I Franchi Gregorio di Tours Historia Francorum manoscritto

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I Franchi

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Gregorio di Tours: Historia Francorum (manoscritto del VII sec)

Gregorio di Tours: Historia Francorum (manoscritto del VII sec)

 • La Historia Francorum ("Storia dei franchi") è un'opera in dieci libri, scritta

• La Historia Francorum ("Storia dei franchi") è un'opera in dieci libri, scritta da Gregorio di Tours (Clermond. Ferrand, circa 538 - 594). Quelli dal IV raccontano la storia del mondo dalla creazione alla cristianizzazione della Gallia, alla conversione dei franchi, alla conquista della Gallia da parte di Clodoveo e alla storia dei re franchi fino alla morte di Sigeberto nel 575. • I libri V e VI si chiudono con la morte di Chilperico nel 584, che viene descritto impietosamente da Gregorio a causa delle tensioni esistenti tra i merovingi. • La terza parte, che va dal libro VII al X, arriva fino all'anno 591. Un epilogo a quest'opera fu scritto nel 594, l'anno della morte di Gregorio.

Le origini • Come molte altre popolazioni germaniche, i Franchi svilupparono una storia delle

Le origini • Come molte altre popolazioni germaniche, i Franchi svilupparono una storia delle loro origini che li mettesse in connessione con un popolo della storia classica. In questo caso, tale popolazione era quella dei Sicambri e, prima ancora, dei Troiani. Un'opera anonima del 727 intitolata Liber Historiae Francorum afferma, infatti, che, a seguito della caduta di Troia, 12. 000 Troiani, guidati da Priamo e Antenore, fuggì verso l'area del fiume Don, si insediò in Pannonia, nei pressi del Mare d'Azov e fondò la città chiamata "Sicambria". In sole due generazioni dopo la caduta di Troia (quelle di Priamo e di suo figlio Marcomer), oggi datata verso la fine dell'Età del Bronzo, intorno alla fine del IV secolo, essi arrivarono a stanziarsi lungo le sponde del Reno. Una variante, probabilmente anteriore, di tale storia, redatta da Fredegario vuole che il primo grande re dei Sicambri fosse un certo "Francio", che risulta essere un chiarissimo patronimico, probabilmente ripreso dalla tradizione latina legata al binomio Romolo-Roma.

 • Al di là di queste origini mitiche, i Franchi entrarono nella storia

• Al di là di queste origini mitiche, i Franchi entrarono nella storia intorno al 50 d. C. a causa di un’invasione dei territori dell’impero romano lungo il corso del Reno. Essi vengono per la prima volta menzionati nella Tabula Peutingeriana come “Chamavi qui et Pranci” (o Franci ? ). • Nel corso del secolo successivo altre tribù franche emergono da varie fonti, tra le quali Ammiano Marcellino, Claudiano, Zosimo e Gregorio di Tours che narra di un re franco della tribù dei Salii che nel 357 entrò nel territorio romano per stanziarvisi. • Gli studiosi oggi concordano nel ritenere che l’identità dei Franchi emerse durante la prima metà del III sec. dall’unione di vari gruppi minori quali i Salii, i Ripuari, i Sicambri, i Chamavi, i Bructeri, i Chattuari e i Batavi, provenienti presumibilmente dall’area baltica.

La federazione dei Franchi nel III sec.

La federazione dei Franchi nel III sec.

 • Ciò che risulta completamente accertato è che, a seguito dell'invasione dei Salii,

• Ciò che risulta completamente accertato è che, a seguito dell'invasione dei Salii, l'imperatore Giuliano l'Apostata li accettò come "foederati" nel 358 e che, da questo momento in poi, tale tribù iniziò una progressiva azione di allargamento sul territorio, cosicché, per la fine del V secolo, i Franchi Salii avevano occupato un territorio che includeva i Paesi Bassi a sud del Reno, il Belgio e la Gallia Settentrionale, dove, incontrando altri popoli di etnia franca, diedero origine al regno Merovingio.

 • Per quanto riguarda i contatti con Roma fino a questo momento, i

• Per quanto riguarda i contatti con Roma fino a questo momento, i Franchi appaiono nelle fonti annalistiche sia come alleati che come nemici ("laeti" o "dediticii"). Verso il 250 , un gruppo di Franchi, approfittando della debolezza imperiale, arrivò a penetrare fino a Tarragona, razziando l'area per circa un decennio prima che le forze imperiali riuscissero a sottometterlo e a ricacciarlo verso nord. Solo settant'anni dopo, però, i Franchi occuparono la regione intorno al fiume Schelda (nelle odierne Fiandre) e arrivarono ad assumere una tale capacità di controllo della regione da poter effettuare un pattugliamento continuo della Manica, tale da bloccare a loro piacimento i contatti con la Britannia. Dopo qualche tempo, l'esercito romano riuscì a pacificare l'area ma non ad espellere i Franchi che continuarono ad esercitare azioni di pirateria lungo la costa almeno fino al periodo di Giuliano l'Apostata (358), quando, come riportato da Ammiano Marcellino, fu loro concessa la Toxandria in qualità di foederati.

I regni merovingi • Il regno franco in Gallia era in realtà costituito ancora

I regni merovingi • Il regno franco in Gallia era in realtà costituito ancora nel V sec. da una pluralità di regni, poiché l’unità realizzatasi sotto l’energico e spregiudicato Clodoveo non era durata a lungo. Ciò era dovuto soprattutto all’abitudine a suddividere l’eredità fra tutti i figli maschi. • Il regno più orientale, tra la Mosella e il Reno, l’unico nei quali i Franchi fossero la maggioranza e la lingua corrente fosse di ceppo germanico, si chiamò “il regno dell’Est”, Austria o Austrasia; grazie alla sua posizione geografica, esso seppe imporre la propria autorità anche ai popoli della Germania meridionale, incorporando i territori dei Turingi, degli Alamanni, dei Bavari nella zona di influenza franca.

 • Più ad occidente, oltre l’odierno Belgio, i regni di Parigi, d’Orleans, di

• Più ad occidente, oltre l’odierno Belgio, i regni di Parigi, d’Orleans, di Soissons si coagularono col tempo in un unico regno, di lingua prevalentemente romanza ed esteso fino alla Loira: i Franchi lo chiamarono “il regno nuovo”(Neustria). • A sud-est, fra il Rodano e le Alpi, il regno di Burgundia formava un’entità politica separata, anche se ben presto i Burgundi dovettero rinunciare ad avere un proprio re e riconoscere l’egemonia del re franco di Neustria. • Più a sud la Provenza, dove i Franchi etnici erano quasi assenti, continuava ad essere governata da un funzionario romano, anche se non rispondeva più a Bisanzio, ma alluno o all’altro dei re franchi.

 • I Merovingi, una dinastia plurisecolare: sono i reges criniti. Ipogamia e monogamia

• I Merovingi, una dinastia plurisecolare: sono i reges criniti. Ipogamia e monogamia seriale • Il centro di gravità del regno è al nord, dove le strutture romane sono quasi scomparse (soprattutto a nord-est) • Al sud rimangono grandi città (Marsiglia, Arles, Vienne) e la società romana è ancora in piedi (tassazione) • Nel corso del VI e VII secolo il regno si espande (verso sud e la Germania) • Nasce il “grande regno” merovingio, che comprende i “regni parziali”

I reges criniti • A sud-ovest, infine l’Aquitania, dove alla popolazione gallo-romana si affiancava

I reges criniti • A sud-ovest, infine l’Aquitania, dove alla popolazione gallo-romana si affiancava un’irrequieta minoranza basca, tendeva a sfuggire al controllo franco, anche se a governare gli Aquitani era solo un duca e non un re. • A più riprese i re franchi, discendenti del mitico re Meroveo, riuscirono a imporre la loro autorità riunificando i vari regni, salvo tornare a dividerli alla loro morte. • Per la maggior parte questi re, che nel V sec. governavano la Gallia come una sorta di incaricati dell’imperatore di Bisanzio, avevano una natura più sacerdotale che guerriera: il simbolo della loro regalità erano i lunghi capelli, da cui l’appellativo di reges criniti. La capigliatura fluente, quasi femminea, rappresentava secondo le credenze ancestrali il potere magico del re, la sua capacità di garantire prosperità al suo popolo, fertilità alle donne e alla terra. Dopo la conversione al cristianesimo però la fiducia in questa sacralità pagana era andata affievolendosi, mettendo in crisi l’autorità di questi re.

Immagine di Clodoveo in una moneta d’argento

Immagine di Clodoveo in una moneta d’argento

Battesimo di Clodoveo (496)

Battesimo di Clodoveo (496)

Una nuova società: 1. le fedeltà armate È giusto che coloro che ci promettono

Una nuova società: 1. le fedeltà armate È giusto che coloro che ci promettono una fede senza cedimenti siano posti sotto la nostra protezione. E poiché quel tale nostro fedele, con l’aiuto di Dio, è venuto qui nel nostro palazzo con la sua arma ed è stato veduto giurare nelle nostre mani trustis e fedeltà, per ciò col presente precetto, decretiamo e ordiniamo che da ora in poi egli sia annoverato tra i nostri antrustioni. E se per caso qualcuno osasse ucciderlo sappia che il suo guidrigildo è fissato nella somma di seicento soldi. Formule di Marculfo (VI/VII s. )

2. Il potere sugli uomini Chi si accomanda alla potestà altrui. Al tal signore

2. Il potere sugli uomini Chi si accomanda alla potestà altrui. Al tal signore magnifico, io… Poiché si sa benissimo da parte di tutti che io non ho di che nutrirmi o vestirmi, io ho chiesto alla pietà vostra, e la vostra benevolenza me lo ha concesso, di potermi affidare e accomandare al vostro mundio; e così ho fatto; cioè che tu debba aiutarmi e sostenermi, tanto per il vitto quanto per il vestiario, secondo quanto io potrò servire e bene meritare; e, finché io vivrò, ti dovrò prestare il servizio ed ossequio dovuti da un uomo libero e non potrò sottrarmi per tutta la mia vita alla vostra potestà o mundio, ma dovrò rimanere finché vivrò nella vostra potestà e protezione. Conseguentemente si conviene che se uno fra noi avrà voluto sottrarsi a questa convenzione paghi tanti soldi di composizione al suo contraente e che la stessa convenzione continui ad aver valore; conseguentemente si conviene che a questo riguardo debbano essere redatte due lettere del medesimo tenore, confermate dalle due parti: ciò che fecero. Formule Turonensi, (VI-VII s. )

I “maestri di palazzo” • Il potere effettivo nei due principali regni di Neustria

I “maestri di palazzo” • Il potere effettivo nei due principali regni di Neustria e Austrasia passò in mano nel VII sec. a personaggi che non potevano vantare un carisma sacrale, ma sapevano in cambio guidare i Franchi alla vittoria in guerra, i cosiddetti maggiordomi o maestri di palazzo. • Prima del VII sec. c’era un maestro di palazzo in ogni regno, ma nel 688 il potentissimo Pipino di Héristal, che occupava l’ufficio in Austrasia, riuscì ad imporre la sua autorità anche in Neustria e da allora il popolo franco fu di fatto governato da un unico maestro di palazzo. • Alla sua morte nel 714 l’ufficio passò al figlio Carlo, detto poi Martello (“piccolo Marte”) che ereditò inizialmente un potere tutt’altro che solido, tanto che fu costretto a difenderlo con le armi in pugno contro varie ribellioni, ma lo rafforzò poi conducendo i Franchi alla vittoria contro i Saraceni musulmani che stavano saccheggiando le coste della Gallia meridionale, dopo aver annientato il regno visigoto (vittoria di Poitiers del 732).

Carlo Martello

Carlo Martello

 • Alla sua morte nel 741, Carlo Martello trasmise ai suoi figli Pipino,

• Alla sua morte nel 741, Carlo Martello trasmise ai suoi figli Pipino, poi detto il Breve, e Carlomanno, ritiratosi ben presto in monastero, la piena e incontrastata autorità su un regno ormai solidamente unificato, anche se formalmente era ancora re Childerico III, privo però di ogni potere effettivo. Nel 751 Pipino il Breve depose questo re “fantoccio” e fu proclamato re dei Franchi da un’assemblea di grandi aristocratici riunita a Soissons. Dopo l’incoronazione, Pipino fu unto con il sacro crisma, prima dal monaco e vescovo Bonifacio (il missionario irlandese Wynfrid) e poi, con una nuova e più solenne cerimonia a Ponthion (754), dal papa Stefano II, che in quell’occasione consacrò anche i suoi figli. • Questo gesto legittimò definitivamente il potere che la nuova dinastia pipinide (detta poi carolingia) aveva ormai stabilmente conquistato nei fatti.

L’istituto del vassallaggio • Il primato dei pipinidi all’interno dell’aristocrazia di Austrasia fu reso

L’istituto del vassallaggio • Il primato dei pipinidi all’interno dell’aristocrazia di Austrasia fu reso possibile, oltre che dal prestigio della famiglia e dal controllo della carica di maestro di palazzo, anche dall’uso sistematico di uno strumento di potere che si rivelò decisivo, il vassallaggio, un istituto già noto nella compagine franca forse fin dal IV sec. Ma che solo a partire da Carlo Martello venne utilizzato sempre più frequentemente per creare vaste clientele militari. • Il vassallaggio si ricollegava alla commendatio di tradizione romana: un uomo si legava con un vincolo di fedeltà personale (cioè si “accomandava”) a un altro in cambio di aiuto economico, di protezione contro assalitori e nemici e persino, in epoca tardo-imperiale, contro gli esattori delle tasse.

 • Nel legame vassallatico vi era però, come elemento nuovo e caratteristico, la

• Nel legame vassallatico vi era però, come elemento nuovo e caratteristico, la natura militare del servizio prestato dal vassallo che si ricollegava ad altre consuetudini appartenenti alla tradizione germanica, sia franca che longobarda. Tra i Franchi, infatti, esisteva già la trustis, una clientela armata formata dagli antrustiones, gruppi di uomini armati che si legavano al re con giuramenti personali di fedeltà militare (tra i Longobardi il gasindiato). • In sostanza il vassallaggio obbligava, attraverso un giuramento al re o al signore, a prestare servizio in armi, ottenendo come ricompensa un “beneficio”, che consisteva generalmente in una certa quantità di terre di cui poteva godere fin che durava il suo servizio.

Nobile franco in veste di guerriero San Benedetto di Malles (IX sec)

Nobile franco in veste di guerriero San Benedetto di Malles (IX sec)

 • In origine si trattava di una remunerazione temporanea e revocabile: nel caso

• In origine si trattava di una remunerazione temporanea e revocabile: nel caso in cui il vassallo fosse venuto meno al giuramento, il suo senior lo poteva accusare di “fellonia”, cioè di tradimento, e dichiarare decaduto il legame. • La ricompensa in terre anziché in denaro era una scelta resa necessaria dalla scarsità di moneta circolante, che però ebbe effetti strutturali di enorme portata. • Il giuramento col quale un uomo si legava a un altro uomo divenendo suo vassus (dal latino medievale derivante dal celtico gwass, che significa “ragazzo” o “servitore”) andò assumendo col tempo i caratteri di una cerimonia carica di significati simbolici e religiosi. Con il giuramento il vassus acquisiva la dignità di un familiare del senior e aveva il diritto di entrare nella sua casa, di soggiornarvi e talvolta di esservi mantenuto.

Cerimonia dell’investitura

Cerimonia dell’investitura

 • Al tempo dell’invasione della Gallia, l’esercito franco era un “esercito di popolo”,

• Al tempo dell’invasione della Gallia, l’esercito franco era un “esercito di popolo”, al quale partecipavano come guerrieri tutti i franchi liberi, ciascuno provvedendo al proprio armamento. In seguito, mano che lo stanziamento franco si radicava, i liberi divennero possessori di fondi, sempre più interessati a occuparsi delle loro terre e sempre meno inclini a rispondere alle chiamate alle armi (eribanno). • Inoltre non tutti erano sufficientemente ricchi da poter provvedere da sé all’equipaggiamento da cavaliere e al mantenimento degli scudieri durante le campagne militari. Così il re e i signori più potenti, anche ecclesiastici, adottarono come valida alternativa il sistema dei legami vassallatici che permise loro di avere vaste clientele armate, nelle quali i cavalieri avevano un ruolo preponderante.

Guerriero franco

Guerriero franco

 • Furono proprio i Pipinidi a distribuire numerosi benefici ai loro vassalli, utilizzando

• Furono proprio i Pipinidi a distribuire numerosi benefici ai loro vassalli, utilizzando non solo il loro enorme patrimonio fondiario, ma anche e soprattutto, in modo assai spregiudicato, le terre confiscate a grandi chiese e monasteri. • Questa rete di rapporti costituiva una realtà assai fluida e complessa che non coinvolgeva la totalità delle famiglie aristocratiche e non costituiva un sistema disciplinato, ma serviva a creare le alleanze e amicizie necessarie per sostenere le aspirazioni egemoniche dei gruppi parentali più potenti.

Le riforme di Carlo Magno • L’ordinamento territoriale: i comitati e le marche •

Le riforme di Carlo Magno • L’ordinamento territoriale: i comitati e le marche • La legislazione: i capitolari (Capitulare de Villis 795 che regolava l’amministrazione delle grandi proprietà fondiarie appartenenti al fisco regio) • I missi dominici: controllo dell’operato di cinti e marchesi attraverso dei funzionari regi • Vassallaggio e beneficium • Immunità ecclesiastiche • La riforma monetaria: una libbra equivaleva a 20 soldi, 1 soldo a 12 denari, quindi una lira=240 denari • La schola palatina presieduta da Alcuino di York

Statuetta equestre in bronzo dorato (Louvre, IX secolo )

Statuetta equestre in bronzo dorato (Louvre, IX secolo )

Reliquiario di Aquisgrana (XIV sec)

Reliquiario di Aquisgrana (XIV sec)

Denarius carolingio

Denarius carolingio

L’incoronazione di Carlo Magno

L’incoronazione di Carlo Magno

La curtis

La curtis

La villa del tardo impero

La villa del tardo impero

L’economia carolingia • L’economia di epoca carolingia continua a fondarsi sull’agricoltura (che comprende anche

L’economia carolingia • L’economia di epoca carolingia continua a fondarsi sull’agricoltura (che comprende anche l’allevamento) ma introducendo alcune importanti novità nella gestione della produzione e nell’organizzazione del lavoro. • La stragrande maggioranza della popolazione è composta da contadini: molti sono piccoli proprietari, che abitano in casa propria e zappano la loro terra (anche se di loro restano scarse notizie), lavorando i loro prodotti per l’autoconsumo familiare. • Tutt’altro è il ruolo della grande proprietà che impiega un gran numero, forse la maggioranza, dei contadini; queste aziende, che non sono più latifondi alla maniera antica, tendono a organizzarsi secondo una modalità nuova per assicurare l’alimentazione del padrone, che può essere spesso un monastero o magari il re.