IL FUTURO DEL LAVORO IL LAVORO DEL FUTURO

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IL FUTURO DEL LAVORO IL LAVORO DEL FUTURO Visioni, suggestioni e considerazioni post Covid-19

IL FUTURO DEL LAVORO IL LAVORO DEL FUTURO Visioni, suggestioni e considerazioni post Covid-19 14 luglio 2020 (a cura di Simonetta De Fazi)

Quando parliamo di lavoro, di che cosa parliamo? Di uno sviluppatore di big data

Quando parliamo di lavoro, di che cosa parliamo? Di uno sviluppatore di big data o di un rider, di esperto di coding e innovazione digitale o di una colf? Di un lavoratore dipendente o di una partita Iva? Quali e quanti lavori sono necessari ad una comunità? Chi può darci questa informazione? Si è parlato spesso, in questi mesi, di digital divide, come si fa a ridurlo? Quanto è importante la scuola e la formazione in tutto ciò? E perché gli rivolgiamo attenzioni e risorse secondarie e residuali? Perché anche la scuola e la formazione non cambiano? Quanto è importante il sistema di welfare per il Md. L? Perché si è bloccato l’ascensore sociale? Chi se ne è preoccupato? Perché dividiamo in compartimenti stagni questi ambiti della nostra vita sociale? Che c’entra la denatalità con il mondo del lavoro? Che c’entra la famiglia?

Esercizi di lettura Cerchiamo di entrare nelle analisi con il portato della nostra comune

Esercizi di lettura Cerchiamo di entrare nelle analisi con il portato della nostra comune esperienza. Che cosa abbiamo visto in questi mesi? Cominciamo dalle due maggiori evidenze: • abbiamo potuto mantenere i contatti tra noi e – in gran numero – lavorare attraverso strumenti informatici e telematici • abbiamo visto l’immane sforzo di tutto il personale sanitario nella cura dei corpi, di persone in carne ed ossa. Abbiamo assistito ad una sorta di rappresentazione polarizzata delle esigenze vitali della nostra comunità sociale: da una parte l’immaterialità e la virtualità, dall’altra la materialità della cura.

Che cosa ci ha mostrato l’esperienza del Covid-19 Il digitale e l’umano Le connessioni

Che cosa ci ha mostrato l’esperienza del Covid-19 Il digitale e l’umano Le connessioni virtuali e le cure materiali Parlare di futuro del lavoro vuol dire anche: Interrogarsi sul senso del lavoro Indagare sulla relazione tra lavoro – istruzione – welfare Parlare di mobilità sociale e di interdipendenza Parlare dei diversi soggetti – in carne ed ossa – che lo abitano o che ne sono esclusi Parlare di libertà e felicità

Esercizi di lettura Ma non sono stati solo i medici e gli infermieri i

Esercizi di lettura Ma non sono stati solo i medici e gli infermieri i soggetti investiti della materialità della cura nel tempo della pandemia. Ci sono stati giorni e mesi in cui non giravano che riders nelle città e autotrasportatori sulle autostrade, mentre nelle corsie degli ospedali in tante e tanti avevano il compito di sanificare gli ambienti giorno e notte. Questa polarizzazione del mercato del lavoro non è una novità. Prima della pandemia il World Economic Forum aveva già rilevato questo dato: le figure che il mondo del lavoro prossimo venturo richiederà saranno quelle legate all’intelligenza artificiale e all’information technology, ma anche quelle legate alla Care economy (che non vuol dire – ovviamente – sanità pubblica).

In 21 lezioni per il XXI secolo, lo storico Harari insiste molto sui rischi

In 21 lezioni per il XXI secolo, lo storico Harari insiste molto sui rischi di un’azione combinata – e deregolata – delle tecnologie informatiche (in particolare l’intelligenza artificiale) con quelle biologiche e sulla possibilità che le reti integrate generate dall’IA sostituiscano per intero alcuni lavori, e l’assistenza sanitaria non è affatto immune da questo pericolo, generando anche in questo caso una polarizzazione al suo interno. Tra medici e infermieri, il discrimine sarebbe… l’irriducibile umano!

Ma, dice ancora Harari – e molti altri con lui - l’IA e lo

Ma, dice ancora Harari – e molti altri con lui - l’IA e lo sviluppo tecnologico potrebbero generare – già lo hanno fatto – nuovi posti di lavoro, spesso non soddisfatti dall’offerta di lavoro, troppo lenta rispetto alla stratosferica velocità del progresso tecnologiche e dalle sue applicazioni. «Il problema con queste nuove professioni è che esse richiederanno competenze di livello elevato e dunque non risolveranno i problemi dei lavoratori disoccupati poco specializzati… inoltre, nessuna professione sarà mai al riparo dalla minaccia della futura automazione, perché l’apprendimento automatico e la robotica continueranno a migliorare… i lavoratori umani dovranno continuare a sviluppare nuove competenze e a cambiare professione… è necessario proteggere i lavoratori non i posti di lavoro…

Per fare i conti con le rivoluzioni tecnologiche ed economiche senza precedenti del XXI

Per fare i conti con le rivoluzioni tecnologiche ed economiche senza precedenti del XXI secolo, abbiamo bisogno di sviluppare nuovi modelli sociali ed economici…» La velocità del cambiamento e la necessità di saper cambiare I nostri figli – noi stessi, almeno i più giovani di noi – faranno lavori che oggi non esistono… Avrete senz’altro parlare – più di sempre – di resilienza in questi mesi… Ce n’è un’altra, più antica e meno fortunata, che dovremmo riconsiderare: interdipendenza. Non solo nelle relazioni, ma anche nelle politiche sociali ed economiche

E perfino nella lettura delle statistiche dove la "forza lavoro" è la somma delle

E perfino nella lettura delle statistiche dove la "forza lavoro" è la somma delle "persone in cerca di lavoro" (disoccupati) e degli "occupati". Questo spiega come talvolta può accadere che il tasso di disoccupazione salga insieme al numero di occupati: avviene quando, per esempio, a parità di forza lavoro, un incremento di occupazione è concomitante a un maggiore spostamento di inattivi verso le persone in cerca di lavoro.

Esercizi di lettura ISTAT. Bilancio demografico nazionale Periodo di riferimento: Anno 2019 Comunicato stampa

Esercizi di lettura ISTAT. Bilancio demografico nazionale Periodo di riferimento: Anno 2019 Comunicato stampa del 13 luglio 2020 La recessione demografica è dovuta ai cittadini italiani Più contenuto il calo di popolazione al Nord Meno nascite e più decessi ovunque con l’eccezione di Bolzano Nuovo record negativo per le nascite Stabili gli iscritti in anagrafe dall’estero Le iscrizioni dall’estero nel 2019 ammontano a 333. 799, solamente lo 0, 4% in più rispetto al 2018. Aumenta invece il numero delle persone che si trasferiscono all’estero: nel 2019 i cancellati per l’estero sono stati 182. 154, il 16, 1% in più rispetto all’anno precedente. Il saldo migratorio con l’estero si è quindi ridotto a 152 mila unità nel 2019

Esercizi di lettura ISTAT. Bilancio demografico nazionale Periodo di riferimento: Anno 2019 Comunicato stampa

Esercizi di lettura ISTAT. Bilancio demografico nazionale Periodo di riferimento: Anno 2019 Comunicato stampa del 13 luglio 2020 Movimento migratorio interno, sempre dal Mezzogiorno verso il Nord e il Centro Di nuovo in aumento gli stranieri che acquisiscono la cittadinanza italiana Dal 2015, complessivamente i “nuovi cittadini italiani” sono stati oltre 766 mila, valore di poco inferiore alla perdita di popolazione di cittadinanza italiana negli stessi anni. Senza questo apporto, il calo degli italiani sarebbe stato intorno a 1 milione e 600 mila unità.

Esercizi di lettura

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Esercizi di lettura Istruzione Fra il 2004 e il 2018 la quota di adulti

Esercizi di lettura Istruzione Fra il 2004 e il 2018 la quota di adulti con al più la licenza media diminuisce di oltre 13 punti percentuali e nel 2019 è uguale a 38, 2%. Nel Mezzogiorno raggiunge il 46, 4%. Ha abbandonato precocemente gli studi, nel 2019, il 13, 5% dei giovani fra i 18 e i 24 anni. L’obiettivo europeo è di una percentuale inferiore al 10%. Nel 2019 i giovani con un titolo di studio terziario in Italia sono il 27, 6%, in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente. La quota-obiettivo per i Paesi Ue è 40%. I neet sono il 22, 2% della popolazione fra i 15 e i 29 anni. La quota diminuisce da cinque anni consecutivi, ma nel Mezzogiorno l’incidenza è doppia rispetto al Centro-Nord. Nel 2017 la spesa pubblica per istruzione rappresenta il 3, 8% del Pil, a fronte di una media Ue del 4, 6%.

Esercizi di lettura Al nido? Uno su due è figlio di laureati di Sara

Esercizi di lettura Al nido? Uno su due è figlio di laureati di Sara De Carli | 30 giugno 2020 | Vita. it C’è un posto al nido ancora solo per 24, 7 bambini su cento in Italia (ben al di sotto del 33% fissato a livello europeo come obiettivo da raggiungere entro il 2010), che scendono a 15 su cento nelle regioni meridionali. Il bonus nido da un lato ha contribuito a orientare le famiglie verso il nido piuttosto che verso altre forme di aiuto, meno proficue per il bambino, ma si scontra con l’offerta disponibile e la carenza di strutture proprio nei territori con maggiori criticità socio-economiche. Eppure il nido, dicono da anni tutti gli studi, ha una fondamentale funzione perequativa delle distanze socio-economiche: ancora oggi invece il servizio sembra configurarsi come un beneficio da cui una parte della popolazione rimane esclusa, con la tendenza dei nuclei familiari svantaggiati a utilizzare meno le strutture educative. È quanto si legge nel report “Nidi e servizi educativi per l’infanzia. Stato dell’arte, criticità e sviluppo del sistema educativo integrato 0 -6” pubblicato a giugno dal Dipartimento per le politiche della famiglia. . .