Le azioni di responsabilit Paradigmatica a tale riguardo
Le azioni di responsabilità Paradigmatica è a tale riguardo l’articolata disciplina prevista in tema di società per azioni che prevede: ● agli artt. 2392 - 2393 -bis c. c. , la responsabilità verso la società, ● all’art. 2394 c. c. la responsabilità verso i creditori sociali, ● all’art. 2395 c. c. la responsabilità nei confronti dei singoli soci e terzi
In generale secondo l’art. 2394 -bis c. c. i due titoli di responsabilità – verso la società e verso i creditori sociali – “in caso di fallimento” (ma anche di liquidazione coatta amministrativa e di amministrazione straordinaria) potranno essere fatti valere dal curatore (o, rispettivamente dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario). in pratica, nella maggior parte dei casi tali azioni vengano esercitate proprio dal curatore ai sensi dell’art. 2394 -bis, e non invece, come potrebbe supporsi osservando l’ordine degli artt. 2392 ss. c. c. , dai soci o dai creditori La responsabilità ex art. 2395 c. c. non può invece essere fatta valere dagli organi concorsuali
(segue) Princìpi analoghi valgono anche per la s. r. l. (benché per essa non risulti espressamente prevista la responsabilità verso i creditori sociali, che comunque si ritiene sussistente), per la quale anzi consta anche la possibilità di far valere la responsabilità dei “soci che abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci e i terzi” (art. 2476, co. 7, c. c. ); nonché per la s. a. p. a. (in virtù del rinvio disposto dall’art. 2454 c. c. ) e per le società cooperative (in virtù del rinvio disposto dall’art. 2519 c. c. ); in principio, anche per le società di persone, benché rispetto ad esse la responsabilità personale per le obbligazioni sociali di tutti i soci illimitatamente responsabili, che solitamente ricoprono anche il ruolo di amministratori, renda di fatto superflua un’azione di responsabilità amministrativa da parte dei creditori o della società (pur prevista dall’art. 2260 c. c. , ma resa irrealistica in caso di fallimento: improbabile essendo che al suo esito residui un patrimonio sociale non assorbito dalle perdite sociali).
L'art. 146 l. fall. Art. 146, co. 2, secondo il quale il curatore esercita le azioni di responsabilità contro: – gli amministratori: rientrandovi, secondo la giurisprudenza 35, anche i soggetti ai quali possa imputarsi la qualifica di amministratore di fatto, ed essendo soggetto alla medesima responsabilità anche, nelle s. p. a. quotate, il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari (art. 154 -bis, ult. co. , TUF); – i componenti degli organi di controllo (anche in virtù del rinvio operato dall’art. 2407, ult. co. , c. c. ), quale che sia il sistema di amministrazione e controllo adottato, ed estendendosi tale responsabilità anche ai revisori legali e alle società di revisione legale (art. 15, d. lgs. 39/2010); – i direttori generali e, se la società sia stata posta in liquidazione prima del fallimento, i liquidatori; – inoltre, nella s. r. l. , competerà al curatore anche l’azione responsabilità prevista dall’art. 2476, co. 7, contro i “soci che abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci e i terzi”.
La condizione di procedibilità Le azioni di responsabilità in discorso potranno essere esercitate dal curatore soltanto previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori (art. 146, co. 2) A queste condizioni, comunque, la legittimazione del curatore sarà esclusiva, non potendo dette azioni essere intraprese dai soci o dai creditori ed interrompendosi eventualmente le azioni da questi ultimi già intentate (salva peraltro la possibilità del curatore di riassumerle, anziché intentarle ex novo sulla base di nuovi elementi probatori o di una diversa strategia argomentativa).
La responsabilità per abuso del potere di direzione e coordinamento (art. 2497 c. c. ) Ebbene – anche prescindendo dalla questione se tale azione possa implicitamente ritenersi compresa fra le azioni di responsabilità gestoria previste dall’art. 146, co. 2, lett. a) – consta comunque espressamente, secondo il disposto del medesimo art. 2497, ult. co. , c. c. , che in caso di fallimento (o di liquidazione coatta amministrativa o di amministrazione straordinaria) di società soggetta all’altrui direzione e coordinamento, l’azione prevista dal medesimo art. 2497 a favore dei creditori, sarà esercitata (anche in tal caso, deve ritenersi, in via esclusiva) dal curatore (o, rispettivamente, dal commissario giudiziale o dal commissario straordinario). L’eventuale risarcimento conseguito in caso di esito vittorioso dell’azione sarà così acquisito alla massa a beneficio dei creditori concorsuali, benché, certo, resti aperta la questione (in certa misura, del resto, prospettabile anche con riferimento all’ordinaria azione di responsabilità spettante ai creditori sociali ex art. 2394 c. c. ) della possibile non coincidenza fra i creditori danneggiati ex art. 2497 c. c. e l’intera platea dei creditori concorsuali che andranno invece a beneficiare del ristoro della “lesione arrecata al patrimonio sociale”.
L'ADEGUATO ASSETTO D’IMPRESA PER PREVENIRE LA CRISI Il principio di prevenzione è uno dei pilastri su cui poggia la riforma della legge fallimentare attuata dal nuovo Codice della crisi di Impresa e dell’Insolvenza (D. Lgs. n. 14/2019). L’azione preventiva è resa possibile, anzitutto, attraverso l’introduzione dell’obbligo per l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva (S. p. A. , S. r. l. , S. n. c. , S. a. s. ), di istituire adeguati assetti organizzativi all’interno dell’impresa che, insieme agli strumenti di allerta previsti dall’articolo 12 del Codice della crisi e agli obblighi di segnalazione in capo a determinati soggetti, costituiscono le principali novità del sistema messo a punto con il D. Lgs. n. 14/2019 In particolare, l’articolo 375 del nuovo Codice ha aggiunto un secondo comma all’art. 2086 c. c. , che stabilisce il dovere dell’imprenditore di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, funzionale, oltre che all’esercizio ordinario dell’attività, anche alla rilevazione tempestiva della situazione di crisi e della perdita eventuale della continuità aziendale
(segue) Dal 16 marzo 2019, con il Codice della crisi, tutti gli amministratori che non avranno dotato l’azienda di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile, capace di intercettare gli indizi di crisi e soprattutto la perdita della continuità aziendale potranno essere chiamati a rispondere per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. Lo spirito della riforma è quello di favorire l’allerta precoce in modo da agevolare il risanamento delle imprese e porre un presidio a tutela dell'equilibrio economico e finanziario.
La finalità del modello Quando l’impresa entra in una fase di difficoltà, agli adeguati assetti è richiesta non solo una funzione di monitoraggio tempestivo, ma anche di costituire un valido strumento di gestione della medesima. Il nuovo testo dell’articolo 2086 si contraddistingue per una finalizzazione degli adeguati assetti, in quanto essi non solo hanno un’ottica preventiva, ma anche devono consentire all’imprenditore di adottare gli strumenti funzionali al nuovo scenario, per fronteggiare la crisi: predisposizione di un piano e sua corretta esecuzione
Responsabilità degli amministratori: la quantificazione del danno nel nuovo Codice della crisi L’articolo 378, comma 2 del Dlgs 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di seguito anche Codice) ha introdotto nell’articolo 2486 del Codice civile i criteri di “quantificazione economica del danno” in caso di accertamento della “responsabilità degli amministratori Prima delle modifiche introdotte dal Codice, dopo un lungo percorso giurisprudenziale, la sentenza 9100/2015 della Suprema Corte a Sezioni unite aveva consolidato il principio in base al quale la responsabilità degli amministratori è accertata e la pretesa risarcitoria dovuta quando sussiste un inadempimento e che lo stesso abbia cagionato un danno, ovvero che sia provato il collegamento causale tra la condotta (dell’amministratore) e il danno (cagionato al creditore sociale) nel c. d. nesso causale. La nuova formulazione dell’articolo 2486 Codice civile individua un criterio principale di quantificazione del danno riconducibile a quello dei netti patrimoniali, fatta salva la possibilità per l’amministratore di provare un diverso ammontare del danno, e un criterio sussidiario, quello differenziale, applicabile in caso di attivazione di procedura concorsuale e di scritture contabili mancanti o irregolari
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