I diritti sociali come diritti fondamentali II Diritti

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I diritti sociali come diritti fondamentali II. Diritti sociali: il valore della ‘sociabilitas’ umana

I diritti sociali come diritti fondamentali II. Diritti sociali: il valore della ‘sociabilitas’ umana «Solo nella vita sociale l’esperienza singolare si fa persona» (P. Rescigno)

Secondo una diffusa interpretazione i diritti ‘sociali’ sono il contrassegno di una particolare forma

Secondo una diffusa interpretazione i diritti ‘sociali’ sono il contrassegno di una particolare forma di stato, lo Stato ‘sociale’ (contrapposto allo Stato liberale borghese) «All’epoca dello Stato liberale la grandissima parte delle prestazioni di cui constano i moderni ‘diritti sociali’ era erogata da istituzioni non pubbliche, come la famiglia o altre organizzazioni private, per lo più religiose, di carità e di beneficienza. In questo contesto a dominanza privata mancavano tutte le premesse (sociali e giuridiche) perché le prestazioni sociali potessero essere configurate come oggetto di un ‘diritto’, per il fatto che il titolo per l’erogazione di quelle prestazioni era pur sempre qualcosa di non costruibile come una pretesa giuridica, trattandosi ora di una relazione fondamentalmente affettiva (famiglia) ora di una vocazione spirituale o etica alla carità (istituzioni religiose o di volontariato sociale) o era di una scelta politica unilaterale dei governanti pro-tempore. » «Il riconoscimento dei diritti sociali e l’istituzione di una organizzazione costituzionale che li assumesse come valori fondamentali (Stato sociale) sono stati il risultato di molteplici spinte. » (A. Baldassarre, voce Diritti sociali, Enc. Giur. , 1992. N. B. queste considerazioni, come quelle seguenti, ci saranno utili da ricordare quando nel secondo modulo studieremo più da vicino le politiche abitative dello Stato liberale.

 «Mentre un sistema fondato sul principio della libertà naturale o ‘negativa’ come quello

«Mentre un sistema fondato sul principio della libertà naturale o ‘negativa’ come quello dello ‘Stato liberale’ suppone che la principale regola distributiva dei benefici sociali sia determinata dalla contingenze sociali e dagli ‘spontanei’ rapporti di potere esistenti nel mercato senza il minimo concorso delle scelte consapevoli dell’autorità politica, lo Stato democratico moderno ha invece rovesciato questa posizione, collocando la distribuzione dei benefici e dei sacrifici sociali sotto la direzione o la vigilanza del potere pubblico e considerandola come proprio compito primario. La distribuzione ‘naturale’ delle risorse non è più considerata al di fuori della portata dei poteri pubblici ma, in armonia coi principi dell’economia mista e dello stato sociale è posta sotto riserva pubblica e perciò è soggetta alle correzioni e agli interventi necessari affinché sia conformata a finalità di giustizia sociale» . (A. Baldassarre, 1992)

Tuttavia, in queste concezioni, i diritti sociali non sono solo la risposta ai problemi

Tuttavia, in queste concezioni, i diritti sociali non sono solo la risposta ai problemi (sociali) di un sistema economico. «Lo stato sociale è sorto come «risoluzione politica» di problemi pratici di dimensioni immani; è la risposta politico-costituzionale alla crescente e obiettiva insicurezza sociale che costituisce il sottoprodotto, a quanto sembra difficilmente eludibile, sia degli squilibri di potere comportati dal libero gioco delle forze sociali e dell’incertezza insita nei meccanismi spontanei del mercato (con le conseguenti crisi cicliche e le altrettanto cicliche riconversioni dell’organizzazione produttiva e del lavoro), sia dell’instabilità dei valori insita nelle accelerate dinamiche culturali (instabilità dei valori) proprie di società, come quelle rette da regimi politici democratici e da sistemi economici capitalistici, che sono caratterizzate da una crescente apertura reciproca (con ampio interscambio dei valori etici) e da ritmi di sviluppo delle condizioni di vita straordinariamente veloci (con grandioso aumento dei cleavages generazionali e relativa crescita del rischio per gli individui di ‘isolamento’ se non di ‘abbandono’ dal sociale. » (A. Baldassarre, Diritti sociali)

La presenza dei diritti sociali nella Costituzione è sempre stata considerata, in Italia, come

La presenza dei diritti sociali nella Costituzione è sempre stata considerata, in Italia, come denotante che il nostro è uno ‘stato sociale’. Tuttavia in Italia è sempre stato escluso, quanto meno dalle riflessioni più attente e lungimiranti, che la funzione dei diritti sociali fosse solo quella redistributiva o, più in generale, che essi rappresentassero solo una strategia per mettere in sintonia la società e il sistema economico (il mercato) riducendo i conflitti e i costi che derivano dal secondo, o che i diritti sociali si focalizzassero sulle ‘prestazioni’ che lo Stato deve erogare, riducendosi a un problema di ‘cassa’. Quando si sceglie questa visuale, è facile pensare che i diritti sociali siano rinunciabili, perché troppo ‘costosi’, oppure che siano trasformabili in ‘politiche sociali’ che cercano modi diversi, più consonanti con le esigenze attuali del capitalismo globalizzato e terziarizzato, per realizzare la sintonia tra società e mercato (per esempio non più ‘tutelando’ i lavoratori dal licenziamento, ma ‘accompagnandoli’ con corsi di formazione nella ricerca del lavoro quando lo perdono). In Italia si è inteso il termine ‘sociale’ in un modo pregnante e caratteristico, come denotante la dimensione sociale e relazionale della persona. Ed è del resto questa – non solo e non tanto i redditi o le pensioni - che viene minacciata e messa a repentaglio dal sistema capitalistico, e fu contro questa minaccia che sorsero le prime legislazioni sociali. (in questo senso ha ragione Baldassarre: lo stato o è ‘sociale’ o non è, cioè non è nulla di autonomo rispetto agli imperativi dell’economia, che si limita a tradurre in norme)

 «Nel loro essenziale e costitutivo rapporto con gli ambiti di vita sociale e

«Nel loro essenziale e costitutivo rapporto con gli ambiti di vita sociale e con la formazione stessa della persona umana, i ‘diritti sociali’ assumono una connotazione opposta o quanto meno diversa rispetto a quella del Welfare State emersa dalla cultura empirica del laburismo, la quale è incentrata sulla figura di uno stato paternalista, dispensatore della sicurezza sociale e dei consequenziali benefici. Per la Costituzione italiana, invece, il punto di partenza non è dato dallo Stato ma è rappresentato dai luoghi e dai legami sociali – come la famiglia, la scuola il lavoro, l’ambiente di vita personale e collettiva – nei quali e mediante i quali il singolo individuo si fa persona e si esprime come persona. Di tali relazioni esistenziali i ‘diritti sociali’ costituiscono la trama di valore che, per il contenuto assiologico che le è proprio, è superiore allo Stato e ne vincola le funzioni, ponendosi, così, come fondamento di diritti costituzionali, inviolabili nel loro contenuto essenziale, nei quali consiste, insieme alle libertà civili e ai diritti fondamentali del singolo, la ‘costituzione pluralistica della società’» . (A. Baldassarre, Diritti sociali, 1992, p. 14). (Dovrebbe ricordarselo chi descrive i diritti sociali come un lusso o la pretesa di garanzie fantasiose!)

In Italia si è inteso il termine sociale in un modo pregnante e caratteristico,

In Italia si è inteso il termine sociale in un modo pregnante e caratteristico, come denotante la dimensione sociale e relazionale della persona (la sociabilitas umana). Questo non vuol dire affatto che i diritti sociali non abbiano a che vedere con l’economia e il mercato. Al contrario. È stata (ed è ) proprio la dimensione sociale e relazionale della persona – non solo e non tanto i redditi o le pensioni - che viene minacciata e messa a repentaglio dal sistema capitalistico, e fu contro questa minaccia che sorsero le prime legislazioni sociali. (in questo senso ha ragione Baldassarre: lo stato o è ‘sociale’ o non è, cioè non è nulla di autonomo rispetto agli imperativi dell’economia, che si limita a tradurre in norme)

Domande di riepilogo • Come si differenziano tra loro l’approccio dello stato liberale e

Domande di riepilogo • Come si differenziano tra loro l’approccio dello stato liberale e quello dello stato democratico sociale ai diritti sociali? • Sapreste descrivere l’uno e l’altro? • Quale è la nota distintiva che caratterizza la concezione dei diritti sociali nella dottrina italiana?

L’origine e il senso dei ‘diritti sociali’

L’origine e il senso dei ‘diritti sociali’

‘Doppio movimento’ o ‘giustizia nell’ordine economico’? • «Una economia di mercato deve comprendere tutti

‘Doppio movimento’ o ‘giustizia nell’ordine economico’? • «Una economia di mercato deve comprendere tutti gli elementi dell’industria, compreso il lavoro, la terra e la moneta. Lavoro e terra non sono che gli esseri umani stessi dai quali è costituita ogni società e l’ambiente naturale nel quale essa esiste. Includerli nei meccanismi di mercato significa subordinare la sostanza stessa della società nei meccanismi di mercato. » (K. Polanyi, La grande trasformazione, 1944)

Nella sua fondamentale opera ‘La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra

Nella sua fondamentale opera ‘La grande trasformazione. Le origini economiche e politiche della nostra epoca’ (1944) Karl Polanyi analizza l’instaurarsi delle relazioni tra Stato e Mercato nell’epoca della seconda rivoluzione industriale (capitalismo macchinistico). Secondo Polanyi, col primo movimento lo Stato (recettore delle istanze del capitalismo) rese possibile l’instaurarsi del capitalismo autoregolato, abolendo tutti i vincoli che in passato limitavano il lavoro e l’uso della terra, e la circolazione del denaro. «L’autoregolazione implica che tutta la produzione è in vendita sul mercato e tutti i redditi derivano da queste rendite. Il punto cruciale è questo: lavoro, terra e moneta sono elementi essenziali dell’industria; anch’essi debbono essere organizzati in mercati perché formano una parte assolutamente vitale del sistema economico; tuttavia essi non sono ovviamente delle merci, ed il postulato per cui tutto deve essere comprato e prodotto per la vendita è per questi manifestamente falso. Il lavoro è soltanto un altro nome per una attività umana che si accompagna alla vita stessa la quale a sua volta non è prodotta per essere venduta ma per ragioni del tutto diverse, né questo tipo di attività può essere staccato dal resto della vita, accumulato o mobiliato. La terra è soltanto un altro nome per la natura che non è prodotta dall’uomo, la moneta infine è soltanto il simbolo del potere d’acquisto che di regola non è affatto prodotto ma si sviluppa attraverso il meccanismo della banca o della finanza di stato. »

 «La descrizione del lavoro e della terra come merce è quindi interamente fittizia.

«La descrizione del lavoro e della terra come merce è quindi interamente fittizia. È nondimeno sulla base di questa finzione che sono organizzati i mercati del lavoro, della terra e della moneta. La finzione della merce, perciò, fornisce un principio di organizzazione vitale per tutta la società, il quale influisce su quasi tutte le sue istituzioni nel modo più vario: si tratta cioè del principio secondo cui non si dovrebbe permettere l’esistenza di nessun’organizzazione o o comportamento che impedisce l’effettivo funzionamento del meccanismo di mercato sulla linea di finzione della merce. Tuttavia per quanto riguarda lavoro, terra e moneta un tale postulato non può essere sostenuto: permettere al meccanismo di mercato di essere l’unico elemento direttivo del destino degli esseri umani e perfino della quantità e dell’impiego del potere d’acquisto porterebbe alla demolizione della società. Indubbiamente i mercati del lavoro della terra e della moneta sono essenziali per un’economia di mercato, ma nessuna società potrebbe sopportare gli effetti di un simile sistema di rozze finzioni neanche per il più breve periodo di tempo a meno che la sua sostanza umana e naturale, oltre che la sua organizzazione commerciale, fossero protette dalle distruzioni arrecate da questo diabolico meccanismo. »

 «Lavoro è il nome delle forme di vita della gente comune. »

«Lavoro è il nome delle forme di vita della gente comune. »

 «La costituzione dei mercati in un sistema autoregolantesi non è – come si

«La costituzione dei mercati in un sistema autoregolantesi non è – come si volle credere – il risultato di una tendenza intrinseca dei mercati all’escrescenza ma piuttosto l’effetto di stimolanti estremamente artificiali dati al corpo sociale» . «Una volta che il sistema economico si sia organizzato in istituzioni separate, la società deve essere formata in modo tale da permettere a questo sistema di funzionare secondo le proprie leggi. Questo è il significato dell’affermazione comune che una economia di mercato può funzionare soltanto in una società di mercato. » «Il meccanismo di mercato impone che il lavoro dell’uomo divenga una merce. Questo significava che i lavoratori erano fisicamente disumanizzati. E che le classi abbienti erano moralmente degradate. La decenza e il rispetto di sé costruiti attraverso secoli di vita organizzata si consumavano rapidamente nella promiscuità della poor-house. L’unità tradizionale di una società cristiana doveva cedere il posto alla negazione della responsabilità della gente per bene verso le condizioni del loro prossimo. »

Col secondo movimento lo Stato (sotto l’influsso della reazione sociale al capitalismo) tentò di

Col secondo movimento lo Stato (sotto l’influsso della reazione sociale al capitalismo) tentò di contenere gli esiti distruttivi della società che da ciò derivarono. Secondo Polanyi, e legislazioni sociali sorgono in Europa come risposta ai problemi derivanti dal capitalismo autoregolato, che ‘si regola da sé’ e cioè attinge senza limiti e a sua discrezione ai fattori della produzione: • la vita umana (il lavoro); • la natura (le risorse naturali) • e la moneta.

 «La storia sociale nel diciannovesimo secolo era così il risultato di un doppio

«La storia sociale nel diciannovesimo secolo era così il risultato di un doppio movimento: l’estensione del mercato rispetto alle merci vere e proprie era accompagnata dalla sua limitazione rispetto a quelle fittizie. Mentre da un lato i mercati si estendevano su tutta la superficie del globo e la quantità di merci che in essi circolavano si sviluppava in proporzioni incredibili, d’altro lato una rete di provvedimenti e misure politiche si integrava in potenti istituzioni destinate a controllare l’azione del mercato relativamente al lavoro, alla terra e alla moneta. Mentre l’organizzazione dei mercati mondiali delle merci, dei mercati mondiali del capitale, e dei mercati mondiali della moneta sotto l’egida della base aurea davano un impulso senza pari al meccanismo dei mercati, un movimento dotato di profonde radici sorgeva per resistere agli effetti perniciosi di una economia controllata dal mercato. La società si proteggeva dai pericoli di un sistema di mercato autoregolantesi, resistendo inconsciamente a qualunque tentativo di venir trasformata in una mera appendice del mercato. »

Polanyii vede nei diritti sociali una reazione al capitalismo ‘autoregolato’. Quest’ultimo però non è

Polanyii vede nei diritti sociali una reazione al capitalismo ‘autoregolato’. Quest’ultimo però non è stata però la prima manifestazione degli abusi che possono essere compiuti nella ricerca del profitto. Davanti agli ‘abusi dei magnati’ già i giuristi medievali condannarono la politica dei bassi salari. Numerosi principi generali del diritto ruotano intorno al tema del ‘guadagno giusto’. Discutiamo insiememalcune pagine del filosofo del diritto Alessandro Giuliani, Giustizia e ordine economico, 1997. Nemo locupletari debet ex aliena iactura

Ricapitolando: • Che cosa intende Polanyi per ‘primo’ e ‘secondo’ movimento? • Perché Polanyi

Ricapitolando: • Che cosa intende Polanyi per ‘primo’ e ‘secondo’ movimento? • Perché Polanyi dice che considerare il lavoro, la terra e la moneta mere merci è una finzione ed è distruttivo per la società? • Che cosa significa ‘società di mercato’? • Polanyi rappresenta i ‘diritti’ sociali come una forma di difesa della società davanti alla forza distruttiva del mercato. Ritroviamola. NB L’analisi di Polanyi ci serve a fondare la nostra discussione critica della visione eurocomunitaria del mercato e delle ‘politiche sociali’, che faremo più avanti

La tesi del doppio movimento è molto utile per capire quello che succede oggi

La tesi del doppio movimento è molto utile per capire quello che succede oggi ai diritti sociali e perché è così difficile difenderli (dare ad essi un valore). Lungamente rappresentati come la conquista delle classi lavoratrici contro il capitale essi sono stigmatizzati come ideologici e relativi a un’epoca passata di stati spendaccioni. A una visione ‘pessimistica’ del mercato ne subentra una ottimistica per cui un mercato in buona salute fa bene alla società. I diritti sociali si convertono in ‘politiche sociali’ che servono ad attivare la società in funzione del mercato. Si dimentica che i ‘diritti’ sociali hanno le loro radici non nelle ideologie sinistrorse ma nella tradizione giuridica classica, sempre consapevole che di ogni diritto e libertà si può fare abuso e che essi proteggono la persona umana, dal diventare una macchina, che non ha relazioni, che non ha nulla a cui dare valore e perciò non ne ha. «Essendo state troncate le relazioni ogni cosa diventa fine a se stessa» (Simone Weil, Lo sradicamento) E si dimentica che sono ‘sociali’ per natura anche i diritti proprietari o di impresa (come vedremo).

I diritti sociali difendono la socialità delle persone, la sociabilitas umana, che richiede tempo,

I diritti sociali difendono la socialità delle persone, la sociabilitas umana, che richiede tempo, stabilità, cura, spazio per sé e per gli altri e che il capitalismo, cui interessa non la persona, ma il valore che produce, naturalmente minaccia, perché non vi dà importanza in quanto tale, e anche vede come nociva per i propri interessi (e che può però riuscire, come con Google Facebook e Twitter, a mettere a profitto). Questo spirito ricorre nei ‘diritti sociali’ della Costituzione italiana. «Art. 41 comma 1 L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla libertà, la sicurezza e la dignità umana» Non è una visione anti-capitalistica (o anti-proprietaria) inventata dall’Assemblea Costituente, ma è la riformulazione di un principio generale del diritto, che da secoli afferma che una iniziativa economica privata che minacci la libertà la sicurezza e la dignità umana è una aberrazione (non è più iniziativa economica, non può dare profitto lecito) (nemo locupletari potest cum aliena iactura). Coloro che sostengono che l’art. 41 è frutto di una visione ‘di sinistra’ dimenticano che esso traduce principi noti e consolidati del diritto, che hanno composto «la giustizia nell’ordine economico» (Alessandro Giuliani). Il clima di violenti scontri sociali, le ideologie dominanti all’epoca e anche le concezioni del diritto che allora avevano piede hanno oscurato la consapevolezza che i diritti sociali non sono solo la risposta (polemica) al capitalismo, ma i fondamenti di un ordine giuridico del mercato, che è stato ricercato nel corso dei secoli. Art. 41 comma 2: La legge determina i programmi ei controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Consideriamo le espressioni costituzionali sul nesso lavoro/famiglia L’art. 37, “La donna lavoratrice ha gli

Consideriamo le espressioni costituzionali sul nesso lavoro/famiglia L’art. 37, “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. “La legge stabilisce il limite massimo di età per il lavoro salariato. “La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione”. L’art. 37 ha il suo corollario nell’art. 36: “Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato, e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa”. proteggono e valorizzano anche il lavoro di cura (chiunque lo svolga) e lo rende possibile, in quanto non fa dipendere dalla partecipazione al mercato del lavoro retribuito la titolarità dei diritti sociali e assistenziali che permettono alle persone di avere una vita dignitosa anche se fanno lavori poco retribuiti o lavorano solo una parte del loro tempo o appunto, contribuiscono alla vita sociale con attività non salariate; dànno valore alla persona umana e alle sue relazioni in quanto tali, e non in quanto si svolgono nel mercato e in forme economicistiche. Art. 4 Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Qualche volta lo si dimentica, come è avvenuto nella lunga polemica nei confronti della

Qualche volta lo si dimentica, come è avvenuto nella lunga polemica nei confronti della proprietà privata che ha animato la dottrina specialmente civilistica italiana contro il ‘terribile diritto’ , un polemica certamente non solo italiana, che ha sottovalutato che la proprietà, come del resto l’iniziativa economica, è naturalmente (anche sociale) e ed è (anche) un bisogno-capacità delle persone.