LA PRESA DI DECISIONE NEI GRUPPI LA PRESA

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LA PRESA DI DECISIONE NEI GRUPPI

LA PRESA DI DECISIONE NEI GRUPPI

LA PRESA DI DECISIONE NEI GRUPPI • Spesso si prendono decisioni di gruppo nell’assunzione

LA PRESA DI DECISIONE NEI GRUPPI • Spesso si prendono decisioni di gruppo nell’assunzione implicita che le decisioni di gruppo siano più affidabili di quelle individuali • Qual è il processo decisionale? • E le decisioni di gruppo sono davvero, sempre, più affidabili?

PROCESSO DELLA DECISIONE DI GRUPPO • Si possono individuare 4 fasi (Forsyth, 1990): •

PROCESSO DELLA DECISIONE DI GRUPPO • Si possono individuare 4 fasi (Forsyth, 1990): • Fase di orientamento il gruppo – identifica il tipo di compito da svolgere (definizione del problema) • Fase di discussione il gruppo – raccoglie le informazioni necessarie – indentifica e valuta le diverse soluzioni possibili • Fase di presa della decisione il gruppo sceglie una delle soluzioni alternative considerate • Fase di implementazione il gruppo mette in atto la decisione presa e la valuta in base alle conseguenze che ne derivano

POLARIZZAZIONE NELLE DECISIONI DI GRUPPO • C’è l’assunzione di senso comune secondo la quale

POLARIZZAZIONE NELLE DECISIONI DI GRUPPO • C’è l’assunzione di senso comune secondo la quale le decisioni prese in gruppo siano più prudenti rispetto alle decisioni individuali Ma è vera? • Alcune ricerche sul tema hanno dimostrato, contrariamente a quanto si crede, che le decisioni di gruppo sono più orientate al rischio (fenomeno denominato orientamento al rischio) • Altre ricerche confermarono la direzione più prudente delle decisioni di gruppo

POLARIZZAZIONE NELLE DECISIONI DI GRUPPO • Ci si rese conto che la discussione di

POLARIZZAZIONE NELLE DECISIONI DI GRUPPO • Ci si rese conto che la discussione di gruppo produceva uno spostamento delle opinioni nella direzione già inizialmente prevalente nei giudizi individuali • Se nei giudizi individuali prevaleva un orientamento al rischio, le decisioni di gruppo erano ancora più orientate in tale direzione (e viceversa) • Fenomeno denominato polarizzazione

POLARIZZAZIONE NELLE DECISIONI DI GRUPPO 2 spiegazioni: Spiegazione attraverso processi di tipo informativo •

POLARIZZAZIONE NELLE DECISIONI DI GRUPPO 2 spiegazioni: Spiegazione attraverso processi di tipo informativo • Si sostiene che nelle discussioni di gruppo vengono più spesso ripetute argomentazioni a favore dell’opinione iniziale favorita dalla maggioranza dei membri. • L’esposizione a tali argomenti non farà che rafforzare ed estremizzare l’originale posizione dei membri

POLARIZZAZIONE NELLE DECISIONI DI GRUPPO Spiegazione attraverso processi di tipo normativo Applicazione della teoria

POLARIZZAZIONE NELLE DECISIONI DI GRUPPO Spiegazione attraverso processi di tipo normativo Applicazione della teoria del confronto sociale di Festinger (1954) Le persone sentono il bisogno di confrontarsi con gli altri per acquisire e difendere una immagine positiva di Sé (presentarsi in modo positivo) • Dopo aver individuato l’orientamento maggioritario, l’individuo cerca di adottare una posizione che gli consenta di migliorare la propria autopresentazione • Così facendo, i membri cercano di conformarsi alla norma di gruppo e di valorizzare la propria immagine assumendo una posizione più estrema nella direzione della maggioranza

IL PENSIERO DI GRUPPO (GROUPTHINK, Janis, 1972) Si concentrò sulle decisioni politiche, che si

IL PENSIERO DI GRUPPO (GROUPTHINK, Janis, 1972) Si concentrò sulle decisioni politiche, che si erano rivelate un clamoroso errore (danneggiando l’interesse degli americani), prese dai presidenti USA nel periodo tra il 1940 e il 1970. • Es: decisione presa da John Kennedy nella primavera del 1961: la decisione di far sbarcare un contingente di esuli cubani, armati e addestrati dagli americani, sulle spiagge della baia dei porci a Cuba per cercare di far cadere Fidel Castro, contando sulle forze controrivoluzionarie cubane. • Si pensava che la popolazione cubana avrebbe accolto favorevolmente tale azione, collaborando alla liberazione del paese. • In realtà, subito dopo lo sbarco gli invasori furono catturati e la popolazione sostenne il governo di Fidel Castro e gli USA subirono una grande umiliazione internazionale Secondo Janis, in questa situazione si era verificata una distorsione estrema del processo decisionale del gruppi che definì “pensiero di gruppo”

CARATTERISTICHE SINTOMATICHE DEL PENSIERO DI GRUPPO 1. La tendenza dei membri ad esercitare forti

CARATTERISTICHE SINTOMATICHE DEL PENSIERO DI GRUPPO 1. La tendenza dei membri ad esercitare forti pressioni nei confronti dei membri devianti per indurli al conformismo (es: il ministro della Giustizia di Kennedy, Schlesinger jr, era stato invitato a non continuare a sollevare dubbi e critiche) 2. La tendenza dei membri ad esercitare un’autocensura che li trattiene dall’esprimere dubbi e critiche 3. L’assunzione, da parte di alcuni membri, del ruolo di “guardiani” della mente, che si impegnano a: – Distogliere l’attenzione da informazioni contrastanti alla decisione prevalente – Evitare che i membri del gruppo si rendano conto che esiste una divergenza di opinioni

IL PENSIERO DI GRUPPO (GROUPTHINK, Janis, 1972) 4. Atmosfera di apparente unanimità basata su

IL PENSIERO DI GRUPPO (GROUPTHINK, Janis, 1972) 4. Atmosfera di apparente unanimità basata su un meccanismo di falso consenso (ciascuno ha dei dubbi ma pensa di essere l’unico ad averne) 5. La presenza nei membri di una forte sopravvalutazione del proprio gruppo di appartenenza (es: non si misero mai in dubbio le informazioni provenienti dalla CIA) 6. Una percezione distorta del gruppo esterno (es: Castro era ritenuto una persona debole e incapace)

Fattori scatenanti la “sindrome” del pensiero di gruppo: 1. Elevata coesione di gruppo (che

Fattori scatenanti la “sindrome” del pensiero di gruppo: 1. Elevata coesione di gruppo (che favorisce il conformismo: quanto più siamo attratti dal gruppo tanto più ci lasciamo influenzare da esso nel pensiero e nell’azione) 2. Isolamento del gruppo dall’ambiente esterno (riduce la possibilità di confrontarsi con persone esterne e dunque la possibilità di avere pensieri critici) 3. Stile del leader (leader che esercita un controllo totale sulla discussione, che limita le interazioni tra i membri e il leader stesso; gli altri membri non hanno il coraggio di contrastare apertamente l’opinione del leader)

Fattori scatenanti la “sindrome” del pensiero di gruppo: 4. Stress creato dalla necessità di

Fattori scatenanti la “sindrome” del pensiero di gruppo: 4. Stress creato dalla necessità di prendere la decisione giusta (i membri non sanno quale sia la decisione giusta da prendere; scegliere velocemente una linea di azione ha l’effetto di ridurre tale incertezza e stress) 5. Insufficienza delle procedure decisionali (procedure che consentano un adeguato esame delle soluzioni alternative sulla base della considerazione dei vantaggi e dei svantaggi di ognuna di esse)

Strategie per contrastare il pensiero di gruppo: • Limitare la ricerca prematura di consenso

Strategie per contrastare il pensiero di gruppo: • Limitare la ricerca prematura di consenso facendo in modo che i membri del gruppo possano esprimere tutti i loro dubbi e contrastando la pressione alla conformità (es: il leader non esprime la sua opinione all’inizio, stimolare una discussione completa dei pro e dei contro di tutte le posizioni, accettazione delle critiche, favorire occasioni di incontro anche in assenza del leader) • Correggere le percezioni errate del proprio gruppo e del gruppo esterno, riconoscendo i propri limiti e gli elementi di forza dell’avversario • Utilizzare tecniche di decisione efficaci (ricerca di tutte le possibili posizioni, valutazione accurata dei pro e dei contro di tutte le posizioni, prima di prendere una decisione)

INTERAZIONE FRA GRUPPI • comportamento intergruppi (Sherif, 1966) • Ogni volta che uno o

INTERAZIONE FRA GRUPPI • comportamento intergruppi (Sherif, 1966) • Ogni volta che uno o più individui appartenenti ad un gruppo interagiscono, collettivamente o individualmente, con un altro gruppo o con i suoi membri nei termini della loro identificazione col gruppo

INTERAZIONE FRA GRUPPI Tajfel sostiene che i diversi casi di interazione umana possono essere

INTERAZIONE FRA GRUPPI Tajfel sostiene che i diversi casi di interazione umana possono essere collocati su un continuum che vede: • ad un estremo il comportamento interpersonale quando 2 o più persone interagiscono esclusivamente sulla base delle loro caratteristiche personali (es: Biondo, allegro, pigro ecc. . ) • all’altro estremo il comportamento intergruppi quando 2 o più persone interagiscono esclusivamente sulla base delle loro appartenenze di gruppo (es: Italiano, Lucano, di Potenza); in base alla propria identità sociale piuttosto che alla propria identità personale

caratteristiche distintive delle interazioni intergruppi: • presenza di almeno 2 categorie sociali facilmente distinguibili

caratteristiche distintive delle interazioni intergruppi: • presenza di almeno 2 categorie sociali facilmente distinguibili (es: uomini e donne, romanisti e laziali) • ridotta variabilità degli atteggiamenti e dei comportamenti all’interno dello stesso gruppo (es: similarità di opinioni dei romanisti sui laziali) • ridotta variabilità negli atteggiamenti e nei comportamenti di un individuo nei confronti dei diversi membri dell’altro gruppo (es: un uomo che si comporta allo stesso modo con tutte le donne)

IL CONFLITTO INTERGRUPPI

IL CONFLITTO INTERGRUPPI

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) • Fu realizzato in un campo estivo

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) • Fu realizzato in un campo estivo per ragazzi (11 e 12 anni) i quali non si conoscevano prima (dovevano passare alcune settimane in un campeggio estivo) • Erano stati selezionati in modo da poter escludere la possibile influenza di caratteristiche personali o familiari peculiari.

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Fase di creazione dei gruppi (prima settimana):

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Fase di creazione dei gruppi (prima settimana): • vennero creati 2 gruppi di ragazzi (scelti casualmente) che occuparono 2 aree del campeggio rigorosamente separate e non furono esplicitamente informati dell’esistenza dell’altro gruppo • i ragazzi dei due gruppi, in modo separato, svolsero attività di gioco e sportive (in questa settimana si osservò lo sviluppo della struttura del gruppo) gruppo

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Risultati prima settimana: • emersero differenze di

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Risultati prima settimana: • emersero differenze di status, le norme, si crearono legami affettivi • ciascun gruppo si attribuì un nome (Eagles, Aquile, e Rattlers, serpenti a sonagli) e creò i propri simboli

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Fase di conflitto intergruppi: • quando i

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Fase di conflitto intergruppi: • quando i ragazzi seppero che nel campeggio era presente un altro gruppo, chiesero di gareggiare l’un l’altro (si creò spontaneamente una situazione di conflitto fra gruppi) • furono organizzate delle gare fra i 2 gruppi (es: partita di baseball; caccia al tesoro ecc. . )

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Risultati Conflitto intergruppi: • le relazioni fra

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Risultati Conflitto intergruppi: • le relazioni fra i 2 gruppi si deteriorarono rapidamente passando dalle aggressioni verbali (insulti, sfottò, soprannomi) all’ostilità aperta nei confronti dei simboli dell’altro gruppo (es: furto e distruzione delle bandiere, sottrazioni di capi di vestiario ecc…) • l’ostilità si associava ad uno sviluppo di stereotipi negativi nei confronti dell’altro gruppo • incremento della solidarietà e della collaborazione all’interno di ciascuno dei 2 gruppi

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Fase di risoluzione del conflitto: • si

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Fase di risoluzione del conflitto: • si prevedeva di ridurre il conflitto fra gruppi introducendo degli scopi sovraordinati • i ragazzi dei 2 gruppi vennero posti di fronte a situazioni problematiche richiedevano necessariamente la collaborazione dei 2 gruppi per essere risolte es: in un caso i ragazzi venivano informati che per noleggiare un film che tutti volevano vedere era necessario il contributo di tutti i ragazzi di entrambi i gruppi

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Risultati risoluzione del conflitto: • li ragazzi

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Risultati risoluzione del conflitto: • li ragazzi furono capaci di cooperare per il raggiungimento di scopi comuni (sovraordinati) • la cooperazione si associava ad una riduzione degli stereotipi e dei sentimenti negativi nei confronti dell’altro gruppo

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Discussione dei Risultati • Sherif (1958) sostiene

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Discussione dei Risultati • Sherif (1958) sostiene che l’introduzione di scopi sovraordinati è una condizione necessaria affinché si possa ridurre il conflitto intergruppi Senza l’introduzione di scopi sovraordinati (comuni) altre strategie di riduzione del conflitto non funzionano: – facilitare la comunicazione tra i 2 gruppi produrrebbe un escalation dell’ostilità (es: ricordate il primo incontro tra PD e 5 stelle? Tra Renzi e Grillo? ) – la comunicazione di informazioni favorevoli sui membri dell’altro gruppo verrebbe ignorata, ignorata respinta o re-interpretata in coerenza con lo stereotipo – i tentativi del proprio leader di ridurre il conflitto verrebbero visti come errori (non funzionali agli obiettivi del gruppo) per i quali il leader verrebbe criticato

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Discussione dei Risultati Nel complesso gli esperimenti

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Discussione dei Risultati Nel complesso gli esperimenti di Sherif dimostrano che: • il conflitto fra gruppi è causato da una situazione di competizione nella quale entrambi i gruppi desiderano una risorsa limitata (la vittoria delle gare e ricevere i premi associati) • il conflitto può essere ridotto attraverso l’introduzione di scopi sovraordinati (comuni ai due gruppi) che i 2 gruppi possono raggiungere solo se collaborano

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Discussione dei Risultati • questi studi confermano

ESPERIMENTO DELLA CAVERNA DEI LADRI (SHERIF, 1958) Discussione dei Risultati • questi studi confermano la teoria del conflitto realistico (Campbell, 1965) • secondo la quale il conflitto fra gruppi è causato da situazioni di competizione per risorse limitate (ci si vuole accaparrare le risorse ed impedire che queste vengano “sottratte” da parte dell’altro gruppo) …Ma è proprio necessario che ci sia una situazione di competizione per il verificarsi di un conflitto intergruppi? . .

DIFFERENZIAZIONE CATEGORIALE E FAVORITISMO INGROUP L’idea era che il conflitto si possa scatenare anche

DIFFERENZIAZIONE CATEGORIALE E FAVORITISMO INGROUP L’idea era che il conflitto si possa scatenare anche in assenza di competizione

TAJFEL verso la Teoria dell’Identità Sociale • La semplice assegnazione degli individui in categorie

TAJFEL verso la Teoria dell’Identità Sociale • La semplice assegnazione degli individui in categorie diverse può di per sé dare origine al conflitto fra gruppi, anche in assenza di qualsiasi competizione oggettiva • La differenziazione categoriale (categorizzazione) è il processo responsabile del conflitto e degli effetti associati. la categorizzazione (come processo cognitivo generale) produce a livello percettivo una: • incremento di similarità percepita tra gli elementi della stessa categoria • incremento della differenza percepita tra gli elementi di categorie diverse

TAJFEL verso la Teoria dell’Identità Sociale • secondo Tajfel, le persone tendono ad utilizzare

TAJFEL verso la Teoria dell’Identità Sociale • secondo Tajfel, le persone tendono ad utilizzare una distinzione sommaria tra i “membri del nostro gruppo” (noi) e “membri di un altro gruppo” (loro). Tale distinzione (categorizzazione) sarebbe da sola in grado di produrre 2 effetti: • favoritismo ingroup (maggiore solidarietà e cooperazione all’interno del proprio gruppo) • svalutazione outgroup (ostilità, stereotipi e sentimenti negativi nei confronti dell’altro gruppo)

PARADIGMA DEI GRUPPI MINIMI (Tajfel et al. , 1971) • I partecipanti (appartenenti alle

PARADIGMA DEI GRUPPI MINIMI (Tajfel et al. , 1971) • I partecipanti (appartenenti alle stesse classi scolastiche) venivano divisi (arbitrariamente) in 2 gruppi, ma si faceva credere che l’assegnazione dipendesse dalla preferenza che davano a 2 pittori: gruppo Klee e gruppo Kandisnky • I partecipanti assegnati ai 2 gruppi non interagivano mai faccia-afaccia e non sapevano chi fossero i membri appartenenti al proprio o appartenenti all’altro gruppo • Dovevano svolgere un compito di assegnazione di ricompense monetarie utilizzando una matrice nella quale erano associate diverse combinazioni di denaro attribuibili ad un membro dell’ingroup e dell’outgroup

PARADIGMA DEI GRUPPI MINIMI (Tajfel et al. , 1971) TU sei il n. 13

PARADIGMA DEI GRUPPI MINIMI (Tajfel et al. , 1971) TU sei il n. 13 del gruppo KLEE hai la possibilità di stabilire la retribuzione che daremo alle seguenti persone: n. 16 del gruppo KLEE e n. 5 del gruppo KANDINSKY Fai un cerchio sulla coppia di retribuzioni che esprime la tua scelta n. 16 KLEE n. 5 KANDINSKY 19 --1 18 --3 17 --5 16 --7 --- 10 --19 9 --21 8 --23 7 --25 Diverse possibili strategie e risultati: • Massimo profitto comune: gli studenti potevano scegliere la coppia di retribuzioni che garantiva il massimo guadagno per la classe (scelta 7+25=32) a prescindere dalle appartenenze ai 2 gruppi KLEE e KANDINSKY (strategia meno utilizzata) • Massimo profitto per il gruppo di appartenenza: gli studenti potevano scegliere la coppia di retribuzioni che garantiva il massimo guadagno per il proprio gruppo KLEE (scelta 19/1) (strategia più utilizzata: favoritismo ingroup a discapito del profitto comune)

PARADIGMA DEI GRUPPI MINIMI (Tajfel et al. , 1971) TU sei il n. 13

PARADIGMA DEI GRUPPI MINIMI (Tajfel et al. , 1971) TU sei il n. 13 del gruppo KLEE hai la possibilità di stabilire la retribuzione che daremo alle seguenti persone: n. 16 del gruppo KLEE e n. 5 del gruppo KANDINSKY Fai un cerchio sulla coppia di retribuzioni che esprime la tua scelta n. 16 KLEE n. 5 KANDINSKY 7 --1 8 --3 9 --5 10 --7 --- 16 --19 17 --21 18 --23 19 --25 • Massima differenziazione strategia che consente un vantaggio per il membro dell’ingroup (in termini di differenza con il membro dell’outgroup) anche a scapito di un guadagno netto minore in termini assoluti per l’ingroup (strategia più utilizzata: sfavoritismo outgroup)

PARADIGMA DEI GRUPPI MINIMI (Tajfel et al. , 1971) CONCLUSIONE GENERALE • Questi risultati

PARADIGMA DEI GRUPPI MINIMI (Tajfel et al. , 1971) CONCLUSIONE GENERALE • Questi risultati dimostrano che la sola categorizzazione è responsabile dei fenomeni di – favoritismo ingroup – sfavoritismo outgroup • Ma quali processi psicologici sono responsabili di tali effetti? Perché la categorizzazione porta a questi effetti?

TEORIA DELL’IDENTITA’ SOCIALE (TAJFEL e TURNER, 1981) • Il favoritismo ingroup deriva da un

TEORIA DELL’IDENTITA’ SOCIALE (TAJFEL e TURNER, 1981) • Il favoritismo ingroup deriva da un bisogno di affermare un’identità sociale positiva Tale teoria si basa su 3 assunzioni: • La categorizzazione sociale permette facilmente la distinzione fra i membri dell’ingroup (noi) e i membri dell’outgroup (loro) • Le persone derivano gran parte della loro identità dalle appartenenze a gruppi e categorie sociali (identità sociale) • Le persone sono motivate a mantenere un’identità sociale positiva

TEORIA DELL’IDENTITA’ SOCIALE (TAJFEL e TURNER, 1981) Come si può ottenere una valorizzazione della

TEORIA DELL’IDENTITA’ SOCIALE (TAJFEL e TURNER, 1981) Come si può ottenere una valorizzazione della propria identità sociale? • Favoritismo per l’ingroup: le valutazioni positive nei confronti dei membri del mio gruppo consente di trasferire automaticamente la valutazione positiva sulla mia persona (valutare positivamente il gruppo di cui si fa parte migliora l’autostima) • Svalutazione dell’outgroup: le valutazioni negative nei confronti dei membri dell’outgroup consentono di percepire sé stessi e il proprio gruppo migliori (svalutare gli altri migliora la percezione di Sé, l’autostima)

TEORIA DELL’IDENTITA’ SOCIALE SVILUPPI • In conclusione, i gruppi forniscono alle persone un’identità sociale

TEORIA DELL’IDENTITA’ SOCIALE SVILUPPI • In conclusione, i gruppi forniscono alle persone un’identità sociale e un’opportunità di rafforzare la propria autostima • Tale teoria è stata oggetto di estensioni e revisioni critiche rispetto alle relazioni all’interno del gruppo 2 Sviluppi: 1) TEORIA DELLA CATEGORIZZAZIONE DEL SE’ (Turner, 1985) 2) IPOTESI DELLA MOTIVAZIONE A RIDURRE L’INCERTEZZA SOGGETTIVA (Hogg, 2000)

TEORIA DELLA CATEGORIZZAZIONE DEL SE’ (Turner, 1985) • Focalizza l’attenzione sul processo di categorizzazione

TEORIA DELLA CATEGORIZZAZIONE DEL SE’ (Turner, 1985) • Focalizza l’attenzione sul processo di categorizzazione Le persone possono categorizzare sé stesse e gli altri a diversi livelli di astrazione: • Livello di massima astrazione (siamo tutti esseri umani) • Livello intermedio (siamo parte di un gruppo distinto dagli altri: uomini/donne) • Livello di minima astrazione (siamo unici rispetto ai membri del nostro gruppo)

TEORIA DELLA CATEGORIZZAZIONE DEL SE’ (Turner, 1985) La categorizzazione a livello intermedio corrisponde all’identità

TEORIA DELLA CATEGORIZZAZIONE DEL SE’ (Turner, 1985) La categorizzazione a livello intermedio corrisponde all’identità sociale e produce: • Depersonalizzazione percepire i propri pensieri, sentimenti e valori sempre più simili a quelli diffusi nel proprio gruppo di appartenenza -> assimilazione del Sé al prototipo del gruppo Ci si percepisce come un elemento intercambiabile della propria categoria sociale, la quale è percepita come più omogenea e simile, nei suoi elementi, di quanto non sia in realtà

TEORIA DELLA CATEGORIZZAZIONE DEL SE’ (Turner, 1985) Rispetto alla teoria dell’identità sociale, la teoria

TEORIA DELLA CATEGORIZZAZIONE DEL SE’ (Turner, 1985) Rispetto alla teoria dell’identità sociale, la teoria della categorizzazione del Sé: • riduce il peso della motivazione alla difesa dell’autostima • attribuisce maggiore importanza al processo puramente cognitivo della categorizzazione del Sé

IPOTESI DELLA MOTIVAZIONE A RIDURRE L’INCERTEZZA SOGGETTIVA (Hogg, 2000) • Secondo tale prospettiva, la

IPOTESI DELLA MOTIVAZIONE A RIDURRE L’INCERTEZZA SOGGETTIVA (Hogg, 2000) • Secondo tale prospettiva, la situazione creata nel gruppo minimale attiva il bisogno di ridurre l’incertezza • Secondo Hogg, il tipo d’incertezza che le persone cercano di evitare, e di ridurre, è quella che riguarda la conoscenza di Sé • La categorizzazione di Sé come membro di un gruppo o categoria distinta dalle altre è un mezzo molto efficace per ridurre l’incertezza: – il prototipo del gruppo funge da punto di riferimento sia descrittivo (chi sono) che prescrittivo (come mi devo comportare)

IPOTESI DELLA MOTIVAZIONE A RIDURRE L’INCERTEZZA SOGGETTIVA (Hogg, 2000) Secondo Hogg, • le persone

IPOTESI DELLA MOTIVAZIONE A RIDURRE L’INCERTEZZA SOGGETTIVA (Hogg, 2000) Secondo Hogg, • le persone entrano a far parte dei gruppi (e si identificano con essi) perché in tal modo possono ridurre l’incertezza • le persone si identificano con una categoria sociale della quale possono far parte quando sono soggettivamente incerte • se l’identificazione con il gruppo è motivata dal bisogno di ridurre l’incertezza, allora in condizioni di elevata incertezza le persone si identificano preferibilmente con gruppi che hanno maggiore capacità di ridurre l’incertezza stessa (gruppi che dispongono di un prototipo del gruppo più chiaro e condiviso)

RIDUZIONE DEL PREGIUDIZIO

RIDUZIONE DEL PREGIUDIZIO

Ipotesi del contatto (Allport, 1954) • facilitare il contatto fra membri di gruppi diversi

Ipotesi del contatto (Allport, 1954) • facilitare il contatto fra membri di gruppi diversi fra i quali esiste un reciproco atteggiamento negativo Allport (1954) aveva già fatto notare che il semplice contatto: • può non bastare a ridurre stereotipi, pregiudizi e conflitti • può rendere più saliente la minaccia rappresentata dall’altro gruppo

Ipotesi del contatto (Allport, 1954) condizioni di efficacia del contatto • • esplicito sostegno

Ipotesi del contatto (Allport, 1954) condizioni di efficacia del contatto • • esplicito sostegno sociale e istituzionale, che contribuisce a creare nuove norme (leggi e sentenze) condizioni che garantiscono l’opportunità per i membri dei due gruppi di sviluppare relazioni interpersonali significative – relazioni interpersonali positive con membri dell’outgroup possono: • suscitare reazioni affettive positive • associare la relazione positiva avuta con un membro dell’outgroup all’intero gruppo di cui egli fa parte • fornire informazioni circa l’affinità (somiglianza) fra i membri dei 2 gruppi • fornire informazioni che contraddicono lo stereotipo uguaglianza di status fra le persone dei 2 gruppi fra le quali viene favorito il contatto presenza di uno scopo sovraordinato e che richiede la cooperazione dei membri dei 2 gruppi (ma la cooperazione ha effetti positivi solo se è seguita da un risultato positivo)

NUOVA INTERPRETAZIONE TEORICA DELL’IPOTESI DEL CONTATTO Tali modelli propongono di modificare il tipo di

NUOVA INTERPRETAZIONE TEORICA DELL’IPOTESI DEL CONTATTO Tali modelli propongono di modificare il tipo di categorizzazione di Sé che è reso saliente • De-categorizzazione riduzione della salienza della differenziazione categoriale finalizzata a favorire le interazioni a livello interpersonale (anche se la positività delle esperienze interpersonali difficilmente viene generalizzata all’intera categoria) • Ricategorizzazione o modello dell’identità dell’ingroup comune spostamento dell’attenzione su una categoria sovraordinata (uno scopo comune o un gruppo che include i due gruppi in contrasto) • Incremento della salienza di dimensioni di categorizzazione incrociate (es: genere e appartenenza etnica): la doppia categorizzazione – riduce la discriminazione tra i membri che hanno almeno un’appartenenza categoriale in comune – aumenta la discriminazione tra i membri che non hanno nessuna appartenenza categoriale in comune