Le epistemologie dellelearning 1 Il computer come tutor

  • Slides: 17
Download presentation
Le epistemologie dell’elearning 1 Il computer come tutor

Le epistemologie dell’elearning 1 Il computer come tutor

Il computer come tutor � Nella prima fasedi introduzione del computer in classe esso

Il computer come tutor � Nella prima fasedi introduzione del computer in classe esso era considerato un semplice tutor, ossia un sostituto dell’insegnante in alcune delle sue attività. � Questa concezione poggiava su un modello cognitivista della mente, secondo il quale, come abbiamo diffusamente analizzato nel capitolo 2, mente e computer hanno un funzionamento equiparabile e di tipo computazionale. � Teorie dell’Intelligenza artificiale forte, che prevedevano la possibilità di sviluppare macchine intelligenti, se solo si fosse conosciuto a sufficienza il funzionamento della mente umana. � � � [1] O. Albanese, P. Migliori, G. Pietrocola, Apprendimento e nuove strategie educative. Le tecnologie informatiche tra teoria e pratica didattica, Unicopli, Milano 2000, pp. 53 -76 e 77 -109. A. Calvani, Multimedialità nella scuola. Perché e come introdurre le nuove tecnologie nell’educazione , Garamond, Roma, 1996, pp. 11 -29 A. Calvani, I nuovi media nella scuola. Perché, come, quando avvalersene , Carocci, Roma 1999.

Dualismo mente e corpo �visione dualistica del rapporto mente-corpo: la mente consiste in un

Dualismo mente e corpo �visione dualistica del rapporto mente-corpo: la mente consiste in un insieme di procedure che, una volta individuate, possono essere implementate su un supporto qualsivoglia, cervello o computer. � Il computer ha il compito di “immettere” nozioni nella mente dell’alunno, considerato un recettore di natura “passiva”. �A livello di applicazioni dell’informatica alla didattica, questa impostazione si traduce in un approccio fortemente guidato dalla tecnologia.

Skinner: la macchina per insegnare � Il maggior riferimento teorico è l’opera di Burrhus

Skinner: la macchina per insegnare � Il maggior riferimento teorico è l’opera di Burrhus F. Skinner, in particolare la sua opera del 1968 The Technology of teaching[1]. � In questo testo, come in tutta la sua opera, Skinner pone l’accento sulla necessità di superare, all’interno della ricerca pedagogica, le tendenze innatiste, introspettive e psicologiche. � Skinner adotta una forma di comportamentismo non radicale, non riduce cioè lo studio dell’apprendimento a un approccio totalmente meccanicistico, quale era ad esempio quello di Pavlov (basato strettamente sul meccanismo del rapporto stimolo risposta). � Le sue analisi sulle affinità e differenze tra il comportamento umano e quello animale, lo studio delle relazioni esistenti tra componenti biologiche, fisiologiche, organiche e modalità dei comportamenti, anche cognitivi, sembrano improntate essenzialmente alla necessità di rende più scientifico, misurabile e rigoroso questo campo di ricerca. � [1] B. F. Skinner, La tecnologia dell’insegnamento, La Scuola, Brescia 1970.

La macchina per insegnare e l’istruzione programmata � Skinner è spinto dall’ideale di poter

La macchina per insegnare e l’istruzione programmata � Skinner è spinto dall’ideale di poter sfruttare le dinamiche comportamentali definite biologicamente e filogeneticamente al fine di indurre, attraverso opportuni interventi sui comportamenti cognitivi, una serie di tecnicalità. � Tecnicalità permettano di potenziare le capacita cognitive del discente o, semplicemente, di servire da acceleratore dei comportamenti cognitivi. � Questo ideale conduce Skinner a porre una grande attenzione a quei comportamenti cognitivi che possono essere standardizzati e proceduralizzati. � Per questo motivo egli focalizza la sua attenzione su tematiche quali le tecnologie didattiche e l’istruzione programmata.

Da Skinner al computer come tutor � L’impostazione di Skinner, discussa per molti aspetti,

Da Skinner al computer come tutor � L’impostazione di Skinner, discussa per molti aspetti, è molto vicina all’idea che esistesse un unico modello di ragionamento biologicamente determinato per tutti gli esseri viventi, e quindi all’idea, propria del paradigma cognitivista nelle scienze della mente, che fosse possibile utilizzare una serie di regole logico- formali (inscritte nel DNA degli individui) capaci di riprodurre l’intelligenza umana. � Questa impostazione di natura pedagogica si riverbera, in maniera piuttosto meccanica e senza le avvertenze di Skinner stesso, nel mondo della didattica mediata dal computer. � L’assunzione acritica di parte delle teorie skinneriane porta i tecnologi e gli esperti di tecnologie didattiche a realizzare tutta una serie di programmi che si fondano sull’idea del computer come “tutor informatico”.

Software per progammare i discenti � Questa prospettiva sta alla base dell’introduzione nella scuola

Software per progammare i discenti � Questa prospettiva sta alla base dell’introduzione nella scuola e nei differenti contesti formativi di software e di Cd-rom progettati per essere dei veri e propri “insegnati informatici”, prima a livello sperimentale, e successivamente in maniera più diffusa, con lo sviluppo dell’informatica personale e con l’introduzione dei personal computer. � Questi software sono perciò progettati a partire da un base dati predefinita e ricca, ad esempio una notevole quantità di esercizi basati su domande e risposte. � Si tratta, cioè, di un repertorio di nozioni e di percorsi di apprendimento pre-codificati, che permettano a chi ne fruisce di “apprendere” o di “rinforzare” le proprie competenze procedendo in maniera accumulativa e sequenziale, seguendo cioè gli standard e i livelli di competenze pre-definiti dal programma.

Il caso Plato PLATO è un sistema di Computer based Training (CBT), messo in

Il caso Plato PLATO è un sistema di Computer based Training (CBT), messo in opera nel periodo tra 1961 e il 1963, specificamente progettato per l’educazione presso il campus Urbana dell’Università dell’Illinois. Per programmare Plato fu ideato uno specifico linguaggio di programmazione, chiamato Tutor, usato poi per scrivere il codice del software didattico. PLATO poteva essere fruito da alcuni terminali connessi al main-frame centrale dell’Università dell’Illinois ed era basato originariamente sul time-sharing. Per tutti gli anni sessanta Plato rimase un sistema sperimentale. Nel 1972, con la progettazione della nuova generazione di main frame, i programmi educativi di Plato divennero accessibili ai migliaia di utenti, abilitati a fruire dei software didattici contenuti sul “main frame per insegnare” dell’Università dell’Illinois. Il sistema Plato divenne quindi la prima grande “macchina per insegnare”.

Il caso Plato era dotato di una buona grafica e permetteva di accoppiare testi

Il caso Plato era dotato di una buona grafica e permetteva di accoppiare testi e immagini. I test erano rigidamente strutturati. Un esempio dei primi software che giravano su Plato è Notes: l’utente, dopo essersi registrato nel sistema, poteva accedere ai programmi didattici in autoistruzione scritti attraverso questo software. Si trattava di CBT molto elementari, senza una vera progettazione della didattica e volti solo al trasferimento di contenuti. Notes visualizzava sullo schermo non più di 20 linee di testo, recanti, ad esempio, l’esercitazione da svolgere e l’unico modo per procedere oltre questa schermata era quello di scrivere una serie di risposte sempre al massimo in 20 linee di testo. Attraverso comandi a tastiera poi possibile effettuare le seguenti operazioni: - andare alla esercizio successivo; - tornare alla risposta precedente; - ritornare all’inizio dell’esercitazione; saltare un esercizio; -cominciare a scrivere una nuova risposta.

L’istruzionismo cognitivista Il modo in cui Plato funziona non dipende solo dalla tecnologia alla

L’istruzionismo cognitivista Il modo in cui Plato funziona non dipende solo dalla tecnologia alla sua progettazione è sottesa anche una teoria implicita dei modelli di apprendimento, l’”istruzionismo cognitivista” appunto, che incorpora l’idea che i processi cognitivi e formativi possano essere scomposti e sequenzializzati in semplici unità di base che possono essere tradotte in regole di natura logico formale. Questi strumenti hanno avuto larga fortuna nel mondo della scuola, ad esempio nel caso dell’insegnamento delle lingue, e nella formazione aziendale, per la diffusione di aggiornamenti su prodotti o procedure. Da un punto di vista epistemologico, però, ci troviamo di fronte, ancora una volta, a un’adozione e a un’applicazione alla didattica dell’ideale “molare” di diffusione della conoscenza dal “centro alla periferia”, che più volte abbiamo richiamato nel corso della presente trattazione.

Il modo in cui funzionano i tutor delle menti Questa ipotesi ha come suo

Il modo in cui funzionano i tutor delle menti Questa ipotesi ha come suo corollario l’idea che allo stesso modo funzioni la mente e che, quindi, i processi lineari, logico formali che informano la progettazione della macchina, possano corrispondere in maniera biunivoca alle modalità attraverso le quali la mente dei formandi apprende. Per questo le macchine per insegnare propongono un didattica molto strutturata e di acquisizione passiva dei contenuti da parte del formando.

Le menti come fabbriche di conoscenza L’approccio formativo delle macchine come tutor ominiscienti risulta

Le menti come fabbriche di conoscenza L’approccio formativo delle macchine come tutor ominiscienti risulta decisamente centrato e guidato dalla tecnologia techonology driven E’ analogo all’idea della “fabbrica a luci spente” nel campo dell’automazione industriale. Secondo questa logica, i processi d’insegnamento e di apprendimento possono essere descritti, pianificati, programmati dettagliatamente e, anche, trasformati in software.

Basta un click e si impara ? Computer Based Training (CBT), nei CBT nel

Basta un click e si impara ? Computer Based Training (CBT), nei CBT nel e Web Based Traininig (WBT) tradizionali, il codice comunicativo utilizzato è prevalentemente la parola scritta, accompagnata da immagini Le possibilità di interazione con il programma sono molto limitate, e in ogni caso contenute al modello della “reazione ad un stimolo”. Il formando cioè non può che “reagire” in maniera successiva ai contenuti di formazione, attraverso esercitazioni guidate e volte all’acquisizione di contenuti pre-definiti dalla progettazione formativa strutturata.

Le caratteristiche dei Wbt e dei CBT Nei programmi in autoistruzione esistono blocchi o

Le caratteristiche dei Wbt e dei CBT Nei programmi in autoistruzione esistono blocchi o “catenacci” che impediscono l’avanzamento nell’apprendimento. Se non vengono superati certi livelli di conoscenza o di acquisizione dei contenuti è necessario ripetere l’intera unità didattica o tutto il programma di formazione. In questo modo si subordina la fruizione delle unità didattiche successive al superamento dei test relativi alle precedenti unità. I programmi di autoistruzione (CBT e WBT di prima generazione) sono tipicamente rivolti all’acquisizione di competenze o di saperi specifici come abilità linguistiche, di calcolo e di programmazione informatica.

La viscosità nel tempo di WBT e CBT Questa metodologia estremamente direttiva, propria dei

La viscosità nel tempo di WBT e CBT Questa metodologia estremamente direttiva, propria dei primi tool sperimentali di “distance learning”, è dotata di un forte viscosità e prodotti di questo tipo. Sono adottati ancora oggi in molti CBT e WBT realizzati dalle case editrici scolastiche o dalle aziende per la formazione dei dipendenti. Alcuni tra i più diffusi strumenti di formazione a distanza ( ad esempio quelli per ottenere le certificazioni Microsoft sull’uso del pacchetto Office® o del browser Internet Explorer ®) utilizzano, per l’appunto, ancora questo tipo di metodologia.

I limiti dell’approccio istruzionista � I limiti più rilevanti di queste applicazioni e di

I limiti dell’approccio istruzionista � I limiti più rilevanti di queste applicazioni e di questo approccio metodologico possono essere individuati in due elementi sostanziali. � 1) Il primo è riconducibile al basso tasso di interattività e all’eccessiva meccanicità di questi programmi, che non li differenziano sostanzialmente dalle tradizionali metodologie non digitali della “seconda generazione” del distance learning; dall’altra dai modelli di progettazione curriculare del tempo” [2]. Questa metodologia è stata incarnata, ad esempio, dal fortunato modello della Open University degli anni Settanta. � 2) Il secondo limite fondamentale di questo approccio è costituito dalla scarsa elasticità dei programmi, che impongono lunge sedute “solitarie” di fronte al computer e che spesso inducono il fruitore della comunicazione a progredire nei diversi step lineari di apprendimento in maniera meccanica, a volte addirittura procedendo per “prova ed errore”, cliccando indifferentemente su questa o su quella risposta chiusa, senza soffermarsi o addirittura senza conoscere il contenuto delle tematiche proposte.

Sempre sui limiti �Il tasso di motivazione all’uso di questi strumenti, inoltre, è di

Sempre sui limiti �Il tasso di motivazione all’uso di questi strumenti, inoltre, è di solito molto basso e, in mancanza di costrizioni esterne forti, come esami da sostenere, obblighi da parte dell’insegnate o del datore di lavoro, di solito produce risultati formativi molto poco efficaci. �Afferma a questo proposito Nipper: “ l’apprendimento non è visto realmente come un processo sociale quindi non implica dinamiche di interazione con/tra studenti e docenti. (…) poiché non vi è interattività la classe non viene estesa nel senso sociale e cognitivo del termine, ma è disintegrata. L’apprendimento è trasformato in processo individuale anziché sociale”.