La superbia La Superbia il primo dei vizi
La superbia
La Superbia è il primo dei vizi capitali, principio e radice di ogni vizio. Il termine deriva dal latino “superbus”, composto da super (sopra) e dalla radice indoeuropea bhos (crescere).
È un amore disordinato ed eccessivo del proprio io, per cui la persona si compiace di se stessa e cade in una forma di idolatria di sé; come tale è rifiuto di Dio.
È negazione ostinata della creaturalità, del limite che connota l’uomo, e quindi negazione dell’Alterità che lo pone in essere. La superbia è farsi Dio, è voler essere come Dio, è ribellarsi a che ad altri venga riconosciuto d’essere a immagine di Dio.
È il vizio contrario della virtù dell’umiltà.
La superbia nella Bibbia La concezione dell’uomo che troviamo nella Bibbia parte dal fatto che egli è terra e cenere, ed è perciò superbia il falso concetto che l’uomo ha di sé e della propria condizione. Perché mai si insuperbisce chi è terra e cenere? Anche da vivo le sue viscere sono ripugnanti. (Sir 10, 9)
La superbia nella Bibbia Guàrdati dunque dal dire nel tuo cuore: “La mia forza e la potenza della mia mano mi hanno acquistato queste ricchezze”. Ricòrdati invece del Signore, tuo Dio, perché Egli ti dà la forza per acquistare ricchezze, al fine di mantenere, come fa oggi, l’alleanza che ha giurato ai tuoi padri. (Dt 8, 17 -18)
La superbia nella tradizione della Chiesa Fu San Gregorio Magno a fare della superbia "la regina dei vizi". A suo dire quando essa asservisce il cuore e quindi lo consegna alla devastazione di tutti gli altri vizi come fossero sue guide; dalla superbia nasce tutta la moltitudine dei vizi.
La superbia nella tradizione della Chiesa Dopo Gregorio, anche Agostino definisce la superbia come perversae celsitudinis appetitus, "desiderio smodato di soprastare". Anche Cassiano e Boezio, pur nella varietà delle rispettive prospettive, convergono nell’affermare che la superbia è peccato e che è la radice di tutti i peccati.
La superbia nella tradizione della Chiesa Secondo Isidoro il superbo è detto così perché vuole vedersi maggiore di quel che è: colui che vuole sopravanzare ciò che è, è superbo. Il supra ("sopra") è la chiave interpretativa della superbia.
La superbia nella tradizione della Chiesa San Tommaso d'Aquino aderisce all'impostazione di San Gregorio che fa della superbia la madre di tutti i vizi. Riprendendo Isidoro, poi, afferma che la superbia prende nome dal fatto che uno indirizza la sua volontà "sopra" (super) ciò che è e, aggiunge, con "sproporzione" a se stesso, cioè irrazionalmente rispetto alla realtà.
La superbia nell’arte Nella sua “Iconologia”, Cesare Ripa descrive la superbia come: Donna, bella, e altera, vestita nobilmente di rosso, coronata d'oro di gemme in gran copia, nella destra mano tiene un pavone, e nella sinistra uno specchio, nel qual miri, e contempli se stessa. […] Lo specchiarsi, dimostra, che il superbo si rappresenta buono, e bello a se stesso vagheggiandosi in quel bene, che è in sé […]. Però si assimiglia al pavone, il quale compiacendosi della sua piuma esteriore, non degna la compagnia de gli altri uccelli. La corona, nel modo detto, dimostra, che il superbo è desideroso di regnare, e dominare a gli altri, e, che la superbia è regina, overo radice, come disse Salomone, di tutti i vitij, e, che frà le corone, e nelle grandezze si acquista, e si conserva principalmente la Superbia di che porge manifesto essempio Lucifero, che nel colmo delle sue felicità cadde nelle miserie della Superbia.
Nell’Inferno di Dante i superbi sono puniti nella zona più profonda, dopo il Pozzo dei Giganti.
Nel Purgatorio invece, i superbi occupano la prima cornice - cioè quella più bassa - e sono costretti a portare sulla spalle pesi troppo grandi rispetto alle proprie forze. Risulta quindi abbastanza intuitivo il contrappasso.
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