ISTITUZIONI DI DIRITTO PUBBLICO Universit degli studi di
ISTITUZIONI DI DIRITTO PUBBLICO Università degli studi di Teramo Prof. ssa Michela Michetti
Forme di Stato
DEFINIZIONE Con l’espressione forma di Stato si indica generalmente l’insieme dei principi e delle regole fondamentali che caratterizzano un ordinamento statale e che disciplinano i rapporti tra lo Stato e la comunità dei cittadini. La forma di Stato, quindi, può anche essere definita in relazione ai rapporti che, in un certo momento storico, corrono tra autorità e libertà, tra chi ha il potere e chi è soggetto a quel potere, tra governanti e governati.
EVOLUZIONE STORICA Prima di esaminare l’evoluzione storica delle forme di Stato, susseguitasi a partire dalla nascita dello Stato moderno - avvenuta tra il XV e il XVII secolo -, è opportuno soffermarsi sulle peculiarità dell’ordinamento giuridico medievale che, pur non assumendo una forma propriamente statuale, ha impresso alcuni importanti segni sulla storia del costituzionalismo moderno. “[…] il costituzionalismo medievale rappresenta, in un certo senso, l’infanzia dell’idea costituzionale: così come nella vita dell’uomo l’infanzia è la stagione della spontaneità creatrice, dell’ingenuo affidamento e dell’assolutezza dei sentimenti, altrettanto emerge nel costituzionalismo medievale” (G. Maglio, L’idea costituzionale nel Medioevo. Dalla tradizione antica al «costituzionalismo cristiano» ).
ORDINAMENTO MEDIEVALE L’ordinamento feudale si è affermato in Europa a partire dal IX secolo con l’Impero carolingio. Esso si fondava su un tessuto sociale costituito da comunità di ridotte dimensioni e isolate le une dalle altre, basate su un’economia agricola autosufficiente. Quello medievale è altresì definito come un ordinamento patrimoniale privatistico, per sottolineare come questo fosse incentrato non già sulla cura di interessi generali ma, piuttosto, sulla salvaguardia e sull’incremento della proprietà terriera del Signore, in virtù dei rapporti di tipo privatistico-contrattuale che intercorrevano tra il re e i feudatari e tra questi e i loro sudditi.
ORDINAMENTO MEDIEVALE L’ordinamento medievale, incentrato sulla struttura particolaristica del feudo, non rivestiva i caratteri propri dell’autorità statale in quanto l’organizzazione feudale del potere, con il suo essere diffusa e parcellizzata tra i signori della terra, aveva ingenerato un progressivo e inarrestabile indebolimento del potere centrale. “Il potere politico si contrassegna per una sua intrinseca incompiutezza, è e resta per tutta la durata del medioevo un potere incompiuto, intendendo con questa qualificazione un potere non totalizzante, non onnicomprensivo. […] La costituzione medievale non è in un arcipelago di sovranità ma in un tessuto di autonomie” (P. Grossi, Un diritto senza Stato).
VERSO LO STATO MODERNO La variabile esplicativa del lungo periodo storico che ha attraversato l’Europa continentale a partire dal XV secolo può essere ravvisata nel graduale superamento del sistema particolaristico feudale in luogo del progressivo affermarsi dello Stato moderno. Alla base di questa evoluzione si collocano senz’altro le grandi trasformazioni economico-sociali che hanno imposto la necessità di riorganizzare i commerci, di professionalizzare l’esercito, di stabilizzare il prelievo fiscale, di superare la frammentazione politica e di centralizzare la titolarità e l’esercizio del potere in capo ad un’autorità sovrana e indipendente, tanto sul versante interno quanto su quello internazionale.
VERSO LO STATO MODERNO Dunque, nel processo di formazione degli Stati moderni, un ruolo determinante è stato ricoperto dalle nuove esigenze diplomatiche, militari, finanziarie e di ordine sociale, affiorate nell’Europa del Cinquecento; esigenze che gli apparati di governo feudale, distinti nel loro particolarismo, risultavano del tutto inadeguati a soddisfare. Al contrario, la necessità di fronteggiare le istanze di pace e di ordine sociale ha imposto una riorganizzazione delle strutture di potere che si è compiuta anzitutto per il tramite di una progressiva burocratizzazione dell’amministrazione, in primis di quella finanziaria, ormai centralizzata nel nuovo sistema di governo.
VERSO LO STATO MODERNO La risposta istituzionale alle trasformazioni di tipo economico-sociale ha quindi significato una concentrazione del potere in apparati che facevano capo al re, così declinandosi in chiave assolutistica la prima versione dello Stato moderno. In effetti, diversamente da quanto riscontrato nelle forme premoderne di organizzazione politica, l’autorità statale monopolizza l’esercizio dei poteri riguardanti la collettività organizzata, servendosi di apparati burocratici appositamente costituiti e operanti sotto il suo controllo.
VERSO LO STATO MODERNO Ø Ø In estrema sintesi: Ordinamento feudale: dispersione e frammentazione del potere; Stato moderno: concentrazione del potere in capo all’autorità politica del sovrano.
LO STATO ASSOLUTO Lo Stato assoluto, che appunto può ritenersi la prima forma moderna di Stato, si affermò intorno al XV secolo e tramontò soltanto alla fine del XVIII secolo, con lo scoppio della Rivoluzione francese. Era una forma di Stato che si caratterizzava per la concentrazione del potere nelle mani del sovrano e dei suoi apparati amministrativi. La legittimazione del potere era di tipo trascendente e dinastico: il sovrano era tale perché figlio del precedente sovrano e, in ultima analisi, per volere divino. Quanto alle finalità, lo Stato assoluto perseguiva essenzialmente quella dell’affermazione della propria potenza, ovvero della propria sovranità, esterna e interna.
LO STATO ASSOLUTO Coessenziale alla formazione dello Stato moderno è dunque la teorizzazione della categoria politico-giuridica della sovranità che, pur nell’ambiguità delle innumerevoli definizioni, conserva immutato il suo legame con il fenomeno statuale e ne ritrae un attributo costitutivo, rappresentando “il modo di essere proprio del potere statale” (C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico). In senso lato, infatti, il concetto di sovranità sta ad indicare in tutta la sua pienezza il potere statuale, per realizzare in una sola istanza, secondo un’esigenza di unificazione e di concentrazione del potere, il monopolio della forza legittima in un determinato territorio e sopra una determinata popolazione.
LO STATO ASSOLUTO Secondo la definizione che ne dà Jean Bodin, uno dei principali teorici dello Stato moderno, la sovranità è «il vero fondamento, il cardine su cui poggia la struttura dello Stato» , là dove «per stato si intende il governo giusto che si esercita con potere sovrano su diverse famiglie e su tutto ciò che esse hanno in comune fra loro» . In “quel potere assoluto e perpetuo ch’è proprio dello Stato”, l’Autore coglie un’essenza prevalentemente legislativa, identificando la sovranità nel potere di fare e abrogare le leggi: la sovranità è, per definizione, “summa legibusque soluta potestas”.
CRISI DELLO STATO ASSOLUTO La crisi dello Stato assoluto è stata indotta da una molteplicità di ragioni: finanziarie, derivanti dal costo crescente dell’apparato burocratico e militare; economico-sociali, conseguenti alla rivoluzione industriale e all’egemonia borghese; politiche, consistenti nella necessità per la borghesia di conquistare il potere politico e volgerlo alla tutela dei propri interessi. Al contempo, il diffondersi di concezioni giusnaturalistiche della libertà e l’emergere delle teorie liberali economiche segnano la crisi definitiva dell’assolutismo statale, travolto da quel processo di costituzionalizzazione degli ordinamenti che verrà consacrato dalla grande stagione rivoluzionaria del XVIII secolo.
LO STATO LIBERALE La forma di Stato che ne scaturì è quella dello Stato liberale che, pur differenziandosi nelle singole esperienze europee, si caratterizzava per la ricorrenza di alcune peculiarità, tanto sul terreno politico-sociale ed economico quanto sul versante giuridico-istituzionale. Con riferimento al primo, quello liberale è uno Stato dominato dall’egemonia della classe borghese e dalla logica individualistica di cui essa si fa portatrice, che mira a circoscrivere l’intervento dello Stato alla sola garanzia delle condizioni necessarie per il libero svolgimento dell’attività economica privata. È qui che si afferma storicamente il concetto di «libertà negativa» .
LIBERTÀ NEGATIVA E POSITIVA Libertà negative: è un’espressione con la quale si intendono i diritti di libertà, ossia i «diritti della prima generazione» , anche qualificati come diritti di difesa o «libertà da» . Si tratta cioè di diritti il cui contenuto consiste in una pretesa soggettiva a che gli altri soggetti dell’ordinamento, e in primo luogo lo Stato, si astengano dall’interferire sul godimento che del diritto compie il suo titolare. Libertà positive: è una formula impiegata per distinguere, rispetto ai diritti di libertà, i diritti sociali che appunto si qualificano non come «libertà da» ma come «diritti a» . La loro emersione è contestuale all’evoluzione, nel XX secolo, dello Stato di diritto sociale.
LIBERTÀ NEGATIVA E POSITIVA I diritti sociali, dunque, presentano una struttura profondamente diversa rispetto a quella dei diritti di libertà. Infatti, mentre per il godimento di questi ultimi è sufficiente il loro riconoscimento legale, i diritti sociali richiedono invece una ulteriore regolamentazione per la loro attuazione e l’organizzazione di un apposito apparato amministrativo ai fini della loro concretizzazione.
LO STATO LIBERALE DI DIRITTO Ø Ø Dal punto di vista giuridico-istituzionale, invece, gli elementi che valgono a connotare la fisionomia dello Stato liberale di diritto sono: Riconoscimento dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo, consacrati all’interno di carte e documenti costituzionali, seppur flessibili; Principio di legalità «legale» : la legge formale e astratta del Parlamento si colloca al vertice del sistema delle fonti e viene elevata a parametro di legalità su cui innestare un giudizio di raffrontabilità di atti amministrativi e sentenze; Principio della separazione dei poteri, in senso orizzontale e verticale. Principio della democrazia rappresentativa.
SEPARAZIONE DEI POTERI Ø Ø Principio della separazione dei poteri: in senso orizzontale: distinzione tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario; in senso verticale: distribuzione territoriale del potere il cui esercizio viene allocato su più livelli di governo.
CRISI DELLO STATO LIBERALE Per quanto ispirato a principi e strumenti di garanzia, molteplici erano le contraddizioni insite allo Stato liberale, specie con riferimento alla profonda diseguaglianza che affliggeva la società civile nonostante la formale ed espressa proclamazione del principio di eguaglianza. La crisi definitiva della forma di stato liberale si consuma con l’irrompere della classe lavoratrice sulla scena politica e la conseguente trasformazione dello Stato monoclasse, egemonizzato dalla borghesia, in uno Stato pluriclasse, con la rivendicazione di un ampio complesso di diritti di partecipazione da parte di un numero sempre più consistente di cittadini, anche per mezzo delle nuove forme di organizzazione dei partiti, delle associazioni e dei sindacati.
LO STATO AUTORITARIO E TOTALITARIO Per effetto di tali fenomeni sociali, concomitanti all’emergere di nuovi fattori, in alcuni Paesi, tra i quali Italia e Germania, la forma di Stato liberale crollò già sul finire della Prima guerra mondiale e venne sostituita da forme di Stato autoritarie o totalitarie. Stato autoritario: è una forma di Stato che recupera alcuni caratteri propri dello Stato assoluto, come ad esempio la concentrazione dei poteri e l’interventismo statale nella sfera economica. Stato totalitario: è una forma di Stato che accentua le caratteristiche di quella autoritaria, assumendo il volto di una ideologia «totalizzante» e pervasiva di ogni aspetto del vivere sociale.
LO STATO CONTEMPORANEO A partire dalla seconda metà del XX secolo, dopo la sconfitta bellica inflitta agli Stati totalitari nel secondo conflitto mondiale, la forma di Stato ha subito un’ulteriore evoluzione in direzione di quella che è l’attuale forma di Stato costituzionale, che è uno Stato democratico, pluralista e decentrato. Più nel dettaglio, l’espressione «Stato costituzionale» sta ad indicare la forma di Stato caratterizzata dalla presenza di una Costituzione rigida, posta al vertice del sistema delle fonti. Di qui, l’affermarsi del principio di legalità in senso costituzionale, laddove la Costituzione diventa parametro di validità e di conformità anche nei confronti della legge stessa.
COSTITUZIONE RIGIDA Le garanzie poste a tutela del carattere rigido della Costituzione sono: Ø la giustizia costituzionale e il controllo di costituzionalità delle leggi; Ø procedimento aggravato di revisione costituzionale (art. 138 Cost. ). In altri termini, la Costituzione rigida è una Costituzione garantita, la cui supremazia è assicurata per mezzo di appositi strumenti giuridici.
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