KANT Critica della Ragion Pratica autonomia della morale

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KANT (Critica della Ragion Pratica: autonomia della morale e postulati) Prof. Michele de Pasquale

KANT (Critica della Ragion Pratica: autonomia della morale e postulati) Prof. Michele de Pasquale

nella terza formula dell’imperativo categorico la volontà si rivela autonoma, capace cioè di dettare

nella terza formula dell’imperativo categorico la volontà si rivela autonoma, capace cioè di dettare a se stessa una legislazione, indipendentemente da ogni oggetto esterno e da ogni contenuto empirico si riconferma la natura libera della volontà, e si sconfessano tutte le morali eteronome (nómos = legge éteros = altro), quelle morali il cui movente è fuori dalla ragione del soggetto agente la morale autonoma è di più facile identificazione e i suoi precetti possono essere soddisfatti più facilmente dei precetti delle morali eteronome: “ Ciò che sia da fare secondo il principio dell'autonomia del libero arbitrio, l'intelletto più volgare lo vede facilmente e senza alcun dubbio; ciò che sia da fare con la supposizione dell'eteronomia di esso, è difficile e richiede la cognizione del mondo; cioè che cosa sia dovere si presenta da sé a ciascuno: ma che cosa apporti un vantaggio vero e duraturo è sempre, se questo vantaggio deve essere esteso all'intera esistenza, avvolto in un'oscurità impenetrabile. . . Soddisfare il comando categorico della moralità è sempre in potere di ognuno; soddisfare al precetto empiricamente condizionato della felicità non è possibile neanche rispetto ad un unico scopo. ” (Kant, Critica della ragion pratica)

da dove nasce il senso del "dovere" che ci spinge a realizzare la pura

da dove nasce il senso del "dovere" che ci spinge a realizzare la pura legge formale e a considerare come non morale e non virtuoso qualunque altro comportamento motivato dalle inclinazioni al piacere, alla felicità? qual è l'origine di questo " dovere " che, pur non contenendo niente di piacevole chiede la sottomissione? “Non è altro che la personalità, cioè la libertà e l'indipendenza dal meccanismo di tutta la natura, considerata però nello stesso tempo come facoltà di un essere soggetto a leggi speciali, e cioè a leggi pure pratiche, date dalla sua propria ragione; e, quindi, la persona, come appartenente al mondo sensibile, è soggetta alla sua propria personalità, in quanto appartiene nello stesso tempo al mondo intellegibile. ” (Kant, Critica della ragion pratica)

l'uomo necessitato in quanto soggetto conoscente, è libero in quanto soggetto agente è fenomeno,

l'uomo necessitato in quanto soggetto conoscente, è libero in quanto soggetto agente è fenomeno, e quindi condizionato, nell'uso del suo intelletto; è invece, noumeno, e quindi libera attività, nell'uso della sua volontà la presenza della legge morale nella ragione, indipendentemente da ogni esperienza empirica, permette di riconoscere nell'uomo, la libertà non avrebbe alcun senso il riconoscimento della presenza della legge nella ragione, se poi l'uomo condizionato causalisticamente da motivazioni psicologiche o materiali non potesse ottemperarvi, se cioè non fosse libero di aderire ad essa e realizzarla

l’uomo che agisce moralmente è felice? esiste un rapporto tra virtù e felicità? è

l’uomo che agisce moralmente è felice? esiste un rapporto tra virtù e felicità? è sostenibile l’idea di un sommo bene, come unione di virtù e felicità, a cui aspirare? dall’esperienza non sempre i giusti sono felici: allora l’uomo virtuoso deve rassegnarsi a non poter essere felice in proporzione ai suoi meriti?

la virtù, espressione dell'atteggiamento morale, consiste nell'adesione completa alla pura legge, nell'agire avendo come

la virtù, espressione dell'atteggiamento morale, consiste nell'adesione completa alla pura legge, nell'agire avendo come unico movente l'imperativo categorico ma la virtù per se stessa, pur rappresentando il bene supremo, non realizza affatto il sommo bene che è la somma di virtù e felicità non sarebbe, però, compatibile con la legge di perfezione negare la felicità ad un essere che, per essere virtuoso, se ne sia reso degno “ Ma la conformità completa della volontà con la legge morale è la santità, una perfezione di cui non è capace nessun essere razionale del mondo sensibile, in nessun momento della sua esistenza; . . . essa può essere trovata soltanto in un progresso che va all'infinito verso quella conformità completa, . . . ma questo progresso infinito è possibile solo supponendo una esistenza che continui all'infinito e una personalità dello stesso essere razionale (la quale si chiama l'immortalità dell'anima). Dunque, il sommo bene, praticamente, è possibile soltanto con la supposizione dell'immortalità dell'anima; quindi, questa, come legata inseparabilmente con la legge morale, è un postulato della ragion pura pratica. ” (Kant, Critica della ragion pratica)

il postulato dell'immortalità dell'anima garantisce soltanto la possibilità di realizzare pienamente la moralità, non

il postulato dell'immortalità dell'anima garantisce soltanto la possibilità di realizzare pienamente la moralità, non di raggiungere anche la felicità la possibilità di conseguire il "sommo bene" esige l’esistenza di Dio inteso come “ causa di tutta la natura, differente dalla natura, la quale causa contenga il principio di questa connessione, cioè dell'accordo esatto della felicità con la moralità. ” (Kant, Critica della ragion pratica)

POSTULATI (proposizioni teoretiche non dimostrabili che costituiscono la condizione dell’esistenza e della pensabilità della

POSTULATI (proposizioni teoretiche non dimostrabili che costituiscono la condizione dell’esistenza e della pensabilità della legge morale) anima immortale Dio libertà la conformità completa della volontà alla legge non è mai realizzabile in questo mondo … all’uomo deve essere concessa questa possibilità dopo … se in questo mondo non è stato possibile ottenere una felicità proporzionata alla virtù … deve esserci qualcuno che me la concederà … se c’è il dovere deve esserci per forza la libertà: “se devi, puoi”

la libertà, l'immortalità dell'anima e l'esistenza di Dio sono i tre postulati che fondano

la libertà, l'immortalità dell'anima e l'esistenza di Dio sono i tre postulati che fondano la speranza di raggiungere il "sommo bene" “ Questi postulati non sono dommi teoretici, ma supposizioni da un punto di vista necessariamente pratico, e quindi non estendono la conoscenza speculativa, ma danno alle idee della ragione speculativa in genere (mediante la loro relazione con ciò che è pratico) realtà oggettiva, e le giustificano come concetti, la cui possibilità altrimenti essa non potrebbe neanche presumere di affermare. ” (Kant, Critica della ragion pratica)

i postulati non dimostrano affatto la realtà della libertà, dell'anima immortale e di Dio,

i postulati non dimostrano affatto la realtà della libertà, dell'anima immortale e di Dio, non estendono per niente la conoscenza che su questi problemi la ragione speculativa ha conseguito essi permettono soltanto alla più alta aspirazione umana, consistente nella fiducia di conseguire congiuntamente la virtù e la felicità, cioè il "sommo bene ", di trovare una giustificazione pratica, di credere nella possibilità di una sua completa realizzazione grazie ad essi si verifica quel primato della ragion pratica che giustifica il superamento pratico dei limiti imposti dalla ragione speculativa, la fondazione della moralità ed, in definitiva, la speranza dell'uomo di essere egli stesso libero artefice della propria felicità