e ’l petto, onde potessi anch’io la gonna e ’l velo cangiar ne la corazza e ne l’elmetto? Ché sì non riterrebbe arsura o gelo, non turbo o pioggia il mio infiammato affetto, ch’al sol non fossi ed al notturno lampo, accompagnata o sola, armata in campo. Ah perché a me la natura e il cielo non fecero altrettanto forti il corpo e l’animo, affinché potessi anch’io mutare la gonna e il velo nella corazza e nell’elmetto? Poiché non l’arsura o il gelo, non la tempesta o la pioggia frenerebbero la mia passione ardente al punto da non essere armata in campo sotto al sole o alla luce notturna (della luna e degli astri), in compagnia o sola.

Le forme metriche: l’endecasillabo sciolto �versi sciolti (o versi liberi) = i versi che

Le forme metriche: l’endecasillabo sciolto �versi sciolti (o versi liberi) = i versi che non sono legati tra di loro da alcuna rima �l’assenza di un preciso schema di rime non esclude l’uso di rime a distanza o comunque poste in una qualche forma di corrispondenza �l’endecasillabo è il verso sciolto più utilizzato, perché permette maggiore varietà ritmica ed evita la monotonia �l’uso dei versi sciolti si afferma in particolare nel Settecento e nell’Ottocento, in autori come Parini, Leopardi, Foscolo, Manzoni e per generi letterari tipici dell’Ottocento come la novella sentimentale e la poesia satirica

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Le forme metriche: l’endecasillabo sciolto �uso del verso libero nei secoli precedenti: o in alcuni poemi didascalici medievali o nel Cinquecento in componimenti scritti ad imitazione dei classici (presso i quali non c’era la rima) e nei volgarizzamenti di poemi epici antichi o nel Seicento nella poesia a carattere epico-lirico (accoppiamento di endecasillabi sciolti e settenari sciolti)

Le forme metriche: l’endecasillabo sciolto �endecasillabi sciolti in successione costituiscono la sequenza metrica del

Le forme metriche: l’endecasillabo sciolto �endecasillabi sciolti in successione costituiscono la sequenza metrica del poema, del poemetto (cfr. i testi di Parini, tratti da Il Mattino e Il Mezzogiorno), del carme (cfr. il testo di Foscolo, tratto da Dei sepolcri)

Le forme metriche: l’endecasillabo sciolto �Lettura e analisi di Giuseppe Parini, Il Mezzogiorno, vv.

Le forme metriche: l’endecasillabo sciolto �Lettura e analisi di Giuseppe Parini, Il Mezzogiorno, vv. 772 - 807