INFERNO CANTO XXVI TESTO E PARAFRASI 1 9

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INFERNO CANTO XXVI TESTO E PARAFRASI

INFERNO CANTO XXVI TESTO E PARAFRASI

1, 9 Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande, che per mare e per

1, 9 Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande, che per mare e per terra batti l'ali, e per lo 'nferno tuo nome si spande! Gioisci, Firenze, poiché sei così famosa, che voli per mare e per terra, e il tuo nome si diffonde per l’inferno! Tra li ladron trovai cinque cotali tuoi cittadini onde mi ven vergogna, e tu in grande orranza non ne sali. Tra i ladri incontrai cinque tuoi cittadini di tale condizione che ne sento vergogna, e tu Firenze non ne sali in grande onore. Ma se presso al mattin del ver si sogna, Ma se nelle prime ore del mattino si sogna il vero, tu sentirai di qua da picciol tempo tu proverai tra breve quello che Prato, di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna. per non dire di altri, ti augura.

10, 18 E se ciò già fosse, non sarebbe troppo presto. E se già

10, 18 E se ciò già fosse, non sarebbe troppo presto. E se già fosse, non saria per tempo. Oh fosse già avvenuto, visto che è inevitabile! Così foss'ei, da che pur esser dee! ché più mi graverà, com'più m'attempo. ché peggio sarà quanto più invecchierò. Noi ci partimmo, e su per le scalee che n'avea fatto iborni a scender pria, rimontò 'l duca mio e trasse mee; C’incamminammo e Virgilio risalì per la scala formata dalle sporgenze rocciose che prima ci erano servite per scendere, e mi portò con lui; e mentre proseguivamo nella via solitaria, e proseguendo la solinga via, tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio tra le pietre e i massi del ponte il piede non riusciva ad avanzare senza l’aiuto delle lo piè sanza la man non si spedia. mani.

19, 33 Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio Allora mi addolorai, e ora

19, 33 Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio Allora mi addolorai, e ora nuovamente mi addoloro quando drizzo la mente a ciò ch'io vidi, quando rivolgo il pensiero a ciò che vidi, e più lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio, e tengo a freno l'ingegno più del solito, perché non corra che virtù nol guidi; perché non corra troppo senza la guida della virtù, sì che, se stella bona o miglior cosa onde, se la mia buona stella o la grazia divina m'ha dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi. m'ha dato tanto ingegno, io stesso non me lo tolga. Quante 'l villan ch'al poggio si riposa, Quante lucciole il contadino che si riposa nel tempo che colui che 'l mondo schiarasul colle, durante la stagione in cui il sole la faccia sua a noi tien meno ascosa, rimane più a lungo all’orizzonte, come la mosca cede alla zanzara, vede lucciole giù per la vallea, forse colà dov'e' vendemmia e ara: allorché alle mosche succedono le zanzare, vede giù per la valle, dove gli sembra di scorgere le sue vigne e i suoi campi, di tante fiamme tutta risplendea l'ottava bolgia, sì com'io m'accorsi tosto che fui là 've 'l fondo parea. di altrettante fiamme splendeva tutta l’ottava bolgia, così come fui in grado di vedere non appena giunsi al centro del ponte da dove era visibile il fondo.

34, 42 E qual colui che si vengiò con li orsi vide 'l carro

34, 42 E qual colui che si vengiò con li orsi vide 'l carro d'Elia al dipartire, quando i cavalli al cielo erti levorsi, E come colui che si vendicò per mezzo degli orsi vide il carro di Elia nel momento in cui si staccò da terra, quando i cavalli si levarono verso il cielo, che nol potea sì con li occhi seguire, ch'el vedesse altro che la fiamma sola, sì come nuvoletta, in sù salire: tanto che non lo poteva seguire con gli occhi, in modo da non vedere altro che la sola fiamma salire in alto, come una piccola nuvola, tal si move ciascuna per la gola del fosso, ché nessuna mostra 'l furto, e ogne fiamma un peccatore invola. così nel fondo della bolgia si muove ogni fiamma, poiché nessuna fa vedere quello che essa contiene, e ogni fiamma nasconde un dannato.

43, 54 Io stava sovra 'l ponte a veder surto, Stavo sul ponte diritto

43, 54 Io stava sovra 'l ponte a veder surto, Stavo sul ponte diritto in piedi per guardare, sì che s'io non avessi un ronchion preso, così che se non mi fossi afferrato a una sporgenza, caduto sarei giù sanz'esser urto. sarei precipitato anche senza essere urtato. E 'l duca che mi vide tanto atteso, E Virgilio, che mi vide così intento a guardare, disse: "Dentro dai fuochi son li spirti; "Le anime stanno dentro i fuochi; ciascuna è avvolta catun si fascia di quel ch'elli è inceso". dalla fiamma che la brucia". "Maestro mio", rispuos'io, "per udirti son io più certo; ma già m'era avviso che così fosse, e già voleva dirti: "Maestro", risposi, "per il fatto che lo sento dire da te sono più sicuro, ma già pensavo che fosse così, e già volevo domandarti: chi è 'n quel foco che vien sì diviso di sopra, che par surger de la pira dov'Eteòcle col fratel fu miso? ". chi c’è dentro a quella fiamma che avanza così divisa nella parte superiore, che sembra levarsi dal rogo dove Eteocle fu posto col fratello? "

55, 63 Rispuose a me: "Là dentro si martira Ulisse e Diomede, e così

55, 63 Rispuose a me: "Là dentro si martira Ulisse e Diomede, e così insieme a la vendetta vanno come a l'ira; Mi rispose: "Dentro a quella fiamma sono tormentati Ulisse e Diomede, che peccarono insieme contro l'ira divina e ora insieme ne subiscono la pena; e dentro da la lor fiamma si geme l'agguato del caval che fé la porta onde uscì de' Romani il gentil seme. e dentro alla loro fiamma si espia l’insidia del cavallo che aprì la porta dalla quale uscì Enea, il nobile progenitore dei Romani. Piangevisi entro l'arte per che, morta, In essa si espia la triste astuzia per la quale Deidamia continua a lamentarsi di Achille, Deidamìa ancor si duol d'Achille, e si soffre il castigo a causa del Palladio". e del Palladio pena vi si porta".

64, 75 "S'ei posson dentro da quelle faville "Se essi possono parlare da dentro

64, 75 "S'ei posson dentro da quelle faville "Se essi possono parlare da dentro quelle fiamme" parlar", diss'io, "maestro, assai ten priego dissi "maestro, ti prego e torno a pregarti, e ripriego, che 'l priego vaglia mille, e possa la mia preghiera valerne mille, che non mi facci de l'attender niego fin che la fiamma cornuta qua vegna; vedi che del disio ver' lei mi piego!". che tu non mi impedisca di aspettare, fino a quando quella fiamma cornuta sia giunta qui: guarda come dal desiderio mi chino verso di lei!". Ed elli a me: "La tua preghiera è degna di molta loda, e io però l'accetto; ma fa che la tua lingua si sostegna. E Virgilio a me: "La tua richiesta merita un grande elogio, e io perciò l’approvo: ma fa che la tua lingua si trattenga dal parlare. Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto Lascia parlare me, poiché ho capito ciò che desideri: ciò che tu vuoi; ch'ei sarebbero schivi, perché essi, essendo stati Greci, perch'e' fuor greci, forse del tuo detto". forse eviterebbero di parlare con te".

76, 84 Poi che la fiamma fu venuta quivi dove parve al mio duca

76, 84 Poi che la fiamma fu venuta quivi dove parve al mio duca tempo e loco, in questa forma lui parlare audivi: Dopo che la fiamma giunse nel punto in cui Virgilio ritenne opportuno, io lo udii parlare in questo modo: "O voi che siete due dentro ad un foco, s'io meritai di voi mentre ch'io vissi, s'io meritai di voi assai o poco "O voi che vi trovate in due dentro una sola fiamma, se io ebbi qualche merito nei vostri riguardi, mentre ero in vita, se io l’ebbi grande o piccolo quando nel mondo li alti versi scrissi, non vi movete; ma l'un di voi dica dove, per lui, perduto a morir gissi". quando in terra scrissi i nobili versi, sostate: e uno di voi racconti dove, per parte sua, smarritosi andò a morire".

85, 93 Lo maggior corno de la fiamma antica cominciò a crollarsi mormorando pur

85, 93 Lo maggior corno de la fiamma antica cominciò a crollarsi mormorando pur come quella cui vento affatica; La punta più alta dell’antica fiamma cominciò a scuotersi rumoreggiando proprio come quella che il vento agita; indi la cima qua e là menando, come fosse la lingua che parlasse, gittò voce di fuori, e disse: "Quando poi, muovendo di qua e di là la punta, quasi fosse la lingua che parlava, getto fuori la voce, e disse: "Quando mi diparti' da Circe, che sottrasse me più d'un anno là presso a Gaeta, prima che sì Enea la nomasse, mi allontanai da Circe, che mi trattenne per oltre un anno là vicino a Gaeta, prima che Enea la chiamasse così,

94, 102 né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né 'l

94, 102 né dolcezza di figlio, né la pieta del vecchio padre, né 'l debito amore lo qual dovea Penelopé far lieta, né la tenerezza per il figlio, né l’affetto riverente per il vecchio padre, né il dovuto amore che doveva rendere felice Penelope, vincer potero dentro a me l'ardore ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto, e de li vizi umani e del valore; poterono vincere dentro di me l’ardente desiderio che ebbi di conoscere il mondo, e i vizi e le virtù degli uomini: ma mi spinsi per lo sconfinato alto mare ma misi me per l'alto mare aperto sol con un legno e con quella compagna solo con una nave, e con quella esigua schiera dalla quale non ero stato abbandonato. picciola da la qual non fui diserto.

103, 111 L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco, e

103, 111 L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna, fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi, e l'altre che quel mare intorno bagna. Vidi l’una e l’altra sponda fino alla Spagna, fino al Marocco, e alla Sardegna, e alle altre isole bagnate tutt’intorno da quel mare. Io e ' compagni eravam vecchi e tardi Io e i miei compagni eravamo vecchi e lenti quando venimmo a quella foce stretta nei nostri movimenti allorché giungemmo dov'Ercule segnò li suoi riguardi, a quell’angusto stretto dove Ercole fissò i suoi limiti, acciò che l'uom più oltre non si metta: affinché l’uomo non si avventuri oltre: da la man destra mi lasciai Sibilia, lasciai alla mia destra Siviglia, alla mia sinistra da l'altra già m'avea lasciata Setta. ormai Ceuta mi aveva lasciato.

112, 120 "O frati", dissi "che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente,

112, 120 "O frati", dissi "che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente, a questa tanto picciola vigilia "O fratelli", dissi, "che avete raggiunto il confine occidentale attraverso centomila pericoli, in questa vostra breve vigilia d'i nostri sensi ch'è del rimanente, dei sensi, che ancora vi rimane, non vogliate negar l'esperienza, non vogliate negare la conoscenza, di retro al sol, del mondo sanza gente. seguendo il corso del sole, del mondo disabitato. Considerate la vostra semenza: Riflettete sulla vostra natura: fatti non foste a viver come bruti, non foste creati per vivere come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". ma per seguire la virtù e il sapere.

121, 129 Li miei compagni fec'io sì aguti, Con questo breve discorso resi i

121, 129 Li miei compagni fec'io sì aguti, Con questo breve discorso resi i miei compagni con questa orazion picciola, al cammino, così desiderosi di proseguire il viaggio, che a pena poscia li avrei ritenuti; che a stento dopo sarei riuscito a fermarli; e volta nostra poppa nel mattino, e rivolta verso Oriente la poppa della nostra nave, de' remi facemmo ali al folle volo, trasformammo i remi in ali per il viaggio temerario, sempre acquistando dal lato mancino. sempre avanzando verso sinistra. Tutte le stelle già de l'altro polo Già la notte ci mostrava tutte le stelle dell’antartico, vedea la notte e 'l nostro tanto basso, mentre invece il polo artico era così basso che non surgea fuor del marin suolo. che non si alzava al di sopra del livello del mare.

Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna,

Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna, poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo, Cinque volte si era accesa e altrettante spenta la luce che la luna mostra nella sua parte inferiore, da quando avevamo iniziato il nostro difficile viaggio, quando n'apparve una montagna, bruna allorché ci apparve una montagna, scura a causa della distanza, e mi sembrò tanto alta per la distanza, e parvemi alta tanto come non ne avevo mai veduta alcuna. quanto veduta non avea alcuna. Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto, Noi gioimmo, e subito la nostra gioia si mutò in pianto perché dalla terra da poco avvistata sorse un vento ché de la nova terra un turbo nacque, vorticoso, che investì la prua della nave. e percosse del legno il primo canto. Tre volte il fé girar con tutte l'acque; a la quarta levar la poppa in suso e la prora ire in giù, com'altrui piacque, Tre volte la fece girare insieme con tutte le acque: alla quarta fece levare la poppa in alto e sprofondare la prua, come volle Dio, infin che 'l mar fu sovra noi richiuso". finché il mare si richiuse sopra di noi".