Istituzioni di diritto pubblico Diritto costituzionale Prof ssa
«Istituzioni di diritto pubblico» «Diritto costituzionale» Prof. ssa Michela Michetti Università degli studi di Teramo a. a. 2018/2019
L’autonomia statutaria delle Regioni ordinarie Si ricorda che il materiale didattico non è in alcun modo sostitutivo della preparazione e dello studio sui libri di testo, ma vuole costituire un mero ausilio nella definizione di alcuni concetti chiave già ampiamente illustrati durante il corso di lezioni
Lo statuto regionale L’autonomia statutaria costituisce una delle massime espressioni di quell’autonomia politica e decisionale cui le Regioni accedono nel disegno costituzionale, quali enti esponenziali della collettività regionale e del complesso dei relativi interessi e aspettative. Lo statuto si definisce, più propriamente, quale fonte a competenza riservata e specializzata e si colloca al vertice del sistema delle fonti regionali. Ad ogni modo, quanto a natura, limiti e contenuto, sussiste una profonda differenza tra gli statuti delle Regioni speciali e quelli delle Regioni ordinarie: i primi sono adottati con legge costituzionale e contengono una disciplina derogatoria dell’autonomia regionale rispetto a quella comune dettata dalla Costituzione; i secondi, invece, sono adottati con legge regionale rinforzata e disciplinano gli oggetti riservati alla competenza statutaria di cui all’art. 123 Cost.
Legge costituzionale n. 1/1999 Una più significativa estensione dei confini dell’autonomia statutaria ordinaria si è compiuta con l. cost. n. 1/1999 che, come noto, ha modificato l’originaria disciplina costituzionale quanto a procedimento di formazione dello statuto, oggetto e limiti della competenza statutaria. Una riforma, quella in esame, destinata poi ad integrarsi con quella di più ampio respiro che ha interessato il Titolo V nel 2001.
Procedimento di formazione Nella precedente formulazione, l’art. 123 Cost. prevedeva che lo statuto fosse deliberato dal Consiglio regionale, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, e approvato con legge della Repubblica. All’esito della riforma introdotta con l. cost. n. 1/1999, le fasi della deliberazione e dell’approvazione dello statuto sono state interamente devolute alla competenza del legislatore regionale, ricalcando il modello adottato dall’art. 138 Cost. Difatti, ai sensi di quanto disposto dall’art. 123, secondo comma, Cost. : «Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge regionale approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi» .
Il doppio regime di controlli A ciò si aggiunga che l’art. 123 Cost. introduce due distinte forme di controllo sulla legge statutaria: ü Controllo di legittimità costituzionale previo ricorso governativo: «Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi la Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione» (art. 123, secondo comma, Cost. ); ü Controllo referendario: «lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi» (art. 123, terzo comma, Cost. ).
Il doppio regime di controlli Tanto il controllo di costituzionalità quanto il controllo referendario assumono carattere preventivo rispetto alla pubblicazione necessaria per l’entrata in vigore dello statuto; da ciò consegue che il termine pubblicazione, per come impiegato nella dizione testuale di cui all’art. 123 Cost. , sia da intendersi quale pubblicità notiziale. L’autonomia dei due procedimenti ha suscitato talune problematiche in ordine al profilo della successione temporale tra i due diversi controlli, tendenzialmente sovrapponibili. Pertanto, al fine di consentire che l’intervento della Corte preceda quello del corpo elettorale, gran parte delle Regioni si è orientata verso la scelta di procedere ad una sospensione dei termini per la richiesta di referendum in caso di impugnazione governativa.
Oggetto della competenza statutaria L’art. 123 Cost. definisce, al primo comma, il contenuto necessario e indefettibile della legge statutaria: «Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l’esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali» . Inoltre, ai sensi del quarto comma (aggiunto con l. cost. n. 3/2001), «lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organi di consultazione fra la Regione e gli enti locali» . Giova altresì puntualizzare come, nella sistematica delle fonti, la disciplina del contenuto necessario conferisca allo statuto una posizione gerarchicamente sovraordinata rispetto alle altre leggi regionali; diversamente, per la disciplina gli oggetti non rientranti nel contenuto necessario, il rapporto con queste ultime si svolge e si compone alla stregua del criterio competenziale.
Forma di governo Nella determinazione contenutistica della potestà statutaria, l’innovazione più significativa è stata di certo rappresentata dalla «determinazione della forma di governo» . Lo statuto, quindi, ha assunto una valenza costitutiva dell’assetto politicoistituzionale della Regione. Peraltro, il legislatore costituzionale del 1999, facendo comunque salva un’eventuale disciplina derogatoria di derivazione statutaria, ha modellato una forma di governo regionale basata sull’elezione diretta del Presidente della Regione e sulla regola dell’aut simul stabunt aut simul cadent nei rapporti tra il Consiglio e la Giunta regionale che, ad ogni modo, non sono legati da alcun vincolo fiduciario ma da una mera «consonanza politica» .
Forma di governo Giova tuttavia precisare come l’ambito di discrezionalità rimesso al legislatore statutario sia stato contrassegnato da una serie di limiti, specie di origine giurisprudenziale, che, negli anni, hanno favorito una decomposizione dell’autonomia statutaria. In proposito, risultano di certo emblematiche le sentenze n. 2/2004 e n. 12/2006, con cui la Corte ha dichiarato l’illegittimità di talune norme contenute nello statuto calabrese e in quello abruzzese. Nel primo caso, la Corte ha sanzionato il meccanismo di elezione diretta che lo statuto calabrese aveva introdotto per la figura del Vice Presidente della Giunta, così ricalcando l’analogo procedimento disposto dall’art. 5 della l. cost. n. 1/1999 per il solo Presidente di Regione. Al contempo, la Consulta ha rilevato l’incostituzionalità della disciplina introdotta per i casi di dimissioni volontarie, incompatibilità sopravvenuta, rimozione, impedimento permanente o morte del Presidente della Giunta, a questi subentrando, nella previsione statutaria, il Vice Presidente.
Sentenza n. 2/2004 (Statuto calabrese) «Sul punto può quindi concludersi che il sistema configurato dall'art. 33 della delibera legislativa concernente lo statuto calabrese consiste sostanzialmente nella elezione diretta del Presidente e del Vice Presidente, in violazione degli articoli 122, quinto comma, della Costituzione a causa dell'elezione diretta anche del Vice Presidente, e 126, terzo comma, della Costituzione, a causa della riduzione dei poteri del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto. Al tempo stesso, il primo comma dell'art. 33, prescrivendo analiticamente che "i candidati alle cariche di Presidente e di Vice Presidente della Giunta regionale sono indicati sulla scheda elettorale e sono votati contestualmente agli altri componenti del Consiglio regionale", invade in modo palese l'area legislativa riservata dal primo comma dell'art. 122 della Cost. alla "legge della Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica"; potrebbe anche aggiungersi che comunque è inesistente nella legislazione vigente un principio fondamentale che ammetta una duplice candidatura ‘a suffragio universale e diretto’» .
Sentenza n. 12/2006 (statuto abruzzese) Altrettanto significativa è la pronuncia avente ad oggetto la determinazione della forma di governo assunta nello statuto abruzzese. La Corte ha infatti annullato la previsione secondo cui il Presidente, benché eletto direttamente dal corpo elettorale, fosse tenuto a sostituire gli assessori colpiti da sfiducia individuale da parte del Consiglio regionale. A giudizio della Corte, in una forma di governo caratterizzata dall'elezione a suffragio universale e diretto del Presidente, «non trova posto la rottura di un ipotetico rapporto fiduciario tra Consiglio e singoli assessori, che si risolverebbe esclusivamente in una pura e semplice riduzione dei poteri spettanti al Presidente, investito della carica dal corpo elettorale proprio per il suo essere ed agire quale unico soggetto esponenziale del potere esecutivo nell'ambito della Regione, munito di poteri che lo rendono interamente responsabile, sul piano politico, dell'operato di tutti i componenti della Giunta. L'equilibrio tra poteri configurato nel modello disegnato dalla Costituzione verrebbe alterato se si privasse il Presidente della possibilità di scegliere e revocare discrezionalmente gli assessori della propria Giunta, del cui operato deve rispondere al Consiglio ed al corpo elettorale» .
Le norme statutarie programmatiche e di principio Accanto alla disciplina del contenuto necessario, è dato riscontrare, nelle leggi statutarie, l’inserimento di alcune norme, tradizionalmente definite programmatiche o di principio, che fissano gli obiettivi dell’azione regionale e le direttive cui essa deve ispirarsi e che si iscrivono nel contenuto eventuale dello statuto. Per il vero, la Corte costituzionale ne ha escluso, nel solco di una giurisprudenza ormai consolidata, ogni vincolatività giuridica, sul presupposto che a tali enunciazioni «anche se materialmente inserite in un atto-fonte, non può essere riconosciuta alcuna efficacia giuridica, collocandosi esse precipuamente sul piano dei convincimenti espressivi delle diverse sensibilità politiche presenti nella comunità regionale al momento dell'approvazione dello statuto. D'altra parte, tali proclamazioni di obiettivi e di impegni non possono certo essere assimilate alle c. d. norme programmatiche della Costituzione, alle quali, per il loro valore di principio, sono stati generalmente riconosciuti non solo un valore programmatico nei confronti della futura disciplina legislativa, ma soprattutto una funzione di integrazione e di interpretazione delle norme vigenti. Qui però non siamo in presenza di Carte costituzionali, ma solo di fonti regionali ‘a competenza riservata e specializzata’, cioè di statuti di autonomia, i quali, anche se costituzionalmente garantiti, debbono comunque ‘essere in armonia con i precetti ed i principi tutti ricavabili dalla Costituzione’» (sentenza n. 372 del 2004).
I limiti dell’autonomia statutaria La novella costituzionale del 1999 è intervenuta sull’ulteriore profilo dei vincoli apposti all’autonomia statutaria individuando, quale unico limite di legittimità, quello dell’ «armonia con la Costituzione» (art. 123, primo comma, Cost. ). La formula anzidetta è stata mutuata dall’originaria versione dell’art. 123 Cost. , differenziandosene per la mancata menzione del vincolo espresso dalle leggi della Repubblica. Ad ogni modo, l’equivocità della formula impiegata ha fatto sì che la Corte riempisse la clausola in oggetto di un significato che ha vanificato la portata innovativa del disposto costituzionale, comprimendo, ancora una volta, l’autonomia statutaria. È in tale direzione, infatti, che muovono le parole della Corte, per come argomentate sin dalla pronuncia n. 304 del 2002: «La circostanza che la deliberazione impugnata sia stata adottata nella forma statutaria non vale a superare il vizio di legittimità dal quale essa è affetta. L'articolo 123 della Costituzione assoggetta attualmente la potestà statutaria regionale al solo limite dell'"armonia con la Costituzione" con formulazione meno stringente di quella precedente, che richiedeva anche l'armonia con le "leggi della Repubblica".
I limiti dell’autonomia statutaria Da ciò la difesa regionale ha tratto argomento per sostenere che il limite di legittimità degli statuti dovrebbe essere riferito ai valori di fondo che ispirano la Costituzione. L'armonia, si ragiona, esigerebbe solo che lo statuto non sia "orientato contro la Costituzione" e non ne pregiudichi i principi generali, ma non escluderebbe la possibilità di derogare a sue singole norme. Neppure questo ordine di considerazioni può essere accolto. Il riferimento all'"armonia", lungi dal depotenziarla, rinsalda l'esigenza di puntuale rispetto di ogni disposizione della Costituzione, poiché mira non solo ad evitare il contrasto con le singole previsioni di questa, dal quale non può certo generarsi armonia, ma anche a scongiurare il pericolo che lo statuto, pur rispettoso della lettera della Costituzione, ne eluda lo spirito» .
I limiti dell’autonomia statutaria Ancor più penalizzanti appaiono le osservazioni formulata nella sentenza n. 12 del 2006 laddove la Corte, ragionando del limite dell’ «armonia con la Costituzione» , è giunta ad affermare che «Il sistema costituzionale complessivo, che si articola nei principî contenuti nelle singole norme della Carta fondamentale e delle leggi ordinarie di diretta attuazione, rappresenta pertanto il contesto, all'interno del quale si deve procedere alla lettura ed all'interpretazione delle norme statutarie, che in quel sistema vivono ed operano» .
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