La proclamazione del Regno dItalia marzo 1860 plebisciti
La proclamazione del Regno d’Italia • marzo 1860: plebisciti – Toscana, Parma e Modena si uniscono al regno del Piemonte • maggio 1860: impresa dei Mille • settembre 1860: intervento piemontese nello stato pontificio • 26 ottobre: incontro di Teano • 17 marzo 1861: proclamazione del regno d’Italia
I primi anni del Regno 1861 governo della Destra storica Soluzione questioni territoriali · 1866: Veneto, Friuli e Venezia Giulia (guerra austro-prussiana) · 1870: conquista di Roma (guerra francoprussiana) Non expedit Accentramento amministrativo: 1876 · Estensione Statuto albertino · Modello napoleonico: - 59 province → prefetti soggetti al Governo centrale - comuni → sindaci nominati dai Prefetti
La politica economica della Destra storica 1861 Unificazione economica Creazione di infrastrutture Pareggio di bilancio 1876 Unificazione monetaria e doganale Unificazione del sistema fiscale • Costruzione rete ferroviaria • Strade e poste Politica liberoscambista: apertura dei mercati esteri Si acuisce la “questione meridionale” Politica di investimenti Debito pubblico ereditato Ø Brigantaggio Ø Repressione militare
Cronologia di PIERO VISANI In G. Carocci, Storia d’Italia dall’Unità ad oggi 17 marzo 1861 Proclamazione del regno d'Italia sotto la monarchia dei Savoia. Primo re d'Italia è Vittorio Emanuele II. 1861 ed oltre I problemi del nuovo regno sono principalmente la diffidenza degli altri stati; l'allarmante situazione interna, ove le diversità di condizioni storiche, di condizioni culturali, economiche e sociali ostacolano la realizzazione dell'unità, ed ove per di piú sono presenti secolari tendenze regionalistiche; la gravità della situazione economica. Inoltre, i moderati al potere sono un'élite ristretta, che governa limitando l'elettorato al 2% ed è priva di alleati sia a destra (la chiesa) sia a sinistra (i democratici). Ciò crea gravi difficoltà ai moderati, anche perché i democratici, nonostante la loro complessiva subordinazione alla politica moderata, si sono conquistati un vasto spazio politico. L'élite moderata è comunque dotata di una grande omogeneità sociale e gestisce il potere in modo conservatore, resistendo alle spinte illiberali che pure esistono al suo interno. Nel sistema moderato, lo stato, inteso come strumento di coercizione, è costituito dall'esecutivo (governo e burocrazia), dall'esercito e dalla magistratura, mentre al parlamento è riservato il ruolo di elemento di collegamento fra stato e società. 1861 ed oltre In campo economico, l‘introduzione dell'economia liberistica in tutto il regno provoca gravi conseguenze soprattutto nel Mezzogiorno, abituato ad un rigido protezionismo. Altri fenomeni sono l'incremento della produzione agricola, accompagnato però dal contemporaneo aumento dei prezzi, e lo sviluppo delle comunicazioni. 6 giugno 1861 Morte di Cavour. È un colpo durissimo per la nazione, poiché egli non lascia né successori della sua statura politica, né una maggioranza stabile. Gli succede Ricasoli, il quale, come Cavour, cerca appoggi a destra e a sinistra, ma con molta chiarezza e sapienza politica. Egli, seguendo le direttive del suo predecessore, tenta di risolvere la questione romana mediante accordi con Napoleone III e con il papa, ma non vi riesce. Ciò, unito alla sua impopolarità ed ai suoi contrasti con il re, induce Ricasoli a dimettersi il 28 febbraio 1862.
Gli succede Rattazzi, uomo di fiducia del re. Questi imitando maldestramente certe forme della politica di Cavour, lascia intendere a Garibaldi d'esser disposto ad appoggiarlo con discrezione in una eventuale conquista di Roma. Ma, di fronte alla violenta reazione francese, deve rimangiarsi tutto ed è costretto a mandare l'esercito a bloccare i garibaldini. Ne consegue il tragico scontro dell'Aspromonte del 29 agosto 1862 Novembre 1862 Rattazzi, screditato dai fatti d'Aspromonte, è costretto a dimettersi. Dopo un breve intermezzo Farini, 24 marzo 1863 diventa primo ministro Minghetti, il quale stipula la cosiddetta convenzione di settembre con la Francia, in base alla quale Napoleone III s'impegna a ritirare le sue truppe da Roma entro due anni, qualora l'Italia trasferisca la propria capitale a Firenze. Gravi tumulti a Torino in seguito alla firma della convenzione. 28 settembre 1864 A questo punto il re liquida Minghetti e lo sostituisce con il generale La Marmora, il quale effettua con rapidità il trasferimento della capitale da Torino a Firenze. 1861 ed oltre I nuovi governi contrappongono ai regionalismi una dura centralizzazione amministrativa. Si arriva ad identificare, soprattutto da parte conservatrice, la concessione di eventuali autonomie regionali con la dísintegrazione nazionale. Questa imposizione dall’alto del sistema amministrativo piemontese rafforza nel paese l'impressione che l'unità sia il risultato della conquista, da parte di una regione, di tutte le altre (la cosiddetta “piemontesizzazione”). 1861 -1865 Divampa nelle regioni meridionali il cosiddetto “brigantaggio”, in realtà fenomeno di guerra sociale contro i nuovi governi, contro il nuovo sistema economico, contro i proprietari. Guerra tremenda. Per stroncarla, vengono emanate durissime leggi repressive, come la legge Pica, che lascia eccessivo spazio all’arbitrio dell'autorità giudiziaria e, soprattutto, di quella militare. Metà dell’esercito (120 mila uomini) è impiegata nella lotta. Le perdite umane sono superiori a quelle registrate nelle campagne risorgimentali. Dopo anni di lotta, la repressione ha successo.
Aprile 1866 Viene stipulato con la Prussia un trattato segreto d'alleanza, che decide la guerra all'Austria e promette all'Italia, in caso di vittoria, il Veneto. Il primo ministro La Marmora è deciso a combattere in piena indipendenza e perciò non tratta neppure una convenzione militare. L'esercito e la flotta sono scarsamente amalgamati e privi di quadri efficienti. Il piano di guerra è ispirato ad una strategia superata e per di piú le rivalità tra Cialdini e La Marmora sono tali da indurre quest'ultimo a decidere la divisione delle forze. 19 giugno 1866 Dichiarazione di guerra all'Austria. 24 giugno 1866 Sconfitta italiana a Custoza, in una battaglia in cui l'entità dello scacco subito è largamente sopravvalutata dal comando supremo, che decide una pronta ritirata. Mentre si riorganizza l'esercito, i perduranti contrasti tra i capi militari impediscono la ripresa delle operazioni. 20 luglio 1866 Grave disfatta navale italiana a Lissa, dovuta all'incredibile incapacità del comandante della flotta, ammiraglio Persano, oltre che all'impreparazione della marina, all'incertezza di direttive ed ai contrasti fra i capi. La disfatta di Lissa, il timore di dover fronteggiare il ritorno offensivo dell'intero esercito austriaco, ormai libero da impegni sul fronte tedesco, costringono 12 agosto 1866 il governo italiano, benché l'esercito sia avanzato profondamente nel Veneto, all'armistizio di Cormons. Anche Garibaldi ed i suoi volontari, tenuti di proposito per tanto tempo lontani dal fronte, e dopo aver vinto a Bezzecca (21 luglio 1866), sono costretti dall'armistizio ad arrestarsi quando già marciano su Trento. 3 ottobre 1866 Pace di Vienna. L'Austria, per tramite della Francia, cede il Veneto all'Italia, ma rimane padrona del Trentíno e della Venezia Giulia. Lo smacco è grave, tanto più che la guerra ha messo brutalmente a nudo le debolezze del nuovo regno.
Settembre 1866 Moto popolare a Palermo, causato dal carovita e dagli endemici mali dell'isola, è soffocato nel sangue. 1866 ed oltre La situazione economica è critica: un terzo delle entrate dello stato è assorbito dal debito pubblico e piú di un quarto dalle spese militari, senza contare che è estremamente ingente la quantità delle spese statali. Per superare questa situazione, la destra al governo decide nel gennaio 1869 il ripristino dell‘imposta sul macinato. Ne conseguono violenti disordini e proteste delle classi popolari, le piú colpite da quest‘imposta progressiva alla rovescia. 1867 Agitata dal Partito d'azione, la questione romana torna in primo piano. Rattazzi, ritornato al governo, ancora una volta blandisce Garibaldi: cominciano i preparativi per una spedizione di volontari su Roma, con il tacito assenso del governo. Sconfinando nel Lazio, i garibaldini occupano Monterotondo e si spingono fino alle porte di Roma (24 -26 ottobre 1867). La reazione francese è immediata: truppe sbarcano nel Lazio e sconfiggono i garibaldini a Mentana (3 novembre 1867). Agosto 1870 Le truppe francesi lasciano nuovamente Roma perché c'è bisogno di loro alla frontiera con la Prussia. Fallito un ultimo tentativo del re presso il pontefice, s'iniziano le operazioni militari e, dopo breve e facile campagna, 20 settembre 1870 l'esercito italiano entra in Roma. 13 maggio 1871 Legge delle Guarentigie, che conferisce al papa prerogative sovrane e gli garantisce l'extraterritorialità dei palazzi apostolici ed un assegno annuo. La posizione dello stato italiano nei confronti della chiesa resta però alquanto debole in quanto esso, governato dai moderati, continua ad essere in piena ostilità con la maggiore forza conservatrice esistente nel paese. 1869 -1873 Governo Lanza, che ha come principale obiettivo la ripresa economica, cui si dedica particolarmente il ministro Sella.
1873 -1876 Governo Minghetti. Gli ultimi anni di governo della destra sono caratterizzati dalla prosecuzione della sua tradizionale linea politica: unificazione interna, riordinamento amministrativo, rafforzamento delle forze armate, costruzione di nuove ferrovie. La destra vince anche la dura lotta contro l'incubo del fallimento finanziario. Economie fino all'osso ed una severa politica di tassazioni portano il governo Minghetti al conseguimento del pareggio del bilancio. Ma la composizione elitaria della destra le impedisce di crearsi una base di potere stabile, capace cioè d'assorbire le opposizioni mano che si formano. Perciò essa, indebolita da contrasti interni ed assai impopolare per la sua severità amministrativa e fiscale, è costretta (18 marzo 1876) a lasciare il potere alla sinistra, guidata da Depretis. La sinistra giunge al potere col favore di quegli industriali che hanno come principale cliente lo stato e che da tempo guardano con preoccupazione alla severa politica economica della destra. La sinistra è perciò come cooptata al potere dai gruppi dominanti, ai cui interessi si era di recente avvicinata. Il passaggio dai governi di destra a quelli di sinistra costituisce un progresso fondamentale e, insieme, un'involuzione. Un progresso perché si passa da governi di ristretta élite a governi che esprimono larghe frazioni della classe dirigente, ma è anche un'involuzione poiché la sinistra è lungi dal raggiungere i livelli civili, morali e culturali propri dell'élite moderata. Dopo poco tempo, con Depretis, si accentua un sistema di governo fondato sul trasformismo, in cui si convogliano uomini di partiti e di idee ben diverse, quando non opposte, uniti solo da un certo programma d'azione, che può cambiare assai facilmente a seconda delle circostanze. La maggioranza è assicurata di volta in volta mediante concessioni a gruppi ed individui. La vita politica ne esce alquanto svilita. Non mancano tuttavia alcune riforme, ma le spese militari connesse alla stipulazione della Triplice Alleanza e quelle per le opere pubbliche riconducono al disavanzo.
Storia d'Italia in 150 date - 11 maggio 1883 Il primo inciucio In uno dei dibattiti più singolari che la Camera abbia mai ospitato, la politica processa la sua parola-chiave: «trasformismo» . A coniarla è stato Agostino Depretis, capo della Sinistra vittoriosa, nel 1876: «Spero di poter facilitare quella feconda trasformazione dei partiti…» . Si è ripetuto durante la campagna elettorale del 1882, con spudoratezza anche maggiore: «Noi siamo progressisti e se qualcuno vuol trasformarsi e diventar progressista, posso io respingerlo? » . Così ha «trasformato» la Destra di Minghetti in un’alleata. L’idea di assorbire i moderati dello schieramento avverso e costruire un grande centro governativo che isoli le estreme non è nuova. L’aveva già avuta il «destro» Cavour, alleandosi col «sinistro» Rattazzi per dar vita al connubio, che altro non era che trasformismo sostenuto da un ideale: unire le forze per unire l’Italia. Depretis ha ambizioni più modeste: tirare a campare. Ma in quest’arte esercita un talento straordinario, da democristiano ante litteram. Ecco come lo descrive il cronista parlamentare Petruccelli della Gattina: «Affabile, piaggiatore, familiare con tutti, promette sempre, promette tutto. La sua vocazione è crear dissensi, scompigliare partiti, gualcire caratteri. Egli è nato malfattore politico come si nasce poeta o ladro» . E Silvio Spaventa, nel tesserne l'elogio, non trova di meglio che paragonarlo a «un cesso che resta pulito, sebbene ogni immondezza vi passi» . Gran corruttore d'uomini, personalmente Depretis è integerrimo: vive in una soffitta e morirà senza lasciare debiti, ma neanche soldi. Autentico professionista del rinvio, sulla sua scrivania si affastellano cumuli di pratiche inevase. «Ognuna di esse avrei dovuto deciderla entro le 24 ore, se non volevo mandare in rovina l'Italia» , racconta nelle interviste. «Le ventiquattro ore sono passate, la pratica è sempre lì e l’Italia va avanti lo stesso» . Il dibattito sul trasformismo è un’iniziativa del ministro Zanardelli (il padre del codice penale), divorato da un dubbio amletico: «Ma è la destra che diventa progressista o la sinistra conservatrice? » . Una domanda mai passata di moda. Lo tranquillizza il «destro trasformato» Minghetti: «Dov’è oggi il principio che ci separa? » . Dall’Estrema esplode l’indignazione del tribuno Cavallotti: «Ben vengano le trasformazioni, ma le grandi, ma le vere! Non quella che avviene in questo momento e che sa di putredine» . Al banco del governo Depretis si limita a ondeggiare la barba bianca, che tiene lunga come i maghi delle favole. Si procede al voto e il trasformismo passa 348 a 29. L’Italia ha scelto da che parte stare: in mezzo. Il puro Zanardelli si dimette da ministro e si trasforma anche lui, ma in un disoccupato. Copyright © 2010 La Stampa (19/4/2010)
La Sinistra storica al potere … 1876 Programma ü estensione del suffragio ü decentramento ü istruzione obbligatoria ü giustizia fiscale 1876: vittoria elettorale 1882: diritto di voto maschile esteso dal 2% al 7% 1877: legge Coppino obbligo istruzione elementare 1884: abolizione tassa sul macinato Indirizzi di governo Trasformismo Protezionismo economico: Ø tariffa doganale 1887 Ø sviluppo siderurgia e meccanica
9 gennaio 1878 Muore Vittorio Emanuele II. Gli succede il figlio Umberto I. Dopo la presa di Roma, l'Italia è una nazione isolata nel contesto europeo. Questo isolamento italiano è sancito Giugno-luglio 1878 al congresso di Berlino, quando l'unica politica che il governo riesce ad avere è quella delle "mani nette“, ma vuote. In realtà, la politica estera della sinistra brancola nel buio e non fa che accumulare sconfitte: dopo quella di Berlino, l'occupazione francese di Tunisi. 1882 Viene allora stipulato il trattato della Triplice Alleanza con Germania ed Austria. Con questo l'Italia spera di garantirsi le spalle, mentre cerca di procurarsi possedimenti coloniali e di migliorare la sua posizione internazionale. Ma la Triplice va piú a vantaggio delle potenze di lingua tedesca che non dell'Italia, poiché essa contrae solo obblighi e non riceve in cambio alcuna contropartita concreta. Tuttavia la stipulazione trova la sua ragion d'essere in motivi d'ordine interno, in quanto il governo mira a garantire l'ordine di fronte alle spinte che vede nascere alla sua sinistra. L'Italia acquista la base marittima di Assab, in Africa. Il massacro della spedizione Bianchi offre 5 febbraio 1885 all'Italia il pretesto per occupare Massaua. 26 gennaio 1887 Distruzione di una colonna di soldati italiani a Dogali, ad opera degli abissini. 1887 Rinnovo della Triplice Alleanza da parte del ministro degli esteri Di Robilant, il quale ottiene l'accettazione di due clausole fondamentali: 1) reciproci compensi per eventuali ingrandimenti di una delle parti contraenti nella zona balcanica ed adriatica; 2) la Germania estende il 'casus foederis" dell'alleanza ad un'eventuale guerra dell'Italia a difesa dello status quo nell'Africa settentrionale. Luglio 1887 Morte di Depretis. Gli succede Crispi. Anche la maggioranza che sostiene Crispi è, come già per il suo predecessore, l'espressione di un coacervo d'interessi. Crispi si fa subito notare per il suo attivismo: da fervente triplicista qual è, propone e firma una convenzione militare con la Germania, che porta come conseguenza, nel 1888 -89, un enorme carico di spese militari.
Possedimenti italiani nel Corno d’Africa
Il governo di Crispi Depretis 1887 Politica riformista Ø estensione suffragio elezioni locali Ø eleggibilità dei sindaci nei comuni con 10. 000 abitanti Ø codice Zanardelli: abolizione della pena di morte Ø riforma sanitaria e assistenziale Crispi Rafforzamento esecutivo 1896 Politica estera Ampliamento dei poteri dei prefetti e della pubblica sicurezza • Triplice alleanza 1882 • politica filotedesca di Crispi Autoritarismo, repressione tensioni sociali: Ø stato d’assedio Ø leggi eccezionali Impresa coloniale Eritrea 1885 Ø massacro di Dogali 1887 Ø sconfitta di Adua 1896
La diffusione di voci su questa convenzione provoca la rottura commerciale con la Francia, che ha gravi ripercussioni sull'agricoltura del Meridione, già provata dalla crisi economica internazionale, e di conseguenza sull'intero sistema economico italiano. Crispi si trova di fronte al problema di ristabilire l'autorità delle classi dirigenti, strette tra il nascente socialismo e l’intransigentismo cattolico, e la sua risposta è l'adozione di metodi dittatoriali, anche se temperati in parte da riforme, come 1888 -1889 la legge sulla sanità pubblica e la riforma giudiziaria Zanardelli, che istituisce tra l'altro speciali tribunali amministrativi e la riparazione dei torti subiti dai privati ad opera della pubblica amministrazione, riconosce finalmente un limitato diritto di sciopero ed introduce un nuovo codice penale, destinato a rimanere in vigore fino agli anni Trenta del secolo successivo. Crispi riprende anche la politica coloniale: viene istituito un protettorato di Obbia e Migiurtinia in Somalia e dopo aver ristabilito la situazione in Abissinia grazie Dicembre 1887 -marzo 1888 alla spedizione Di San Marzano, favorisce la candidatura a negus di ras Menelik, con il quale successivamente conclude 2 maggio 1889 il trattato di Uccialli: il nuovo negus riconosce i possedimenti italiani di Cheren ed Asmara, la linea di confine del Mareb e sembra riconoscere il protettorato italiano sull'Abissinia. consolidata la situazione, viene fondata 1890 la colonia eritrea. 31 gennaio 1891 Cade il ministero Crispi. Gli succede il Di Rudini. 15 maggio 1892 Ministero Giolitti. È un timido tentativo di distensione della situazione interna, ormai contraddistinta da forti antagonismi sociali. Ma tale tentativo, di schietta natura democraticoliberale, ben lontana dal reazionarismo di Crispi, è presto interrotto dallo scoppio dello scandalo della Banca Romana che, unito alla crisi economica ed a quella sociale, provoca, il 28 novembre 1893, le dimissioni di Giolitti.
Gli succede nuovamente Crispi, il cui ritorno al governo è chiara espressione della volontà delle classi dirigenti di ritornare alla politica repressiva ed antipopolare. Non sorprende perciò che l'azione del nuovo ministero sia caratterizzata da due elementi intimamente connessi: in politica interna, dura repressione delle agitazioni popolari e pressione fiscale; in politica estera, rpresa dell'espansionismo coloniale in Africa. 1894 -1895 In campo coloniale, il governatore dell'Eritrea Baratieri, con tutta una serie di azioni ispirate dal governo centrale, provoca i ras abissini entro le loro stesse frontiere e li induce a superare i contrasti interni e ad avvicinarsi a Menelik. Viene perciò cementata l'unità abissina e per di piú in funzione anti-italiana. A questo punto la guerra è inevitabile e la sproporzione delle forze lascia pochi dubbi sul suo esito. 7 dicembre 1895 Annientamento di una colonna italiana all'Amba Alagi. È il primo atto della campagna d'Africa. La guerra trova le classi dirigenti politiche e militari italiane del tutto impreparate: Crispi pretende di dirigere la campagna da Roma, mentre i capi militari devono affrontare, con scarse forze, un tipo di guerra del tutto nuovo per loro. Mentre in colonia affluiscono disordinatamente rinforzi, in Italia si manifestano forti opposizioni alla guerra, soprattutto da parte dell'estrema sinistra e degli ambienti moderati del Settentrione. Gennaio 1896 Capitolazione del forte di Makallé, ove delle truppe italiane erano rimaste isolate. Dopo quasi due mesi d'incertezza ed in una situazione sempre piú confusa, il generale Baratieri abbandona ogni tattica temporeggiatrice ed attacca imprudentemente 1 marzo 1896 gli abissini ad Adua, subendo una gravissima disfatta. La notizia di Adua provoca l'immediata caduta del ministero Crispi, mentre l'Italia è scossa da giornate d'estrema tensione, in cui si succedono le proteste ed i disordini popolari contro il colonialismo e la dittatura crispìna. A Críspi succede il Di Rudiní, il quale liquida la questione abissina fírmando il 26 ottobre 1896 la pace di Addis Abeba, con cui entrambi i contraenti riconoscono lo status quo in Erítrea e l'Italia
1882 Elezione al parlamento del primo deputato socialista, Andrea Costa. La penetrazione delle idee marxiste nel nascente movimento operaio italiano porta 1892 alla fondazione del Partito dei lavoratori italiani, che successivamente assume il nome di Partito socialista. In questi anni la questione sociale divampa ormai in tutt'Italia. In Sicilia, ad esempio, si afferma, soprattutto tra i contadini, il movimento dei Fasci dei lavoratori, di ispirazione socialista, il quale provoca nell‘isola alcune agitazioni a sfondo sociale (1893), cui Giolitti non fa fronte con l'energia che le classi dirigenti pretenderebbero. Ciò facilita indubbiamente il ritorno al potere di Crispi, che fa invece ricorso a durissime misure repressive, proclamando nel 1894 lo stato d'assedio in Sicilia ed in Lunigiana, dove c'erano stati altri disordini, lasciando mano libera ai capi militari per il soffocamento dei moti, deferendo i capi dei Fasci ad una corte marziale, dichiarando fuori legge il Partito socialista. La protesta dei Fasci siciliani viene cosi stroncata. Caduto Crispi, le forze reazionarie insistono nella politica repressiva. Esse si trovano ora ad affrontare le conseguenze della crisi economica dovuta alle enormi spese fatte per la campagna africana. I prezzi di tutti i generi di prima necessità salgono, ma è il rincaro del pane a provocare in varie regioni notevoli tumulti, che culminano 6 -7 maggio 1898 nei gravissimi incidenti di Milano, stroncati con inaudita violenza dal generale Bava Beccaris. A ciò fa seguito una dura repressione politica, tendente a colpire i presunti capi del moto. Le classi dirigenti si trovano cioè di fronte all'avanzare del movimento popolare, quel movimento che negli anni Ottanta avevano pensato di fronteggiare con una politica di riforme e che ora, per la paura del suo espandersi, sanno affrontare solo con la reazione. Esse vedono sempre piú restringersi la loro base di potere, minacciate come sono da socialisti e da cattolici, e sono incapaci di allearsi con gli uni o con gli altri.
Giugno 1898 Non stupisce che a questo punto il presidente del consiglio Di Rudinì non esiti a chiedere al re lo scioglimento del parlamento, per un vero e proprio colpo di stato e di fronte al rifiuto di questi si dimetta. 29 giugno 1898 Gli succede il generale Pelloux, cui sembra affidato il compito di uscire dalla spirale reazionaria e ripristinare la normalità. Di fatto la politica di Pelloux è ben diversa. Pelloux non sa far di meglio che proseguire la politica reazionaria e Febbraio 1899 presenta alla camera una serie di leggi eccezionali limitatrici della libertà di stampa, di riunione e d’organizzazione politica. La reazione dell’estrema sinistra è violentissima: i progetti di legge di Pelloux sono combattuti con l’ostruzionismo parlamentare. Giugno 1899 I progetti di legge sono tramutati in decreti legge d’immediata attuazione. La situazione è gravissima, ma ecco che Febbraio 1900 la Corte di Cassazione dichiara illegittimi i decreti di Pelloux e decide di considerarli come semplici proposte in attesa d’approvazione in parlamento. A questo punto Pelloux non ha né la volontà né probabilmente sufficienti appoggi per un vero e proprio colpo di stato e preferisce ricorrere alle elezioni. Giugno 1900 Ma le urne decretano la sua sconfitta ed il successo delle forze di sinistra. Pelloux è costretto a dimettersi. Gli succede Saracco che si sforza di fare opera di conciliazione. Ma la situazione di tensione culmina 29 luglio 1900 nel riuscito attentato di Monza al re, per mano dell’anarchico Gaetano Bresci. Ad Umberto I succede Vittorio Emanuele III.
Conflitti e tensioni sociali Questione sociale: Ø arretratezza delle campagne Ø sviluppo del proletariato agricolo Ø crescita delle città industriali e del proletariato industriale Ø rivendicazioni sindacali Anarchismo Crisi di fine secolo 1898 Socialismo Autoritarismo repressivo di Crispi e dei governi successivi Sconfitta di Adua Rincaro del pane
Epilogo della crisi di fine secolo 29 luglio 1900: l’anarchico Gaetano Bresci uccide Umberto I, “per vendicare i morti del 1898” • secondo Bresci, il re era responsabile della repressione della manifestazione operaia di Milano del 5 maggio 1898, durante la quale l’esercito aveva sparato sulla folla e aveva ucciso 114 manifestanti.
L’età di Giolitti 1901 – Zanardelli – 1903 – Giolitti Liberalismo progressista: Ø neutralità dello Stato di fronte ai conflitti sociali Ø tentativo di integrare le opposizioni moderate nella gestione dello Stato Ø combinazione tra sviluppo economico e libertà politiche e sindacali Riforme sociali Ø tutela del lavoro e assistenza sociale Ø istruzione elementare di Stato Ø nazionalizzazione delle assicurazioni sociali Bilancio: § § § rafforzamento del sindacato mancata riforma fiscale accentuazione del divario nord-sud
La politica di Giolitti --------------------------------1914 Sconfitta linea riformista nel partito socialista Tattica trasformista anticipa la proposta socialista opposizione Guerra di Libia 1911 -12 ricerca del consenso del movimento nazionalista ingresso nella vita politica dei cattolici in funzione antisocialista 1912: suffragio universale maschile 1913: elezioni politiche a suffragio universale Patto Gentiloni
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